Cassazione Civile, Sez. Lav., Ordinanza del 2 febbraio 2012, n. 1494 - Diritto alla rendita per silicosi o broncopneumopatia professionale


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere
Dott. TOFFOLI Saverio - rel. Consigliere
Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere
Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA



sul ricorso 6954-2010 proposto da:
CO. GI. (Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato TE. GI., che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati AT. VA. , PR. GI. ER. giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (Omissis) in persona del Dirigente con incarico di livello generale, elettivamente domiciliato in (OMESSO), presso lo studio degli avvocati LA. PE. LU. ed EM. FA. , che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -
avverso la sentenza n. 62/2009 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI,dell'11/02/2009 depositata il 10/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;
è presente il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio.


FattoDiritto

 

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c. a seguito di relazione ex articolo 380-bis.
Co.Gi. con ricorso al Tribunale di Cagliari chiedeva il riconoscimento del suo diritto ad una rendita, o in subordine alla liquidazione in capitale del danno biologico, per silicosi o broncopneumopatia professionale, malattia in relazione alla quale aveva presentato all'Inail domanda amministrativa l'8.9.2004.
Il Tribunale dichiarava il diritto dell'assicurato all'indennizzo in capitale per danno biologico da broncopneumopatia da silicati e calcare pari al 7% con decorrenza dalla domanda amministrativa.
L'Inail proponeva appello, lamentando che il Tribunale, facendo proprie acriticamente le conclusioni del ct.u., aveva sovrastimato il danno indotto dalla riscontrata broncopneumopatia. Il Co. resisteva all'impugnazione.

La Corte d'appello di Cagliari rigettava l'impugnazione.
Nella motivazione osservava che dalla consulenza tecnica d'ufficio eseguita in appello da uno specialista in pneumologia, che aveva rinnovato le indagini cliniche, era risultata la sussistenza di un danno biologico pari al 37%, poiche' la spirometria eseguita nel dicembre 2009 aveva evidenziato la presenza nell'assicurato - che aveva espletato attività di minatore dal 1974 al 1999 -, oltre che a un deficit ventilatorio di tipo restrittivo, anche un'importante alterazione degli scambi gassosi a livello alveolo-capillare, denunciato da un'ossiemia arteriosa ai limiti inferiori della norma e da alterazione del transfer del CO di media-grave entità. Tale reperto (DLCO) non era stato precedentemente rilevato solo per l'incompletezza delle spirometrie eseguite e le condizioni cliniche riscontrate dovevano con certezza essere riferite già all'epoca della domanda amministrativa.
La Corte osservava che la pronuncia di primo grado, che andava confermata, non poteva essere modificata a favore dell'assicurato, con una quantificazione del danno superiore a quella riconosciuta dal Tribunale, in difetto di proposizione di appello incidentale e non potendosi dare rilievo alla domanda nuova proposta con note di udienza. Ne' risultava applicabile l'articolo 149 disp. att. c.p.c..


Il Co. ricorre per cassazione, con l'unico motivo denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 149 disp. att. c.p.c., dell'articolo 437 c.p.c., degli articoli 2727 e 2729 c.c., unitamente a omessa, o insufficiente e contraddetto ria motivazione su un punto decisivo.

L'Inail resiste con controricorso.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.
La parte essenziale delle censure formulate con il ricorso riguarda il lamentato vizio di motivazione, in quanto in concreto la violazione delle norme sulla prova per presunzioni, dell'articolo 149 disp. att. c.p.c. e della norma ex articolo 437 c.p.c. circa le domande nuove in appello sarebbe consequenziale al denunciato vizio di motivazione. Peraltro le censure di violazione di norme di diritto, correlate alla previsione di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 3 non sono assistite dalla formulazione di un quesito di diritto, a norma dell'articolo 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis.
Quanto al vizio di motivazione, esso non risulta configurabile, non avendo il giudice di appello "travisato" il parere del c.t.u., il quale, come risulta dagli stessi brani della sua relazione riportati nel ricorso, con adeguata e logica motivazione, ha ritenuto che il medesimo danno biologico accertato sulla base di esami clinici mai precedentemente praticati "può essere serenamente rapportato all'epoca iniziale del procedimento amministrativo", visto che le alterazioni funzionali desumibili dai semplici esami spirografici via via eseguiti erano sempre stati dello stesso tipo, ne' vi era stata differenza significativa nei risultati degli esami più sofisticati eseguiti nel 2007 e nel dicembre 2008.
Neanche appare incidere sulla logicità ed adeguatezza della motivazione il mancato espresso esame dell'iniziale certificato medico di parte (che poteva basarsi sugli esami clinici allora disponibili) e delle note difensive dell'Inail, contenente generici rilievi critici alla datazione del danno operata dal c.t.u..

E' opportuno infine osservare, che la questione relativa alla datazione del danno nella misura valutata dal c.t.u. nominato in appello ha avuto nel giudizio un ruolo sostanziale solo quanto alla conferma della sentenza di primo grado - contenente l'accertamento della presenza di un grado di invalidità permanente nei limiti di un danno biologico del 7% -, mentre per quanto eccede tale conferma vi è stato un esame della questione in via meramente incidentale, funzionale alla determinazione dei limiti del giudizio.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese sono regolate in base al criterio della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare all'Inail le spese del giudizio in euro trenta per esborsi ed euro mille per onorari, oltre accessori di legge.