Cassazione Penale, Sez. 4, 21 dicembre 2011, n. 47504 - Procedura di movimentazione manuale di un pesante carrello senza guanti di protezione e senza necessaria informazione e formazione


 


Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio ad una lavoratrice: la vittima provvedeva alla rifilatura ed all'imballaggio di cuscini e contribuiva a trasportare da un locale all'altro i carrelli sui quali gli stessi cuscini erano caricati. La lavoratrice non era stata informata in ordine ai rischi specifici connessi alla movimentazione dei carichi, nè aveva ricevuto dispositivi di protezione relativi a tale attività.
Costei, mentre movimentava manualmente un pesante carrello contenente cuscini senza usare adeguati guanti di protezione per attutire i traumi da schiacciamento, nel passare il varco di una porta subiva la sub-amputazione della falange dell'unghia di un dito della mano destra.


Condannato in primo grado, propone appello: la Corte d'appello di Lecce ha dichiarato estinte le contravvenzioni e ha confermato la responsabilità per il delitto. Ricorso in Cassazione - Rigetto.

 

La Corte afferma che, come ritenuto dal giudice di merito, si è in presenza di una procedura di trasporto affidata non di rado ad un singolo operatore e che non è quindi ipotizzabile alcuna abnormità idonea ad interrompere il nesso causale. Resta, per contro, definitivamente appurato che l'operazione aveva luogo senza la doverosa attenzione alla sicurezza, che avrebbe implicato la fornitura di guanti appropriati, idonei a proteggere le mani.


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALBIATI Ruggero - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - rel. Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

1) M.N. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1761/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 25/06/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/11/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GERACI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore avv. Epifani, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 

FattoDiritto

 

1. Il Tribunale di Brindisi ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di lesioni colpose in danno di R.M., commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, nonchè in ordine ad alcuni connessi illeciti contravvenzionali.

La Corte d'appello di Lecce ha dichiarato estinte le contravvenzioni ed ha confermato l'affermazione di responsabilità per il delitto.

Secondo i giudici di merito la vittima provvedeva alla rifilatura ed all'imballaggio di cuscini e contribuiva a trasportare da un locale all'altro i carrelli sui quali gli stessi cuscini erano caricati.

La lavoratrice non era stata informata in ordine ai rischi specifici connessi alla movimentazione dei carichi, nè aveva ricevuto dispositivi di protezione relativi a tale attività.

Costei, mentre movimentava manualmente un pesante carrello contenente cuscini senza usare adeguati guanti di protezione per attutire i traumi da schiacciamento, nel passare il varco di una porta subiva la sub-amputazione della falange dell'unghia di un dito della mano destra.

La pronunzia d'appello considera che la movimentazione del carrello dal reparto produzione al magazzino non è anomala in ambito aziendale, nè consta che sia stato fatto espresso divieto alla lavoratrice di compierla o che vi fosse un'espressa attribuzione in via esclusiva ad uno o più dipendenti della società.

Si pone altresì in luce, sulla base della deposizione del teste Ma., che la donna era sola in reparto, che il carrello era spinto da un solo operaio, che per evitare lesioni sarebbe stata sufficiente una presa interna per la spinta manuale, che la vittima già in altre occasioni aveva provveduto alla movimentazione del carrello.

Si soggiunge che, come riferito dal dipendente P., i guanti di protezione erano di gomma e quindi non idonei alla prevenzione delle lesioni subite dalla parte offesa. Si considera, conclusivamente, che alla luce della deposizione dell'ispettore del lavoro, la documentazione attestante la formazione per la prevenzione dei rischi era incompleta e in fotocopia. Del resto, pure il lavoratore L. ha riferito che la formazione professionale in tema di sicurezza era assolutamente inconsistente.

2. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo travisamento della prova.

Contrariamente a quanto denunciato dai giudici d'appello, il teste Ma. non ha mai riferito che il carrello era spinto da un solo operaio ne ha mai affermato che la R. aveva in precedenza movimentato il veicolo.

Si è inoltre trascurato che la stessa vittima ha affermato di essere al corrente che il carrello andava spostato da due persone e che nel momento in cui accade l'infortunio si trovava da sola.

Inoltre i testi L. e P. hanno concordemente riferito che i carrelli venivano sempre spostati dal capoturno insieme ad altre persone mentre nessuno è autorizzato a spostarsi da solo.

La Corte d'appello non solo travisato la prova ma non ha neppure tenuto conto delle deduzioni esposte, in proposito, nell'impugnazione.

Quanto, poi, all'obbligo di informazione sui rischi, il teste L. ha reso dichiarazioni opposte a quelle enunciate dai giudici di merito, avendo affermato di aver partecipato periodicamente a riunioni per la sicurezza.

Infine, si censura l'enunciazione afferente alla presunta incompletezza della documentazione attestante la formazione per la prevenzione dei rischi: è stata acquisita al fascicolo del dibattimento una corposa prova documentale da cui si evince in maniera incontrovertibile che la lavoratrice era stata pienamente informata su tutti i rischi connessi alla specifica attività qui era addetta eccesso taglio cucito e rifilatura e di imballaggio.

D'altra parte, il datore di lavoro non era tenuto a formare la dipendente lavoratrice in ordine alla rischi connessi ad attività che non le erano demandate.

La R. ha comunque dichiarato di aver partecipato ad incontri pure afferenti al tema della movimentazione dei carrelli.

Costei ha in dibattimento riconosciuto l'autenticità di tutta la documentazione e la veridicità del relativo contenuto, nonchè della firma apposta sui documenti prodotti in visione.

Si soggiunge, infine, che si è pure trascurato che già in precedenza il datore di lavoro aveva notificato alla vittima un atto di diffida avente ad oggetto il mancato utilizzo del materiale per la sicurezza di cui l'azienda aveva dotato il personale.

La conclusione è che l'infortunio è avvenuto nell'espletamento di mansioni non proprie, assunte per iniziativa personale e quindi esorbitanti rispetto al procedimento di lavoro che le era demandato.

Si è quindi in presenza di condotta interruttiva del nesso causale.



3. Il ricorso è infondato.

Il vizio di travisamento della prova si configura, come ritenuto dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, quando l'erronea lettura di una prova corrompe radicalmente il ragionamento probatorio. Il ricorrente non prospetta un vizio di tale genere, ma si limita ad evocare isolati frammenti del materiale probatorio tentando di trame inferenze in ordine ai fatti.

Tale metodo dell'impugnazione finisce col sollecitare impropriamente questa Corte alla considerazione del merito.

D'altra parte, l'esame dei verbali consente di cogliere uno scenario probatorio assai più sfumato e diverso rispetto a quello che la difesa tenta di accreditare.

Infatti la vittima ha subito riferito all'ispettore del lavoro di compiere regolarmente l'attività di trasporto del carrello; e tale versione dei fatti si trova confermata, sia pure in forma più sfumata, nella deposizione dibattimentale ("era capitato altre volte .... è andata male ..... è capitato, si... mi sono trovata lì e l'ho fatto io").

Il teste Ma. ha d'altra parte riferito circostanze consonanti " di regola basta solo una persona ...magari sarà successo qualche altra volta ... qualche volta uscivo da solo".

Lo stesso L. ha dichiarato che "normalmente" erano in due.

Tale quadro rende chiaro che l'ipotizzato travisamento della prova difetta radicalmente.

Con la conseguenza che, come ritenuto dal giudice di merito, si è in presenza di una procedura di trasporto affidata non di rado ad un singolo operatore e che non è quindi ipotizzabile alcuna abnormità idonea ad interrompere il nesso causale. Resta, per contro, definitivamente appurato che l'operazione aveva luogo senza la doverosa attenzione alla sicurezza, che avrebbe implicato la fornitura di guanti appropriati, idonei a proteggere le mani.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.

Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

Il reato non è prescritto avendo avuto luogo, nel solo giudizio d'appello, sospensioni per oltre undici mesi determinate da richieste difensive.



P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.