Audizione del comandante regionale dell’Arma dei carabinieri e del comandante regionale dei Vigili del fuoco

Intervengono il generale Aldo Visone, comandante della Legione carabinieri Puglia, accompagnato dal luogotenente Salvatore Bianco, responsabile del Nucleo tutela del lavoro, e l’ingegner Michele Di Grezia, comandante regionale dei Vigili del fuoco.

PRESIDENTE
Ringrazio il generale Aldo Visone, comandante della Legione carabinieri Puglia, accompagnato dal luogotenente Salvatore Bianco, responsabile del Nucleo tutela del lavoro, e l’ingegner Michele Di Grezia, comandante regionale dei Vigili del fuoco, per la partecipazione e la collaborazione.
In questa fase, fra le altre iniziative in corso, l’obiettivo della nostra Commissione è verificare nelle varie Regioni italiane (dove stiamo portando la nostra presenza) l’impatto delle nuove normative - mi riferisco alla legge n. 123 del 2007 e al decreto legislativo n. 81 del 2008 - dal punto di vista organizzativo sui territori locali, alla luce delle competenze delle Regioni in materia.
Gradiremmo sapere da voi, in riferimento anche alle vostre specifiche attività, qual è oggi la situazione in tema di contrasto degli infortuni sul lavoro e di malattie professionali, fenomeno quest’ultimo di cui spesso si parla poco ma che, oltre ad essere molto presente, oggi è caratterizzato da una tendenza alla crescita.
Sempre in relazione alle vostre specifiche competenze, vorremmo che ci forniste anche delle indicazioni in merito alle problematiche del lavoro in nero, quindi alle situazioni di irregolarità lavorative che in qualche modo concorrono alla definizione di un quadro di maggiore incertezza e precarietà.

VISONE
Signor Presidente, vorrei preliminarmente illustrare un quadro generale circa l’impegno dell’Arma dei carabinieri per quanto riguarda i fenomeni criminali locali.
Il nostro ordinamento territoriale nell’ambito della Regione Puglia prevede 5 comandi provinciali, 32 comandi di compagnia, 5 tenenze, 221 comandi di stazione. Questa struttura territoriale abbastanza articolata (considerato che siamo disposti su 280 amministrazioni comunali, quindi ci sono 280 municipalità in ambito regionale) consente comunque di avere un quadro della situazione complessivamente chiaro e aggiornato, e permette di contrastare i fenomeni di criminalità comune e organizzata, con un sufficiente impegno e una sufficiente concretezza di risultati.
Per offrire molto rapidamente un quadro generale della situazione criminale, attualmente la maggior parte delle nostre risorse è impiegata su tutto il territorio regionale, ma in particolare nell’area garganica e foggiana (Manfredonia e Cerignola), laddove ci sono fenomeni di delinquenza organizzata abbastanza consistenti che sono stati contrastati con efficaci operazioni di servizio; peraltro, sono stati arrestati anche dei latitanti, alcuni dei quali recentemente, come nei noti eventi che hanno portato alla cattura di 30 criminali. Tale attività ci impegna fortemente in questa zona, mentre l’hinterland barese e la città di Bari presentano una fenomenologia di reati che è più facile contrastare attraverso forme investigative più semplificate, perché è una criminalità di tipo predatorio pericolosissima, ma al tempo stesso immediatamente identificabile per quanto riguarda i personaggi coinvolti, le strategie utilizzate e ciò che effettivamente fanno.
Nelle province salentine, più propriamente nella fascia a confine tra Brindisi e Lecce, siamo molto attenti ad evitare che si ripropongano quei fenomeni di criminalità di tipo mafioso collegati alla Sacra corona unita che in passato hanno dato luogo a importanti operazioni di polizia giudiziaria di contrasto, quali quelle che poi hanno originato l’operazione «Primavera». Nonostante ciò, vi è però il rischio di una ripresa delle attività delinquenziali: molti sono in carcere, molti in libertà vigilata, alcuni sono liberi, quindi vi è la necessità di intervenire. Ciò non esclude tuttavia che a questi fenomeni di criminalità organizzata e comune si debbano aggregare altre situazioni che meritano fortissima attenzione, perché le realtà di cui discutiamo in questa sede (cioè del caporalato, dello sfruttamento del lavoro nero, dei clandestini e dei flussi migratori) permangono, sebbene abbiano subito una riduzione in virtù di un’azione di contrasto complessiva ed efficace.
Ciò è garantito dalla struttura territoriale dell’Arma, che è capillare e abbastanza molecolare, e naturalmente dall’impiego degli specialisti. La struttura territoriale, infatti, assicura un supporto continuo ai soggetti che fanno parte dei cinque Nuclei ispettorato del lavoro disposti nelle cinque Province. C’è effettivamente una logica di coordinamento che si sta amplificando, senz’altro sulla base della recentissima convenzione sottoscritta tra Ministero della difesa e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che garantisce un raccordo ancor più efficace ed effettivo tra l’Arma e le direzioni provinciali del lavoro. Vorrei tuttavia sottolineare come, a parte le riunioni periodiche presso la prefettura e le direzioni provinciali del lavoro che danno luogo a un’azione abbastanza efficace fatta di interventi mirati e selezionati, anche presso il comando regione si tengono riunioni con carattere quadrimestrale o semestrale in esito alle quali vengono assunti provvedimenti mirati. Durante tali incontri, cui partecipano i reparti territoriali e i reparti speciali, tra cui anche i Nuclei ispettorato del lavoro, si esaminano i fenomeni di aggregazione delinquenziale e di criminalità, nonché le modalità con cui essi devono essere contrastati, anche attraverso una riarticolazione del dispositivo organizzativo. Vengono altresì` esaminate specifiche situazioni correlate agli infortuni sul lavoro e quindi collegate alla necessità di controlli su aziende e fasce territoriali ove i fenomeni di cui si parla si verificano e presentano - o possono presentare - indubbi collegamenti con la criminalità comune.
Per quanto riguarda l’operatività dei Nuclei ispettorato del lavoro in ambito regionale, mi permetto di riproporre il concetto che di fatto essi operano in stretta sinergia (c’è una partecipazione effettiva) con l’Arma territoriale. Nel 2010 sono state ispezionate 1.539 aziende essenzialmente nei settori edile (526), dell’agricoltura (302) e del commercio (178). Di fatto, il 50 per cento circa di queste aziende ha manifestato segnali di irregolarità (840); su 4.500 lavoratori controllati, 3.100 sono risultati regolari, 600 circa irregolari, 800 lavoratori sono risultati in nero, di cui 210 stranieri e 24 minori.

MARAVENTANO
Mi scusi generale Visone, quanti sono i minori?

VISONE
24 sono risultati minori. Nell’ambito di 4.500 lavoratori controllati, 3.100 sono regolari, 338 irregolari, 812 in nero, di cui 210 stranieri e 24 minori. Questi dati sono il frutto di una precisa valutazione delle situazioni così come si sono rappresentate. L’evasione contributiva recuperata è pari a 2,6 milioni di euro; 1.478 sono state le diffide per le quali sono stati riscossi 280.000 euro.
Con il supporto delle tabelle dell’INAIL, vorrei ora citare dei dati fondamentali ai fini della comprensione del fenomeno degli infortuni sul lavoro. Sono stati censiti 830 infortuni sul lavoro: si tratta di un dato generale che comprende anche quelli di lieve entità.

PRESIDENTE
A che periodo si riferisce questo dato?

VISONE
Al 2010, signor Presidente. Sono stati riscontrati 830 infortuni sul lavoro; questo dato è estrinsecato dalle tabelle INAIL, che quindi dovrebbero essere precise, ma le nostre, quelle per le quali è intervenuta l’Arma, presentano cifre più contenute, perché fanno riferimento agli interventi dell’Arma e agli infortuni di una certa entità. Gli infortuni nel settore dell’agricoltura sono stati 270, 208 nell’edilizia, 330 nel settore industriale, 14 nel commercio. Rispetto al 2009, c’è un regresso anche di una certa consistenza. Evidentemente su questo si possono fare molte considerazioni, comunque il dato va acquisito nella sua dimensione. Gli infortuni mortali sono 31, per 17 dei quali procede l’Arma.

PRESIDENTE
In quale anno sono 31?

VISONE
Nel 2010, signor Presidente. Ci sono stati 31 infortuni mortali, per 17 dei quali procede l’Arma; vi sono poi 36 casi di maggior spessore per i quali l’Arma ha ricevuto delega dall’autorità giudiziaria.
Per quanto concerne la sicurezza sui luoghi di lavoro, i Nuclei ispettorato del lavoro e l’Arma territoriale nel 2010 hanno effettuato 437 ispezioni, i cui esiti sono stati i seguenti: 239 prescrizioni, 620 ammende, 258 deferimenti all’autorità giudiziaria; sono state contestate 635 violazioni, che in 250 casi sono state pertinenti a omissione delle regole di prevenzione per i lavori relativi a costruzioni in quota, in 164 all’omessa osservanza dell’igiene e salubrità nei luoghi di lavoro, in 144 casi a omessa formazione e informazione dei lavoratori.

PRESIDENTE
Signor generale, questi sono i dati del Nucleo?

VISONE
Sì, signor Presidente. Sono i dati complessivi del Nucleo con l’Arma territoriale, cioè sono dell’Arma. Sono state rilevate 58 violazioni per l’omissione dei dispositivi di protezione individuale. Complessivamente, ci sono state 79 sospensioni di attività perché, nel corso di questi controlli finalizzati alla sicurezza sul lavoro, sono stati individuati circa 300 lavoratori in nero.
Nell’ambito di questi controlli sono emerse criticità complessivamente generalizzate per tutte le attività e tutti i settori, come ad esempio il fatto che, nel corso dei lavori, vengono eseguite simultaneamente molte attività non compatibili tra loro e ciò determina l’infortunio.

PRESIDENTE
Può esplicitare meglio questo concetto?

VISONE
Alcune pratiche dovrebbero essere svolte in modo non simultaneo; bisognerebbe prendere precauzioni perché un’attività si svolgesse in un momento e un’altra successivamente. Inoltre, operazioni che dovrebbero essere poste in essere in luoghi differenti vengono svolte nello stesso luogo, pertanto si creano situazioni non compatibili sia per il loro oggetto che per il luogo in cui si svolgono e naturalmente ciò può essere la causa dell’infortunio. La sicurezza si otterrebbe se si agisse diversamente, ad esempio se, mentre qualcuno si trova su un ponteggio, al di sotto dello stesso non si raccolgono altre cose. In genere, in un cantiere edile può capitare che per irregolarità nella sistemazione di un ponteggio qualcuno lavori a una certa altezza senza avere assunto precauzioni di tipo individuale e che magari sotto il ponteggio ci sia qualcuno che sta lavorando o sta sistemando alcune cose. Naturalmente, proprio perché queste attività potrebbero essere svolte in momenti o luoghi differenti, si potrebbe evitare incidenti adottando una norma procedurale di sicurezza.
Alcune delle cause notorie di incidenti sono anche l’impreparazione professionale dei lavoratori addetti (non credo che stiamo evidenziando criticità nuove), l’omessa adozione o utilizzazione dei dispositivi di protezione e l’inadeguatezza dei piani di sicurezza e coordinamento, che spesso non palesano elementi utili a evitare in concreto il verificarsi di determinati fatti o si traducono in documenti con caratteristiche puramente burocratiche. Mi è stata infatti rappresentata una proposta, che probabilmente è nota, in merito ad un’anticipazione della valutazione della bontà di questi piani da parte del comitato paritetico territoriale, magari anche con il conforto di specialisti dei Nuclei ispettorato del lavoro, proprio per avere una valutazione più accurata sulla regolarità, conformità, utilità e serietà con cui viene redatta questa pianificazione.
Abbiamo - più o meno - già orientato gli altri elementi di criticità che sono: la carenza di misure tecniche e procedurali, la previsione di impianti elettrici non conformi, lo scorretto uso di attrezzature tale da sovraesporre gli operai a pericoli (le cosiddette cadute dall’alto).

MARAVENTANO
Generale Visone, può dirci di quali settori sta parlando per quanto riguarda le attrezzature?

VISONE
Un po’ di tutti i settori.

MARAVENTANO
L’edilizia?

VISONE
Chiaramente il settore che maggiormente ci preoccupa è quello dell’edilizia, perché effettivamente un buon numero di infortuni è riconducibile ad esso, anche se poi, andando ad analizzare i dati, molti degli infortuni sul lavoro del 2010 sono legati alla collocazione di pannelli fotovoltaici, ossia ad una non precisa adozione di tutte le misure che potrebbero essere adottate nella collocazione dei pannelli. Peraltro, in alcune aree - nel Salento, in particolare - questa attività si sta sviluppando sempre più da un punto di vista imprenditoriale. Assistiamo a un fenomeno di abbandono progressivo della terra, che viene acquistata da personaggi i quali si dedicano, in modo particolare e a volte esclusivo, al fotovoltaico. Molti infortuni sono legati a questo, perché c’è una manodopera non completamente orientata.

PRESIDENTE
Generale Visone, conosciamo questi motivi, anche perché se non ci fossero non vi sarebbe alcun infortunio in Italia e in Puglia (o Puglie, come dir si voglia).
Vorremmo sapere se, da parte vostra, ci sono delle riflessioni per una maggiore azione di contrasto. Per il resto, è chiaro che l’infortunio si determina quando vengono meno una serie di condizioni (a parte le accidentalità, che pure esistono). A noi interessano questi elementi. È chiaro che l’infortunio avviene quando accadono determinati eventi (penso a un soggetto che si ferisce o muore perché qualcosa è caduto dal piano di sopra dove lavora un altro soggetto).
Ci interessa soprattutto avere indicazioni sul lavoro di collaborazione che il vostro Nucleo pone in essere. Vorrei sapere, in particolare, se il Nucleo individua necessità di interventi, anche migliorativi e legislativi. Questo è quello che dobbiamo verificare; il resto - ripeto - ci è noto, perché in Italia e in tutto il mondo l’infortunio ha, in genere, le caratteristiche che lei, molto cortesemente, ci ha riferito. Abbiamo a disposizioni i dati che ci vengono trasmessi dagli uffici preposti, anche se sono leggermente diversi da quelli che lei ci ha riferito, pure sugli infortuni mortali.
Si tratta di stabilire il ruolo del Nucleo: secondo voi, deve essere rafforzato, oppure no? Che situazioni di precarietà ha incontrato? Il Nucleo si confronta essenzialmente con gli uffici provinciali del lavoro, quindi l’operatività è molto limitata. Vi chiediamo riflessioni su questo; al resto non siamo interessati.

VISONE
Credo che i dati forniti testimonino una buona attività, che ha consentito un regresso, anche se contenuto, dell’infortunistica e di fatti ad essa collegati. È evidente che il Nucleo ispettorato del lavoro, con questa strutturazione di personale, fa un lavoro estremamente...

PRESIDENTE
Mi scusi, generale Visone, quante unità avete in tutta la Regione?

VISONE
Sono sei unità per Nucleo, se non sbaglio. Ricordo che è un reparto speciale dell’Arma.

PRESIDENTE
Sappiamo tutto: come si è organizzato e come si è evoluto. Siamo addetti ai lavori e abbiamo seguito il percorso: da un unico riferimento di un colonnello a una struttura con tre colonnelli e un generale.
Conosciamo bene come funzionano le cose.

VISONE
Dal punto di vista organico, credo che l’aliquota di personale a disposizione sia sufficiente. È evidente che sarebbe certamente utile se dovesse e potesse lievitare; non credo possano esserci dubbi su questo aspetto con riferimento a tutto il territorio, ma in particolare ad alcune fasce.
Penso, ad esempio, alla fascia foggiana, durante tutto l’anno, anche se ci sono dei momenti della stagione che richiedono un intervento particolare, forte e intenso; penso anche alla fascia Brindisi-Lecce e al barese, nella zona industriale. È chiaro che se potessimo avere un rafforzamento del Nucleo ispettorato del lavoro avremmo la disponibilità di ulteriore personale specializzato che potrebbe essere utile, non solo, specificamente, per l’attività che viene svolta, ma anche nei rapporti riguardanti fenomeni ben più complessi.

PRESIDENTE
La ringrazio, generale Visone.
Cedo ora la parola all’ingegner Michele Di Grezia, comandante regionale dei Vigili del fuoco.

DI GREZIA
Signor Presidente, il Corpo nazionale nella sua generalità e anche nel lavoro specifico nella Regione si attiene alla legislazione vigente, che assegna ad esso alcuni compiti istituzionali, sostanzialmente riconducibili alla prevenzione incendi e al soccorso tecnico urgente.

PRESIDENTE
Fate parte del comitato regionale di coordinamento?

DI GREZIA
Facciamo parte del comitato regionale di coordinamento che si è riunito una volta a Bari, però dall’epoca non sono emerse novità.

PRESIDENTE
Che cosa intende per «una volta»?

DI GREZIA
Intendo nel recente passato, quando non ero ancora in sede. Il comitato è presente anche nelle altre Province ed è particolarmente attivo.

PRESIDENTE
Parlo del comitato regionale di coordinamento.

DI GREZIA
Il comitato regionale si è riunito una sola volta in Regione nel recente passato, quando io non ero ancora in sede. Per l’occasione ho sentito i colleghi che mi hanno preceduto. Il lavoro è terminato lì.

PRESIDENTE
Quindi, a lei risulta che, dal momento della sua istituzione, il comitato si è riunito una sola volta.

DI GREZIA
Sì, così mi è stato riferito.
Come dicevo, i nostri compiti istituzionali sono la prevenzione incendi e il soccorso tecnico urgente; questo è quello che facciamo tutti i giorni e che è ben conosciuto dalla pubblica opinione. Sembrerebbero non esserci, quindi, collegamenti diretti con l’infortunistica sul lavoro; di fatto, invece, ce ne occupiamo e anche ampiamente. Anzitutto, ce ne occupiamo parzialmente con il soccorso tecnico urgente, allorquando siamo chiamati per il recupero di qualche infortunato. Soprattutto, però, ce ne occupiamo in termini di prevenzione incendi e di formazione del personale. Ricordo che la formazione è obbligatoria per legge (a cui anche lei ha fatto riferimento, signor Presidente), ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (ora decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81): stiamo parlando della formazione delle figure addette alla sicurezza, ossia responsabili del servizio di prevenzione e protezione, datori di lavoro, addetti preposti, eccetera.
Per quanto riguarda la prevenzione incendi nel senso letterale del termine, in Italia - unico Paese al mondo - le norme di prevenzione incendi sono legge (di carattere penale). Applichiamo correntemente queste norme; mi scuso per la banalità, ma non rispettarle significherebbe commettere un reato, con tutte le conseguenze del caso. Nell’applicazione di queste norme, anche a tavolino nella fase procedurale istruttoria (con riguardo all’apertura di una qualsiasi nuova attività: industriale, pubblica, di spettacolo, edilizia, eccetera), oltre all’applicazione delle norme di prevenzione incendi, ci occupiamo anche dell’applicazione del decreto legislativo n. 81. Ce ne occupiamo direttamente allorquando, per l’attività che abbiamo in esame in un dato momento, è prevista l’applicazione di alcune norme particolari per la sicurezza sul lavoro. Ovviamente non ci occupiamo dell’applicazione di tutte le norme, ma di quelle più vicine alla prevenzione incendi, ossia alla nostra competenza istituzionale.
Per quanto riguarda la formazione, l’attività è più impegnativa, perché, già al momento dell’emanazione del decreto legislativo n. 626, siamo diventati, in pratica, i formatori privilegiati di quelle figure cui facevo prima cenno. Noi stessi componiamo la commissione di esame finale dei corsi. I corsi che vengono fatti - ciò di cui sto parlando avviene in tutto il Paese e non solo in Regione - hanno una durata e un impegno diversi per i discenti, a seconda dell’attività in cui prestano la loro opera; si va da una settimana a più settimane, secondo ciò che devono fare e del ruolo che devono ricoprire. Ci occupiamo correntemente di questo, sul piano sia della formazione sia dell’esame finale che, per legge, deve essere fatto presso le nostre strutture. Occorre tener presente - lo dico a puro titolo di paragone - che in questo periodo, nel solo Comando provinciale di Bari, si svolgono 2, 3 sedute di esame ogni settimana. Le sedute si tengono anche presso gli altri Comandi, ma la dimensione è minore perché le Province sono più piccole.
Io e il comandante provinciale di Bari, che non siamo originari della Regione, abbiamo apprezzato l’incremento delle domande per frequentare i corsi, registrato nell’ultimo anno e mezzo. Gli esami, se non lo erano, sono diventati ora piuttosto rigidi, compatibilmente con l’impegno del discente, che ovviamente deve abbinare il periodo di studio al lavoro che svolge normalmente. Devo segnalare diverse ripetizioni dei corsi e bocciature; riteniamo, infatti, che chi acquisisce il titolo abilitativo debba poter poi gestire nella maniera migliore possibile il ruolo chiamato a ricoprire.

PRESIDENTE
Con riferimento alle competenze che vi vengono richieste per gli inizi di attività di vario tipo e che riguardano una vostra certificazione, vorrei sapere se svolgete iniziative di verifica e di controllo presso le realtà interessate.

DI GREZIA
Sì, perché - detto in maniera molto semplice - la procedura di prevenzione incendi che porta al rilascio del certificato di prevenzione incendi (che è l’unico titolo abilitativo che rilasciamo) prevede tre fasi. La prima fase è quella dell’approvazione di un progetto presentato all’inizio dal gestore dell’attività che ha interesse ad esercirla; la seconda è quella della realizzazione del progetto approvato; infine, vi è il sopralluogo di collaudo. La procedura si conclude così. Il certificato ha una scadenza pluriennale, al termine della quale ci rechiamo nuovamente a controllare la struttura.

PRESIDENTE
Non sarebbe opportuno se faceste delle verifiche, al di là dei controlli standard di cui adesso ha parlato? Spesso abbiamo registrato fenomeni di infortunio, anche gravi e gravissimi, legati proprio a questo aspetto.
Voi seguite un protocollo (che è la normativa), quindi siete in regola. Da un po’ di tempo è emersa però la necessità che la procedura non termini, nella migliore delle ipotesi, con le tre fasi di cui ha parlato. In qualche caso si è verificato, nell’ambito della prima fase, che la situazione fosse a posto da un punto di vista cartaceo e quindi che la certificazione fosse un atto dovuto, senza dover passare dunque alle altre due fasi, che lei ha correttamente richiamato. Con il trascorrere degli anni, però, rimane un vuoto che - voglio essere chiarissimo - non è rapportabile ai vostri obblighi e competenze ma che noi abbiamo immaginato essere nella normativa vigente. In altre parti d’Italia alcuni suoi colleghi svolgono questa attività di ispezione, ma c’è anche chi - giustamente - segue la procedura in modo corretto e anche rigido e formale. Alla luce della sua esperienza, cosa pensa in proposito? Sarebbe opportuno continuare ad operare in questo modo oppure sarebbe necessaria una vostra azione di verifica dopo aver rilasciato la certificazione, al pari di quanto avviene per altri organismi di carattere ispettivo che hanno anche un ruolo di verifica (penso all’Ispettorato, all’ASL e al Nucleo sulla tutela del lavoro)?

DI GREZIA
Signor Presidente, in realtà quello che ho illustrato prima, come giustamente lei ha sottolineato, è quanto previsto dalla legge.
Nella realtà delle cose, però, eseguiamo sopralluoghi anche a campione, fosse pure in maniera sistematica e non a campione. All’inizio di ogni anno, infatti, l’amministrazione individua (l’ha fatto anche per quest’anno) le attività che devono essere controllate in maniera estemporanea, al di là del periodo temporale in cui, in effetti, ricadrebbe il sopralluogo procedurale.
Mi spiego meglio: quest’anno su tutto il territorio nazionale gli ospedali e le scuole (più o meno sono le stesse attività dell’anno passato) verranno esaminati a campione in ogni Provincia.

PRESIDENTE
Noi ci interessiamo in particolare delle problematiche degli infortuni sul lavoro. Lei ha fatto riferimento a due casi, che sono importantissimi, ma che fuoriescono da un discorso legato agli infortuni sul lavoro. È vero che anche nelle scuole ci sono dei lavoratori (gli insegnanti, i collaboratori e così via), ma noi ci riferiamo alle aziende. Ritornate lì dove è obbligatoria una certificazione che vi compete?

DI GREZIA
Ci ritorniamo se qualche motivo ci chiama, ma in sede territoriale non è possibile.

PRESIDENTE
Qualche suo collega lo fa.

DI GREZIA
Lo so che viene fatto; l’abbiamo fatto anche qui. Comunque, a parte questa fase - che è auspicabile e che potrebbe addirittura essere standardizzata -, si fanno tanti sopralluoghi al di fuori di quei termini. Per esempio, se c’è un esposto, fosse pure anonimo, andiamo comunque a verificare la situazione e, nei casi in cui rileviamo un’inadempienza ai sensi dei decreti legislativi nn. 81 e 626, applichiamo delle sanzioni.
Ho alcuni dati che posso consegnare, se di interesse. Non parliamo tanto delle migliaia di euro comminate all’inadempiente, quanto del numero di queste inadempienze, che per quello che ci riguarda sono diverse decine, distribuite nei vari comandi. Decidere in sede locale di andare il giorno successivo ad ispezionare un’attività è possibile; nella pratica però l’ispezione viene fatta se c’è un motivo a richiederla; in questo momento comunque non è pianificata.

PRESIDENTE
È un problema che conosciamo.

DI GREZIA
È un problema che ho riscontrato anche in altre realtà locali, perché inevitabilmente si scontra con altre questioni.

MORRA
Lei ha detto che ad inizio anno in genere, al di là delle attività di rilascio di certificati e collaudi, individuate delle attività particolari da controllare; quindi, al vostro interno c’è un minimo di programmazione.
Vorrei sapere se questa attività di vigilanza viene in un certo senso concordata con altre istituzioni preposte anch’esse alla vigilanza, se ci sia cioè un minimo di coordinamento. Mi sembra che questo sia un compito proprio del comitato regionale di coordinamento che richiamava il Presidente. Tuttavia, siccome ho l’impressione che, di fatto, questo organismo non funzioni, considerato che una riunione si perde nel tempo, vorrei sapere se in via autonoma concordate e programmate la vigilanza anche con altre istituzioni preposte allo scopo.

DI GREZIA
Quello cui lei fa cenno avviene solo in alcune Province, in particolare a Brindisi, ma per volontà del prefetto che mette intorno ad un tavolo più forze, che poi fanno insieme - direi proficuamente - queste ispezioni.
Per quanto riguarda invece quello cui facevo cenno prima, che deriva da un disposto di legge del nostro ordinamento, si tratta di visite di prevenzione incendi. Si potrebbe anche cogliere quell’occasione, ma in questo momento dobbiamo adempiere alle disposizioni che riceviamo dal centro. Di fatto, andiamo a visitare strutture come ospedali, scuole e quant’altro, anche al di fuori dei termini previsti, ma per motivi relativi alla prevenzione incendi.

PRESIDENTE
Lo sappiamo; valuteremo.
Se il comandante potesse farci pervenire una brevissima memoria per sapere se, secondo voi, è il caso di colmare questo vuoto, magari dando anche indicazioni su come farlo, alla luce delle esperienze da voi maturate sul campo, ve ne saremmo grati, perché ci stiamo sempre più convincendo dell’esistenza di questo vuoto normativo. Diversamente dagli altri soggetti, che continuamente fanno attività ispettive, voi non siete chiamati a effettuarle, quindi non le fate. La situazione si aggrava però lì dove il comitato regionale di coordinamento non funziona perché (senza trovare altri argomenti, visto che il decreto legislativo n. 81 ha ormai svariati anni, essendo stato approvato nel 2008) si dovrebbe riunire ogni tre mesi, mentre dal 2008 si è tenuto una sola volta, e dovrebbe relazionare ogni anno. Il meccanismo è questo: se non si creano processi di interrelazione, tutto diventa difficile e questi non sono altro che discorsi sporadici.
È un problema che non appartiene solo alla Puglia. Non lo dico per quel famoso adagio «mal comune mezzo gaudio», ma si tratta di un fenomeno diffuso. In passato i coordinamenti provinciali e, in qualche modo, i prefetti attivavano i famosi tavoli di coordinamento; tutto questo oggi non c’è più o perlomeno - come lei diceva - c’è qualche eccezione o ancora - come evidenziava il generale Visone in precedenza - ci sono problemi particolari che vanno oltre la questione del lavoro e il quadro investigativo è più ampio e complesso. Paradossalmente, invece di rafforzare il processo di scambio di dati e quindi di coordinamento, mi sembra che il meccanismo si rallenti.

DI GREZIA
Signor Presidente, per quanto riguarda la memoria da lei richiesta, riterrei utile, avendo l’argomento valenza nazionale, che la stessa venisse predisposta dal nostro ufficio centrale, se lei lo ritiene possibile.

PRESIDENTE
Sì.

DI GREZIA
Mi riferisco, in particolare, al direttore centrale, l’ingegner Dattilo, che dovrebbe essere già stato sentito in altre occasioni.

PRESIDENTE
Sì, l’abbiamo sentito.

DI GREZIA
Se per lei può andare bene, lo contatterò io stesso per riferirgli quello che ci siamo detti; poi le farò avere la memoria in sede.

PRESIDENTE
È un momento di collaborazione tra di noi, perché dobbiamo cercare di colmare alcune lacune. Il meccanismo non sta funzionando come dovrebbe.
Se vi è capitato di leggerle e studiarle, trecento e più norme, alla fine, non trovano un naturale sbocco, ma si frenano lì dove dovrebbero essere oggetto di valutazione e verifica; le leggi infatti vanno sempre migliorate e riviste. Tutto questo può avvenire, però, nel momento in cui emergono elementi confermativi della bontà o della problematicità del dettato normativo; in questo caso, si rischia invece che non vi sia ne´ l’uno ne´ l’altro elemento.
Vi ringrazio per la vostra collaborazione e dichiaro conclusa l’audizione.