SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 89: martedì 25 ottobre 2011

Audizione del vice prefetto dottoressa Paola Giovanna Mureddu, direttore dell'ufficio per gli affari della Polizia amministrativa e sociale, Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno

Presidenza del presidente TOFANI

Interviene il vice prefetto dottoressa Paola Giovanna Mureddu, direttore dell'Ufficio per gli affari della Polizia amministrativa e sociale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno accompagnata dai dirigenti dell'Ufficio medesimo, dottoressa Maria Paravati, primo dirigente della Polizia di Stato, direttore dell'area armi ed esplosivi; dottoressa Maria Filomena Martino, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, responsabile settore fabbriche e deposito esplosivi; signora Paola Melisce, collaboratore funzionario addetto settore armi ed esplosivi; dottor Gianni Giulio Vadalà, membro esperto esplosivi in seno alla commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, per le funzioni consultive in materia di sostanze esplosive ed infiammabili

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l'audizione del vice prefetto dottoressa Paola Giovanna Mureddu, direttore dell'Ufficio per gli affari della Polizia amministrativa e sociale, Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
Avverto che della seduta odierna sarà redatto e pubblicato il Resoconto stenografico.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Sono presenti il vice prefetto dottoressa Paola Giovanna Mureddu, direttore dell'Ufficio per gli affari della Polizia amministrativa e sociale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno accompagnata dai dirigenti dell'Ufficio medesimo, dottoressa Maria Paravati, primo dirigente della Polizia di Stato, direttore dell'area armi ed esplosivi; dottoressa Maria Filomena Martino, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, responsabile settore fabbriche e deposito esplosivi; signora Paola Melisce, collaboratore funzionario addetto settore armi ed esplosivi; dottor Gianni Giulio Vadalà, membro esperto esplosivi in seno alla commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, per le funzioni consultive in materia di sostanze esplosive ed infiammabili.
Prima di cedere la parola alla dottoressa Mureddu aggiungo che saremo felici di ascoltare anche gli eventuali interventi dei colleghi che la accompagnano.
L'esigenza di tenere l'audizione odierna è nata dal desiderio e dalla volontà della Commissione di approfondire le tematiche relative alle fabbriche di fuochi di artificio, visti anche i gravi incidenti che accadono e che spesso, purtroppo, provocano vittime. Basti pensare all'ultimo grave incidente avvenuto ad Arpino, in provincia di Frosinone, nel quale sono morte sei persone.
La Commissione ha già svolto ricerche e studi sulla normativa in materia. Atteso che la maggior parte delle competenze appartengono al Ministero dell'interno e di conseguenza ai suoi uffici sul territorio, vorremmo raccogliere elementi per avviare una riflessione sulla base di una conoscenza più dettagliata delle normative, in modo da valutare, eventualmente, la possibilità di aggiornarle o comunque per rendere più sicure queste attività, comunemente definite "artigianali" perché prevedono procedure artigianali e la manipolazione di materiali esplosivi. Potrebbe essere necessario fare maggiore chiarezza su eventuali zone d'ombra della normativa e comunque speriamo che la definizione della classe di rischio di questo settore possa farci capire meglio come prevenire avvenimenti così gravi.

MUREDDU
Signor Presidente, aprirò il mio intervento con una descrizione complessiva delle norme del nostro ordinamento che disciplinano la materia degli esplosivi per poi fare un breve cenno anche alla normativa comunitaria e alle norme di recepimento e infine passare all'illustrazione degli eventuali miglioramenti che si ritiene possano intervenire in materia. Vi fornirò anche alcuni dati raccolti in base alle nostre disposizioni dagli organi territoriali e riferiti agli accertamenti effettuati e al monitoraggio che il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno cura periodicamente, ovviamente non soltanto in occasione degli incidenti ma con una certa regolarità ogni quattro o cinque anni, sempre e comunque con il supporto costante della Commissione consultiva centrale per le armi e gli esplosivi e delle commissioni tecniche provinciali di cui si avvalgono i prefetti sul territorio.
Vorrei fare un accenno alle norme del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza o TULPS (regio decreto 18 giugno 1931, n. 773) che si concentrano maggiormente sul tema degli esplosivi ed in particolare a quelle che riguardano la fabbricazione, il deposito, la vendita e il trasporto degli esplosivi all'interno dello Stato. Il Testo unico dedica il Capo V, cioè gli articoli dal 46 al 62 nonché i relativi articoli del regolamento di esecuzione (regio decreto n. 635 del 1940), dall'81 al 114, alla materia al nostro esame. In particolare, le norme per la costruzione e la funzionalità di un edificio destinato alla produzione di esplosivi sono stabilite nell'allegato B al regolamento di esecuzione che contiene una serie di norme e prescrizioni di natura tecnica per garantire la sicurezza di tutte le fabbriche, dei depositi e degli operatori che entrano in contatto con questo materiale, il cui utilizzo è particolarmente rischioso. A tale allegato si aggiunge anche una disposizione della cosiddetta legge sulle armi, la legge n. 110 del 1975, che prevede che debba essere comunque assicurata con ogni diligenza, nell'interesse della sicurezza pubblica, nella custodia degli esplosivi e devono essere adottate e mantenute efficienti le difese antifurto secondo le modalità che sono prescritte dall'Autorità di pubblica sicurezza.
L'articolo 47 del Testo unico si riferisce alla fabbrica, al deposito, alla vendita nonché al trasporto degli esplosivi indicati nella prima, quarta e quinta categoria e prevede la necessità di una licenza del prefetto. L'articolo 46 prevede la necessità di una licenza del Ministro dell'interno che viene concessa, sentita la Commissione consultiva centrale, per gli esplosivi che appartengono alla seconda e alla terza categoria, cioè quelli più a rischio.
I prodotti fabbricati devono avere il marchio CE ai sensi dell'articolo 53 del Testo unico e devono essere classificati dal Ministero dell'interno.
Gli esplosivi civili, in particolare, devono avere un'etichetta prevista dalla normativa comunitaria intervenuta nel 1993, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 7 del 1997 e successivamente con il DM n. 272 del 2002. Le etichette devono riportare tutti gli elementi che consentono la tracciabilità del materiale per cui devono indicare, tra gli altri, la denominazione del prodotto, il numero di identificazione ONU, il numero del certificato CE del tipo e la categoria dell'esplosivo - così come individuata dal TULPS - il nome del fabbricante, gli elementi identificativi dell'importatore e del produttore che è titolare della licenza di polizia ed eventuali indicazioni sui pericoli del maneggio nel trasporto. Queste sono le indicazioni e le voci di maggior rilievo.
Non può essere concessa la licenza per la fabbricazione degli esplosivi se non in presenza di accertati requisiti di idoneità tecnica la cui verifica è affidata ad una Commissione che deve effettuare anche un esame pratico e non soltanto teorico che prevede l'utilizzo di questi materiali.
Devono esserci anche i requisiti morali previsti dal Testo unico e ripresi dalla citata legge sulle armi, cioè i requisiti che il Testo unico elenca all'articolo 11 per tutte le licenze di polizia e quelli, ancor più rigorosi e stringenti, previsti dall'articolo 43 del Testo unico. Ad esempio, non possono essere concesse licenze in presenza di misure di prevenzione nei confronti dei soggetti richiedenti. Inoltre sono richieste garanzie per la vita delle persone e per la proprietà, oltre ad un'assicurazione. Il titolare, infatti, è obbligato anche a dimostrare di avere stipulato a proprie spese un'assicurazione individuale e collettiva per gli operai e i guardiani per garantire il personale in caso di infortunio. La licenza ha natura permanente e il titolare è obbligato a tenere un registro giornaliero delle operazioni, che mensilmente deve essere trasmesso all'Autorità di pubblica sicurezza per i controlli e che, una volta cessata l'attività, va mantenuto per cinque anni.
L'articolo 105 del Regolamento esecutivo del Testo unico prevede ulteriori obblighi nei confronti dei fabbricanti, quali ad esempio il divieto di lavorare di notte salvo speciali autorizzazioni, di non impiegare fuochi o lumi all'interno di locali dichiarati pericolosi dalla commissione tecnica provinciale, di far trasportare il materiale fabbricato entro 48 ore nei magazzini di deposito e di prevedere un numero di guardiani idoneo.
Queste sono le norme più di dettaglio, che si ripetono per quanto riguarda il deposito degli esplosivi: anche in questo caso, si tratta di una licenza permanente e le norme di richiamo sono le stesse di cui agli articoli 46 e 47 del Capo V del Testo unico sulla sicurezza pubblica, differiscono soltanto le categorie cui fanno riferimento i due articoli.
La licenza per la vendita invece è temporanea, nel senso che scade al 31 dicembre di ogni anno. Di recente l'Ufficio ha proposto di portare a due anni questa durata a decorrere dalla data di rilascio, quindi non necessariamente con scadenza al 31 dicembre di ogni anno. Sempre in questa materia, si è richiesto anche di portare da uno a tre anni la durata delle altre licenze, perché il Testo unico prevede che la licenza sia annuale, salvo che non sia diversamente disposto dalla legge. Abbiamo chiesto di ampliare il termine a tre anni perché questa comunque non è un'apertura che ci crea difficoltà, in quanto è comunque sempre salvaguardato il potere di revoca o di sospensione a cura del prefetto e, nei casi più gravi, anche del Ministero dell'interno. Per quanto riguarda il trasporto degli esplosivi, dal momento che non soltanto le norme del Testo unico, ma anche quelle sulla prevenzione degli infortuni o sul trasporto di esplosivi presidiano questo settore, vale la pena ricordare che ci sono le norme sul trasporto delle merci pericolose su strada, per ferrovia, per via aerea, per mare, nelle acque interne. C'è anche tutta la normativa relativa al trasporto di esplosivi per i quali non è necessaria licenza di trasporto e comunque, per quanto riguarda il trasporto, la licenza può essere temporanea o avere validità massima di un anno.
Per quanto riguarda la movimentazione degli esplosivi, se si tratta di esplosivi per uso civile, di seconda e terza categoria, regolamentati dalla direttiva 93/15/CEE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 7 del 2 gennaio 1997 e con il regolamento di esecuzione di cui al decreto del Ministero dell'interno n. 272 del 19 settembre 2002, occorre una licenza del Ministro dell'interno e questa autorizzazione può essere rilasciata soltanto a coloro che siano già in possesso dell'autorizzazione per il deposito di questi esplosivi. Per esportare esplosivi verso Paesi extra UE, occorre una licenza del prefetto; se si tratta di materiali che invece devono essere movimentati all'interno di Paesi europei, occorre una autorizzazione al trasferimento intracomunitario che rilascia sempre il prefetto. Se si tratta di esplosivi non di tipo civile, quindi non regolamentati dalla direttiva del 1993, anche qui l'importazione è autorizzata dal Ministro dell'interno e l'esportazione è autorizzata dal perfetto.
Le norme per la costruzione e la funzionalità di un opificio che è destinato alla fabbricazione di artifici pirotecnici sono stabilite prevalentemente, come abbiamo detto, nel regolamento ed in particolare le prescrizioni tecniche più rilevanti sono contenute nell'allegato B al regolamento di esecuzione del TULPS, dove vengono riportate le caratteristiche che devono avere le fabbriche di prodotti esplodenti, nonché le precauzioni necessarie affinché la configurazione di queste fabbriche, in particolare la distanza tra i diversi locali di lavorazione e di immagazzinamento, la distanza da elementi esterni e il quantitativo massimo di polvere pirica detenibile, siano tali da garantire che, anche in caso di esplosione, gli effetti della stessa restino confinati al locale in cui si è verificata. Questo è un concetto su cui occorre soffermare la nostra attenzione. Quello che le norme vogliono garantire quando si verifica un incidente (rischio che purtroppo, dal momento che si tratta di materiali esplodenti, è elevatissimo, per cui nonostante le più accurate cautele può accadere che l'incidente si verifichi ugualmente) è soprattutto il contenimento del danno provocato, cioè far sì che se l'esplosione si verifica avvenga all'interno di un locale ma non si propaghi agli altri ubicati nelle adiacenze. Questo sarebbe già un grande risultato. Allo stesso modo, bisognerebbe distribuire il personale all'interno dei locali e fare in modo che non sia tutto concentrato in uno stesso locale, perché nella malaugurata ipotesi che si dovesse verificare un incidente, la possibilità che alcuni si salvino è garantita.

PRESIDENTE
Tra le nostre maggiori perplessità c'è quella relativa al tipo di patentino di cui sono in possesso gli operatori del settore. Vorremmo sapere, al di là di quello che ci sembra di aver compreso, qual è la certificazione, il riconoscimento che attesta che questi operatori sono soggetti che non presentano elementi tali da renderli inidonei a svolgere questo mestiere.

MUREDDU
È chiaro che la licenza, come tutte le licenze di polizia, è di tipo personale. Gli operai debbono essere, come ho sottolineato prima, garantiti anche dal punto di vista assicurativo e sono tenuti ad essere informati dal titolare della licenza di ogni prescrizione e di ogni misura.

PRESIDENTE
Il problema è un altro. Per fare un esempio, anche se banale, anche il soggetto che effettua ogni due anni le verifiche delle caldaie a gas nelle abitazioni civili ha un patentino che lo abilita ufficialmente ad eseguire questi interventi. A noi risulta che coloro i quali manipolano la polvere ed anche altri elementi che vengono utilizzati per la confezione di quei prodotti non vengono sottoposti ad un'adeguata procedura di accertamento dell'idoneità alla manipolazione delle polveri e quindi alla fabbricazione degli stessi fuochi d'artificio. Vorremmo sapere se anche a voi risulta questo dato. Se ciò fosse vero sarebbe un fatto gravissimo e dovremmo subito colmare questa enorme lacuna.

MUREDDU
È avvertita, da parte nostra, l'esigenza di affinare i controlli, nel senso che nel momento in cui si effettua un controllo si esige che certe norme siano rispettate.

PRESIDENTE
La mia domanda era diversa. Vorremmo sapere se esiste un patentino, rilasciato all'esito di un esame tecnico, che comprovi la conoscenza conclamata dell'operatore e lo abiliti a maneggiare le polveri, oppure se esiste solo una certificazione attitudinale che attesta che quell'operatore può svolgere quel lavoro, a prescindere dalle conoscenze chimico-fisiche necessarie.

MUREDDU
Per rispondere a questa domanda, chiederei l'ausilio del dottor Vadalà, membro esperto esplosivi della commissione consultiva centrale per il controllo delle armi.

VADALÀ
Come in tutte le fabbriche, il depositario della modalità di fabbricazione è il datore di lavoro, cioè colui che è titolare della licenza. I suoi dipendenti sono da lui addestrati a compiere delle operazioni sotto la sua sorveglianza.

PRESIDENTE
Quindi i dipendenti non hanno nessun patentino.

VADALÀ
No, questo non è previsto.

PRESIDENTE
So benissimo che ognuno di noi cerca di svolgere al meglio il proprio ruolo, ma le pongo queste domande per capire se vi sono ombre nella normativa. Sembrerebbe addirittura, da quanto emerso finora dall'indagine ancora in corso, che non siano state riscontrate irregolarità nel sito dove si è determinato l'incidente di Arpino. Dobbiamo quindi porci il problema se la regolarità tuteli a sufficienza l'attività in questo settore così delicato; diversamente dovremmo accendere un riflettore su tale problematica.

MUREDDU
Cogliamo questa opportunità per dire che siamo convinti del fatto che debba essere garantita la formazione del personale che comunque è impegnato in questo delicatissimo settore.

PRESIDENTE
Esiste una formazione obbligatoria in questo settore?

MUREDDU
Non c'è una formazione obbligatoria, ma è chiaro che il responsabile, colui che è titolare della licenza e che comunque risponde anche per i suoi operatori, si dovrà mettere una mano sulla coscienza, nel senso che dovrà essere il primo a voler formare questi ultimi.

PRESIDENTE
Dottoressa, io sono credente, quindi la mia coscienza non è solo laica, tuttavia quanto lei ha detto non c'entra nulla con il dibattito di oggi. Noi dobbiamo capire se c'è la possibilità di migliorare, attraverso condizioni eque e non burocratiche, il lavoro di queste persone, considerando che negli ultimi vent'anni, in un settore che conta non più di 1.800 addetti, sono morte 49 persone. Per questo dobbiamo porci il problema. Al di là di ciò che può fare o meno il datore di lavoro, la questione non può chiudersi con un appello alla sua coscienza. Tra l'altro non abbiamo bisogno che lei ci elenchi le norme perché le conosciamo.
Dunque non è prevista nessuna formazione.

MUREDDU
Volevo solo essere sicura che fosse chiara la normativa.

PRESIDENTE
Noi abbiamo bisogno di capire il settore perché ovviamente ci allarma e anche perché è nostro dovere - del Parlamento come di chi gestisce direttamente la materia - fare in modo che si determinino delle condizioni di maggiore garanzia: questo è il nostro obiettivo.

NEROZZI
Vorrei porre ai nostri ospiti una domanda di carattere più tecnico che giuridico. La nostra impressione è che le norme relative al settore al nostro esame non siano adeguate e quindi vadano migliorate e integrate. La dottoressa Mureddu ha detto che il datore di lavoro deve avere le conoscenze tecniche necessarie per poter poi istruire i propri dipendenti.
Eppure neanche il datore di lavoro si sottopone a prove specifiche. Come potrebbe avvenire, altrimenti, che il datore di lavoro sia una signora che si occupa magari della sua casa e non si è mai presentata in fabbrica?
Qualcosa non funziona perché se questa signora ha superato tutte le prove previste senza mai andare in fabbrica - mi riferisco ad un fatto realmente accaduto - ciò vuol dire che un problema esiste, anche perché il superamento delle prove non è suffragato da una patente o qualcosa di simile: si viene interrogati sulla composizione delle miscele e nient'altro.
Non si richiede che il datore di lavoro sia un perito chimico né che abbia particolari competenze tecniche; ci si limita ad interrogarlo sulla composizione delle miscele. Ma voi sapete bene che anche un bambino di otto anni, adeguatamente istruito, potrebbe rispondere ad una simile interrogazione. In questo modo una signora, che magari si occupa di fare tortellini, è diventata la responsabile tecnica di un'azienda dove è avvenuto un incidente.
Dunque non esiste un incarico specifico, suffragato da titoli o esami: si viene interrogati da una commissione che si limita a porre domande sulla composizione delle miscele. Ora, siccome le miscele vengono cambiate spesso, a causa della concorrenza tra le aziende pirotecniche, sarebbe necessario che tale commissione si riunisse di continuo ma questo è impossibile. Lo ripeto: il titolare dell'azienda non deve essere un perito né deve aver fatto qualche particolare esame, viene semplicemente interrogato da una commissione.

VADALÀ
Senatore Nerozzi, lei ha perfettamente ragione quando dice che l'esame è di carattere cartolare. Praticamente all'esaminando viene chiesto quali siano le caratteristiche teoriche di questo lavoro.
Per quanto riguarda le miscele ho il piacere di deluderla perché sono anni che mi occupo di omologazioni e posso assicurarle che, salvo qualche cambiamento, si parla sempre delle stesse sostanze. Bisogna chiedersi perché accadono gli incidenti in queste fabbriche e lei ha ragione quando parla di mancanza di istruzione.

NEROZZI
Le sostanze sono le stesse ma lei, essendo un chimico, saprà che possono essere mescolate in modo diverso o con colori diversi perché le aziende partecipano alle gare. Ciò è talmente vero che quasi ogni mese c'è una contestazione di fronte ai prefetti e alla commissione da parte di una delle varie aziende rivali nei confronti delle altre.

VADALÀ
Le posso garantire, senatore, che nella media dei casi si tratta della stessa famiglia di prodotti chimici, più o meno miscelati in modo diverso ma ciò non cambia di molto la questione.
Esiste, invece, un duplice problema: in primo luogo, il fattore repressione - cioè l'attività di controllo che è demandata alle autorità che se ne occupano, in questo caso il Ministero dell'interno - deve essere necessariamente associato ad un'attività di istruzione e miglioramento.

PRESIDENTE
Il termine "deve" è previsto da qualche norma?

VADALÀ
No.

PRESIDENTE
Noi stiamo cercando di cambiare proprio questo aspetto.
Comunque stiamo parlando delle norme, anche se i suoi desiderata ci fanno piacere perché sono anche i nostri.

VADALÀ
Stavo parlando delle problematiche del settore.

PRESIDENTE
Dobbiamo capire quali sono le problematiche non coperte dalle norme, diversamente questa audizione non avrebbe senso.

VADALÀ
Dal 1994 - anno in cui sono entrato in polizia - fino al 2008 - anno in cui sono andato in pensione - mi sono occupato personalmente di numerosi incidenti, alcuni anche molto gravi, e mi sono sempre trovato di fronte a piccole fabbriche con tre o quattro dipendenti, in genere parenti, solitamente tutti morti perché lavoravano nello stesso posto.
Il reparto dove nel 90 per cento dei casi si verifica l'incidente è quello in cui avviene la miscelazione dei colori. Posso proporvi diverse soluzioni ma sarebbe opportuno un altro ambito in cui stilare delle liste di azioni da intraprendere. In generale, per questo tipo di attività è necessaria una maggiore repressione e quindi un sistema di ispezioni svolto da personale che abbia competenze specifiche. In pratica è necessario che se occupi qualcuno che sappia di cosa si sta parlando.

PRESIDENTE
Quindi c'è carenza di ispezioni e soprattutto una scarsa qualità degli ispettori?

VADALÀ
C'è una carenza qualitativa delle ispezioni. Attualmente, per legge, le ispezioni sono fatte dai poliziotti i quali vengono formati sul codice penale, sul Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ma non sulla chimica, sull'ingegneria dei sistemi, sulla parte elettrica e sulla parte procedurale.
Io ho svolto diverse ispezioni e sapevo cosa andare a controllare: ad esempio, la congruità degli strumenti adoperati; quando trovavo un seghetto di ferro in una fabbrica dove era avvenuta un'esplosione sapevo che quell'oggetto poteva essere una delle probabili cause. Non è una problematica semplice da risolvere perché richiede lo sforzo di diverse entità statali, un diverso sistema normativo che preveda tutto questo e anche la formazione in consorzio di queste piccole industrie. Da un calcolo effettuato sulla base delle fonti INAIL abbiamo stimato che sono 278 imprese con 564 dipendenti; ciò significa che vi sono impiegate in media due persone, anche se si tratta di un settore trainante.

PRESIDENTE
Lei ha parlato di una lista di azioni da compiere, vi invitiamo a farcela avere, perché il nostro incontro e la nostra collaborazione devono servire a questo.

NEROZZI
Per quanto ci riguarda ad azioni dal punto di vista legislativo.

PRESIDENTE
Ad esempio, un aspetto importante riguarda i controlli e le ispezioni. Un parlamentare, pur avendo titolo ad effettuare un'ispezione, non dispone magari di quei contenuti specifici necessari per cogliere determinati aspetti. Una lista di questo tipo potrebbe quindi aiutarci.

PARAVATI
Vorrei precisare che di recente la normativa è stata novellata e il decreto legislativo n. 58 del 2010, accogliendo la direttiva 2007/23/CE in materia di articoli pirotecnici, ha previsto la possibilità di programmare dei corsi di aggiornamento professionale per le persone che devono svolgere queste attività.

PRESIDENTE
Dovremmo andare verso la obbligatorietà di questi corsi.

PARAVATI
Questo decreto legislativo è in fase di attuazione e uno degli obiettivi che si pone in questo momento il Ministero dell'interno è quello di individuare la possibilità di programmare dei corsi di formazione professionali per chi deve avere delle competenze specialistiche. È ovvio che si tratta di ampliare la platea degli attori di questa iniziativa, ad esempio attraverso gli enti locali, posto che si tratta di corsi di formazione che dovranno essere organizzati molto probabilmente con l'ausilio delle Regioni o di altri enti.

PRESIDENTE
Quali dovrebbero essere i soggetti interessati a questi corsi?

PARAVATI
I destinatari sono coloro che devono acquisire il titolo abilitativo al maneggio degli esplosivi, di cui all'articolo 101 del regio decreto n. 635 del 1940.

PRESIDENTE
Si riferisce sempre al titolare dell'azienda?

PARAVATI
L'abilitazione di cui all'articolo 101, relativa alla capacità tecnica, viene richiesta per ottenere l'autorizzazione di polizia, ma viene anche richiesta a chi poi materialmente e personalmente deve manipolare l'esplosivo; quindi sicuramente nella pratica ci potrebbero poi essere casi in cui la capacità tecnica, pur essendo stata dichiarata, magari non corrisponde, perché stiamo parlando comunque in generale, ma dobbiamo dire che per acquisire l'abilitazione tecnica ex articolo 101 occorre sostenere non solo un esame di tipo teorico, ma la normativa prevede la possibilità di effettuare delle esercitazioni di tipo pratico. In questo momento, mi pare che la gran parte di queste ultime venga eseguita attraverso dei simulacri, perché il problema è proprio come farle svolgere materialmente. Effettivamente quindi, rispetto ad un intervento in tal senso, questo potrebbe essere un momento particolare: andrebbero previste le località, le circostanze e anche le dovute cautele, perché in questo momento non c'è una esatta procedura da seguire nel caso di un eventuale incidente nel corso di un esame. Questo ambito deve essere disciplinato in maniera più attenta, se vogliamo partire da uno stato di autocritica, perché formalmente è prevista un'esercitazione pratica, per la quale però di fatto oggi vengono utilizzati dei simulacri.
Con il decreto legislativo n. 58 del 2010 abbiamo previsto la possibilità di svolgere corsi di addestramento, quindi bisogna concentrare gli sforzi su quest'ultimo caso, ma c'è una serie di aspetti da valutare circa le modalità dello svolgimento di questa prova pratica.

PRESIDENTE
Lei usa il condizionale, ma il discorso è uno solo: oggi per guidare una macchina bisogna superare un esame teorico e un esame pratico e credo che dovremmo prevedere qualcosa di molto simile per svolgere un'attività che non è meno pericolosa del guidare un'automobile.
Vi chiediamo quindi la cortesia, visto che siete persone esperte e capaci, di darci un quadro esemplificativo della situazione attuale e un quadro di prospettiva, con le potenzialità, che lei enunciava, ma facendoci capire chiaramente cosa si fa e se sia obbligatorio o meno.
Mi sembra di capire che attualmente viene usato un simulacro, quindi dobbiamo capire, nel dare l'autorizzazione a un determinato titolare, se questo è effettivamente in grado, tra l'altro, di addestrare coloro i quali lavoreranno con lui. Dobbiamo capire se occorra rivedere la normativa (e mi pare di aver compreso che è così, al di là del fatto che una normativa in materia c'è) rendendola più pregnante, più specifica, più orientata e più diretta non solo per il titolare, ma anche per coloro che lavorano con lui e se le attività di formazione professionale debbano essere obbligatorie come lo sono per tante categorie in Italia, dai medici agli avvocati, che ogni anno devono raggiungere un certo numero di crediti. Se costoro hanno l'obbligo dei crediti, credo lo debba avere anche questo tipo di operatori

MUREDDU
Credo che lo spazio per eventuali interventi in questo senso si possa già individuare nella normativa cui abbiamo accennato, cioè il decreto legislativo n. 58. Ad esempio, l'articolo 4, comma 1, ci impegna a definire le modalità di attuazione dei corsi di formazione in queste materie.

PRESIDENTE
C'è l'obbligatorietà per questi corsi di formazione?

MUREDDU
Non c'è, ma la possiamo prevedere.

PRESIDENTE
Dobbiamo dirlo in modo chiaro, altrimenti l'opinione pubblica ha ragione ad accusarci.

MUREDDU
C'è anche la possibilità di rideterminare le abilitazioni.

PRESIDENTE
Si tratta però di possibilità.

MUREDDU
All'articolo 4, comma 2, si prevede l'emanazione di un decreto nel quale dovranno essere rideterminate le abilitazioni previste dall'articolo 101.

PRESIDENTE
Ma non vede che è tutto un discorso a futura memoria? Noi con l'incontro di oggi dobbiamo fare il punto e dire al Ministro, che sicuramente è sensibile alla questione e che ringraziamo anche per la vostra presenza di oggi, che la Commissione si farà promotrice, grazie ad un'intesa con gli uffici, delle iniziative che si ritengono necessarie.
L'obiettivo è questo, perché ci sono troppe ombre.
Come diceva il senatore Nerozzi, fra l'altro, alcune di queste fabbriche pirotecniche non sono neanche intestate al titolare, perché il titolare magari è stato sospeso e la fabbrica è stata intestata alla moglie.

PARAVATI
Se non ci sono le condizioni queste fabbriche vengono chiuse.

PRESIDENTE
Qui le condizioni non ce le ha nessuno, perché chi è deputato a fare i controlli, spesso non per sua negligenza ma per sua cultura, è inerte di fronte a certe situazioni in quanto non le conosce. Se le licenze sono state intestate alla moglie o a qualche altro familiare, indubbiamente anche questi avrà dovuto sostenere un esame per intestarsi la licenza. Ciò però significa, in primo luogo, che è facile ottenere questa licenza e, in secondo luogo, che spesso l'intestatario, se non lavora sul posto, non ha neanche contatto con i dipendenti. Sto parlando delle situazioni pratiche e di quello che provocano. Poniamo il caso che io sia titolare di un'azienda e per qualche motivo mi venga revocata la licenza.
Mia moglie può ottenere una nuova licenza e diventare la titolare dell'azienda mentre, in realtà, si occupa di altre cose. Sarò sempre io, quindi, a continuare a produrre con i miei collaboratori i fuochi d'artificio, laddove il titolare sarebbe, invece, obbligato ad essere presente in azienda.
Per questo dobbiamo mettere a posto tale situazione. L'aiuto che vi chiediamo è proprio questo.

NEROZZI
Vorrei porre un'altra domanda di natura tecnica. A noi risulta che nel regio decreto del 1931 sia indicato che le ore migliori per la preparazione di questi prodotti siano le prime della mattina o le ultime del pomeriggio, quando è meno caldo. Inoltre ci risulta che all'interno dei luoghi nei quali avviene la preparazione delle miscele non esista l'obbligo di rilevatori di temperatura e che non sia neanche indicata la temperatura ottimale per poter fare questi esperimenti.

PRESIDENTE
Nonché il grado di umidità.

NEROZZI
Infatti. Per esempio, nel recente incidente avvenuto ad Arpino, presumibilmente la temperatura era oltre i 40 gradi, specie nel capannone esploso che era coperto di eternit, il che è consentito dalla legge anche se un simile materiale andrebbe rimosso dato che quando esplode si frantuma. In questo caso, però, siamo noi i responsabili del contrasto fra leggi diverse perché per quel tipo di copertura l'eternit è un buon materiale dato che è elastico e flessibile. Tornando al caso di Arpino, l'esplosione è avvenuta alle 3 del pomeriggio, quando la temperatura non era certo di 20 gradi. Dunque non esistono obblighi nemmeno relativamente all'umidità e alla temperatura.

VADALÀ
Assolutamente.

NEROZZI
Come chimico, però, lei saprà che sarebbe necessario.

VADALÀ
Nella fabbrica di armamenti "SIMMEL Difesa" (si parla di prodotti pirotecnici per uso militare) il 7 ottobre 2007 esplose il reparto miscelazione. Quindi anche in una fabbrica d'armi, pur con tutte le sue misure di sicurezza, avvenne un inspiegabile incidente in cui perse la vita una persona, Roberto Pignalberi. Ho seguito personalmente la vicenda per conto del pubblico Ministero del quale ero consulente. Ovviamente non è ancora stata emessa una sentenza e le cause non sono state accertate in via definitiva. Però, si lavorava in una zona "blinda", quindi nel momento in cui il prodotto - che è un illuminante - veniva miscelato non c'era personale all'interno. Il povero Pignalberi è morto perché il reflusso dell'onda pressoria, passando attraverso una condotta dell'aria condizionata messa lì apposta per fare in modo che il prodotto in lavorazione si polimerizzi bene, lo ha colpito alla testa. Il malcapitato si trovava proprio lì sotto, cioè in una zona sicura, e stava svolgendo la sua normale attività.
Per quanto riguarda le temperature, sicuramente il prodotto viene lavorato in condizioni di calore non eccessivo perché certe lavorazioni hanno una sensibilità particolare. Comunque la lavorazione pirotecnica è molto semplice: si tratta di prendere del materiale esplosivo in polvere, già premiscelato, lo si avvolge in involucri cilindrici di cartone, lo si chiude, a mano, con dello spago e lo si incolla con della colla, gomma arabica o vinavil, a seconda dei gusti. Dopo di che è necessario mettere il tutto ad asciugare. Queste lavorazioni si fanno a 40 gradi.

NEROZZI
Ma nel caso di cui stavo parlando si stava facendo la preparazione.

VADALÀ
Ovviamente la preparazione e la miscelazione vanno fatte in locali refrigerati ma non esiste nessuna indicazione al riguardo da parte di qualsiasi organo, nemmeno del Ministero dell'industria.

PRESIDENTE
Dottor Vadalà, cerchiamo di essere più concreti. Il quesito che ha posto il collega Nerozzi e che noi poniamo insieme a lui, dato che nella nostra indagine abbiamo rilevato alcuni punti deboli, è relativo alla temperatura. È possibile che si debba ancora immaginare di svolgere le attività di manipolazione nelle ore meno calde oppure sarebbe necessario stabilire che nei luoghi in cui avviene la miscelazione vi sia una temperatura controllata? Non concordate sull'opportunità di stabilire con una norma la temperatura, che si può definire con meccanismi che non siano pericolosi per l'attività stessa, nonché il grado di umidità, altro elemento che può provocare problemi?

VADALÀ
Per quanto riguarda le lavorazioni di questo tipo, non è tanto importante la climatizzazione del processo bensì la sua remotizzazione, in modo tale che un'eventuale esplosione possa sfogare senza coinvolgere le persone. Sinceramente, nonostante tutta la mia esperienza, non saprei dire quali siano la temperatura e l'umidità relativa idonee ad un processo di miscelazione.

PRESIDENTE
Allora bisogna chiederlo a chi lo sa. È un elemento importante perché se è vero che tradizionalmente la manipolazione di questi prodotti deve avvenire nelle ore più fredde, mentre quelle più calde serviranno all'asciugatura, non possiamo pensare di andare avanti con la cultura di qualche secolo fa, lavorando fino alle dieci del mattino e riprendendo alle sei del pomeriggio. Bisognerebbe capire se è importante avere all'interno di queste strutture, che devono essere leggere, una temperatura che possa quantomeno eliminare una sia pure remota concausa di incidente.

VADALÀ
Le rispondo tecnicamente: all'interno dell'area di lavoro si può anche installare un sistema di climatizzazione però questo creerebbe degli svantaggi molto grandi che potrebbero ugualmente portare ad una esplosione. Un impianto di condizionamento non comporta grandi benefici.
Da un punto di vista tecnico trovo preferibile compartimentare il lavoro, creando una zona "blinda", cioè una zona con quattro o cinque lati coperti e uno scoperto di sfogo. Per esempio, nella fabbrica BPD, dove fabbricano il propellente per i missili, le impastatrici sono aperte sul tetto.

PRESIDENTE
Ma mentre si svolgono queste lavorazioni sono presenti alcune persone?

VADALÀ
No.

PRESIDENTE
Questa è la differenza! Stiamo parlando di due cose diverse. Dobbiamo parlare di fatti reali: le persone manipolano gli esplosivi con le proprie mani, altro che zona blinda! Anch'io ho visto fabbriche di questo tipo nella zona di Anagni e Colleferro, dove ci sono tutta una serie di protezioni. Nel caso di Arpino c'era un deposito in cemento armato, ubicato quasi sottoterra, ben protetto e poi c'erano due baracche dove operavano queste persone. Il deposito si è salvato, perché c'era il terrapieno e c'erano quelle precauzioni di cui diceva prima la dottoressa Mureddu in riferimento alle norme che garantiscono i depositi. Dobbiamo quindi concentrare la nostra attenzione non sul deposito, che è forse la parte più semplice da mettere a norma e da verificare, ma sui locali dove si lavora, dove avviene la produzione, perché lì non ci sono né blindature né altro: nelle baracche all'interno delle quali vengono eseguite queste attività sono presenti fino a sei persone e, in caso di esplosione, muoiono tutte.

GRAMAZIO
In quel caso era un tetto mobile, questo va detto.

VADALÀ
In molti interventi che ho fatto, c'erano persone che stavano lavorando in presenza di una betoniera, dove avveniva la miscelazione del colore. È esploso il sistema betoniera. Quando si riempie un fuoco, le quantità in gioco sono abbastanza piccole.

PRESIDENTE
È stato detto che, in base alla normativa, dal confezionamento all'immagazzinamento non devono trascorrere più di 48 ore. Probabilmente sarebbe meglio prevedere che questo lasso di tempo sia più breve, perché dal confezionamento si accumulano e si accatastano molti di questi prodotti finiti.

VADALÀ
Questa è una delle indicazioni che diamo sempre.

PRESIDENTE
Il fatto, però, è che stiamo procedendo in modo empirico, per induzione e vi abbiamo chiamato proprio per evitare questo: ciò che chiediamo non è un processo logico-matematico, ma che delle persone esperte ci permettano di avere elementi più stringenti, quindi di inquadrare il problema e di aiutare questi operatori. L'obiettivo è fare in modo che queste persone possano rimanere sul mercato e fare il loro lavoro con la maggiore sicurezza possibile, tenendo conto che non si tratta di mugnai ma di operatori che svolgono un lavoro un po' più delicato.
Le situazioni che lei descrive io le ho viste personalmente; ho visitato fabbriche e polverifici con zone interdette a chiunque, altre con locali per la miscelazione chiusi e blindati e dove sono le macchine a svolgere questo lavoro. In casi come quello di Arpino, invece, sono le persone a farlo ed è per questo che in caso di incidente saltano in aria e, drammaticamente, non se ne ritrovano neppure i pezzi.

VADALÀ
Lo so bene, essendo io stesso uno di coloro che andavano a raccogliere i corpi fatti a pezzi.

PRESIDENTE
Vorremmo avere da voi questo supporto in quanto siete nostri interlocutori in rappresentanza del Ministero dell'interno: anche se il Ministero del lavoro si è messo a disposizione e ci ha a fornito degli elementi, anche dalla sua relazione, dottoressa Mureddu, si comprende e si conferma che le competenze sono del Ministero dell'interno. Su questi punti di sensibilità e su altri che lei, con i suoi colleghi e collaboratori, dovesse cogliere, desidereremmo avere una scheda, anche semplice, per capire dove è necessario intervenire, senza aggiungere passaggi burocratici, perché non abbiamo bisogno di questo tipo di appesantimenti.
Bisogna cercare di far compiere un salto, dal Rinascimento ad oggi, allo stato della cultura e delle conoscenze in questo settore, che in genere si tramandano di padre in figlio e quindi sono arretrate. Questo ci aiuterebbe a stabilire una serie di elementi di conoscenza che tutelino questi lavoratori.
Quando, ad esempio, si devono fabbricare fuochi con effetti diversi, spesso si fanno delle prove che non vengono comunicate e spesso chi le esegue non sa quali effetti possano produrre gli elementi, coloranti e altro, miscelati fra loro.
I miei sono ragionamenti empirici che dobbiamo tradurre in ragionamenti scientifici. Se la scienza dicesse che si può manipolare qualunque elemento perché non succede nulla sarebbe un conto; ma quando la scienza non dice questo ci lascia supporre che vi siano dei rischi: non sappiamo se un colorante può produrre effetti diversi da un altro o se due o tre coloranti miscelati fra loro possono produrre effetti ancora differenti. Non vorremmo che la realtà restasse quella attuale. Ricordo che in una trasmissione televisiva sul tema intervenne uno di questi operatori, che non ricordo come si definiscano.

MUREDDU
Si chiamano "fuochini", sono coloro che fanno brillare le mine e anche loro devono aver superato una prova di capacità tecnica.

PRESIDENTE
Questo "fuochino" raccontò che suo padre stava provando un prodotto chimico (non ricordo bene quale fosse perché non posseggo una cultura chimica, a parte le reminiscenze scolastiche) e gli andò bene, per così dire, perché una piccola quantità esplose rovinandogli "solo" una mano. È un esempio di prove empiriche che non dobbiamo più permettere; dobbiamo agire in modo tale che questi comportamenti non si verifichino più.

GRAMAZIO
Vorrei fare una domanda al vice prefetto. C'è una statistica, basata su dati delle prefetture, sul numero di queste fabbriche in Italia e su come avvengono i controlli? Nell'incontro che avemmo in loco dopo il famoso incidente di Arpino, i funzionari della prefettura ci dissero che ogni tanto veniva fatto un controllo per verificare se quella piccola fabbrica è completamente in regola o meno, ma ciò non accadeva con una frequenza stabilita. Inoltre, non esistono in queste piccole fabbriche zone off limits per gli esterni, tant'è che una persona che era andata a comprare i fuochi con un pulmino si è trovata lì dove non avrebbe dovuto essere ed è rimasta coinvolta nell'incidente perdendo la vita.
Vorrei sapere da chi, in che modo e con quale frequenza ogni anno viene eseguito questo tipo di controlli.

MUREDDU
Da questo punto di vista possiamo stare abbastanza tranquilli, perché il Dipartimento periodicamente predispone questi monitoraggi: incarica gli organi territoriali, le prefetture e le questure, con il personale che hanno a disposizione, di effettuare i controlli anche con le commissioni tecniche provinciali (che probabilmente, queste sì, andrebbero migliorate nella qualità e nella professionalità). Il nostro Dipartimento dispone questi controlli anche a Capodanno; quindi avvengono in maniera costante e non soltanto qualora si verifichino incidenti.
A seguito dell'ultimo incidente di Arpino abbiamo predisposto una circolare molto puntuale, nella quale abbiamo impegnato i nostri organi periferici a controllare le registrazioni di carico e scarico delle materie, se la normativa era stata osservata o meno, l'efficienza degli apparati; quindi un'ispezione tecnica molto accurata. La nostra attenzione in questo settore è alta; certo si può perfezionare e migliorare, quindi cogliamo questa occasione come un'opportunità in più per avvalorare l'esigenza che vi sia un miglioramento nella formazione. Tra l'altro, a noi interessa che vengano formati anche i dipendenti della questura che lavorano nel settore. Si vuole formare il personale addetto a questo tipo di controllo e non mandarlo allo sbaraglio, perché la conoscenza ci deve essere anche da parte di chi effettua il controllo.
Speriamo altresì di cogliere questa opportunità insieme a voi, nel momento in cui verranno predisposte le disposizioni attuative della normativa che ha recepito la direttiva comunitaria, che pure non si attaglia completamente a queste piccole fabbriche, le quali anzi nelle premesse del decreto legislativo n. 58, alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 1, vengono proprio escluse dal campo di applicazione.

PRESIDENTE
Gli incidenti mortali però avvengono solo nelle piccole fabbriche.

MUREDDU
Infatti questa norma mi ha lasciata francamente perplessa, poiché il maggior numero di incidenti si verifica proprio nelle fabbriche a conduzione familiare, con poco personale. Diciamo che il comparto economico con il quale ci confrontiamo, a seguito della normativa che ha introdotto misure più severe anche per i prodotti che non erano classificati, da oggi in poi, con una norma transitoria, dovrà adeguarsi alle regole del mercato europeo e dotare i prodotti delle etichette CE del tipo, il che significa maggiore controllo, maggiore garanzia e dunque rispetto della normativa anche a questi fini.
Questo è un passo avanti che è stato compiuto nonostante i problemi incontrati. Non possiamo nascondere, infatti, che in questo momento di crisi economica il comparto ha chiesto maggiori aperture e noi abbiamo cercato di bilanciare le richieste che provengono da questo mondo con le esigenze di sicurezza che per noi sono sacrosante, vanno tutelate in maniera assoluta e dalle quali non si può prescindere. Si tratta di un comparto che manca però di quei requisiti di professionalità che invece contraddistinguono altri settori dei quali ci occupiamo, come quello delle armi. Per questo siamo assolutamente d'accordo con quanto sta emergendo nella riunione di oggi e anzi vogliamo cogliere questa opportunità.

NEROZZI
Vorrei sapere se la norma che impedisce agli esterni di entrare nelle fabbriche si riferisce a tutte le aziende del comparto o solo ai polverifici.

VADALÀ
Prima di tutto vorrei chiarire che la vittima dell’incidente di Arpino, il signor Giulio Campoli, insieme ad altre due persone, doveva acquistare alcuni prodotti. Ovviamente, i clienti dovrebbero fermarsi nella guardiania senza accedere ai reparti di lavorazione. Il titolare della licenza, però, può decidere di permettere l'accesso ad un cliente quando gli impianti sono chiusi, magari il sabato o la domenica. In tal caso, se il cliente vuole vedere qualche prodotto, può accedere all'interno della fabbrica.

GRAMAZIO
Stavano lavorando di domenica.

NEROZZI
Quindi la norma esiste.

VADALÀ
Sì. Io non sono un esperto in materia di leggi ma sicuramente la norma che vieta la presenza di persone durante la lavorazione di determinate sostanze è quella che garantisce la maggiore sicurezza.

NEROZZI
Sicuramente questa norma è valida per tutte le grandi lavorazioni di armi e di esplosivi. Quando effettuerete le verifiche richieste assicuratevi che detta disposizione sia specifica anche per le piccole fabbriche. Infatti non vorrei che riguardasse solo un altro settore, dove è rigorosamente rispettata. Il dottor Vadalà ci ha riferito che l'accesso a queste fabbriche è possibile nei giorni di sabato e domenica, ad impianti chiusi, ma nell'esempio che è stato fatto gli impianti erano attivi.

VADALÀ
Ovviamente è responsabilità del titolare far rispettare questa norma.

NEROZZI
Vi chiedo di verificare se esiste una norma specifica per il settore al nostro esame, poiché la nostra impressione - che temo non sia solo un'impressione - è che esista una differenza profonda tra la normativa relativa alle aziende che producono armi ed esplosivi e queste piccole fabbriche.

PRESIDENTE
Anche perché sono categorie diverse.

MUREDDU
Sono veramente due mondi separati. I fuochi artificiali italiani, tra l'altro, sono tra i più belli al mondo, quindi dobbiamo tutelare la nostra professionalità artigianale garantendo allo stesso tempo la sicurezza.

NEROZZI
Inoltre, stiamo parlando di aziende piccole ma che hanno un fatturato elevato e che partecipano ad aste e gare per un valore economico molto alto, dove forse la concorrenza è sottoposta a tensioni assai più forti rispetto ad altri settori. Non c'è un monopolio come per le armi, settore per il quale esiste un distretto dove è concentrata la produzione. In questo settore la concorrenza interna è feroce. Per quanto riguarda le armi la concorrenza è internazionale e quindi la situazione è differente.

PRESIDENTE
Dottoressa Mureddu, le faccio un'ultima domanda relativamente alla categoria in cui sono incluse le fabbriche di fuochi di artificio. Voi ritenete che sia giusto che tali fabbriche rimangano nella categoria in cui si trovano, che comporta un'attività ispettiva limitata anche qualitativamente?

MUREDDU
Si riferisce alla categoria per la quale sono previste determinate limitazioni?

NEROZZI
Si parla della cosiddetta normativa Seveso relativa ai grandi rischi.

MUREDDU
Le piccole fabbriche di fuochi di artificio non sono incluse in tale normativa, ma comunque da oggi in poi sono classificate e si dovranno adeguare.

NEROZZI
Fino a 15 giorni fa, queste piccole aziende, a differenza, per esempio, di quelle che fabbricano polvere da sparo, non erano comprese nella normativa relativa ai grandi rischi, la cosiddetta normativa Seveso. Questo ci è stato confermato anche dalle forze di polizia, dai vigili del fuoco e dalle ASL perché i controlli che potevano effettuare non contemplavano alcuni degli aspetti che noi vi abbiamo sottoposto. La cosiddetta normativa Seveso prevede per gli ambienti chiusi tutto quello che lei ha perfettamente illustrato ma queste lavorazioni sono fuori da tale normativa.

VADALÀ
Essenzialmente ciò che caratterizza le lavorazioni a grande rischio è la quantità di materiale esplodente trattato. Molte fabbriche di esplosivi, quindi, tendono a ridurre il quantitativo di tale materiale proprio per non rientrare nella normativa Seveso e quindi per non essere sottoposte ai controlli.

MUREDDU
Per questo non doveva essere prevista quella esclusione.

VADALÀ
Se valutate che una fabbrica di fuochi pirotecnici mediamente ha un deposito di 1.000 chili di materiale esplodente e solo due persone impiegate, capirete che bisognerebbe creare una nuova legge Seveso nella quale far rientrare anche queste fabbriche.

NEROZZI
Lei, che come noi ha potuto constatare gli effetti disastrosi di tali incidenti, sa che si tratta di esplosioni devastanti. In particolare l'incidente di Arpino, dove per le coperture era stato utilizzato l'eternit che è composto di amianto, ha provocato danni che si protrarranno per decenni perché si sono polverizzate alcune lastre lunghe due metri.
Quindi non stiamo parlando nemmeno di grandi misure.

PRESIDENTE
Tra l'altro questa piccola fabbrica che è esplosa un mese fa aveva in più 7 tonnellate di deposito giudiziario.

GRAMAZIO
Riagganciandomi a questo aspetto del deposito giudiziario, quella che abbiamo visto era una piccola fabbrica con un deposito giudiziario gigantesco, tant'è che i tecnici dicevano che se l'incidente si fosse esteso fin lì (ciò non è accaduto perché c'erano le protezioni) non si può immaginare cosa sarebbe potuto accadere, certamente il danno sarebbe stato ancora più grande. Come fanno gli organi preposti a far conservare in piccole fabbriche, senza protezioni e senza controlli (anche se è stato detto che è stato fatto un sequestro a Capodanno) quantità così ingenti di materiale? Quella, per quanto abbiamo visto nel sopralluogo effettuato dopo l'incidente, non era una struttura adeguata: è vero che c'era un'ottima protezione, ma le autorità come fanno a scegliere il deposito giudiziario? Come certamente lei ben sa, quando una prefettura sceglie il deposito giudiziario per le auto, lo cerca in una zona dove si possono mettere molte macchine e dove può arrivare la pompa dei vigili del fuoco. Per fare un esempio, a Roma è accaduto che il deposito giudiziario delle auto sequestrate fosse vicino ad un distributore di benzina ed è scoppiato. Esistono queste garanzie? Ritenete che si debba prevedere una legislazione apposita per queste piccole aziende, per arrivare ad avere un reale controllo sulla sicurezza? Pongo questa domanda agli esperti che devono applicare quotidianamente questi provvedimenti.

MUREDDU
Diciamo che tutto è perfettibile e sicuramente quelle che ci siamo scambiate oggi sono considerazioni che hanno messo in luce delle lacune, pure contenute all'interno di una normativa che apparentemente sembra adeguata e sembra rispondere a queste esigenze di sicurezza, posto che sono previste anche norme sanzionatorie di natura penale, sospensioni, revoche e il divieto di detenzione là dove ci sia il convincimento che il soggetto che richiede la licenza potrebbe abusarne. Gli strumenti ci sarebbero, ma siccome tutto è perfettibile anche la normativa può essere migliorata e su questo siamo assolutamente d'accordo. Nel caso di Arpino tutto sembrava in regola.

PRESIDENTE
Potremmo chiudere con una riflessione di questo tipo: là dove tutto sembrava in regola purtroppo qualcosa non ha funzionato, quindi aiutateci dandoci delle indicazioni.

MUREDDU
Certamente, saremo propositivi.

PRESIDENTE
Se grazie alla vostra professionalità riuscirete anche a tradurre in modo più corretto quanto ci siamo detti oggi, a dargli uno status più organico, ve ne saremo grati e potremo assumere un'iniziativa tale da colmare le lacune esistenti o quantomeno accendere un faro sul problema.

MUREDDU
Almeno per dimostrare che non siamo insensibili al problema.

PRESIDENTE
Gli operatori devono essere capaci, devono avere conoscenza dei prodotti che maneggiano, devono essere specificate le caratteristiche che devono avere i luoghi e gli ambienti di lavoro, dobbiamo capire se tali fabbriche devono rimanere in questa stessa categoria di rischio o meno, aspetto al quale siamo molto attenti e che deve essere valutato bene. Vorremmo inoltre indicazioni relativamente a tutti gli altri argomenti su cui abbiamo svolto delle riflessioni, ad esempio alla formazione come elemento obbligatorio, perché ci sono categorie come i medici, i paramedici, gli avvocati e i notai che fanno formazione e hanno un certo numero di crediti ogni anno.

MUREDDU
C'è il problema dolente delle spese.

PRESIDENTE
Le categorie che ho citato la formazione la fanno a spese proprie, quindi non è una questione di denaro o di crisi, altrimenti rischiamo di mettere dietro a questo tabernacolo, seppur drammatico, della crisi anche immagini estranee.

MUREDDU
Ci auguriamo che siano sensibili proprio gli operatori di settore.

PRESIDENTE
Non serve che siano sensibili, ma se non lo fanno si deve ritirare loro la licenza. Dobbiamo essere chiari ed essere un po' più italiani di quello che siamo.

MUREDDU
Dovrebbero capire che è nel loro interesse.

PRESIDENTE
Se non lo capiscono chiudono, perché il nostro obbligo è quello di tutelare la vita di queste persone, facendole lavorare in sicurezza.
Non credo che alla fine quelle 30, 40 o 50 ore (quante debbono essere saranno i tecnici a dirlo) di formazione annuale metterebbero in crisi l'economia di un'azienda; anzi le condizioni di maggiore sicurezza fanno lavorare meglio, con maggiore qualità e magari con maggiore produttività.
Siamo dell'avviso (del resto la nostra è una Commissione che non può non essere convinta di questo, diversamente non esisterebbe) che la sicurezza non sia un costo, ma un valore ed è questo il presupposto dal quale dobbiamo partire. Altrimenti, faremmo come quell'imprenditore edile che dice che è inutile spendere soldi per gli apparati per la sicurezza.

MARTINO
Vorrei fare una precisazione. Esiste nella normativa vigente una previsione legislativa che impedisce che persone estranee al processo di manipolazione entrino nei locali dove si fa manipolazione di prodotti esplodenti; quindi non ci limitiamo ad augurarci che non entrino. La cosa più importante per noi è la sicurezza, che è un valore primario; siamo nel Dipartimento di pubblica sicurezza proprio perché è un valore in cui crediamo; non è un principio acquisito, ma è conforme alla nostra preparazione e tutto quello che facciamo è proprio volto a salvaguardare la sicurezza.
Anche a livello di commissioni tecniche provinciali, se vogliamo essere propositivi in maniera concreta, le persone che devono aiutare i colleghi delle commissioni devono essere persone preparate dal punto di vista tecnico, altrimenti si corre il rischio di fare dei sopralluoghi con persone che non hanno un grado adeguato di professionalità. Nelle commissioni tecniche provinciali ci avvaliamo della collaborazione del Ministero della difesa, che molto spesso nell'ultimo periodo ha inviato del personale dei carabinieri. Questi ufficiali, rispetto a noi funzionari di polizia, non hanno una conoscenza specifica. Se fossero mandati elementi dell'Esercito, con competenze tecniche e chimiche, saremmo confortati nel fare questi controlli, che potrebbero essere più frequenti e dare il risultato di tutelare la salute e l'integrità di chi opera in queste fabbriche a rischio della propria incolumità, nonché di sensibilizzare in questo senso. I vigili del fuoco e i comandi provinciali, anziché mandarci un funzionario dei ruoli amministrativi, che magari non ha competenze specifiche, dovrebbero mandare degli ingegneri, come previsto dalla norma. Se la commissione tecnica provinciale, che è presieduta dal vicario della questura o da un funzionario della divisione amministrativa, si potesse avvalere della collaborazione di persone che con cognizione di causa vanno a fare questi controlli, la patologia verrebbe ridotta a fisiologia.
La normativa c'è, magari è perfettibile ma esiste. Questo è il problema pratico con il quale ci scontriamo, poi possiamo anche discutere di teoria.

PRESIDENTE
È stata molto chiara dottoressa. Intanto la Commissione ha avuto la prima risposta: la normativa esiste. Noi tutti condividiamo assolutamente il suo ragionamento quando dice che tale normativa non viene bene applicata, ma dovremmo comunque rafforzarla, dato che è piuttosto labile, magari specificando le peculiarità e le professionalità dei vari soggetti.

MARTINO
Questo è corretto. Per esempio, si potrebbe insistere sull'esame pratico necessario per gli addetti alla manipolazione delle materie esplodenti, che devono avere delle conoscenze specifiche.

PRESIDENTE
Siamo tutti d'accordo, ma dobbiamo farlo. Dato che la normativa non è cogente dobbiamo migliorarla, proprio per fare in modo che i lavoratori abbiano le competenze necessarie. Per questo vi chiediamo un breve contributo scritto.

MUREDDU
Daremo incarico all'ufficio legislativo che è competente in materia.

PRESIDENTE
Dottoressa, se pensate di poterci dare questo contributo va bene, altrimenti andremo avanti per conto nostro.

MUREDDU
Siamo assolutamente disponibili, Presidente.

PRESIDENTE
Allora perché mi parla di ufficio legislativo?

MARTINO
L'ufficio legislativo è interno al nostro Dipartimento.

PRESIDENTE
Non dobbiamo porci troppi problemi perché in questo modo non andremo da nessuna parte, soprattutto quando c'è il massimo rispetto delle istituzioni. Forse voi non sapete che per avere la vostra presenza in Commissione ho chiesto l'autorizzazione al Ministro e non ero certo obbligato a farlo. L'ho fatto, come sempre, per mantenere un rapporto corretto tra le istituzioni.
Non poniamoci sempre problemi, piuttosto dobbiamo risolverli perché ormai sono evidenti. È una serata bellissima: non ci sono nuvole e la costellazione è chiara. Allora affrontiamo i problemi perché anche noi, alla fine, saremo responsabili di quello che succederà. Non possiamo limitarci a dire che la normativa esiste ma non funziona, bisogna fare in modo che funzioni. Considerate che in alcuni concorsi è necessario l'ingegnere, in altri il biologo e in altri ancora il filosofo. Cerchiamo di entrare in questo ordine di idee. Poi, se avete altre difficoltà potete comunicarcele e andremo avanti da soli.

MUREDDU
Presidente, ribadisco che la nostra disponibilità è massima.

PRESIDENTE
Se sarà necessario, chiameremo in audizione il Ministro e parleremo con lui perché non possiamo rimanere prigionieri delle burocrazie. Noi siamo un bel popolo, lo dico anche per celebrare i 150 anni dall'Unità d'Italia, ma spesso dimentichiamo che possiamo dare di più.
Oggi ci siamo conosciuti, è stato un incontro importante e vorrei che fosse l'inizio di un lavoro condiviso. Se ci sono degli ostacoli possiamo anche superarli.

MUREDDU
Mi sono espressa male, non intendevo assolutamente parlare di ostacoli.

PRESIDENTE
Se cominciate a parlare di ufficio legislativo e quant'altro andremo avanti da soli.

MUREDDIU
Non era questo lo spirito, assolutamente.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per la loro collaborazione.
Dichiaro conclusa l'audizione odierna.


Note: Testi non rivisitati dagli oratori.
Fonte: Senato della Repubblica