Tribunale di Monza, Sez. Pen., 17 gennaio 2012 - Apparecchio nebulizzatore utilizzato per il lavaggio degli automezzi aziendali e serraggio parziale del tappo


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MONZA

SEZIONE PENALE

Il Tribunale di Monza - in composizione monocratica - in persona del Giudice dott. Silvia PANSINI, all'udienza del 09/11/2011, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

 

SENTENZA

 

nei confronti di:

 

C.G., nata a C.B. il (...), residente a T. di T. via C. n.30

 

LIBERA CONTUMACE

 

difesa di fiducia dall'avv. Massimo POLONI del Foro di Monza

 

IMPUTATA

 

dei reati p. e p. dagli articoli

 

A) 590 c.p. perché, quale Responsabile legale della società C. SRL, per colpa consistita nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, indicate nei capi B-) e C-) e D-) cagionava al dipendente S.F., lesioni guarite in gg.61

 

In TRIUGGIO il 23.01.06

 

B) 35 comma 1 e 2 del D.Lgs. n. 626 del 1994, perché, quale Responsabile legale della società C. SRL, non metteva a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere.

 

In TRIUGGIO il 23.01.06

 

C-) 241 del D.P.R. n. 547 del 1955, perché, quale Responsabile legale della società C. SRL, non accertava i necessari requisiti di resistenza ed idoneità dell'apparecchio Nebulizzatore mod.NEB24L

 

In TRIUGGIO il 23.01.06

 

D-) 241 del D.P.R. n. 547 del 1955, perché, quale Responsabile legale della società C. SRL, non manteneva in buono stato di conservazione ed efficienza l'attrezzatura di cui al capo C-)

 

In TRIUGGIO il 23.01.06

 

Con l'intervento del P.M. dd.ssa Sarah SANTEUSANIO V.P.O. e del difensore avv. Massimo POLONI

 

 

 

FattoDiritto

 

 

In data 23 gennaio 2006 F.S., dipendente della C. s.r.l. subiva un grave infortunio mentre metteva in pressione l'apparecchio nebulizzatore, c.d. "maialino", utilizzato per il lavaggio degli automezzi aziendali.

 

Segnatamente mentre il S. era nella fase finale della pressurizzazione, improvvisamente il tappo di chiusura dell'apparecchio scoppiava e colpiva la pistola di erogazione dell'aria compressa della rete, costituita di materiale plastico, provocandone la rottura in due pezzi.

 

La parte di pistola con il manometro colpiva violentemente il volto del S. procurandogli lesioni guarite in 61 giorni.

 

Va subito detto la compagnia assicuratrice della società ha risarcito al S. il danno subìto.

 

L'infortunato veniva immediatamente soccorso e ricoverato in Ospedale.

 

L'articolata ed approfondita istruttoria dibattimentale consentiva di accertare quanto segue.

 

La competente ASL, in persona del tecnico della prevenzione M.R. espletava due sopralluoghi soltanto in data 11 e 24 maggio 2006 nel corso dei quali veniva tra l'altro trovato il c.d. "maialino" che aveva dato causa all'infortunio.

 

Lo stesso giaceva inutilizzato in un magazzino.

 

Si tratta di "un serbatoio in acciaio e carbonio...che ha alcuni dispositivi tra cui un bocchettone per riempire con il liquido il serbatoio, un innesto per caricare l'aria compressa dalla rete e poi ha l'erogatore...del liquido per lavare"(trascr. ud. 27.11.2008): veniva utilizzato per la pulizia degli automezzi cui anche il S., in qualità di autista, era addetto.

 

Il tecnico della ASL poteva analizzare sia il "maialino" conservato nel magazzino dal giorno del fatto sia quello utilizzato in azienda al momento del sopralluogo.

 

Il tecnico ASL ricostruiva la dinamica dell'infortunio addebitandolo all'usura ed ossidazione delle creste della filettatura del tappo filettato del serbatoio che per questa ragione non avrebbe tenuto alla pressione.

 

Si trattava di un "maialino" acquistato nel 2001, che aveva dunque cinque anni di vita e che a dire del teste S., diretto responsabile dell'infortunato, era in uso effettivo da sette mesi.

 

Il tecnico ASL ha ritenuto che lo strumento non fosse stato adeguatamente sottoposto a manutenzione, visto che le creste dei filetti erano gravemente usurate (come si può vedere nelle fotografie nn.7 e 8 acquisite agli atti) e molto diverse della filettatura del "maialino" utilizzato successivamente ed in uso al momento del sopralluogo (fotografie nn. 9 e 10).

 

Tale usura è stata dal tecnico ASL ritenuta non riconducibile alla giacienza del "maialino" inutilizzato in un locale magazzino per quattro mesi.

 

Tuttavia S.F., l'infortunato, ha riferito che al momento del fatto il "maialino" era in buone condizioni ed egli non aveva notato alcuna particolare usura.

 

Mostratagli la foto delle condizioni del "maialino" incriminato al momento del sopralluogo della ASL, lo stesso ha escluso che fosse in quelle condizioni quando lui l'ha usato.

 

Il teste ha ribadito più volte: "Non me lo ricordo così...quando l'ho usato io non era in queste condizioni...tutta questa ruggine qua io non me la ricordo proprio" (pag. 11,12 trascr.ud. 20.10.2010).

 

Il teste T., autista di betoniera della società, ha confermato che quel "maialino" era in buono stato ed ha ipotizzato che l'infortunato non abbia avvitato il tappo a fondo, ragion per cui non avrebbe tenuto alla pressione.

 

Il teste S. di cui già si è detto ha assicurato che il "maialino" in questione era in buone condizioni di manutenzione ed assolutamente non nelle condizioni rilevate al momento del sopralluogo della ASL, riferibili - a suo parere - alle modalità ed al luogo di conservazione.

 

Il teste F., anch'egli autista di betoniere della società, ha riferito che lo strumento dopo l'infortunio è stato riposto in un locale molto umido dove c'era un vascone pieno d'acqua delle dimensioni di tre metri per sei (il che potrebbe giustificare l'usura riscontrata e dovuta alle condizioni di conservazione del "maialino" dopo l'infortunio e prima del sopralluogo della ASL) ed ha altresì osservato come la filettatura fosse rovinata solo in alto.

 

La stessa osservazione è stata sviluppata dal teste S., il quale ha fatto notare come nella parte bassa la filettatura fosse ancora buona mentre sono stati strappati completamente i filetti nella parte superiore, il che gli ha fatto ritenere che non fosse stato avvitato il tappo fino in fondo e che per questa ragione lo stesso non abbia tenuto.

 

Il consulente di parte C. ha dato fondamento scientifico al convincimento dei testi di cui si è appena detto ed ha offerto una ricostruzione della dinamica dell'infortunio compatibile con quanto riferito dai testi e con i dati riscontrati oggettivamente.

 

Il principale dato oggettivo è, come si è già detto, che è stato osservato che il tratto terminale della filettatura si presenta con creste di dimensioni ridotte.

 

Il consulente ha precisato come di dodici filetti siano stati smangiati quattro filetti nella parte superiore mentre otto siano rimasti perfettamente integri.

 

Secondo il tecnico ASL le condizioni della filettatura sarebbero state determinate dalla formazione di "ruggine", dunque dalla cattiva manutenzione dello strumento all'epoca del fatto.

 

Il consulente ha spiegato invece in modo ad avviso del Giudice convincente che se questa fosse stata la causa del fenomeno osservato, non ci sarebbe stato alcun motivo per cui gli effetti dovessero essere limitati al tratto terminale del filetto.

 

Se è infatti vero che nei fenomeni quotidiani di usura "il tasso dì consumo è crescente dalla fine della filettatura verso l'inizio", è altrettanto vero che in tali casi "non c'è un brusco cambiamento. Cioè il fatto di un consumo progressivo si giustifica con una linearità di consumo che vede integro l'ultimo filetto e completamente smangiato il primo. In questa situazione io ho tre filetti che sono assenti e otto filetti che sono integri. Non ho tre filetti assenti, o meglio, il primo filetto assente, il secondo un po' meno, il terzo ancora meno, cioè non ho una linearità tra il filetto terminale, quello che prende più sforzo" e quello finale" (pag. 60 trascr. ud. 25.5.2011).

 

Il consulente ha peraltro anche esaminato al microscopio le creste delle filettature terminali ed ha osservato come le stesse fossero "marcatamente ridotte e con una rugosità superficiale diversa da quella che caratterizza i materiali corrosi ed invece caratterizza le superfici di rottura per fenomeni impattivi" giungendo pertanto alla conclusione che si sia invece verificato un "cedimento strutturale del filetto per serraggio parziale" del tappo (vedasi relazione tecnica in atti).

 

Dunque anche l'esame al microscopio delle superfici ha consentito di concludere che le stesse si sono rotte per tranciamento e non per usura.

 

La riprova che tale conclusione è corretta si ricava dal calcolo effettuato dal consulente secondo cui se il tappo fosse stato serrato completamente, pure in presenza di un consumo dei quattro filetti terminali, vi sarebbe stata una sollecitazione incompatibile con il tranciamento del filetto.

 

In conclusione solo il serraggio parziale del tappo ha potuto determinare lo scoppio e l'infortunio di cui trattasi con le modalità e le conseguenze già descritte, non le cattive condizioni di conservazione e di efficienza dello strumento utilizzato.

 

Dunque le violazioni contestate ai capi B), C) e D) non sussistono.

 

Di conseguenza non sussiste neanche il fatto di cui al capo A) considerato che le lesioni subìte dal S. sono state poste dal P.M. direttamente in correlazione con quelle violazioni, invece insussistenti.

 

Ne consegue che l'imputata deve essere mandata assolta in relazione a tutte le imputazioni con la formula "perché il fatto non sussiste".

 

 

P.Q.M.

 

 

Visto l'art. 530 c.p.p.

 

assolve

 

C.G. dal reato a lei ascritto perché il fatto non sussiste.

 

Riserva il deposito della motivazione nel termine di giorni novanta