Cassazione Penale, Sez. 4, 21 febbraio 2012, n. 6866 - Lavori in una cartiera e infortunio: balle di cellulosa stoccate senza la necessaria cautela


 

Infortunio sul lavoro avvenuto all'interno di una cartiera:  la persona offesa, G.M., un lavoratore assunto nella cartiera il 16 marzo 2006, ma comunque esperto avendo dichiarato di aver lavorato nelle cartiere per circa trent'anni, si era recata con un carrello elevatore in fondo al piazzale della ditta, dov'erano stipati i pacchi di cellulosa usati per la lavorazione, i c.d. legacci, cioè blocchi di sei pacchi di cellulosa legati assieme. Il lavoratore prelevava un "legaccio" ma si accorgeva che il pacco era instabile e lo poggiava perciò a terra per slegarlo, avendo ritenuto opportuno trasportare due pacchi per volta allo spappolatore, cioè alla macchina dove la cellulosa veniva mescolata con carta straccia. Nel tagliare i fili che mantenevano insieme il legaccio, la pressione che la cellulosa esercitava sul filo si scaricava sulla pila, i pacchi si muovevano repentinamente,("fecero come un salto") ed uno di questi investiva il lavoratore facendolo cadere e cagionandogli lesioni ed una malattia superiore a 40 giorni.

Gli imputati, B.C. in qualità di responsabile della movimentazione della merce e B.D. in qualità di delegato alla sicurezza, sono stati ritenuti responsabili del fatto che le balle di cellulosa erano stoccate senza le necessarie cautele ed in particolare senza essere ben protette dall'umidità e dalla pioggia.


Condannati in primo e secondo grado,  entrambi gli imputati ricorrono in Cassazione - Rigetto.


La Corte afferma che del tutto corretto è l'accertamento che hanno compiuto i giudici di merito circa la non abnormità del comportamento della vittima, essendo pacifico che il medesimo era intento alle normali occupazioni ed essendo del tutto logico e conforme al principio sopra richiamato ritenere che l'eventuale imprudenza della manovra posta in essere dal medesimo, che quale lavoratore esperto ben doveva conoscere il rischio collegato alla umidità, non elimini nè la colpa degli imputati nè il nesso di causalità; la imprudenza del G. nel tagliare i fili del pacco, pur concorrendo all'evento, rientrava nel novero delle violazioni comportamentali che i lavoratori perpetrano quando ritengono di aver acquisito una conoscenza ed una padronanza del lavoro cui sono adibiti tale da consentire, a loro giudizio, di far fronte alla situazione di pericolosità, controllando i rischi che essi stessi corrono per la pericolosità della manovra posta in essere; ma quando una tale situazione si verifica proprio per la mancanza delle misure di protezione che è compito del datore di lavoro di predisporre, non è possibile ritenere interrotto il nesso di causalità.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

1) B.D., N. IL (OMISSIS);

2) B.C., N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 727/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 20/01/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Cons. Dr. Gialanella Antonio, che ha concluso per la inammissibilità dei ricorsi.

 

Fatto

 


La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del tribunale di Lucca, resa in seguito di giudizio abbreviato, con la quale B.D. e B.C. sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 590 c.p. e condannati alla pena ritenuta di giustizia. Si è trattato dell'infortunio sul lavoro avvenuto in data (OMISSIS) all'interno di una cartiera, in cui B.C. era responsabile della movimentazione della merce e B.D. delegato alla sicurezza. La persona offesa, G.M., un lavoratore assunto nella cartiera il 16 marzo 2006, ma comunque esperto, avendo dichiarato di aver lavorato nelle cartiere per circa trent'anni, si era recata con un carrello elevatore in fondo al piazzale della ditta, dov'erano stipati i pacchi di cellulosa usati per la lavorazione, i c.d. legacci, cioè blocchi di sei pacchi di cellulosa legati assieme. Il lavoratore prelevava un "legaccio" ma si accorgeva che il pacco era instabile e lo poggiava perciò a terra per slegarlo, avendo ritenuto opportuno trasportare due pacchi per volta allo spappolatore, cioè alla macchina dove la cellulosa veniva mescolata con carta straccia. Nel tagliare i fili che mantenevano insieme il legaccio, la pressione che la cellulosa esercitava sul filo si scaricava sulla pila, i pacchi si muovevano repentinamente,("fecero come un salto") ed uno di questi investiva il lavoratore facendolo cadere e cagionandogli lesioni ed una malattia superiore a 40 giorni.

Entrambi i giudici, ed in particolare il tribunale con una dettagliatissima sentenza, hanno ritenuto i due imputati responsabili dell'infortunio ritenendo che il medesimo si fosse verificato perchè le balle di cellulosa erano stoccate senza le necessarie cautele ed in particolare senza essere ben protette dall'umidità e dalla pioggia. I giudici ritenevano che anche il comportamento del G.M., avesse contribuito all'evento, in quanto il medesimo, lavoratore esperto, non avrebbe dovuto effettuare l'operazione di tagliare i fili del legaccio senza una opportuna protezione; il comportamento non poteva però qualificarsi abnorme, in quanto posto in essere dal lavoratore nell'adempimento del suo specifico compito; non vi era stata dunque interruzione del nesso di causalità.

2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore degli imputati.

Con un primo motivo deduce illogicità e contraddittorietà della motivazione. Secondo i ricorrenti i presupposti in fatto della ritenuta responsabilità non sono stati adeguatamente provati.

I ricorrenti evidenziano che la responsabilità degli imputati è stata affermata sul presupposto che le balle stivate sul piazzale erano imbevute di acqua perchè lasciate senza protezione; in conseguenza di ciò si erano gonfiate e, una volta tagliati i fili che le tenevano assieme, una di queste era saltata addosso al lavoratore che aveva effettuato la manovra. Secondo i ricorrenti non poteva ritenersi provato che le balle fossero lasciate sempre scoperte; si tratta di una deduzione che non ha trovato riscontro in accertamenti concreti in quanto l'accertamento effettuato sul luogo era intervenuto quasi un anno dopo; e nelle fotografie effettuate quel giorno si vedeva che accanto alla stiva di cellulosa scoperta perchè le balle ivi accatastate dovevano essere prelevate proprio dagli operatori di quel turno, vi era un'altra stiva regolarmente coperta con un telo di nylon, come riportato dalla sentenza di primo grado; lo stesso lavoratore infortunato ha dichiarato non che le balle venivano lasciate sempre scoperte, ma solo che quel giorno erano scoperte, ovviamente dovendo essere oggetto di prelievo. Con un secondo motivo deduce violazione dell'art. 43. Fa presente che per aversi responsabilità colposa occorre che si possa istituire un nesso causale tra la norma cautelare che si suppone violata e l'evento che in concreto si è verificato. Nel caso di specie se non vi è prova certa che la stiva delle balle di cellulosa fosse scoperta, non vi può essere prova certa che il "balzo" conseguente al taglio dei fili che comprimevano le balle, trovi la sua causa nel gonfiore dovuto all'imbibimento; inoltre sarebbe ben possibile ipotizzare una causa alternativa perfettamente plausibile del fenomeno in questione ritenendo che la legatura del pacco sia avvenuta fin dall'origine in modo particolarmente stringente; non vi è dunque prova certa del nesso tra la supposta violazione cautelare e l'evento. Con un terzo motivo deducono erroneità della sentenza impugnata sotto il profilo della mancata affermazione della interruzione del nesso di causalità per il comportamento gravemente imprudente tenuto dal lavoratore. Il G. era persona perfettamente edotta di tutti i rischi specifici da movimentazione dei carichi di cui si parla, aveva percepito che il carico era instabile e, ciò nonostante, ha compiuto una manovra gravemente imprudente ed imprevedibile tale da dover essere considerata interruttiva del nesso di causalità. Con un quarto motivo sostengono che non vi sarebbe posizione di garanzia da parte dell'imputato.

B.C. è stato ritenuto colpevole non a titolo di cooperazione, ma in proprio, in quanto responsabile della movimentazione merci, qualifica che, in presenza di un responsabile per la sicurezza, non può comportare il dovere di osservanza di quelle norme cautelari la cui violazione avrebbe dato origine all'evento lesivo.



Diritto



1. I ricorsi non meritano accoglimento.

Con il primo motivo i ricorrenti sostengono la mancanza di prova sulle circostanze di fatto poste a fondamento della decisione, sostenendo in sostanza che non era stato affatto provato che le balle di cellulosa erano bagnate, esistendo viceversa elementi di prova (le foto scattate il giorno del sopraluogo mostravano teli di plastica e una pila di balle coperte) che dimostravano che le pile venivano regolarmente coperte e scoperte solo quando dovevano essere spostate.

L'assunto non ha pregio. Trattasi di deduzione formulata già nel corso del giudizio di primo grado e sulla quale tanto la sentenza di primo grado che quella di appello hanno puntualmente motivato. In particolare la Corte di appello di Firenze ha messo in evidenza che non poteva attribuirsi rilevanza decisiva alle foto scattate il giorno del sopraluogo, in quanto l'atto era avvenuto a circa un anno di distanza dall'incidente; occorreva piuttosto riferirsi alle dichiarazioni dello stesso infortunato, che la Corte ha ritenuto pienamente credibili, per la loro precisione e per l'assenza di animosità del teste che neppure si era costituito parte civile; dichiarazioni peraltro confermate dalla stessa dinamica dell'incidente atteso che causa dello scarto ("il balzo") effettuato dalla balla che il G. slegava, era proprio l'umidità, secondo un rischio ben noto agli operatori e allo stesso G., in quanto lavoratore esperto che ben conosceva il rischio derivante dalla assunzione di umidità.

Peraltro, tale considerazione offre l'occasione ai ricorrenti di invocare l'abnormità del comportamento del G. quale fatto interruttivo del nesso di causalità. Anche questa deduzione è infondata. Occorre in proposito ricordare che secondo un principio assolutamente consolidato della giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro è responsabile anche degli infortuni ascrivibili a imperizia, negligenza ed imprudenza del lavoratore, salvo i casi della assoluta abnormità del comportamento di quest'ultimo. Esiste infatti in capo al datore di lavoro una posizione di garanzia che gli impone di apprestare tutti gli accorgimenti, i comportamenti e le cautele necessari a garantire la massima protezione del bene protetto, la salute e l'incolumità del lavoratore appunto, posizione che esclude che il datore di lavoro possa fare affidamento sul diretto, autonomo, rispetto da parte del lavoratore delle norme precauzionali, essendo invece suo compito non solo apprestare tutti gli accorgimenti che la migliore tecnica consente per garantire la sicurezza degli impianti o macchinari utilizzati ma anche di adoperarsi perchè la concreta esecuzione del lavoro avvenga nel rispetto di quelle modalità. In particolare è stato affermato (Cass, sez. 4, 27.11.96 n.952 m.u.206990; sez. 4, 3.6.2004 n. 40164, Giustiniani rv 229564) che "Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che o sia stato posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro".

Tanto premesso in linea teorica, del tutto corretto è l'accertamento che hanno compiuto i giudici di merito circa la non abnormità del comportamento del G., essendo pacifico che il medesimo era intento alle normali occupazioni ed essendo del tutto logico e conforme al principio sopra richiamato ritenere che l'eventuale imprudenza della manovra posta in essere dal medesimo, che quale lavoratore esperto ben doveva conoscere il rischio collegato alla umidità, non elimini nè la colpa degli imputati nè il nesso di causalità; la imprudenza del G. nel tagliare i fili del pacco, pur concorrendo all'evento, rientrava nel novero delle violazioni comportamentali che i lavoratori perpetrano quando ritengono di aver acquisito una conoscenza ed una padronanza del lavoro cui sono adibiti tale da consentire, a loro giudizio, di far fronte alla situazione di pericolosità, controllando i rischi che essi stessi corrono per la pericolosità della manovra posta in essere; ma quando una tale situazione si verifica proprio per la mancanza delle misure di protezione che è compito del datore di lavoro di predisporre, non è possibile ritenere interrotto il nesso di causalità.

Da ultimo resta da esaminare la questione posta dalla difesa di B.C. circa la sussistenza della posizione di garanzia.

In proposito deve in primo luogo rilevarsi che la questione non risulta formulata con i motivi di appello e dunque non può dolersi il ricorrente della mancata considerazione della stessa da parte della corte di appello. Nel merito, risulta accertato dalla sentenza di primo grado che dal 24.1.2005 B.C. era responsabile della movimentazione merci, avendo sottoscritto l'atto con il quale l'azienda lo aveva delegato a tale funzione. In tale posizione egli era tenuto al controllo della regolarità e sicurezza delle operazioni che si svolgevano appunto nella movimentazione delle merci, e dunque anche al controllo circa le condizioni di stoccaggio delle stesse che proteggessero conto la pioggia e l'umidità. Non rileva la circostanza che in azienda vi fosse altra persona con delega generale alla sicurezza, dal momento che la responsabilità di quest'ultimo, estesa al rispetto della sicurezza nell'intera azienda, non esclude che per singoli settori, come appunto quello della movimentazione, si sia individuato uno specifico delegato, la cui responsabilità si aggiunge evidentemente all'altra.

2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.