Cassazione Penale, Sez. 4, 23 marzo 2012, n. 11427 - Obbligo di protezione del lavoratore, non soltanto durante la fase di esecuzione dell'attività lavorativa, ma anche durante le fasi precedente e successiva di salita e discesa dai ponteggi


 

 

Responsabilità del titolare di un'impresa edile, e quindi datore di lavoro, per un grave infortunio occorso ad un lavoratore (da cui derivava una malattia di durata superiore a giorni 40, con postumi di natura permanente) che, mentre era intento ad effettuare il montaggio di un ponteggio metallico a servizio dell'immobile sul quale si svolgevano i lavori, nell'accingersi a rientrare dentro l'edificio dalla finestra di servizio, scivolava con il piede destro sul corrente sottostante reso viscido dalla pioggia e così precipitava al suolo da un'altezza di circa 5 o 6 metri, procurandosi le lesioni descritte nel referto.

La colpa dell'imputato era consistita nell'avere disposto la continuazione dell'attività lavorativa sebbene le avverse condizioni climatiche avrebbero dovuto sconsigliare i lavori.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

I giudici della Corte territoriale hanno evidenziato che, essendo pacifica l'assenza di una scala che consentisse di salire e scendere dal ponteggio e la conseguente necessità di compiere tale operazione passando da una finestra, il cui davanzale era alla stessa altezza del piano di calpestio, era evidente la pericolosità dell'operazione stessa: era infatti necessario staccare la cintura di sicurezza e riagganciarla ad un altro tubo, stando in piedi sul tubo orizzontale (il tubo "corrente") e quindi piegarsi sulle ginocchia per entrare nell'appartamento.

Tale operazione era tanto più pericolosa, in considerazione, tra l'altro, del fatto che quel giorno pioveva, o aveva piovuto, e che quindi i ponteggi erano viscidi e che il lavoratore aveva inutilmente chiesto di potersi astenere dal lavoro o almeno di lavorare all'interno. Quindi assolutamente inconferente era la circostanza, evidenziata dalla difesa del ricorrente, che il ponteggio era nuovo e la vittima era fornita di presidi e protezioni personali, non essendo derivato l'infortunio dall'inidoneità del ponteggio o dall'assenza di tali presidi. L'obbligo di protezione del lavoratore infatti sussiste in capo al datore di lavoro in ogni momento della prestazione lavorativa, non soltanto quindi durante la fase dell'esecuzione dell'attività lavorativa, ma anche durante le fasi precedente e successiva di salita e discesa dai ponteggi.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) NA. MI. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 1330/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del 16/06/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Ambrosio Vito, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto


Con sentenza del 9 febbraio 2009 il Tribunale di Genova dichiarava Na. Mi. colpevole del reato di lesioni colpose in danno di Ar. St. (reato commesso in (Omissis)) e lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile costituita, pena condonata.

All'imputato Na. Mi. era stato contestato di avere cagionato, nella qualità di titolare dell'omonima impresa edile e quindi datore di lavoro, un grave infortunio ad Ar. St. , (da cui derivava una malattia di durata superiore a giorni 40, con postumi di natura permanente) che, mentre era intento ad effettuare il montaggio di un ponteggio metallico a servizio dell'immobile sul quale si svolgevano i lavori, nell'accingersi a rientrare dentro l'edificio dalla finestra di servizio, scivolava con il piede destro sul corrente sottostante reso viscido dalla pioggia e così precipitava al suolo da un'altezza di circa 5 o 6 metri, procurandosi le lesioni descritte nel referto.

La colpa del Na. era consistita nell'avere disposto la continuazione dell'attività lavorativa sebbene le avverse condizioni climatiche avrebbero dovuto sconsigliare i lavori eseguiti su opere provvisionali, essendo inoltre l'opera provvisionale, ormai in fase di completamento, sprovvista di scale di accesso ai diversi piani dell'impalcato, cosicchè il lavoratore addetto al montaggio doveva passare dalle finestre dell'immobile in ristrutturazione.

Avverso tale decisione ha proposto appello l'imputato. La Corte di Appello di Genova in data 16.06.2011, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e condannava il Na. al pagamento delle spese processuali del grado e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile.

Avverso la predetta sentenza Na. Mi. proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l'annullamento per il seguente motivo:

inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Secondo il ricorrente erroneamente i giudici della Corte territoriale avevano ritenuto sussistente la sua responsabilità in quanto la caduta si era verificata esclusivamente per una disattenzione dell' Ar. che, tolto il cavo di sicurezza dal tubo soprastante, avrebbe dovuto assicurarlo eventualmente al "tubo corrente" su cui era appoggiato, operazione semplice che avrebbe evitato l'infortunio. Secondo il ricorrente inoltre la Corte territoriale non aveva sciolto il dubbio se l' Ar. fosse caduto dai ponteggi ovvero fosse scivolato pesantemente dalla mulattiera e dal muretto a fianco della casa, dal momento che la persona offesa aveva modificato la prima versione fornita in ospedale, allorquando aveva dichiarato che era caduto dalla scala. Lamentava inoltre la mancata concessione delle attenuanti generiche, dal momento che i suoi precedenti erano risalenti ad oltre 23 anni prima.



Diritto


I proposti motivi di ricorso sono palesemente infondati.

Per quanto attiene alla ricostruzione del fatto, la Corte di appello di Genova ha correttamente ritenuto che la persona offesa Ar.St. sia caduta, mentre era intenta ad effettuare il montaggio di un ponteggio metallico, mentre si accingeva a rientrare dentro l'edificio in cui venivano effettuate le opere da una finestra di servizio. Tale dinamica del fatto era stata, con logica motivazione, ritenuta provata in considerazione del luogo in cui l'infortunato era stato raccolto dagli operatori dell'ambulanza (a circa due metri dall'impalcatura), luogo che non deponeva per una caduta dalla scala in mattoni, come sostenuto dall'imputato, ma per il successivo spostamento del lavoratore, come dallo stesso riferito nell'immediatezza del fatto, e dalla tipologia delle lesioni riportate dall'infortunato che non deponevano per una caduta avvenuta percorrendo una scala, i cui gradini hanno un' altezza soltanto di pochi centimetri. Correttamente poi la sentenza impugnata aveva ritenuto infondata la tesi della difesa del Na. secondo cui la caduta si sarebbe verificata esclusivamente per una disattenzione dell' Ar. che, tolto il cavo di sicurezza dal tubo soprastante, avrebbe dovuto assicurarlo eventualmente al "tubo corrente" su cui era appoggiato, operazione asseritamente semplice che avrebbe evitato l'infortunio.

Sul punto i giudici della Corte territoriale hanno evidenziato che, essendo pacifica l'assenza di una scala che consentisse di salire e scendere dal ponteggio e la conseguente necessità di compiere tale operazione passando da una finestra, il cui davanzale era alla stessa altezza del piano di calpestio, era evidente che, per scendere dal ponteggio, era necessario staccare la cintura di sicurezza e riagganciarla ad un altro tubo, stando in piedi sul tubo orizzontale (il tubo "corrente") e quindi piegarsi sulle ginocchia per entrare nell'appartamento. Tale operazione era all'evidenza pericolosa, in considerazione, tra l'altro, del fatto che quel giorno pioveva, o aveva piovuto, e che quindi i ponteggi erano viscidi e che il lavoratore aveva inutilmente chiesto di potersi astenere dal lavoro o almeno di lavorare all'interno. Quindi assolutamente inconferente era la circostanza, evidenziata dalla difesa del ricorrente, che il ponteggio era nuovo e l' Ar. era fornito di presidi e protezioni personali, non essendo derivato l'infortunio dall'inidoneità del ponteggio o dall'assenza di tali presidi. L'obbligo di protezione del lavoratore infatti sussiste in capo al datore di lavoro in ogni momento della prestazione lavorativa, non soltanto quindi durante la fase dell'esecuzione dell'attività lavorativa, ma anche durante le fasi precedente e successiva di salita e discesa dai ponteggi.

Manifestamente infondata è poi la doglianza relativa alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. I giudici di merito, sia di primo che di secondo grado, hanno infatti sul punto correttamente motivato, facendo riferimento alla gravita del reato e al comportamento tenuto dall'imputato dopo l'infortunio, che aveva indotto il lavoratore a non riferire agli inquirenti la esatta dinamica dello stesso, cercando poi di convincerlo a cambiare versione allorquando egli aveva raccontato come si erano svolti in realtà i fatti, e aveva provveduto a denunciare l'occorso con ritardo all'I.N.A.I.L..

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.



P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.