Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 07 giugno 2012, n. 22044 - Responsabilità di un coordinatore per la sicurezza e foro non adeguatamente protetto


 

 

 

Responsabilità di un coordinatore per l'esecuzione dei lavori per il reato di lesioni personali ad un lavoratore: quest'ultimo, dipendente con qualifica di tinteggiatore di una ditta di lavori edili, mentre stava smontando il ponteggio utilizzato per il rifacimento della facciata di un fabbricato, impugnava un tavolone di legno, della lunghezza di circa quattro metri, del pesi di 26 chilogrammi, per caricarlo sul camion. Nell'occorso, inciampava su di un cordolo di cemento alto circa 35 centimetri posto a poca distanza da un lucernario, che era stato chiuso con pezzi di legno e nylon. Il lucernario non reggeva il peso dell'operaio che rovinava al suolo, da una altezza di diversi metri, provocandosi le refertate lesioni.

 

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto

La Suprema Corte afferma che i giudici di merito hanno chiarito la dinamica dell'infortunio e sulla base di ciò, la Corte di Appello ha evidenziato, secondo un ragionamento che risulta immune dalle dedotte fratture logiche, che il foro di cui si tratta avrebbe dovuto essere adeguatamente protetto; e che l'imputato, in qualità di coordinatore della sicurezza per l'esecuzione delle opere, in presenza di una copertura che appariva del tutto inadeguata, avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza il lucernario. Sul punto, il Collegio ha evidenziato che il piano di sicurezza e coordinamento era stato redatto in modo del tutto generico, in assenza di alcun coordinamento con le diverse ditte che si erano occupate della ristrutturazione dello stabile. Come si vede, il richiamato percorso argomentativo, posto a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'odierno ricorrente, risulta del tutto coerente, anche rispetto alla pronuncia assolutoria resa nei confronti del coimputato (Omissis), titolare di una delle ditte operanti nel cantiere.

E' poi appena il caso di rilevare che la valutazione effettuata dalla Corte di Appello si colloca nell'alveo dell'orientamento interpretativo costantemente seguito da questa Suprema Corte, in materia di sicurezza dei lavoratori, per i casi di lavori affidati in appalto. Invero, si è chiarito che l'appaltatore è il destinatario degli obblighi prevenzionali, salvi alcuni obblighi specifici che restano a carico del committente, quali l'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione. E, nel caso di specie, vengono in rilievo proprio i rischi connessi all'ambiente di lavoro, in relazione all'apertura presente nel piazzale antistante il fabbricato, come sopra chiarito.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco M. - Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 1801/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 17/06/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

udito il P.G. in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore avv. (Omissis) che insiste per l'accoglimento del ricorso.

Fatto



1. Il Tribunale di Montepulciano, con sentenza in data 28 settembre 2009, dichiarava (Omissis) responsabile del reato di cui all'articolo 590 cod. pen., in relazione alla contestazione di avere colposamente cagionato, nella sua qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, lesioni personali al lavoratore (Omissis).

Il Tribunale condannava l'imputato alla pena di euro 200,00 di multa ed al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. Il primo giudice assolveva il coimputato (Omissis), datore di lavoro del (Omissis), per non aver commesso il fatto.

Riferiva il Tribunale che in data (Omissis), (Omissis), dipendente con qualifica di tinteggiatore della ditta di lavori edili del (Omissis), mentre stava smontando il ponteggio utilizzato per il rifacimento della facciata del fabbricato indipendente adibito ad abitazione, di proprietà della moglie del (Omissis), impugnava un tavolone di legno, della lunghezza di circa quattro metri, del pesi di 26 chilogrammi, per caricarlo sul camion. Nell'occorso, (Omissis) inciampava su di un cordolo di cemento alto circa 35 centimetri posto a poca distanza da un lucernario, che era stato chiuso con pezzi di legno e nylon. Il lucernario non reggeva il peso dell'operaio ed il (Omissis) rovinava al suolo, da una altezza di diversi metri, provocandosi le refertate lesioni. Osservava il primo giudice che la descritta apertura, presente nel piazzale antistante il fabbricato, non era stata adeguatamente coperta e costituiva perciò una palese fonte di pericolo, proprio in relazione alle possibili cadute delle persone che operavano nel cantiere. E rilevava che (Omissis), nella sua qualità di coordinatore per la progettazione e la esecuzione delle opere ai sensi dell'articolo 3, Decreto Legislativo n. 494 del 1996, avrebbe dovuto evidenziare tale rischio nel piano di sicurezza e coordinamento e provvedere alla eliminazione in concreto della fonte di pericolo; e che il piano, su tale punto, risultava di converso del tutto generico.

2. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 17.06.2011 in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Montepulciano, revocava le disposizioni civili, essendo intervenuto atto transattivo tra le parti e confermava nel resto.

Nel censire i motivi dedotti dall'appellante, la Corte territoriale considerava che dalla documentazione acquisita agli atti risultava che l'apertura circolare sovrastante il garage non era stata adeguatamente coperta e che detta evenienza aveva costituito fonte di pericolo, in relazione a possibili cadute da parte degli addetti al cantiere, quale il (Omissis).

La Corte distrettuale osservava che risultava inutile dare corso al rinnovo dell'istruttoria dibattimentale, come richiesto dalla difesa, atteso che le circostanze di fatto, afferenti alle protezioni presenti sul perimetro dell'apertura presente nel piazzale antistante il fabbricato (cordolo dell'altezza di 35 centimetri) ed al tipo di copertura apprestata, con tavoloni e nylon, risultavano inequivocamente accertate;

e rilevava che risultava del pari accertato che il piano di sicurezza, predisposto dal (Omissis), era del tutto generico rispetto al rischio derivante dalla presenza della richiamata apertura nel piazzale antistante l'edificio.

3. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione (Omissis), a mezzo del difensore.

Il ricorrente, dopo avere integralmente riportato i motivi affidati all'atto di appello avverso la sentenza del Tribunale di Montepulciano e stralci della motivazione della sentenza oggi impugnata, nel contestare l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, deduce i seguenti tre motivi di ricorso: A) violazione di legge; in relazione agli articoli 192, 530, 533 e 546 cod. proc. pen.; B) vizio motivazionale, in relazione ad elementi probatori già evidenziati nell'atto di appello; C) illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in relazione al contenuto dell'imputazione. I predetti motivi di gravame vengono unitariamente trattati dalla parte ricorrente, nei termini che seguono.

L'esponente rileva che al datore di lavoro (Omissis) era stata contestata l'omessa protezione del lavoratore; e che al (Omissis), nella sua qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, era stata addebitata l'omessa comunicazione del pericolo al datore di lavoro. Rileva, pertanto, che in predicato accusatorio le posizioni del datore di lavoro e del (Omissis) erano risultano. Osserva che il Tribunale ha mandato assolto il (Omissis), avendo ritenuto che costui non sapesse del pericolo costituito dal lucernario. Ciò premesso, il ricorrente considera che la Corte di Appello ha contraddittoriamente ritenuto che il rischio derivante dal lucernario fosse evidente e che non di meno ha confermato la condanna a carico del (Omissis), per inosservanza all'obbligo informativo afferente ad una circostanza in realtà palese. L'esponente ritiene che la Corte abbia errato nell'interpretare il dato processuale relativo al contenuto del piano di sicurezza; richiama, al riguardo, le dichiarazioni rese dallo stesso (Omissis), in corso di dibattimento e la deposizione della teste (Omissis), funzionario del Servizio di prevenzione della Ausl. La parte richiama, altresì, la deposizione del funzionario (Omissis), osservando che anche costui non ha potuto negare l'assoluta evidenza del lucernario.

Il ricorrente ribadisce poi che la causazione del sinistro dipese unicamente dalla condotta posta in essere dal medesimo lavoratore infortunato.

Sul tema ora richiamato, la parte deduce tre ulteriori motivi di ricorso: D) violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p., commi 1 e 2, articolo 530 c.p.p., commi 2 e 3 e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e); E) mancata assunzione di mezzo istruttorio decisivo; F) vizio motivazionale per contrasto con il dato processuale.

Al riguardo, la parte richiama la deposizione del teste (Omissis), osservando che costui ha riferito di essersi addirittura seduto sul lucernario, nei momenti di pausa dal lavoro; e che la Corte territoriale, fraintendendo il dato, ha di converso affermato che gli operai appoggiavano sul lucernario solo dei panini. Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento dell'istanza istruttoria dedotta dalla difesa, volta ad accertare l'idoneità della copertura del lucernario e la peculiarità della dinamica con la quale avvenne il sinistro.

L'esponente ritiene che, in considerazione delle dimensioni della apertura e del tipo di copertura che era stata realizzata, la rovinosa caduta al suolo fu determinato unicamente dal "balletto" posto in essere dalla vittima, nel momento in cui, impugnando incredibilmente un pesante tavolone sollevato da terra nella sua verticale, inciampava e rovinava sulla copertura, brandendo di fatto la tavola di legno come un ariete di sfondamento.

La parte assume che la Corte di Appello abbia liquidato la richiesta di perizia con esperimento giudiziale con motivazione del tutto generica, apparente e congetturale.

Con l'ultimo motivo di ricorso (sub lettera G), parte ricorrente denuncia la violazione di legge, in riferimento all'articolo 590 c.p., commi 3 e 5, rilevando l'improcedibilità del reato per difetto di querela; osserva che il datore di lavoro è stato assolto e considera che la responsabilità del (Omissis) afferisce ad un elemento di colpa generica, di talchè deve ritenersi insussistente l'aggravante che determina la procedibilità officiosa del reato di lesioni colpose.

Diritto



4. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

4.1 Si procede all'esame congiunto dei primi tre motivi di ricorso (A, B, C).

I giudici di merito, di primo e di secondo grado, hanno chiarito che il dipendente (Omissis), nel corso delle opere di smontaggio del ponteggio utilizzato per il rifacimento della facciata di un fabbricato, aveva impugnato un tavolone di legno, per caricarlo sul camion; che, nell'occorso, il (Omissis) era inciampato su di un cordolo di cemento alto circa 35 centimetri posto a poca distanza da un lucernario, che risultava coperto con pezzi di legno e nylon; che il lucernario non aveva retto al peso dell'operaio e che il (Omissis) era caduto al suolo, da una altezza di diversi metri, provocandosi le refertate lesioni.

Muovendo da tale cornice fattuale, la Corte di Appello ha evidenziato, secondo un ragionamento che risulta immune dalle dedotte fratture logiche, che il foro di cui si tratta avrebbe dovuto essere adeguatamente protetto; e che (Omissis), in qualità di coordinatore della sicurezza per l'esecuzione delle opere, in presenza di una copertura che appariva del tutto inadeguata, avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza il lucernario. Sul punto, il Collegio ha evidenziato che il piano di sicurezza e coordinamento era stato redatto dal (Omissis) in modo del tutto generico, in assenza di alcun coordinamento con le diverse ditte che si erano occupate della ristrutturazione dello stabile, secondo quanto riferito dal teste qualificato (Omissis). Come si vede, il richiamato percorso argomentativo, posto a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'odierno ricorrente, risulta del tutto coerente, anche rispetto alla pronuncia assolutoria resa nei confronti del coimputato (Omissis), titolare di una delle ditte operanti nel cantiere.

E' poi appena il caso di rilevare che la valutazione effettuata dalla Corte di Appello si colloca nell'alveo dell'orientamento interpretativo costantemente seguito da questa Suprema Corte, in materia di sicurezza dei lavoratori, per i casi di lavori affidati in appalto. Invero, si è chiarito che l'appaltatore è il destinatario degli obblighi prevenzionali, salvi alcuni obblighi specifici che restano a carico del committente, quali l'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza n. 6884 del 18/11/2008, dep. 18/02/2009, Rv. 242735). E, nel caso di specie, vengono in rilievo proprio i rischi connessi all'ambiente di lavoro, in relazione all'apertura presente nel piazzale antistante il fabbricato, come sopra chiarito.

4.2 Soffermandosi ora sulla censura relativa al mancato espletamento di esperimento giudiziale circa l'idoneità della copertura del lucernario (questione affidata al motivo sub E), si osserva che la Corte di Appello ha considerato che le circostanze di fatto, afferenti alle protezioni presenti sul perimetro dell'apertura presente nel piazzale antistante il fabbricato ed al tipo di copertura apprestata, risultavano inequivocamente accertate. La Corte di Appello ha pure osservato che appariva plausibile che gli operai avessero utilizzato il lucernario per appoggiarvi generi alimentari e che si fossero seduti sul bordo perimetrale alto 35 centimetri, nei momenti di pausa; e che proprio le descritte caratteristiche del bordo, unitamente alla precarietà della copertura, avevano favorito l'inciampo dell'addetto al cantiere e la rovinosa caduta nel garage sottostante, attraverso il foro, destinato a lucernario.

In tali termini, la Corte territoriale ha sviluppato un percorso argomentativo che soddisfa appieno l'obbligo motivazionale specifico, rispetto alla richiesta di rinnovo dell'istruttoria dibattimentale. La Corte regolatrice ha, infatti, chiarito che in tema di giudizio di appello, poichè il vigente codice di rito penale pone una presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale svolta in primo grado, la rinnovazione, anche parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la decisione può essere sorretta anche da motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione - in senso positivo o negativo - sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Cass Sez. 5, Sentenza n. 6379 del 17/03/1999, dep. 21/05/1999, Rv. 213403).

4.3 Con riguardo ai due motivi di ricorso (D, F) che involgono il tema della condotta di natura eccezionale posta in essere dalla vittima - che si esaminano congiuntamente - si osserva che la Corte di Appello ha chiarito che non aveva pregio la tesi sostenuta dalla difesa, in base alla quale il collasso del lucernario era da attribuire al medesimo operaio infortunato, che aveva maldestramente impugnato un pesante tavolone di legno, era inciampato nel cordolo di protezione ed aveva quindi colpito la copertura con il grosso pezzo di legno che aveva agito come ariete.

Sul punto, il Collegio ha ribadito che la descritta dinamica del sinistro era del tutto prevedibile, in quanto connessa all'ordinario svolgersi delle lavorazioni, atteso che i dipendenti operavano in un ambiente stretto e movimentavano pesi considerevoli; ed ha osservato che proprio le cadute degli operai, conseguenti alla accidentale perdita di equilibrio, dovevano essere adeguatamente prevenute dagli addetti alla sicurezza.

Orbene, le valutazioni effettuate dal giudice di appello, ora richiamate, risultano del tutto conferenti, in riferimento alla valenza esimente che è dato assegnare, secondo diritto vivente, alla condotta colposa posta in essere dal lavoratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia. Questa Suprema Corte ha chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass., sez. 4, 14 dicembre 1999 n. 3580, Bergamasco, Rv. 215686; Cass. 3 giugno 1999 n. 12115, Grande, Rv. 214999; Cass. 14 giugno 1996 n. 8676, Ieritano, Rv. 206012). La Suprema Corte ha pure chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore - come certamente è avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109).

4.4 Si procede all'esame del motivo di ricorso di cui alla lettera G).

L'esponente osserva che il datore di lavoro è stato assolto; e considera che la responsabilità del (Omissis) afferisce ad un elemento di colpa generica. Sulla scorta di tali assunti ritiene improcedibile il reato per difetto di querela.

Al riguardo, la Corte di Appello ha considerato che l'infortunio si era verificato all'interno di un cantiere, a causa della violazione delle norme di sicurezza, con riferimento al piano di sicurezza e coordinamento redatto dal (Omissis), di talchè certamente sussisteva l'aggravante di cui all'articolo 590 c.p., comma 3, ed il reato risultava perseguibile di ufficio.

Null'altro che rilevare che questa Suprema Corte ha chiarito che in tema di lesioni e di omicidio colposi, perchè possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è sufficiente che sussista tra la violazione antinfortunistica e l'evento dannoso un legame causale (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 11360 del 10/11/2005, dep. 31/03/2006, Rv. 233662); e che si è pure affermato che, in tema di delitti colposi derivanti da infortunio sul lavoro, per la configurabilità della circostanza aggravante speciale della violazione delle norme antinfortunistiche, neppure occorre che siano violate norme specifiche dettate per prevenire infortuni sul lavoro, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa della violazione dell'articolo 2087 cod. civ., che fa carico all'imprenditore di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'Integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 28780 del 19/05/2011, dep. 19/07/2011, Rv. 250761).

Alla luce dei richiamati principi, la valutazione della Corte di Appello, in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante della violazione di norme antinfortunistiche, atteso che l'infortunio si era verificato all'interno di un cantiere ed a causa della violazione di norme in materia di sicurezza, risulta del tutto immune dalle dedotte censure.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.