REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI URBINO

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Urbino

in composizione Monocratica

in persona del Giudice dr. PAOLO SPAZIANI

ha pronunciato la seguente


S E N T E N Z A

nel procedimento penale

CONTRO

A.A.,

nato il (omissis).

LIBERO – PRESENTE

B. F.,

nato il (omissis)

LIBERO - PRESENTE

Per entrambi:

Difensori di fiducia Avv.ti Mauro e Piero Gualtieri del Foro di Rimini.

I M P U T A T I

del delitto di cooperazione colposa in lesioni colpose gravi ( arrt.113-590 III°co.-583 I° co. nn. 1 e 2 c.p. in rel. all'art.2087 c.c.) per avere, il primo quale legale rappresentante della s.r.l. "XXX" di Colbordolo ed il secondo quale responsabile tecnico e di fatto responsabile della organizzazione della sicurezza del lavoro e della Prevenzione infortuni, cagionato lesioni gravi ai lavoratore R. G., per colpa e in particolare per negligenza, imprudenza, imperizia e violazione di norme per la prevenzione Infortuni (Art. 49 I° e II° co. DPR 27.4.55 n.547) dandogli incarico di "attrezzare" (preparare) con modalità concordate con il responsabile tecnico B. F. una macchina operatrice per la lavorazione dei legno denominata "BORDATRICE" facente parte della linea automatica di lavorazione cosiddetta di "SQUADRABORDATURA” operazione questa di registrazione che doveva essere eseguita a macchina completamente ferma laddove il cingolo trasportatore dei pannelli in lavorazione era tenuto in movimento onde evitare dispersioni di tempo che sarebbero derivate per attendere il raffreddamento della colla (circa mezz'ora) con la conseguenza che un pannello dimenticato nella bordatrice forse perché incastrato sul nastro trasportatore nella lavorazione precedente, sospinto dal cingolo rimasto in movimento urtava, schiacciandola, la mano destra del Ricci, che era intento ad allentare un bullone della macchina contro la colonna metallica portante della macchina stessa, rimanendo incastrata tra la colonna ed il pannello, e riportando nell'occorso una lesione (trauma da schiacciamento mano dx con distacco osseo 3° metacarpo- ampia ferita con lesione apparato estensore 2° e 3° dito) che comportava una malattia di durata superiore ai 40 giorni e l'indebolimento permanente dell'organo della prensione.

In Talacchio di Colbordolo, il 25 luglio 1996.

Con l'intervento del pubblico ministero (nella persona dell'Isp. Sup. P.S., Mario Baldari), e del difensore degli imputati (nella persona dell'Avv. Piero Gualtieri del Foro di Rimini, di fiducia).

CONCLUSIONI DELLE PARTI

Le parti hanno concluso nel seguente modo: il pubblico ministero chiede che venga dichiarata la penale responsabilità degli imputati con condanna degli stessi alla pena di lire 800.000 di multa ciascuno.

Il difensore chiede, per A.A., l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Per B. F. chiede l'assoluzione per non aver commesso il fatto in via principale; in via subordinata, chiede l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione a giudizio del 22 luglio 1998, A .A. e B. F. sono stati tratti a giudizio dinanzi a questo Giudice per rispondere del reato indicato in rubrica.

All'esito del dibattimento l'A. deve essere mandato assolto per non aver commesso il fatto.

Al riguardo, infatti, deve bensì prendersi atto che è incontroverso tra le parti che egli avesse, all'epoca dei fatti, la rappresentanza legale della s.r.l. XXX, della quale era amministratore unico, ma deve altresì evidenziarsi che tale circostanza non è sufficiente per ritenerlo responsabile di eventuali violazioni della normativa sugli infortuni sul lavoro.

Benvero, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il datore di lavoro e il dirigente (ai quali vanno equiparati i rappresentanti legali delle persone giuridiche) possono ritenersi esonerati da responsabilità, nei casi in cui la violazione delle norme antinfortunistiche leda l'integrità psico-fisica del lavoratore, allorché forniscano la prova che hanno delegato ad altri l'osservanza della predette norme, a condizione che la delega: 1) risulti conferita con certezza, e cioè non sia implicita ma documentata (Cass.25 giugno 1990 n.13726); 2) contenga la specifica indicazione dei presupposti, dei contenuti e dei limiti delle attribuzioni demandate (Cass.6 febbraio 1990 n.1545) ; 3) sia conferita a persona che manifesti, con atti inequivoci, la volontà di assumere le attribuzioni delegatele e la consapevolezza degli obblighi di cui viene a gravarsi (Cass.27 aprile 1991 n.4784); 4) sia conferita a persona idonea, tecnicamente qualificata ed in grado di svolgere i compiti affidatile, determinandosi altrimenti una ipotesi di culpa in eligendo da parte del datore di lavoro (Cass.18 ottobre 1984 n.4662; Cass.30 ottobre 1984 n.9520; Cass.20 settembre 1994 n.9994; Cass.17 giugno 1997 n.5780).

Nel caso di specie, non può negarsi che una simile delega sia stata conferita da A.A. proprio a B. F.

All'udienza del 4 ottobre 1999, la difesa degli imputati ha infatti depositato un documento a firma dell'A. (recante la data del 14 novembre 1995), contenente un atto di nomina a “responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dell'impresa” a favore del B., atto con il quale quest'ultimo veniva altresì incaricato dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, e di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato e di pronto soccorso.

In tale atto si precisava che la nomina del B. aveva fatto seguito a quanto stabilito nella riunione tenutasi il giorno precedente nella sede della XXX, nella quale (come risulta dal relativo verbale, prodotto nella stessa udienza) si era proceduto ad individuare i compiti del “Servizio di protezione e Prevenzione”, e a designarne i componenti e il responsabile, identificato in B. F.

Dal medesimo verbale risulta, poi, che sia il B. che gli altri componenti del Servizio erano stati presenti alla riunione (il verbale reca la firma di tutti) ed avevano dichiarato la loro disponibilità ad accettare gli incarichi ricevuti.

Alla stregua di tali riscontri documentali, deve allora concludersi che la delega conferita al B. rispondesse a tutti i criteri precedentemente indicati, in quanto, oltre ad essere documentata, conteneva la specifica indicazione dei contenuti delle attribuzioni delegate, ed era stata conferita a persona che aveva manifestato espressamente la volontà di assumere le attribuzioni medesime, e che, in assenza di prova contraria, deve presumersi che fosse professionalmente idonea allo svolgimento degli incarichi, posto che dal predetto verbale si evince che nessun rilievo, sul punto, era stato mosso dagli altri, pur numerosi, partecipanti alla riunione.

Esclusa dunque la responsabilità di A.A. – attesa l'idoneità della richiamata delega ad esonerarlo dalla diretta osservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro – si pone il problema se in conseguenza dell'infortunio occorso a R. G. possa formularsi un giudizio di responsabilità penale nei confronti del delegato, B. F.

Neppure tale giudizio può tuttavia essere formulato, in quanto l'istruttoria dibattimentale ha escluso che il predetto infortunio sia stato determinato dall'inosservanza della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro da parte del B.

La stessa persona offesa ha dichiarato che aveva subìto l'infortunio mentre stava “attrezzando” la macchina bordatrice, e cioè mentre la stava preparando per una nuova lavorazione. Durante tale operazione – ha aggiunto il teste – aveva tolto alcune protezioni che si trovavano sulla parte della macchina interessata all'attrezzaggio ed aveva allentato delle viti per predisporre altri accessori. Il R. ha precisato che, prima dell'operazione, era stata fermata la macchina, ad eccezione del cingolo, che era stato mantenuto in movimento per impedirne la fuoriuscita di colla. La mancata interruzione del movimento del cingolo – ha concluso la persona offesa – le aveva cagionato l'infortunio, poiché esso aveva trascinato con sé un pannello rimasto casualmente incastrato durante la lavorazione precedente, pannello che aveva urtato nella sua mano, schiacciandola contro la macchina (ff.3-9 verbale di udienza del 15 marzo 1999).

Poiché la persona offesa ha precisato che la ragione del mancato spegnimento del cingolo trasportatore risiedeva nel fatto che, ove questo fosse stato fermato, sarebbe stato necessario, prima di poter eseguire il lavoro, attendere che la colla si fosse raffreddata, deve escludersi che ricorra, nella vicenda in esame, la fattispecie disciplinata dall'art.49, co.2, D.P.R. n.547/1955 (della cui violazione pure si fa menzione nel capo di imputazione per delineare la colpa specifica dell'imputato), il quale prescrive l'adozione di adeguate cautele a difesa di dell'incolumità del lavoratore nell'ipotesi in cui sia necessario eseguire operazioni di registrazione o riparazione su organi in moto.

L'operazione svolta dal R. in occasione dell'infortunio non richiedeva infatti necessariamente, dal punto di vista tecnico, che il cingolo trasportatore rimanesse acceso.

Piuttosto, la scelta di non bloccare per intero la macchina era stata determinata da una valutazione di opportunità compiuta dal lavoratore, il quale aveva deciso di compiere l'operazione di “attrezzaggio” con il cingolo in movimento, al fine di evitare la perdita di tempo che sarebbe seguita alla fuoriuscita della colla.

Sarebbe pertanto fuori luogo muovere al B. il rimprovero di non aver adottato le adeguate cautele a difesa dell'incolumità del lavoratore costretto ad eseguire operazioni su organi in moto, in quanto il lavoro svolto dal R. non presupponeva tale necessità.

Poiché non era necessario che le operazioni di registrazione o di riparazione venissero eseguite sulla macchina in movimento, trova invece applicazione nel caso di specie la disposizione di cui all'art.49, 1°co., D.P.R. n.547/1955.

Tale disposizione stabilisce che è vietato compiere su organi in moto qualsiasi operazione di registrazione o di riparazione, se ciò non sia indispensabile dal punto di vista tecnico.

Il datore di lavoro o, nell'ipotesi di valida delega, il delegato sarà allora responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore a causa della violazione del predetto divieto, ove non abbia posto in essere i comportamenti necessari ad evitarla.

Diversamente da quanto ipotizzato nel capo di imputazione, neppure tale norma può tuttavia ritenersi violata nel caso di specie da parte del datore di lavoro, in quanto quest'ultimo non è tenuto a svolgere una vigilanza continua e diretta per prevenire la violazione del divieto, ma adempie correttamente alle prescrizioni impostegli dalla legge ove renda edotto il lavoratore del divieto medesimo mediante avvisi chiaramente visibili (art.49, 3°co., e art.4 D.P.R. cit. ).

Nella vicenda in esame, le risultanze dell'istruttoria dibattimentale impongono di ritenere che tale obbligo era stato compiutamente osservato nella s.r.l. XXX al momento in cui si verificò l'infortunio del R.

La stessa persona offesa ha infatti riferito che su una parete posta nelle immediate vicinanze della macchina sulla quale egli stava lavorando in occasione dell'incidente, erano affissi dei cartelli con l'indicazione del divieto di eseguire operazioni di riparazione o registrazione con macchina operatrice in movimento (ff.21 –22 verbale di udienza del 15 marzo 1999).

Tale circostanza è stata inoltre confermata dal teste N. M., Ispettore della AUSL n.1 di Pesaro, che aveva svolto l'inchiesta amministrativa in seguito all'infortunio (f.58 verbale cit. ).

Deve pertanto prendersi atto che il comportamento del R. – il quale, non ostante fosse stato reso edotto nel modo previsto dalla legge del divieto di eseguire operazioni su macchine in movimento, aveva nondimeno proceduto a tali operazioni con il cingolo trasportatore in moto, non per obiettive esigenze tecniche, ma sulla base di una mera valutazione di opportunità – ha fatto seguito all'inosservanza, da parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche impartite dal datore di lavoro (e dunque all'assunzione di un rischio puramente elettivo), con la conseguenza che la produzione dell'evento lesivo deve ritenersi dovuta a colpa esclusiva dell'infortunato, con la quale non concorre in alcun modo quella del preposto al servizio di sicurezza (sul punto cfr. Cass. 17 marzo 1977 n.3970, Zaccariello; 13 maggio 1978 n.5485, Motti; 5 aprile 1986 n.2620, Orsini; 27 aprile 1991 n.4784, Simili ed altro).

B. F.deve pertanto essere assolto dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Visto l'art.530 c.p.p.,

assolve dall'imputazione loro ascritta a titolo di cooperazione colposa A.A. per non aver commesso il fatto e B. F. perché il fatto non costituisce reato.

Urbino 22 maggio 2001

IL GIUDICE

Paolo Spaziani