Cassazione Penale, Sez. 4, 15 novembre 2011, n. 42003 - Nesso di causalità tra infortunio mortale e violazione di regole cautelari ma esclusione di responsabilità penale



 

Responsabilità dell'amministratore unico di una srl che aveva fornito i pannelli termoisolanti utilizzati per la sostituzione delle lastre di copertura in eternit di un capannone di pertinenza di un'officina, sostituzione in occasione della quale il lavoratore Bu. Al. era deceduto a seguito di precipitazione da una altezza di circa cinque metri.

Assolto in primo e secondo grado. Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania ha proposto ricorso per cassazione. Anche Co. Ma., costituita parte civile per sè e per la figlia minore, ha proposto ricorso per cassazione.

I ricorsi sono fondati: la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania

Mentre entrambe le sentenze di merito danno per certa la esistenza di un nesso di causalità tra la morte del lavoratore ufficialmente addetto a una normalità di lavoro bracciantile in agricoltura e la violazione di tutte le regole cautelari concretizzata nella assenza di qualsiasi misura di protezione antinfortunistica sul luogo di svolgimento effettivo di lavori edili di copertura/sostituzione di un tetto, la sentenza impugnata non ha ritenuto di poter accertare in un quadro probatorio così ricco, alcuna causalità della colpa e non ha ritenuto che fosse individuabile il responsabile (per la legge penale) dell'omicidio indubitabilmente verificatosi.

A fronte di una descritta complessità ed equivocità di intrecci economici e di collaborazioni produttive tra imprenditori, a fronte della accertata presenza in cantiere di mezzi e materiali della srl, a fronte della accertata singolarità del ripetuto utilizzo di un bracciante agricolo in pericolose e in nessun modo garantite operazioni edili, e a fronte della mancanza di assunzioni formali che giustificassero quell'utilizzo, doveva la sentenza impugnata motivare in ordine ai significati che l'intero materiale probatorio acquisito rivestiva in termini di individuazione delle reali obbligazioni di garanzia.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere

Dott. ZECCA Gaetanino - rel. Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI CATANIA;

nei confronti di:

1) CO. MA. , N. IL (Omissis) ricorrente;

2) RU. EM. , N. IL (Omissis) imputato;

avverso la sentenza n. 686/2009 CORTE APPELLO di CATANIA, del 18/01/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/07/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANINO ZECCA;

letti gli atti e, da ultimo, la memoria depositata il 7/7/2011 per l'imputato Ru. Em. ;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fausto De Santis il quale ha concluso per l'annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello;

Udito per la parte civile Co. Ma. l'Avvocato Caruso Salvatore che chiede l'accoglimento del ricorso e deposita conclusioni nonchè nota spese;

Udito per l'imputato l'Avvocato Floresta Attilio che chiede il rigetto del ricorso.

 

Fatto



La Corte di Appello di Catania, con sua sentenza pronunziata all'udienza del 18/1/2010 ha confermato la sentenza pronunziata dal Tribunale di Catania, Sezione distaccata di Adrano, che aveva assolto Ru. Em. amministratore unico della Co. srl., che aveva fornito i pannelli termoisolanti utilizzati per la sostituzione delle lastre di copertura in eternit di un capannone di pertinenza dell'officina El. Di. di Cu. Fi., sostituzione in occasione della quale il lavoratore Bu. Al. era deceduto a seguito di precipitazione da una altezza di circa cinque metri.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l'annullamento del provvedimento appena sopra menzionato.

Il Procuratore generale ricorrente denunzia.
Erroneità della motivazione che dopo aver disarticolato il compendio probatorio, aveva omesso di considerare che dalla stessa certificazione camera commercio industria e artigianato risultava avere ad oggetto della attività sociale la realizzazione di tetti e aveva omesso la coordinata valutazione delle indicazioni della prova dichiarativa e, tra esse, delle stesse dichiarazioni dell'imputato tutte attestanti un coinvolgimento di fatto dell'imputato nella gestione (regia, controllo e direzione) della sostituzione della copertura in eternit con la nuova copertura e nella fornitura di 2 automezzi (autogrù e autocarro), legname di cantiere, scale e materiale occorrente e forza lavoro occorrente.

La sentenza aveva violato l'articolo 2087 c.c..

Anche Co. Ma. , costituita parte civile per sè e per la figlia minore, ha proposto ricorso per cassazione al fine di ottenere la riparazione, con tutte le conseguenze di legge, dell'ingiustizia realizzata dalla sentenza impugnata.

La parte civile censura la mancanza e la scorrettezza della motivazione circa la pur risultata esistenza di un cantiere diretto alla sostituzione del tetto di un capannone, cantiere organizzato diretto e controllato dall'amministratore di Co. che aveva assunto, a nero, anche l'infortunato. La ricorrente addebita alla sentenza un procedimento di scomposizione e disarticolazione della prova pur raccolta, tale da smarrirne le più significative indicazioni e da ometterne una compiuta lettura (Co. non era la venditrice dei pannelli isotermici documentatamente venduti invece al Cu. da altra società che li aveva consegnati in cantiere).

La valutazione della prova sarebbe operata con operazione viziata da errori di diritto, da pregiudizio e da un metodo di parcellizzazione e scomposizione, tale da pervenire alla individuazione arbitraria di assenza di prove che invece sono piene e da negare circostanze pur risultate certe (la stipula tra Co. e Cu. di un contratto di appalto per la copertura chiavi in mano, l'assunzione in nero del lavoratore Bu. Al. a iniziativa di Ru. Gi. socio (oltre che fratello) di Ru. Em. amministratore di Co. Srl, secondo un modulo collaudato in altre precedenti vicende, la presenza in cantiere della gru Co. per innalzare i pannelli dell'autocarro Co. per trasportare la calce di Co. necessaria a legare i pannelli in opera) utilizzando condizioni di esistenza della prova ignote al diritto processuale. All'udienza pubblica del 14/7/2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Diritto



La sentenza impugnata, conforme a quella di primo grado, accertato il nesso di causalità tra l'evento mortale e la mancata adozione di qualsiasi misura di protezione del lavoratore, ha escluso la responsabilità penale dell'imputato negando la sua qualità di obbligato per la protezione antinfortunistica del lavoratore, dal momento che non era risultata provata la stipula di un contratto di appalto, avente ad oggetto la sostituzione della copertura del capannone, tra Co. srl., che in tesi aveva fornito i pannelli isotermici della nuova copertura, e Cu. Fi. , titolare dell'officina, presso il capannone della quale si svolgevano i lavori di rifacimento del tetto. Secondo la sentenza impugnata l'amministratore della Co. srl., non risultava essere datore di lavoro del Bu. (che normalmente svolgeva attività di bracciante agricolo) ne risultava avere assunto di fatto la direzione del cantiere e dei lavori nel corso dei quali l'infortunio avvenne. Per la sentenza impugnata l'eventuale accordo intercorso tra Ru. Gi. socio Co. e fratello dell'imputato, e il committente dell'appalto dei lavori (identificato in Cu. Fi. ) per una consegna del nuovo tetto con la formula "chiavi in mano", non costituiva adeguato fondamento giuridico della responsabilità penale di Ru. Em. a causa della sua qualità di amministratore unico di Co. srl., che da sola non comportava la sua responsabilità penale per atti di gestione posti in essere dal socio Ru. Gi. per effettuare forniture di coperture chiavi in mano.

Le censure proposte dai ricorrenti sono fondate secondo quanto qui di seguito si scrive.

La sentenza impugnata ha applicato alla lettura dei dati raccolti un filtro costituito dalla opinione che possa costituire fondamento di responsabilità penale o prova di rapporti di lavoro, solo la acquisizione di documentazione formale che quei rapporti inquadri in cornici di regolarità e conformità alle regole legali di settore, o la emersione di volontarie rappresentazioni cartolari ancorchè relative a rapporti economici tra terzi e destinate a scopi del tutto estranei a quello della tutela della salute e della incolumità stessa dei lavoratori ben altrimenti coinvolti nelle vicende scrutinate.

Mentre entrambe le sentenze di merito danno per certa la esistenza di un nesso di causalità tra la morte del lavoratore ufficialmente addetto a una normalità di lavoro bracciantile in agricoltura e la violazione di tutte le regole cautelari concretizzata nella assenza di qualsiasi misura di protezione antinfortunistica sul luogo di svolgimento effettivo di lavori edili di copertura/sostituzione di un tetto, la sentenza impugnata non ha ritenuto di poter accertare in un quadro probatorio così ricco, alcuna causalità della colpa e non ha ritenuto che fosse individuabile il responsabile (per la legge penale) dell'omicidio indubitabilmente verificatosi. La sentenza impugnata ha proceduto con metodo di frammentazione e di rimozione degli elementi di prova suscettibili di individuare il quadro reale dei rapporti, il quadro reale delle obbligazioni di garanzia connesse alla fattualità di quei rapporti. A fronte di una descritta complessità ed equivocità di intrecci economici e di collaborazioni produttive tra imprenditori, a fronte della accertata presenza in cantiere di mezzi e materiali della srl Co. e della accertata partecipazione attiva di un socio Co. ., a fronte della accertata singolarità del ripetuto utilizzo di un bracciante agricolo in pericolose, e in nessun modo garantite operazioni edili, e a fronte della mancanza di assunzioni formali che giustificassero quell'utilizzo, doveva la sentenza impugnata motivare in ordine ai significati che l'intero materiale probatorio acquisito rivestiva in termini di individuazione delle reali obbligazioni di garanzia derivanti da assunzione di fatto di tali obbligazioni, senza operare alcuna rimozione con lo strumento di schermi o apparenze cartolari che, invece, dovevano essere confrontate con le risultanze di fatto pur ritualmente acquisite al processo e menzionate nelle sentenze di merito e nel fuoco del contraddittorio. Nè formule negoziali (effettive o simulate) nè apparenze cartolari, possono fare velo alla tutela penale della salute posto che il vigente ordinamento positivo costruisce quella tutela in relazione ai rapporti reali di produzione e lavoro e in relazione alla concretezza delle dinamiche nelle quali essi si inverano.

La motivazione della sentenza impugnata è viziata da tali errori di applicazione della legge processuale e da tali vizi logico giuridici da risultare inadeguata a sostenere le statuizioni adottate e ad esistere ancora come motivazione, ove quegli errori e quei vizi siano emendati.

La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania. L'imputato Ru. Em. deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese di questo giudizio di Cassazione sostenute da Co. Ma. in proprio e quale esercente la potestà dei genitori sulla figlia minore, spese liquidate in euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.



Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania e condanna Ru.Em. alla rifusione in favore di Co. Ma. , in proprio e nella qualità, delle spese sostenute dalla parte civile e liquidate in euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.