Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, Sent., 01 febbraio 2012, n. 4407 - Amputazione del terzo e quarto dito di una mano e omissione di una adeguata protezione della macchina


 

 

Responsabilità del legale rappresentante di una srl per infortunio in danno di un lavoratore dipendente che subiva l'amputazione del terzo e quarto dito della mano sinistra: la colpa veniva individuata, oltre che sui profili di colpa generica, anche sull'inosservanza all'obbligo cautelare specifico di dotare la macchina ove si era verificato l'infortunio di adeguata protezione della catena di trasmissione e degli ingranaggi: per l'effetto, proprio in ragione di tale carente protezione, il lavoratore, intento a raccogliere un attrezzo, rimaneva impigliato, con la mano, negli ingranaggi, subendo le lesioni contestate.

Ricorso in Cassazione - Inammissibile

La Corte afferma che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica, potendosi escludere l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'"abnormità" del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento: dovendosi, al riguardo, considerare abnorme il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; con la precisazione, però, che non può avere queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli da ultimo.

 


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

 

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

 

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

 

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

 

Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

 

R.F. N. IL (OMISSIS);

 

avverso la sentenza n. 733/2007 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del 08/03/2011;

 

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

 

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

 

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile che ha concluso per il rigetto del ricorso;

 

Udito il difensore Avv. Ures A.M. del Foro di Oristano che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

 

Fatto

 

 

R.F. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe, che riformando in melius quella di primo grado quella di primo grado quanto al trattamento sanzionatorio concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle aggravanti, lo ha riconosciuto colpevole del reato di lesioni colpose amputazione del terzo e del quarto dito della mano sx in danno di B.S., lavoratore dipendente della società O. srl di cui il prevenuto era il legale rappresentante.

 

La colpa veniva individuata, oltre che sui profili di colpa generica, anche sull'inosservanza all'obbligo cautelare specifico di dotare la macchina ove si era verificato l'infortunio di adeguata protezione della catena di trasmissione e degli ingranaggi: per l'effetto, proprio in ragione di tale carente protezione, il lavoratore, intento a raccogliere un attrezzo, rimaneva impigliato, con la mano, negli ingranaggi, subendo le lesioni contestate.

 

Corrispondendo a specifica doglianza, la Corte evidenziava che l'attività svolta dall'infortunato rientrava nelle mansioni lavorative, così da doversi escludere qualsivoglia anomalia comportamentale rilevante per escludere il nesso causale.

 

Inoltre, precisava la Corte, proprio in ragione del contesto dell'infortunio, verificatosi mentre il lavoratore era intento a svolgere la propria attività, nessun rilievo poteva valere per escludere la responsabilità l'assunto difensivo che la macchina sarebbe stata collocato in un luogo chiuso, qualificato dalla presenza di cartelli di divieto di accesso, e avrebbe lavorato "in automatico".

 

Irrilevante per escludere la responsabilità era la circostanza, prospettata dalla difesa, della nomina di un RSPP, trattandosi solo di un consulente, la cui nomina non escludeva il ruolo di garanzia del datore di lavoro.

 

Con il ricorso si censura l'addebito di responsabilità.

 

Con il primo motivo, si reitera la prospettazione difensiva dell'abnormità del comportamento del lavoratore, che aveva improvvisamente infilato la mano nella macchina per recuperare un attrezzo ivi dimenticato.

 

Con il secondo contesta l'affermato riconoscimento della posizione di garanzia, sostenendo che vi sarebbe stata la presenza, nella società, di altra persona, onerata della responsabilità per la sicurezza tale R.C..

 

Con il terzo motivo sostiene che non sarebbero stati vagliati "le prove testimoniali e tutti i documenti offerti in produzione della difesa".

 

Diritto

 

Il ricorso è manifestamente infondato.

 

Sotto alcuni profili presenta evidenti profili di genericità: specie con riferimento all'ultimo motivo, ove neppure sono spiegate le ragioni della trascurata considerazione di elementi offerti dalla difesa, evocando in modo apodittico un travisamento, in termini del resto inconciliabili con i noti limiti che caratterizzano la articolazione di un tale vizio in presenza di una doppia conforme sentenza di responsabilità cfr. Sezione 4, 10 febbraio 2009, Ziello ed altri; nonchè, Sezione 6, 10 maggio 2007, Contrada.

 

Inaccoglibile, a fronte della puntuale ricostruzione dell'infortunio operata dalla corte di merito che ne ha specificamente ravvisato il collegamento con le mansioni svolte, la evocata interruzione del nesso causale.

 

Vale il principio pacifico secondo cui l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica, potendosi escludere l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità" del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento: dovendosi, al riguardo, considerare abnorme il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; con la precisazione, però, che non può avere queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli da ultimo, Sezione 4, 11 gennaio 2011, L'Episcopo.

 

Analogo rilievo vale per la doglianza sulla posizione di garanzia, ove si vuole, in fatto, introdurre una ricostruzione dell'assetto aziendale che non può essere certo esaminata dalla Corte di legittimità.

 

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost, sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 1000 euro in favore della cassa delle ammende.