UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO”




SULLE ATTIVITA’ DI MANUTENZIONE SVOLTE NEI LUOGHI DI LAVORO

 

di Luciano Angelini1

1. I lavori del Seminario organizzato dalla sede Provinciale Inail di Pesaro che ho il piacere di aprire riguardano un tema di estrema rilevanza, quello delle attività di manutenzione svolta sui luoghi di lavoro, tema che non a caso l’Agenzia Europea per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (EU-OSHA) ha scelto come oggetto della sua principale campagna di sensibilizzazione per l’anno 2011.
Rientrano nell’ampio concetto di “manutenzione” tutte quelle azioni, di ordine tecnico, amministrativo e gestionale, eseguite durante il ciclo di vita di un componente, un impianto, un macchinario, un’apparecchiatura, un luogo di lavoro, che sono destinate a preservare o a riportare gli stessi a uno stato in cui siano in grado di svolgere una prestazione equivalente a quella iniziale, proteggendoli da eventuali danni o deterioramenti2.
Gli interventi di manutenzione possono essere ricondotti nell’ambito di differenti tipologie (manutenzione correttiva o reattiva, da un lato e manutenzione preventiva, dall’altro3; manutenzione ordinaria vs manutenzione straordinaria, a seconda della finalità e della rilevanza dell’intervento) e comprendere un ampio ventaglio di operazioni tra cui, solo per elencarne qualcuna a titolo meramente esemplificativo, l’ispezione dei componenti, il collaudo delle attrezzature, la regolazione dei macchinari, la sostituzione o la riparazione degli utensili, il rilevamento dei guasti, la sostituzione di parti di macchine, l’assistenza in interventi di bonifica di recipienti, la pulizia e il ripristino dei luoghi4.
Per la loro stessa natura, le attività di manutenzione rientrano tra le attività non standard rispetto alle comuni attività lavorative destinate alla produzione, anche se molti interventi di natura manutentiva fanno parte dei compiti quotidiani della maggior parte dei lavoratori e, come tali, non spettano soltanto ai tecnici o agli ingegneri che vi sono formalmente addetti. Inoltre, va considerato che, almeno nella stragrande parte dei casi, il corretto svolgimento delle attività di manutenzione richiede la rimozione o la temporanea eliminazione delle protezioni e dei sistemi di sicurezza delle macchine e delle attrezzature, attraverso l’utilizzo di protocolli o l’accesso a luoghi non abitualmente frequentati dai lavoratori.
A tacer d’altro, le indagini statistiche attestano in modo incontestabile una maggiore esposizione di tutti i lavoratori comunque addetti alla manutenzione (durante lo svolgimento di tali attività) ad agenti fisici come rumore, calore vibrazioni e radiazioni, ma anche a sostanze pericolose per quantità e qualità. Decisamente superiore, inoltre, è l’incidenza dei rischi elettrico e chimico, nonché di quello connesso ai c.d. “ambienti confinati”.
L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro (UE-OSHA) da tempo indaga sulla composizione (per genere e per età) degli addetti alla manutenzione, sugli effetti in termini di salute e sicurezza delle loro attività (circa il 20% degli infortuni sono ascrivibili a interenti manutentivi, nonché il 10-15% di quelli mortali) sulle aree produttive maggiormente pericolose (imprese edili, manifatturiere, immobiliari, di locazione e commerciali)5; i risultati di tali rilevazioni trovano autorevole conferma nelle elaborazione diffuse da Eurostat6.
Al di là della tipologia e dei soggetti che le compiono, occorre inoltre ben considerare che per le attività di manutenzione, svolte in ogni settore delle più disparate attività lavorative, è molto difficile individuare con accuratezza il numero degli addetti che vi sono realmente impiegati (totalmente o parzialmente) e, quindi, determinare con la necessaria precisione gli eventi infortunistici alle stesse attività causalmente riconducibili.
Va peraltro ben considerato il fatto che, anche per ridurne i costi, molto spesso le manutenzioni sono affidate ad “aziende esterne specializzate”, che difficilmente hanno una conoscenza adeguata delle attrezzature su cui dovranno operare o dei contesti lavorativi nei quali dovranno inserirsi. La cronaca recente, soprattutto le molte tragedie “collettive” che si sono verificate nei c.d. ambienti confinati (All. IV, punto 3, d. lgs. n. 81/2008), ci testimonia come prevalente il coinvolgimento di dipendenti di imprese esterne, ignari o non sufficientemente informati dei potenziali rischi presenti nel luogo dove si trovavano ad intervenire, e ciò nonostante le disposizioni riferibili ai diversi settori produttivi aziendali ed alle misure di tutela applicabili siano sufficientemente chiare7.
Merita in proposito ricordare che su sollecitazione del Ministero del Lavoro - che aveva chiesto un innalzamento dei livelli di tutela e un monitoraggio degli appalti di servizio aventi ad oggetto attività manutentive e di pulizia di silos, pozzi, cisterne, serbatoi, impianti di depurazione, cunicoli, gallerie - ed in considerazione delle linee di indirizzo dettate dalla Commissione consultiva permanente il 7 aprile 2011, è stato recentemente emanato con d.P.R. 14 settembre 2011, n. 177, il Regolamento per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti (ex art. 6, comma 8, lettera g), d. lgs. n. 81/2008 - GU n. 260 del 8-11-2011), che è entrato in vigore il 23/11/2011.
Il Regolamento dispone che qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati (e dunque, anche quelle di natura manutentiva) può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso di alcuni requisiti tra cui meritano di essere segnalati:
- la presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale nelle attività specifiche (condizione necessaria per coloro che svolgono le funzioni di preposto)8;
- l’avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative, che sia mirata alla conoscenza dei fattori di rischio specifici, comprese verifica di apprendimento e aggiornamento;
- il possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei e effettuazione di attività di addestramento al loro corretto uso;
- l’ammissione del ricorso a subappalti (con certificazione) soltanto se autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente (Titolo VIII, Capo I, d. lgs. n. 276/03);
- l’individuazione da parte del datore di lavoro committente di un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che abbia comunque svolto le specifiche attività di informazione, formazione e addestramento, sia a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, e vigili (con funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi) per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente;
- l’adozione e l’efficace attuazione di una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del servizio sanitario nazionale e dei vigili del fuoco, la quale potrà corrispondere a una buona prassi, qualora risulti validata dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (ex art. 2, comma 1, lettera v), d. lgs. n. 81/2008).
A prescindere dallo specifico contesto dei lavori confinati, relativamente alle attività manutentive comunque affidate ad imprese esterne, le questioni di sicurezza riguardano essenzialmente i rischi di natura interferenziale connessi al fatto che i dipendenti delle aziende appaltatrici o subappaltatrici (cui sono state affidate la attività di manutenzione) si trovano ad operare, spesso contestualmente, nel medesimo luogo di lavoro dei dipendenti del committente. In moltissimi casi questa compresenza può raggiungere dimensioni significative, con problemi determinati, ad esempio, dagli spostamenti che avvengono all’interno di un medesimo spazio che diventa eccessivamente ristretto rispetto al numero delle persone che operano, nonché dal raccordo tra le operazioni e le lavorazioni affidate ai diversi soggetti, ma spesso funzionalmente tra loro collegate9.
Quando sono impiegati lavoratori dipendenti di altre aziende, l’attività di manutenzione sarà regolata dall’art. 26 del decreto 81/08, fatta eccezione soltanto per le attività di natura edile, alle quali si applicheranno le disposizioni del Titolo IV dello stesso decreto, quello relativo ai Cantieri temporanei e mobili10. Molto sinteticamente, l’azienda committente sarà tenuta a valutare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa appaltatrice, dovrà comunicare i rischi connessi ai luoghi rispetto alle attività manutentive (e non alle comuni attività lavorative), provvedere alla stesura del DUVRI, nonché promuovere una riunione di coordinamento tra le aziende, riunione che costituisce una delle misure sicuramente più importanti ai fini della riduzione del rischio, perché consente di correggere quanto previsto in sede di progettazione, in ragione di un contesto lavorativo e ambientale in continuo divenire.
Ovviamente, le operazioni di manutenzione possono essere affidate anche a lavoratori dipendenti dell’impresa, sia agli stessi che svolgono contestualmente anche le normali attività di produzione sia a lavoratori addetti esclusivamente alle attività di manutenzione. In entrambi i casi, un aspetto sicuramente non eludibile per il datore di lavoro è quello di fissare gli obiettivi per lo sviluppo e la promozione delle specifiche competenze manutentive dei propri lavoratori attraverso la definizione di piani di formazione, di informazione e di addestramento11.
Queste attività formative devono perseguire il fine di trasferire esperienze, notizie e conoscenze tese a orientare tutti coloro che concorrono al processo manutentivo verso comportamenti conformi alle indicazioni fornite dal datore di lavoro, dai fabbricanti, dai progettisti, dagli installatori, dal direttore dei lavori, in osservanza dei regolamenti, delle norme tecniche di riferimento, dello stato dell’arte, delle regole e delle prassi consolidate in tema di salute e di sicurezza. In particolare, i datori di lavoro sono tenuti ad accertarsi che i loro dipendenti addetti (anche o esclusivamente) alla manutenzione abbiano le capacità adatte a svolgere tutte le operazioni necessarie (in situazioni ordinarie come in quelle straordinarie o emergenziali), siano informati circa i rischi e le procedure di lavoro sicure e sappiano cosa fare quando una situazione esula dalle loro competenze.

2. L’obbligo di sicurezza inerente alle operazioni di manutenzione va collocato in capo al soggetto datoriale, privato o pubblico che sia, ai sensi e per gli effetti del decreto 81/200812. Esso comporta l’attuazione della regolare manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei dispositivi e degli accessori di sicurezza oltre che dei luoghi di lavoro in senso lato. A voler procedere con ordine, occorre partire dall’art. 15 del d. lgs. n. 81/2008, nell’ambito del quale l’attività manutentiva è fissata come misura generale di tutela delle condizioni di sicurezza degli ambienti di lavoro, di protezione dei lavoratori nell’utilizzo di attrezzature e di salvaguardia degli impianti e dei dispositivi di sicurezza (lett. z).
Il compito del datore di lavoro è tutt’altro che semplice, ed è reso ancora più complesso dal fatto che tali attività non devono essere rivolte ai soli destinatari (in senso stretto), dell’obbligo di sicurezza, ma devono essere estese anche a tutti i soggetti che, a vario titolo, possono essere più o meno direttamente coinvolti in operazioni e/o attività di natura lavorativa comunque svolte in azienda13.
L’elemento imprescindibile per la costruzione di un corretto processo manutentivo da svolgersi in sicurezza è quello riguardante la valutazione approfondita di tutti rischi per gli addetti (che deve poi tradursi in un’adeguata pianificazione strategica delle misure per eliminarli o ridurli, con la previsione di idonee procedure di controllo), riguardanti tutte le fasi delle attività, i singoli posti di lavoro come l’intera organizzazione per la quale viene prestata l’opera, considerando anche i pericoli potenziali connessi con gli interventi manutentivi. Inoltre, come per le attività produttive, anche quelle di manutenzione devono tenere conto oltre che delle condizioni di esercizio normali che derivano da interventi periodici o da guasti ragionevolmente prevedibili, anche delle condizioni eccezionali ed imprevedibili, che possono determinare vere e proprie situazioni di emergenza.
Tra i principali obblighi cui è tenuto il soggetto datoriale deve annoverarsi anche quello destinato ad assicurare che le apparecchiature e gli impianti siano conformi ai requisiti di sicurezza previsti a suo tempo dal fabbricante, siano installati e utilizzati in modo conforme alle istruzioni per l’uso, siano assoggettati a tutti gli aggiornamenti dei requisiti minimi di sicurezza di derivazione normativa e tecnica e, non ultimo, sia garantita la permanenza, nel tempo, di queste caratteristiche mediante l’esecuzione di buone pratiche di manutenzione.
Occorre tenere ben distinto il concetto di “manutenzione” da quello di “modifica” di una determinata attrezzatura, che si realizza quando l’intervento comporta variazioni significative delle condizioni di rischio rispetto a quelle originarie tali da configurare l’esistenza, ai fini dell’applicazione della direttiva CE 2006/42, di una macchina “nuova” o almeno “parzialmente nuova”14. Restano invece soggette alla disciplina delle manutenzioni tutte le modifiche finalizzate a migliorare le condizioni di sicurezza ove non si alterino le modalità d’uso e le prestazioni così come individuate dal fabbricante.
Relativamente alle attrezzature di lavoro, nel Titolo III del d. lgs. n. 81/08 sono dettate le disposizioni riguardanti i requisiti di sicurezza che queste debbano possedere per poter essere utilizzate da parte di lavoratori qualificati. In particolare, l’art. 71 del d. lgs. n. 81/08 ha disposto in capo al datore di lavoro l’obbligo di adottare adeguate misure tecniche e organizzative al fine di garantire che ciascuna attrezzatura di lavoro sia installata e utilizzata in conformità alle condizioni previste dal fabbricante. L’art. 71, comma 4, lettera a), n. 2, dispone altresì che il datore di lavoro è tenuto a prendere le necessarie misure affinché le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione, siano assoggettate a tutti gli aggiornamenti dei requisiti di sicurezza, e siano corredate di apposite istruzioni d’uso, nonché di libretto di manutenzione, ove necessario15.
Nel caso fosse accertato da un organo di vigilanza (Asl, Dpl) che l’attrezzatura non è stata sottoposta ad idonea manutenzione oppure che risulta essere priva di libretto d’uso o di manutenzione quando necessari, il datore di lavoro o il dirigente saranno chiamati a rispondere ai sensi dell’art. 87, comma 2, lettera c), che comporta la punizione dell’arresto da tre a sei mesi o in alternativa dell’ammenda da 2.500 a 6.400 euro, e ciò indipendentemente dal verificarsi o meno dell’infortunio. Qualora la mancata manutenzione o l’assenza di istruzioni o libretto di manutenzione siano stati concausa di un infortunio, alle descritte sanzioni si aggiungerà la responsabilità per delitto di omicidio colposo o di lesioni personali colpose ai sensi degli artt. 589 e 590 del codice penale.
L’ottavo comma del già citato art. 71 impone al datore di lavoro di sottoporre le attrezzature di lavoro sia a controlli iniziali, dopo l’installazione e prima della messa in servizio e a controlli successivi a ogni montaggio, quando la sicurezza dipende dalle condizioni di installazione. Sono stabiliti altresì controlli periodici, secondo modalità temporali indicate dai fabbricanti o dalle norme di buona tecnica, per le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose. Per quest’ultime sono richiesti anche controlli straordinari qualora intervengano eventi eccezionali che possono avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza (riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali, periodi di prolungata inattività ecc.). E’ prevista anche la tenuta e l’aggiornamento del registro dei controlli, che vanno effettuati da persona competente.
Occorre ricordare che sulle modalità di effettuazione delle verifiche delle apparecchiatura ed attrezzature di lavoro, nonché sui criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici e privati che vi sono addetti, il Ministero del lavoro, d’intesa con quello della salute e dello sviluppo economico, ha recentemente emanato – ai sensi dell’art. 71, comma 13 del d. lgs. n. 81/2008 – con il d.m. 11 aprile 2011, entrato in vigore il 28 luglio scorso, nuove importanti disposizioni16.
Nel rispetto delle modalità specificate nell’Allegato II, il d.m. stabilisce due percorsi distinti per l’effettuazione delle verifiche periodiche a seconda che si tratti delle “prime verifiche” oppure di quelle successive17. Nel caso delle “prime verifiche”18, titolare dell’intervento di verifica è l’Inail, al quale il d. l. 31 marzo 2010 n. 78 (convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122) ha attribuito le funzioni del soppresso Ispesl: l’Inail dovrà effettuarle entro 60 giorni dalla richiesta avanzata dal datore di lavoro; nel secondo caso, quando si tratta delle verifiche successive alla prima, la competenza è delle Asl o delle Agenzie regionali protezione ambiente (Arpa), qualora ne abbiano la competenza in base ad apposita convenzione: tali verifiche dovranno essere effettuate entro 30 giorni dalla richiesta.
Per consentire il rigoroso rispetto dei termini di verifica, Inail, Asl e Arpa possono avvalersi di soggetti pubblici e privati abilitati (ad effettuarle), risultanti dagli appositi elenchi istituti presso ciascuna Asl oppure predisposti a livello regionale, ai sensi dell’Allegato III19; trascorsi i citati termini, il datore di lavoro, datane preventiva informazione al soggetto titolare della funzione di verifica, può direttamente avvalersi dei soggetti abiliti risultanti dagli elenchi sopra citati.
Sui requisiti minimi da possedere e sulle procedure per il conseguimento dell’abilitazione ad effettuare le verifiche da parte di soggetti pubblici e privati, necessari ad ottenere l’iscrizione negli appositi elenchi20, dispongono specificamente gli Allegati I e III: si tratta di norme particolarmente rigorose che, tra l’altro, prevedono l’adozione di modelli di gestione ex art. 30 del decreto 81/2008, l’accensione di polizza assicurativa per responsabilità civile non inferiore a 5 miliardi di euro, l’obbligo di operare con personale tecnico dipendente o con rapporto di collaborazione esclusiva, il divieto (salvo rare eccezioni) di forme dirette o indirette di subappalto.
L’accertamento della mancata esecuzione delle previste verifiche, oppure il loro affidamento a personale non competente o non autorizzato, comporta per il datore di lavoro o per il dirigente l’applicazione delle sanzioni contravvenzionali dell’arresto da tre mesi a sei mesi o, in alternativa, dell’ammenda da 2500 a 6400 euro, (art. 87, comma 2 lettera c), d. lgs. n. 81/2008). La mancata registrazione delle verifiche oppure la mancata conservazione dei registri delle stesse vede applicata la sanzione pecuniaria da 500 a 1800 euro (art. 87, comma 4, lettera b), d. lgs. n. 81/2008. Nel caso in cui la mancata effettuazione delle verifiche sia considerata concausa di infortunio, si aggiungeranno a quelle descritte le responsabilità per omicidio colposo e lesioni personali colpose.
Lavoratori e preposti non addetti alla manutenzione non hanno particolari responsabilità relativamente a tali attività (a meno che se non si tratti di interventi ordinari rientranti nei rispettivi mansionari), fatta comunque eccezione per l’obbligo di segnalare tempestivamente (al datore o al dirigente) - ai sensi dell’art. 19, comma 1, lettera f), per i preposti (con ammenda da 400 a 1200 euro), e dall’art. 20, comma 2, lettera c) ed per i lavoratori (con ammenda da 200 a 600 euro) - le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro, ovvero guasti, malfunzionamenti o carenze dovute anche a scarsa manutenzione, quando siano tali da pregiudicare la sicurezza del loro utilizzo.
Qualche opportuna sottolineatura merita la questione della formazione dei manutentori quando siano lavoratori dipendenti, da valutarsi nel contesto più generale della formazione e dell’addestramento che va assicurato a ciascun lavoratore dagli artt. 36 e 37 del d. lgs. n. 81/08 (con riferimento alla propria sua mansione): occorre infatti garantire che il manutentore possegga le competenze e le capacità tecnico-professionali per poter svolgere la sua delicata attività.
Infatti, nel caso in cui la manutenzione sia stata svolta in modo non corretto o da un manutentore non competente (o da una ditta appaltatrice con non adeguata qualificazione), la situazione è considerata alla stregua di una manutenzione omessa ed espone il datore di lavoro ed il dirigente alle sanzioni previste dalla legge. Peraltro, nel diverso caso in cui il manutentore-lavoratore dipendente sia vittima di un infortunio riconducibile a mancata o carente informazione, formazione o addestramento, il datore di lavoro risponde per omicidio colposo o per lesioni personali colpose. Il mancato adempimento degli obblighi di informazione, formazione e addestramento al lavoratore manutentore – come accade per qualsiasi altro lavoratore dipendente - comporta per il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 55 comma 5, lett. c) del d. lgs. n. 81/2008, la punizione dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 1.200 a 5.200 euro.
Infine, va dato almeno conto che al di là delle attrezzature di lavoro di cui si è fino ad ora trattato, la questione della manutenzione sicura riguarda anche i luoghi nei quali si svolge l’attività imprenditoriale. Ai sensi dell’art. 64 del d. lgs. n. 81/08, il datore di lavoro ha l’obbligo di provvedere affinché gli stessi luoghi «vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile,i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori». La norma dispone altresì che luoghi di lavoro, impianti e dispositivi siano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate21.

3. Mi sia consentita un’ultima riflessione che si riallaccia al complesso tema della responsabilità amministrativa degli Enti, in particolare alla questione dell’esimente da tale responsabilità connessa all’adozione e all’efficace attuazione di un modello di organizzazione e di gestione considerato idoneo. E’ infatti dato incontestabile che la prevenzione e la tutela della sicurezza dei lavoratori connesse allo svolgimento delle attività manutentive non possano non essere obiettivi necessariamente insiti in qualsiasi modello di gestione aziendale della sicurezza22, certificato o meno che sia, nell’ambito del quale occorre sicuramente garantire che anche il “macroprocesso organizzativo della manutenzione” sia stato adeguatamente preso in considerazione e analizzato in tutti i suoi elementi costitutivi (organizzazione, pianificazione delle operazioni, valutazione dei rischi, definizione delle procedure, controllo e supervisione, azioni correttive, coinvolgimento e partecipazione degli addetti, addestramento e formazione)23.
Com’è noto, il d. lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto per la prima volta in Italia una particolare forma di responsabilità degli Enti per i reati di natura dolosa commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi da amministratori e dirigenti o da soggetti che operano sotto la direzione o la vigilanza di costoro (responsabili d’area, preposti, lavoratori). Si tratta di una responsabilità aggiuntiva che non sostituisce quella che colpisce la persona o le persone che hanno materialmente commesso il fatto.
In caso di illecito commesso dal personale apicale o dagli altri soggetti sopra indicati, all’Ente cui appartengono che ne abbia tratto vantaggio, è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria, alla quale cui si aggiungono, nei casi più gravi, severe misure di tipo interdittivo (sospensione o revoca di concessioni o licenze, l’interdizione dall’esercizio dell’attività o il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, il divieto di pubblicizzare beni e servizi fino al commissariamento dell’Ente stesso).
L’art. 6 del citato d. lgs. n. 231/2001 riconosce tuttavia la possibilità di beneficiare di un’esimente dalla responsabilità amministrativa se si dimostra che prima della commissione dell’illecito, l’organo dirigente (dello stesso Ente) ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire i reati, ha affidato ad un organismo, dotato di poteri autonomi di iniziativa e di controllo, il compito di vigilare sul suo funzionamento e sull’osservanza delle sue regole, e le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente il modello (purché tale elusione non possa colpevolmente imputarsi ad un omesso o insufficiente controllo).
La legge n. 123 del 2007 - che ha conferito al Governo la delega per il riassetto e la riforma della legislazione in materia di salute e sicurezza dei lavoratori - è intervenuta significativamente sul tema della responsabilità amministrativa degli enti (inizialmente prevista solo per alcune fattispecie di natura dolosa), estendendola anche ai reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni e di tutela della salute nei luoghi di lavoro (art. 9).
A fronte di tale scelta (che aveva suscitato non poche critiche), il d. lgs. n. 81/2008 (modificato sul punto anche dal d. lgs. n. 106/2009) ha dettato una specifica disciplina sulla responsabilità amministrativa degli Enti per quanto concerne la commissione dei reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose derivanti da infortunio sul lavoro - nell’art. 30, nonché nell’art. 300, per quanto concerne il profilo sanzionatorio - prestando particolare attenzione all’individuazione dei principi ai quali deve conformarsi il modello organizzativo ai fini della configurabilità dell’esimente.
Non è in questo contesto possibile dar conto in dettaglio dei contenuti dell’art. 30 d. lgs. n. 81/2008, norma che la dottrina ha riconosciuto essere di difficile interpretazione sia per la sua “doppia anima” – giuslavoristica-aziendalistica, da un lato, e penalistica dall’altro lato – sia per la descrizione puntigliosa dei profili disciplinari dei modelli organizzativi che ne rende problematica la “convivenza” con le regole generali dettate dal d. lgs. n. 231/200124. Per quanto riguarda il profilo delle attività di manutenzione, è infatti, più che sufficiente sottolineare che le stesse rientrano pienamente nell’ambito indicato dalla lett. a) (art. 30, comma 1), quando richiede che il modello di organizzazione e di gestione assicuri l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi al “rispetto degli standard tecnico strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici”.
Per rispettare i principi dettati dalla citata lett. a), ed avere effetto esimente dalla responsabilità amministrativa dell’Ente, il modello organizzativo e gestionale aziendale deve dunque farsi carico anche dell’intero processo di manutenzione, dovendosi in particolare prevedere il censimento delle attrezzature, la determinazione delle modalità di verifica e la loro periodicità (da inserire in un apposito piano di programmazione), la definizione di appositi capitolati di manutenzione nel caso di affidamento a “soggetti esterni” della manutenzione, l’idonea registrazione di tutte le attività manutentive svolte, nonché l’assegnazione dei compiti a personale idoneo e competente.
I modelli di gestione si prefigurano pertanto come uno strumento fondamentale e rilevante anche per quanto concerne l’esatto adempimento dei molti obblighi che la legge riconnette alle attività di manutenzione da svolgersi sui luoghi di lavoro; uno strumento, tuttavia, la cui sostanziale e diffusa utilizzazione - considerata la preponderanza nel nostro sistema economico delle piccole imprese - risulterà indubbiamente condizionata dall’elaborazione – che il comma 5 bis dell’art. 30 affida alla responsabilità della Commissione consultiva permanente - di procedure semplificate che riducendo gli aggravi burocratici ed economici non ne disincentivino l’adozione25.



Per approfondire i temi trattati nella relazione:

- P. Pascucci (con la collaborazione di Luciano Angelini e Chiara Lazzari), 3 agosto 2007- 3 agosto 2009. Due anni di attività legislativa per la salute e la sicurezza dei lavoratori, Il Titolo I del d.lgs. n. 81/2008 modificato dal d.lgs. n. 106/2009, Quaderni di Olympus – 3, Aras Edizioni, 2011, Cap. quarto, in particolare i § 1, 2, 3.1, 4, 5, 7, 9, 11;

- L. Zoppoli, P. Pascucci, G. Natullo (a cura di), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Commentario al D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 aggiornato al D.lgs. 3 agosto 2009, n. 106, Ipsoa, II Ed, 2010, in particolare i contributi di: F. Stolfa (Il ruolo del datore di lavoro e dei dirigenti, p. 249); R. Brunelli (La delega di funzioni e l’esercizio di fatto di poteri direttivi, p. 276); F. De Rossi – F. D’alterio (Il ruolo dei progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori, p. 313); V. Pasquarella (La responsabilità nel sistema degli appalti, p. 352); N. Paci (I sistemi di qualificazione delle imprese, p. 376); T. Giornale (Informazione e formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, p. 442); L. Angelini (La gestione delle emergenze, p. 456); G. Marra (I modelli di organizzazione e di gestione e la responsabilità amministrativa degli enti per gli infortuni sul lavoro, p. 581); A. Arganese (I luoghi di lavoro, p. 667); A. Andreani, M. Bramucci Andreani (Le attrezzature di lavoro e i dispositivi di protezione individuale, p. 683); G. Rapuano (I cantieri temporanei o mobili, p. 693).

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1 Lo scritto riproduce, con quale integrazione e l’aggiunta di note, il testo della Relazione introduttiva al Seminario “La manutenzione sicura”, organizzato dall’Inail – Sede Provinciale di Pesaro presso l’Aula Magna della Facoltà di Economia dell’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”, il 27 ottobre 2011.
2 La definizione è ricavata dalla norma europea EN 13306:2010
3 Si ha manutenzione correttiva quando le operazioni sono volte a riparare un sistema per renderlo nuovamente funzionante; essa è detta anche reattiva perché viene spesso intrapresa in conseguenza di un guasto imprevisto; la manutenzione preventiva si realizza con interventi predeterminati in base a determinati criteri volti a ridurre le possibilità di guasto o di degrado.
4 OSHA, Manutenzione sicura – Lavoratori sicuri, in Facts, n. 88/IT, in http://osha.europa.eu.
5 OSHA, Manutenzione e SSL – Un quadro statistico, in Facts, n. 90/IT, in http://osha.europa.eu.
6 Tali dati sono ricavati considerando gli infortuni sul lavoro, comportanti un’assenza superiore a 3 giorni, che sono stati registrati presso la banca dati europea ESAW (European Statistics on Accidents at Work).
7 Di Girolano, Del Molino, D’Onofrio, Bonacci, Pianificare la manutenzione come fattore “stretegico” per garantire la sicurezza, in Amb. sic. lav., n. 14/2011, p. 63; Fucile, Lavori in spazi confinati, così si difendono gli operatori dagli infortuni, in Amb. sic. lav., n. 10/2010, p. 24 ss.
8 Assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
9 Fucile, Lavori di manutenzione: quel rischio nascosto dietro la macchina, in Amb. sic. lav., n. 5/2011, p. 25, nonché p. 27.
10 Oltre alle attività descritte nell’Allegato X, il Titolo IV si applica anche a quelle attività che pur non rientrandovi, si svolgono in aree concomitanti.
11 OSHA, La manutenzione sicura nella pratica – Fattori di successo. Sintesi di un rapporto dell’Agenzia, in Facts n. 96/IT, http://osha.europa.eu.: la formazione è uno dei fattori chiave del successo nella prevenzione dei rischi durante le operazioni di manutenzione. Non va tuttavia sottovalutata anche l’importanza di una comunicazione efficace, una progettazione adeguata, una diffusa cultura organizzativa, un pieno coinvolgimento dei lavoratori.
12 Il datore di lavoro può legittimamente delegare ad un dirigente o allo stesso manutentore, nel rispetto degli artt. 16 e 17 del d. lgs. n. 81/2008 – forma scritta, data certa, specificazione dei compiti e delle funzioni delegate, competenza, professionalità ed esperienza della persona delegata - la completa gestione delle attrezzature e della loro manutenzione.
13 Di Girolano, Del Molino, D’Onofrio, Bonacci, op. cit., p. 56.
14 A fronte di interventi che apportano modifiche all’attrezzatura si dovrà procedere ad una nuova marcatura, visto che decade la validità di quella adottata dal costruttore (art. 9, d. lgs. 27 gennaio 2010 n. 17, emanato in attuazione della dir. CE 2006/42, la c.d. direttiva macchine). Può essere utile ricordare che l’Ispesl aveva introdotto il concetto di “modifica sostanziale”, da intendersi realizzato quando, in conseguenza della sostituzione di elementi (della macchina) con altri aventi caratteristiche diverse, si determinano rischi non previsti in fase di progettazione.
15 L’art. 72 del d. lgs. n. 81/08 fissa l’obbligo, in capo al cedente - in caso di concessione in uso, di noleggio o locazione finanziaria di attrezzature di lavoro senza operatore - di rilasciare apposita attestazione di conformità ai requisiti di sicurezza individuati specificamente nell’Allegato V, che impongono di assicurare il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza ai fini della sicurezza.
16 Caiazza L., Caiazza R., Apparecchiature e attrezzature: le regole per le verifiche periodiche, in Guida lav., 2011, n. 20, p. 64 ss.
17 L’Allegato II del decreto ministeriale provvede a distinguere in tre gruppi le tipologie di attrezzature di lavoro risultanti dall’Allegato VII del d. lgs. n. 81/2008, vale a dire: SC (apparecchi di sollevamento materiali non azionati a mano ed idroestrattori a forza centrifuga); SP (sollevamento persone); GVR (Gas, Vapore, Riscaldamento).
18 Ai sensi dell’art. 2, lett. b), dell’Allegato II, per “prima verifica periodica” deve intendersi la prima delle verifiche periodiche cui viene sottoposta la macchina o l’attrezzatura di lavoro; essa prevede anche la compilazione della scheda tecnica di identificazione.
19 L’iscrizione nell’elenco ha validità quinquennale e può essere rinnovata a seguito di apposita istanza, previo esito positivo dell’esame della documentazione di rinnovo, da effettuarsi in base alle stesse modalità previste per l’iscrizione
20 L’iscrizione nell’elenco ha validità quinquennale e può essere rinnovata a seguito di apposita istanza, previo esito favorevole della documentazione di rinnovo deliberato dall’apposita Commissione istituita presso il Ministero del lavoro (da effettuarsi con le stesse modalità previste per la prima iscrizione).
21 L’ambito di applicazione di questa disposizione può riguardare, indistintamente, i locali di produzione, gli uffici, i laboratori, ma anche le vasche, le canalizzazioni, le condotte, i silos, i recipienti ecc. provvisti di idonee aperture di accesso, come passi d’uomo o altro, nei quali devono poter entrare gli addetti per svolgere operazioni di manutenzione, di controllo, di riparazione o altro.
22 Secondo la definizione riportata dalle linee guida BS-OHSAS 18002, il modello di gestione aziendale della sicurezza, quale “parte del sistema complessivo di gestione dei rischi associati con l’attività dell’azienda” include “la struttura organizzativa e le attività di pianificazione, le responsabilità, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per lo sviluppo, l’attuazione, il conseguimento, la revisione e il mantenimento della politica della sicurezza dell’azienda”.
23 Di Girolano, Del Molino, D’Onofrio, Bonacci, op. cit., p. 64 ss..
24 Marra, I modelli di organizzazione e di gestione e la responsabilità amministrativa degli enti per gli infortuni sul lavoro, in Zoppoli, Pascucci, Natullo (a cura di), Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori, Commentario al D. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 aggiornato al D. lgs. 3 agosto 2009, n. 106, II Ed., IPSOA, 2010, pp. 588-589.
25 Cfr. Marra, op. cit., p. 605.


Accordo ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'art. 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni. (Repertorio atti n. 53/CSR), 22 febbraio 2012.