Cassazione Penale, Sez. 4, 29 dicembre 2011, n. 48606 - Scaricatore RBB e infortunio a causa dell'adozione di misure di sicurezza "artigianali", sostitutive di quelle omologate e sperimentate


 

 


Responsabilità dell'amministratore unico di una vetreria per infortunio occorso ad un lavoratore che, nel sollevare con un'apposita attrezzatura, denominata "scaricatore RBB", un pacco di lastre di vetro, ne aveva agganciato (con le zanche o zoccoli inferiori della macchina) un secondo, che, frantumandosi, gli era rovinato addosso, provocandogli  lesioni personali.

All'imputato veniva addebitato di non aver preso le misure necessarie affinchè lo scaricatore RBB fosse installato correttamente in base alle istruzioni del fabbricante. Sia dalla stessa parte lesa che dal tecnico Asl P.M. veniva infatti riferito che l'errato aggancio del secondo pacco di lastre era dipeso dall'assenza di un dispositivo di blocco posto sugli zoccoli estensibili inferiori dello scaricatore, previsto dal costruttore e ben descritto nel manuale d'uso, la cui funzione era proprio quella di garantire la presa ed il sollevamento in sicurezza di un pacco alla volta.


Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.


Correttamente i giudici di merito hanno ravvisato la colpa del datore di lavoro proprio nell'aver trascurato la differenza tra il sistema previsto dal costruttore e quello "artigianale" di fatto usato che non era privo di insidie nè a prova di disattenzione o imprudenza altrui.

E' vero che l'art. 2087 c.c., nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche, ma la stessa "novità" tecnologica delle misure di sicurezza esclude che le stesse possano consistere in meri ed estemporanei espedienti artigianali sostitutivi di quelli omologati e sperimentati.

In definitiva, una prassi che consenta al lavoratore l'uso di uno strumento non previsto per il normale sistema di funzionamento di un macchinario, per quanto possa esser ritenuto più funzionale, espone direttamente il datore di lavoro, indipendentemente dalla correttezza e diligenza dell'uso dello strumento alternativo da parte del lavoratore stesso, alla diretta responsabilità per le conseguenze infortunistiche derivanti dal mancato uso delle misure di sicurezza in dotazione al macchinario.


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

sul ricorso proposto da:
1) S.A., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1050/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del 02/07/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/11/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Salzano Francesco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Capoluogo Umberto del foro di Milano,  difensore di fiducia del ricorrente, che insiste nell'accoglimento dei motivi di ricorso.

 

Fatto




Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di S.A. avverso la sentenza emessa in data 2.7.2010 dalla Corte di Appello di Milano che confermava quella del Tribunale di Monza in composizione monocratica del 7.11.2008 con la quale lo S., quale A.U. della ditta "Vetreria S.", con l'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 ritenuta equivalente all'aggravante, veniva condannato, con il beneficio della non menzione, alla pena di Euro 300 di multa, condonata, per il reato di cui all'art. 590 c.p., avendo cagionato per colpa, consistita nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35), non prendendo le misure necessarie affinchè lo scaricatore RBB fosse installato in conformità alle istruzioni del fabbricante, al dipendente B.A. lesioni guarite in giorni 49 (in (OMISSIS)).


Il dipendente infortunato, nel sollevare con un'apposita attrezzatura, denominata "scaricatore RBB", un pacco di lastre di vetro, ne aveva agganciato (con le zanche o zoccoli inferiori della macchina) un secondo, che, frantumandosi, gli era rovinato addosso, provocandogli le lesioni. Egli stesso dichiarava di "aver involontariamente spinto troppo" le piccole gambe che sorreggono le lastre e di avere quindi agganciato con lo spigolo la prima lastra del pacco successivo.
Sia dalla stessa parte lesa che dal tecnico Asl P.M. veniva riferito che l'errato aggancio del secondo pacco di lastre era dipeso dall'assenza di un dispositivo di blocco posto sugli zoccoli estensibili inferiori dello scaricatore, previsto dal costruttore e ben descritto nel manuale d'uso, la cui funzione era proprio quella di garantire la presa ed il sollevamento in sicurezza di un pacco alla volta. Tale assenza era ben nota nell'azienda, indipendentemente dalle sue cause, e tale dispositivo era stato sostituito nella relativa funzione dalla prassi divenuta oggetto di informazione d'esperienza al singolo lavoratore, infortunato compreso. Sempre lo stesso B. dichiarava che, al momento dell'assunzione, gli avevano spiegato che le alette andavano controllate con un pezzo di legno finale che si metteva tra un pacco e l'altro.

Il ricorrente deduce, quali motivi, la violazione della legge penale e delle norme antinfortunistiche.
In particolare, assume che le due alette di plastica, erano poco funzionali sicchè l'imprenditore era ricorso ad uno strumento artigianale, una tavoletta, avente funzione di sicurezza in luogo delle alette, sicchè attesa l'equivalenza funzionale della tavola di legno utilizzata quale separatore al posto delle alette, era illogica l'affermazione della sentenza impugnata che negava tale circostanza.
Osserva che l'adozione del sistema alternativo della tavoletta da parte della Vetreria S. discendeva dal principio di adeguamento delle macchine che il Giudice di primo grado riteneva doveroso per l'imprenditore, anche alla luce del disposto dell'art. 2087 c.c., del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 36, n. 8 e 6 e T.U. Sicurezza n. 81/08, art. 71.
Evidenzia che l'infortunio si era verificato perchè il dipendente addetto all'operazione non utilizzò, secondo il suo dovere di "diligenza", la tavoletta, che, se fosse stata interposta tra i due pacchi di vetri, l'avrebbe evitato: quindi la condotta del lavoratore si era posta quale causa esclusiva dell'evento.


Diritto




Il ricorso è infondato e va respinto.


I motivi di ricorso hanno riproposto in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile. Premesso che le censure, benchè ammantate dalla prospettata violazione di legge, si sostanziano nella rappresentazione di vizi motivazionali, è stato con congrua e corretta motivazione spiegata dai giudici di merito l'infondatezza della tesi oggi riproposta dal ricorrente, evidenziando come la colpa del datore di lavoro fosse consistita proprio nell'aver trascurato la differenza tra il sistema previsto dal costruttore e quello "artigianale" di fatto usato che non era privo di insidie nè a prova di disattenzione o imprudenza altrui.


Infatti, è stato ribadito come l'imprenditore non avesse valutato a sufficienza i rischi derivanti dal mancato uso delle alette previste dal costruttore e non avesse adattato la macchina ai rischi stessi, ritenendo di poter far a meno di quel dispositivo di sicurezza sostituendolo con altro che non garantiva, come detto, dalla disattenzione e non ripristinando i dispositivi di sicurezza previsti dal costruttore.

E' vero che l'art. 2087 c.c., nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche, ma la stessa "novità" tecnologica delle misure di sicurezza esclude che le stesse possano consistere in meri ed estemporanei espedienti artigianali sostitutivi di quelli omologati e sperimentati.


In definitiva, una prassi che consenta al lavoratore l'uso di uno strumento non previsto per il normale sistema di funzionamento di un macchinario, per quanto possa esser ritenuto più funzionale, espone direttamente il datore di lavoro, indipendentemente dalla correttezza e diligenza dell'uso dello strumento alternativo da parte del lavoratore stesso, alla diretta responsabilità per le conseguenze infortunistiche derivanti dal mancato uso delle misure di sicurezza in dotazione al macchinario.


Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.




P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011