Cassazione Penale, Sez. 4, 16 febbraio 2012, n. 6400 - La designazione del RSPP non equivale a "delega di funzione"


 


Responsabilità del datore di lavoro e del RSPP di una spa per un infortunio occorso ad un dipendente. L'addebito era basato sull'omesso posizionamento della griglia di protezione di una macchina assemblatrice dei profilati di alluminio.

Tale omissione aveva posto le cause dell'infortunio, giacchè il lavoratore infortunatosi, mentre era addetto al taglio termico dei profilati di alluminio, nell'accompagnare il profilo con la mano destra per farlo entrare nella macchina, subiva il "risucchiamento" dell'arto all'interno del macchinario.

Condannati, ricorrono in Cassazione - Inammissibile.

Innanzitutto, afferma la Corte, con riferimento ai primi due motivi, in modo soddisfacente e correttamente la Corte di merito ha esclusa l'abnormità del comportamento del lavoratore.
In caso di infortunio sul lavoro, non è consentito al datore di lavoro invocare a propria discolpa, per farne discendere l'interruzione del nesso causale (articolo 41 c.p., comma 2), la legittima aspettativa della diligenza del lavoratore, allorquando lo stesso datore di lavoro versi in re illicita per non avere, per propria colpa, impedito l'evento lesivo cagionato dallo stesso infortunato, consentendogli di operare sul luogo di lavoro in condizioni di pericolo

Non può trovare accoglimento inoltre il motivo basato sulla pretesa sussistenza di una delega implicita in favore del RSPP.

Ciò in quanto, come è noto, la responsabilità penale "diretta" del datore di lavoro (e soggetti assimilati: dirigente, preposti) per l'inosservanza delle norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex se per il solo fatto che sia stato designato il RSPP, giacchè la "designazione" del RSPP, che il datore di lavoro è tenuto a fare a norma di legge (cfr., ora, il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 31; individuandolo, ai sensi del successivo articolo 32, tra persone i cui requisiti siano "adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative"), non equivale a "delega di funzioni" utile ai fini dell'esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica, perchè gli consentirebbe di "trasferire" ad altri - il delegato- la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell'obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all'espletamento dell'attività lavorativa.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

2) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 1475/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del 22/02/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cedrangolo Oscar, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;

udito, per la parte civile, l'Avv. (Omissis) del foro di (Omissis), che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

udito il difensore avv. (Omissis) del foro di (Omissis), che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi.

 

Fatto



(Omissis) e (Omissis) ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che, parzialmente riformando quella di primo grado (declaratoria di prescrizione per gli addebiti contravvenzionali in tema di prevenzione infortuni), nella rispettiva qualità di datore di lavoro e di RSPP della (Omissis) spa, li ha riconosciuti colpevoli del reato di lesioni personali colpose gravi e aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica (vasta FLC da scollamento cutaneo del palmo della mano dx - frattura F1 indice della mano dx: con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 gg.) subite da (Omissis), dipendente di detta società.

L'addebito era basato sull'omesso posizionamento della griglia di protezione di una macchina assemblatrice dei profilati di alluminio.

Tale omissione aveva posto le cause dell'infortunio, giacchè il lavoratore infortunatosi, mentre era addetto al taglio termico dei profilati di alluminio, nell'accompagnare il profilo con la mano destra per farlo entrare nella macchina, subiva il "risucchiamento" dell'arto all'interno del macchinario, riportando le suindicate lesioni.

Secondo la ricostruzione del giudicante, operata attraverso la valorizzazione di convergenti dichiarazioni testimoniali (non solo quella della p.o., ma anche quelle del funzionario della ASL e di altri colleghi dell'infortunato), l'omissione era conosciuta sia al datore di lavoro che al RSPP e trovava una sua giustificazione "lavorativa" nel senso che consentiva la possibilità di aumentare la quantità dei profilati lavorati.

Con il ricorso vengono articolati diversi motivi.

Con il primo e secondo motivo, connessi, si prospetta l'abnormità della condotta del lavoratore che volontariamente aveva introdotto la mano in una zona pericolosa, consapevole che il macchinario era in movimento. A tal riguardo si contesta la ricostruzione dell'infortunio, siccome principalmente effettuata attraverso la deposizione del lavoratore infortunato, anche se "interessato" agli esiti della vicenda processuale.

Con il secondo motivo, si contesta il giudizio di responsabilità. In particolare, quanto alla posizione del (Omissis), si sostiene la sussistenza di una "delega" in punto di responsabilità in materia prevenzionale in favore del (Omissis). Si riconosce l'assenza di una delega formale", ma si ritiene tale circostanza non rilevante, trattandosi di azienda di grandi dimensioni, laddove legittimamente l'organizzazione del lavoro era stata strutturata conferendo gli incombenti in materia di sicurezza a soggetti diversi dal titolare dell'impresa, il quale si sarebbe sempre disinteressato della produzione.

Con il terzo motivo, si censura il giudizio formulato in punto di determinazione della pena, in particolare la concessione delle attenuanti solo con giudizio di equivalenza: si contesta l'apprezzamento sviluppato dal giudicante attraverso la valorizzazione della gravità del fatto, pur in presenza di soggetti incensurati.

Diritto



I ricorsi sono manifestamente infondati, a fronte di una decisione giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in fatto quanto alla ricostruzione dell'addebito ed ai profili di colpa; tra l'altro, sotto questo profilo, con argomenti ampiamente convergenti rispetto a quelli del giudice di primo grado.

Le doglianze dei ricorrente sono manifestamente infondate in diritto e, sotto certi profili, si basano su una opinabile, rinnovata ricostruzione dell'accaduto che non può trovare accoglimento in questa sede, in quanto alla Corte di legittimità non è consentita una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perchè è estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati probatori (Sezione 6, 6 maggio 2009, Esposito ed altro).

In particolare, con riferimento ai primi due motivi, in modo soddisfacente e correttamente la Corte di merito ha esclusa l'abnormità del comportamento del lavoratore.

Da un lato, infatti, non è qui possibile ricostruire il fatto in modo diverso da quello operato convergentemente in sede di merito, tra l'altro non attraverso una supina accettazione della sola versione dell'infortunato, ma attraverso la disamina di plurime, convergenti di dichiarazioni di altri.

Dall'altro, l'affermazione è giuridicamente corretta ove si consideri che qui possono utilmente richiamarsi i due fondamentali principi operanti in materia di rilevanza della condotta colposa del lavoratore ai fini della possibile esclusione della responsabilità del datore di lavoro.

In primo luogo, vale il rilievo pacifico che i comportamenti "abnormi" del lavoratore come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e idonei ad escluderne la responsabilità, non possono ravvisarsi in presenza di un comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore (cfr. Sezione 4, 5 giugno 2008, Stefanacci ed altri ; nonchè, Sezione feriale, 12 agosto 2010, Mazzei ed altro).

In secondo luogo, vale il rilievo parimenti pacifico secondo cui, in caso di infortunio sul lavoro, non è consentito al datore di lavoro invocare a propria discolpa, per farne discendere l'interruzione del nesso causale (articolo 41 c.p., comma 2), la legittima aspettativa della diligenza del lavoratore, allorquando lo stesso datore di lavoro versi in re illicita per non avere, per propria colpa, impedito l'evento lesivo cagionato dallo stesso infortunato, consentendogli di operare sul luogo di lavoro in condizioni di pericolo (Sezione 4, 25 marzo 2011, D'Acquisto).

Principi entrambi evocabili nel caso di specie, in considerazione dell'evidente connessione dell'infortunio con l'attività lavorativa e dei profili colposi ricostruiti a carico dei titolari della posizione di garanzia, che, secondo la ricostruzione del giudicante, erano entrambi consapevoli dell'irregolarità del macchinario, cui è stata attribuita rilevanza efficiente decisiva.

Non può trovare accoglimento il motivo (che evidentemente è stato formulato solo nell'interesse del ricorrente (Omissis)) basato sulla pretesa sussistenza di una delega implicita, tra l'altro in favore del RSPP, nella persona del ricorrente (Omissis).

In vero, anche ad ammettere che, anteriormente all'entrata in vigore del Decreto Legislativo 9 aprile 2001, n. 81, articolo 16 (che, al comma 1, lettera a), ha previsto espressamente che la delega debba essere conferita per iscritto), non fosse prevista alcuna forma per il rilascio della delega, è comunque da ritenere che dovesse esservi certezza del rilascio e del contenuto della delega, sia per ritenerne l'esistenza che per poterne individuare i contenuti. In questa prospettiva, condivisibilmente qui il giudicante ha ritenuto non dimostrata la pretesa delega "implicita", tra l'altro non utilmente ipotizzabile in conseguenza della mera nomina del RSPP.

Ciò in quanto, come è noto, la responsabilità penale "diretta" del datore di lavoro (e soggetti assimilati: dirigente, preposti) per l'inosservanza delle norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex se per il solo fatto che sia stato designato il RSPP, giacchè la "designazione" del RSPP, che il datore di lavoro è tenuto a fare a norma di legge (cfr., ora, il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 31; individuandolo, ai sensi del successivo articolo 32, tra persone i cui requisiti siano "adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative"), non equivale a "delega di funzioni" utile ai fini dell'esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica, perchè gli consentirebbe di "trasferire" ad altri - il delegato- la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell'obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all'espletamento dell'attività lavorativa.

La designazione del RSPP, in definitiva, non ha nulla a che vedere con l'istituto della "delega di funzioni" e non può quindi assumere la stessa rilevanza ai fini dell'esonero della responsabilità del datore di lavoro.

Inaccoglibile il motivo sulla determinazione della pena, che vorrebbe introdurre una censura sull'esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito, qui esercitato con adeguata motivazione. In vero, il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti non è censurabile in sede di legittimità qualora il giudice di merito abbia giustificato la soluzione adottata con la indicazione degli elementi ritenuti prevalenti ai fini del giudizio di comparazione, anche se non abbia confutato tutte le deduzioni delle parti volte a conseguire una diversa valutazione comparativa di tutte le circostanze del reato. In questa prospettiva, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'articolo 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sezione 6, 8 luglio 2009, Abruzzese ed altri). Qui, il giudicante ha bene spiegato il giudizio di solo equivalenza delle attenuanti, valorizzando, in linea con i richiamati criteri normativi, le gravi modalità del fatto ritenute tali da neutralizzare la circostanza soggettiva della personalità dei prevenuti.

Alla inammissibilità dei ricorsi, riconducibile a colpa dei ricorrenti(Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna dei ricorrenti medesimi al pagamento delle spese processuali per ciascuno, di una somma, che congruamente si determina in euro mille, in favore della cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.



Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1000 in favore della cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio della parte civile, (Omissis), liquidate in complessivi euro 2500,00, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..