Consiglio di Stato, Sez. 6, 02 maggio 2012, n. 2507 - Esclusione dall'appalto di lavori e servizi per la manutenzione di reti idriche e fognarie per omessa dichiarazione di una condanna per violazione della normativa antinfortunistica



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 5559 del 2011, proposto da:

 

G.L. s.r.l. in proprio e quale capogruppo Ati con F.lli A. s.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino e Saverio Profeta, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Parioli, 180;

 

F.lli A. s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino e Saverio Profeta,, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Parioli, 180;

 

contro

 

Acquedotto Pugliese s.p.a., rappresentato e difeso dall'avvocato Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Bocca di Leone 78;

 

per la riforma

 

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 752/2011, resa tra le parti, concernente ESCLUSIONE DALL'APPALTO DI LAVORI E SERVIZI PER MANUTENZIONE RETI IDRICHE E FOGNARIE

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Acquedotto Pugliese s.p.a.;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2012 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti gli avvocati Sanino e Saverio Sticchi Damiani per delega dell'avvocato Ernesto Sticchi Damiani.;

 

 

FattoDiritto

 

 

Le società G.L. e Fratelli A. chiedono la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo della Puglia ha respinto il ricorso presentato avverso l'esclusione dalla gara indetta dall'Acquedotto Pugliese s.p.a. per l'aggiudicazione dell'appalto relativo ai lavori e ai servizi di manutenzione negli abitati dell'ambito territoriale n. 8, e avverso i provvedimenti connessi.

 

L'esclusione è stata comminata dalla stazione appaltante in ragione della mancata dichiarazione della condanna riportata dall'amministratore unico dell'impresa ausiliaria P. per la violazione di norma relativa alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, dichiarazione resa obbligatoria dall'art. 2.1 del disciplinare di gara.

 

Sostengono le appellanti che, contrariamente a quanto hanno ritenuto i primi giudici, tale obbligo deve essere riferito alle clausole di esclusione di cui all'art. 38, primo comma, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, tra le quali non può essere ricondotta la condanna in esame, riportata nel 1996 e relativa ad ammenda di 250.000 lire, per la quale è stata concessa la riabilitazione.

 

La tesi non può essere condivisa.

 

L'esclusione di cui si tratta procede non già dall'applicazione dell'art. 38 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ma da quanto espressamente prevede il disciplinare di gara che, all'art. 2.1, N.B. 2, è specifico e chiaro nel pretendere la dichiarazione di "tutti i reati commessi, anche se ritenuti non rilevanti o non incidenti sulla moralità professionale: la dichiarazione deve comprendere anche....gli eventuali provvedimenti di riabilitazione ...Ogni difformità tra quanto risultante dal predetto certificato del casellario giudiziale e la dichiarazione resa, a prescindere dalla natura del reato, comporterà l'esclusione del concorrente dalla gara e la sua segnalazione alle competenti Autorità".

 

Come si evince agevolmente dalla clausola richiamata, la mancata dichiarazione della condanna di cui è causa da parte della costituenda associazione temporanea è, di per sé, indipendentemente dalla qualificazione del reato e della sua gravità, causa di esclusione dalla gara, non, quindi, in forza della riconducibilità della condanna alle fattispecie individuate dall'art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006, ma in quanto omissione di un adempimento specificamente richiesto dalla legge della gara, che rileva in quanto indice di una non completa aderenza alla disciplina precontrattuale delineata dall'Amministrazione.

 

Come più volte rilevato dal Consiglio di Stato in via generale (per tutte, sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 782; cfr. anche sez. VI, 18 gennaio 2012, n. 178), le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo: questi è comunque tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun "filtro" sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali. Ciò è tanto più evidente nel caso di specie nel quale, come si è detto, lo stesso disciplinare di gara specificava l'estensione dell'obbligo. L'omissione, o la non veridicità, della dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti necessari per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici, specificamente richiesta dal disciplinare nella fattispecie in esame, rileva, quindi, non solo in quanto non consente alla stazione appaltante una completa valutazione dell'affidabilità del concorrente, ma anche, e soprattutto, in quanto interrompe il nesso fiduciario che necessariamente deve presiedere ai rapporti tra pubblica Amministrazione e soggetto aggiudicatario del contratto posto in gara.

 

In tale prospettiva, la circostanza, evidenziata dalle appellanti, che in altra parte del disciplinare venisse contemplata l'"assenza delle clausole di esclusione di cui all'art. 38 comma primo, del D.Lgs. del 2006" quale contenuto necessario della dichiarazione, lungi dal comportare lo scoloramento degli ulteriori requisiti per la partecipazione, evidenzia invece la specificità della dichiarazione richiesta dalla clausola in discorso relativamente a tutti i reati comunque riportati, e la conseguente legittimità della esclusione disposta in danno delle imprese appellanti, che tale completa dichiarazione non avevano reso.

 

Inoltre, va ancora sottolineato che la prescrizione del disciplinare volta ad integrare la portata dichiarativa rispetto a quanto prevede l'art. 38 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 non si pone in contrasto con questa norma, come sostiene l'appellante. In particolare, la lettera e) dell'art. 38 prevede l'esclusione dalle gare pubbliche per i soggetti (tra gli altri specificamente indicati) "che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio": come si è detto, le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti ed alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo. E poiché tali valutazioni necessariamente postulano la dichiarazione da parte dei concorrenti, la clausola precontrattuale con la quale l'Amministrazione ne ha sanzionato, con apposita previsione, l'omissione o la non veridicità non si pone in contrasto con il paradigma normativo, ma anzi lo specifica e lo attua nella concreta fattispecie.

 

Infine, (ed è considerazione conclusiva), dato che, come si è sottolineato più volte, l'esclusione nel caso di specie è stata determinata per la violazione di una specifica clausola precontrattuale che imponeva la dichiarazione per tutti i reati, indipendentemente dalla portata dell'art. 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006, la circostanza che la condanna in esame non risultasse dai dati dell'Osservatorio dei contratti pubblici non ha rilevanza, né ridonda a illegittimità della clausola stessa, e ciò sia in forza dell'autonomia spettante all'Amministrazione nel determinare le regole della gara, sia perché l'ampliamento delle ipotesi sanzionatorie corrisponde ad una maggiore tutela dell'interesse pubblico, secondo le considerazioni che si sono esposte.

 

In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto.

 

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e possono essere determinate in complessivi Euro 6.000, ivi compreso quanto già liquidato in sede cautelare.

 

 

P.Q.M.

 

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

 

Condanna l'appellante al pagamento .delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 6.000 (seimila).

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.