Cassazione Penale, Sez. 3, 07 marzo 2012, n. 8937 - Avvio al lavoro di 9 dipendenti senza visita medica preventiva



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giuliana - Presidente

Dott. FIALE Aldo - rel. Consigliere

Dott. GRILLO Renato - Consigliere

Dott. MARINI Luigi - Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 347/2008 TRIB.SEZ.DIST. di AVOLA, del 09/11/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/10/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fraticelli Mario, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

 

Fatto



Il Tribunale di Siracusa - Sezione distaccata di Avola, con sentenza del 9.11.2009, affermava la responsabilità penale di (Omissis) in ordine al reato di cui:

- al Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 33 (per avere avviato al lavoro n. 9 dipendenti, omettendo di farli sottoporre a visita medica preventiva - acc. in (Omissis)) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena - condizionalmente sospesa - di euro 1.500,00 di ammenda.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore della (Omissis), il quale ha eccepito:

- la nullità del decreto di citazione a giudizio, ex articolo 522 c.p.p., comma 2 in relazione al comma 1 - lettera d), in quanto in esso non sarebbe stato indicato che il processo si sarebbe celebrato presso la Sezione distaccata di Avola del Tribunale di Siracusa;

- la nullità del decreto di citazione a giudizio, per indeterminatezza del capo di imputazione, in quanto non recante l'indicazione della norma recante la sanzione di quella prescrittiva violata;

- l'inconfigurabilità della contravvenzione contestata, ed il vizio di motivazione quanto all'affermazione di responsabilità, poichè la legge non prescriverebbe l'obbligo della visita medica in relazione all'attività imprenditoriale svolta dall'imputata.

 

Diritto



Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchè manifestamente infondato. Ed infatti:

1. Il controllo del decreto di citazione a giudizio, imposto al Collegio dalla natura dell'eccezione sollevata, ha consentito di accertare che in esso era stato ritualmente specificato che il processo si sarebbe celebrato presso la Sezione distaccata di Avola del Tribunale di Siracusa.

2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non sussiste nullità del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'articolo 552 c.p.p., comma 2, qualora si abbia l'individuazione dei tratti essenziali del fatto di reato attribuito, sì da potere consentire una difesa adeguata (vedi Cass., Sez. 3, 8.9.1996, n. 2853 e Sez. 1, 14.1.2000, n. 382).

Nella specie è oggettivamente riscontrabile un concreto e specifico riferimento alla condotta ascritta all'imputata, sicchè essa è stata messa in grado di formulare in modo compiuto ed efficace le proprie difese nel rispetto del contraddittorio.

La pretesa nullità, inoltre, rientra tra quelle relative di cui all'articolo 181 c.p.p. (vedi Cass., Sez. 6, 21.3.2000, n. 1175) e non risulta che sia stata eccepita entro il termine previsto dall'articolo 491 c.p.p..

3. Nella fattispecie in esame l'Ispettorato provinciale del lavoro di Siracusa ha accertato che le persone avviate al lavoro dall'imputata, nei settori dell'edilizia artigiana e dell'autocarrozzeria, erano sottoposte all'azione di sostanze nocive o tossiche ed a rumori nel contesto di lavorazioni riconducibili ai tipi elencati nella tabella allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, sicchè correttamente il Tribunale ha ritenuto la sussistenza dell'obbligo di far sottoporre i lavoratori a visite mediche preventive.

4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

P.Q.M.



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.