Tribunale di Milano, Sez. Lav., 21 novembre 2011 - Mobbing


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE LAVORO


Il dott. NICOLA DI LEO in funzione di giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nella causa civile di I Grado iscritta al n. 5379/2011 R.G. promossa da:

VI.L.R., con il patrocinio dell'avv. NI.CH. con elezione di domicilio in omissis presso e nello studio dell'avv. NI.CH.

ATTORE

contro:

INAIL, con il patrocinio dell'avv. SG.IM., con elezione di domicilio in omissis C/O CANCELLERIA TRIB. VIGEVANO, presso e nello studio dell'avv. SG.IM.

CONVENUTO

AZIENDA OSPEDALIERA omissis, con il patrocinio dell'avv. LA.LO., con elezione di domicilio in omissis, presso e nello studio dell'avv. LA.LO.

CONVENUTO

QB.IN. LTD, con Avv. OR.

 

Fatto

 

Con ricorso al Tribunale di Milano, quale giudice del lavoro, depositato in cancelleria il 4.4.11, VI.L.R. ha chiamato in giudizio l'INAIL e la AZIENDA OSPEDALIERA omissis e ha esposto di essere stato assunto, quale medico specialista in anatomia patologica, in data 20/8/80 e di aver lavorato presso il servizio di anatomia patologica di omissis fin dal 1993.

Ha, in particolare, chiarito come la AZIENDA OSPEDALIERA omissis abbia tre presidi maggiori, in detta località, in omissis.

Ha, poi, specificato che, a luglio del 2005, gli è stato comunicato l'affidamento delle funzioni di vicedirettore di detto servizio di omissis che, peraltro, in realtà, avrebbe già svolto di fatto da oltre un decennio.

Inoltre, nel proprio atto, il ricorrente ha descritto dei comportamenti che avrebbero dovuto considerarsi vessatori e che avrebbe subito dalla proprio superiore Sp., richiedendo, perciò, nelle conclusioni l'accertamento di una fattispecie di mobbing e, anche ai sensi dell'articolo 2087 c.c., il risarcimento del danno per la malattia professionale che avrebbe subito al datore di lavoro e all'INAIL. Con accessori e vittoria di spese.

Costituendosi ritualmente in giudizio, con articolata memoria difensiva, la AZIENDA OSPEDALIERA omissis e l'INAIL hanno contestato la fondatezza delle domande, chiedendone il rigetto. Con vittoria di spese.

Al riguardo, hanno sostenuto che VI.L.R. non avrebbe subito alcun atto vessatorio, né da parte di Sp., né da parte del datore di lavoro e che i fatti descritti nel ricorso non potrebbero costituire un'ipotesi di mobbing.

Inoltre, l'INAIL, in via riconvenzionale, ha proposto azione di regresso nei confronti della AZIENDA OSPEDALIERA omissis nel caso in cui avessero trovato accoglimento le domande del ricorrente.

All'udienza di discussione, poi, è stata ammessa la chiamata in causa da parte della AZIENDA OSPEDALIERA omissis della assicurazione QB.IN. LTD e, tentata inutilmente la conciliazione, interrogato il ricorrente, non ritenuta necessaria alcuna ulteriore istruttoria, la causa è stata oralmente discussa e decisa come da dispositivo pubblicamente letto.

 

Diritto

 

Le domande attrici non sono risultate fondate.

Non può, infatti, ritenersi realizzata ai danni di VI.L.R. alcuna fattispecie di mobbing da parte della AZIENDA OSPEDALIERA omissis.

Prima di esaminare le risultanze testimoniali, è necessario, però, rammentare come, secondo la giurisprudenza, il "mobbing" si configuri come una condotta sistematicamente vessatoria, tale da ledere l'integrità fisica e la personalità del lavoratore subordinato, in violazione dell'art. 2087 cod. civ.

In altri termini, è possibile affermare che tale illecito si verifica allorché il datore di lavoro tenga una condotta sistematica e protratta nel tempo, che concreta, per le sue caratteristiche vessatorie, una lesione dell'integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro, garantite dall'art. 2087 cod. civ., dovendosi specificare che la condotta illegittima si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimenti del datore di lavoro indipendentemente dall'inadempimento di specifici obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Giova porre in luce che la sussistenza della lesione del bene protetto e delle conseguenze dannose deve essere verificata considerando l'idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specialmente da una connotazione emulativa e pretestuosa, come si è detto, anche in assenza di una violazione di specifiche norme di tutela del lavoratore subordinato (cfr., sul punto, Cass. Sezione Lavoro, n. 4774 del 6 marzo 2006).

Ciò posto, si deve, pure, sottolineare come competesse alla parte attorea l'onere della allegazione e prova di un comportamento di tipo sistematico, continuativo e vessatorio che possa reputarsi, in tal modo, un illecito del datore di lavoro, ossia la deduzione di un quadro di condotte sistematicamente persecutorie che potessero configurare un mobbing nei termini sovraesposti.

Tuttavia, è possibile rilevare che, nel caso, anche qualora tutte le circostanze contenute nel ricorso venissero dimostrate, non sarebbero qualificabili come un mobbing.

Infatti, la pressoché totalità dei fatti allegati da parte attorea sono riconducibili a una normale dialettica lavorativa, ossia a un ambiente lavorativo che, come di norma accade, può non essere esente da contrasti (ad es. quello descritto a pag. 11 del ricorso) e differenze di vedute.

E' possibile, infatti, osservare come si possano qualificare come semplici differenze di opinioni, fisiologiche in ogni ambito lavorativo, i fatti allegati a pagina quattro del ricorso, ossia la circostanza che Sp. ritenesse, a differenza del ricorrente, scarsamente affidabile la "lettura dei preparati di immuno istochimica dei recettori e dei fattori prognostici delle neoplasie mammarie" operata direttamente dei medici, preferendo quella eseguita, in automatico, da un'apparecchiatura o il fatto che non condividesse la richiesta di ulteriori "pannelli di colorazioni" da lui ritenuti un inutile spreco o la situazione che ritenesse eccessivo il numero standard di "sezioni" in uso a omissis per ogni caso istologico.

Un'analoga valutazione può, poi, essere propria per l'allegazione di pagina cinque del ricorso per cui Sp. avrebbe ritenuto utile non mantenere all'interno del servizio gli esami istologici di nefropatologia, reputando opportuno istituire una consulenza con una struttura esterna.

Nello stesso modo, anche il trasferimento del gennaio del 2006 a omissis della Al. appare solo una legittima scelta dirigenziale di Sp. che coordinava il servizio sia di tale presidio ospedaliero, sia di quello di omissis.

Parimenti, il mutamento della regola in merito al recupero delle ore di lavoro straordinario, ossia la decisione di Sp. che, dal giugno 2007, fosse ammessa unicamente dopo la fruizione delle ferie, appare corrispondere solo ad una corretta opzione dirigenziale volta allo smaltimento delle ferie residue (per evitarne la monetizzazione) tipica della maggior parte dei datori di lavoro.

Anche qualora, poi, Sp., in tale circostanza, avesse motivato il provvedimento a Al. e Ta. come una "necessità stante gli abusi perpetuati dal ricorrente", come pure se fosse vera la asserzione menzionata a pagina otto del ricorso, per cui il direttore avrebbe detto alle due dottoresse che la riduzione della loro retribuzione di risultato sarebbe dovuta al fatto che avrebbe dovuto "girarla" a VI.L.R., si dovrebbe, comunque, osservare come dette locuzioni resterebbero frasi costituenti episodi isolati non certamente qualificabili come quella condotta sistematica e ripetitiva propria della fattispecie del mobbing.

Venendo, a tal punto, ad esaminare le allegazioni a pagina sette dell'atto introduttivo del giudizio, ossia il fatto che, nel luglio 2007, Sp. avrebbe detto alla rivista omissis e a omissis che l'attività di istonefropatologia, che svolgeva da molto tempo solo il ricorrente nell'ospedale, fosse un punto di eccellenza del dipartimento di anatomia patologica, senza, però, menzionare espressamente la parte attorea, non appare come una condotta qualificabile in senso negativo, potendo certamente essere identificato il servizio di istonefropatologia con la persona di VI.L.R. proprio per il fatto che questi era l'unico a svolgerlo, risultando, quindi, a tal punto, la frase del superiore agli organi di stampa come un elogio, per quanto indiretto, allo stesso lavoratore.

Viceversa, l'indicazione di un giudizio come "medio" circa l'attività di nefropatologia effettuata dal ricorrente (doc. 20 ric.) potrebbe, al limite, costituire una valutazione errata che, in assenza di un quadro di elementi vessatori ripetitivi e sistematici tipico di una condotta mobbizzante (gli unici ulteriori casi finora rilevabili avrebbero potuto essere unicamente le frasi sopra riportate che Sp. avrebbe detto alla Al. e alla Ta.), non può assumere un contenuto significativo per una fattispecie di mobbing.

D'altronde, lo stesso esame del documento numero 20 della parte attorea viene a escludere una volontà vessatoria del superiore del dipendente, dovendosi considerare come la maggior parte dei giudizi espressi nello stesso siano stati posti nel livello "massimo" di valutazione ("elevato"), risultando pochi i giudizi di tipo intermedio e solo uno, nella diagnostica citologica, nel livello "più basso".

Ancora, poi, il fatto accaduto il 19/11/07, ossia la circostanza che Sp., rilevando la mancata timbratura del ricorrente per il giorno 23/10/07, abbia chiesto l'imputazione di detto giorno "a ferie", conferma solo un atteggiamento benevolo del dirigente che, quale condotta alternativa, avrebbe potuto, invece, aprire una procedura disciplinare a carico del dipendente.

Grazie, infatti, a tale scelta del direttore, il ricorrente ha poi potuto chiarire con l'amministrazione del personale, al di fuori di un procedimento disciplinare, che in quella data aveva partecipato a un corso di formazione.

Si viene, ora, all'esame degli episodi menzionati a pagina otto del ricorso, ossia al fatto che, prima del Natale del 2007, sarebbe stata indetta una riunione per gli operatori dei due servizi di omissis e che, in detta sede, per sostenere l'esigenza dell'accorpamento tra i due servizi, si sarebbe affermato, da parte degli operatori del servizio di omissis "il carattere parassitario di quello di omissis".

Sulla circostanza, occorre rilevare come appaia che la frase, che fosse stata detta dai dipendenti di omissis, risulti come un episodio unico da parte degli stessi (i restanti comportamenti, infatti, nel ricorso, sono imputati al direttore esclusivamente), probabilmente motivabile nella dinamica del confronto critico tra i lavoratori.

Ancora con riferimento ai diversi fatti allegati dalla parte attorea, si può, a questo punto, anche mettere in luce come il confronto tra i documenti prodotti non riveli che al ricorrente sia mai stata assegnata una retribuzione di risultato inferiore alle più giovani colleghe Ta. e Al., salvo che per il 2008 (cfr. doc. 21 ric. e doc. 24, 25, 28 e 29 res.) e come, comunque, detto emolumento non sia collegato all'anzianità di servizio, quanto piuttosto alla variabilità del rendimento di ciascun lavoratore.

Quanto, invece, ai corsi di formazione appare ben possibile che il direttore dei presidi ospedalieri scegliesse liberamente chi inviarvi a seconda delle necessità e opportunità e risulta, comunque, che VI.L.R. abbia partecipato a dei convegni, sia come allievo, sia come relatore (doc. 13, 33 e 34 res.).

Infine, è possibile rilevare come il bando, che è stato pubblicato mentre il ricorrente era in ferie (doc. 23 ric.), prevedesse solo una selezione interna per l'individuazione, temporanea, per sei mesi, del dirigente per la conduzione del servizio di anatomia ed istologia patologica del presidio ospedaliero di omissis e, relativamente a detta ipotesi, è agevole osservare la natura meramente provvisoria di un simile incarico e come, difficilmente, si potrebbe ritenere come ontolgicamente vessatoria la circostanza che la pubblicazione del posto sia stata indetta mentre il lavoratore era in vacanza, considerato come questi non avesse alcun interesse al ruolo, come confermato nel proprio interrogatorio e come, presumibilmente, dichiarato all'epoca anche nell'ambito lavorativo.

E' possibile, poi, notare come, ad ogni modo, potesse conoscere il bando tramite Internet.

Del resto, un simile episodio, anche unito a quei pochi sopra considerati che potrebbero presentare un qualche profilo di negatività (in particolare, le frasi sopra menzionate di Sp. a Ta. e Al.), non potrebbe venire a costituire una fattispecie di mobbing, trattandosi di accadimenti troppo isolati per rappresentare quella condotta sistematicamente e ripetitivamente vessatoria tipica della figura in parola.

Si deve, quindi, concludere che il comportamento datoriale, quello di Sp., nonché quello dei colleghi di omissis, appaia come ricomprensibile nella norma delle vicissitudini interpersonali e non lesivo per il ricorrente.

D'altronde, in contrasto con la tesi del ricorrente per cui Sp. avrebbe avuto un atteggiamento negativo e vessatorio nei propri confronti, si pone la circostanza che questi stesso lo ha nominato vicedirettore del presidio di omissis fin dal luglio del 2005 (doc. 2 ric.) e che, nel corso degli anni, non ha mai ritenuto di revocare una simile decisione.

Tutto ciò premesso, si deve rigettare il ricorso.

Tuttavia, considerata la peculiarità della fattispecie, il particolare atteggiamento conciliativo mostrato dal ricorrente nel corso delle udienze e come le convenute non abbiano particolarmente insistito per la rifusione delle spese di lite, è possibile ritenere che sussistano i motivi di legge per la compensazione degli oneri del giudizio tra tutte le parti.

P.Q.M.

Respinge il ricorso. Spese compensate tra tutte le parti. Fissa il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.