Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 luglio 2012, n. 11540 - Radiazioni ionizzanti, patologia e origine professionale


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido - Presidente

Dott. STILE Paolo - Consigliere

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso 10641-2010 proposto da:

(Omissis), nella qualità di vedova di (Omissis), elettivamente domiciliata in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis), che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 8900/2008 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 11/09/2009 r.g.n. 8349/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/05/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto



Con sentenza depositata in data 11 settembre 2009, la Corte d'appello di Roma confermava quella di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta da (Omissis), vedova del sig. (Omissis), a fine di ottenere la rendita ai superstiti o, in subordine, l'indennizzo capitale per il danno biologico conseguente alla malattia professionale denunciata (carcinoma esofageo).

La Corte d'appello è giunta a tale conclusione, dopo avere espletato una nuova consulenza tecnica, che ha escluso l'origine professionale della patologia.

Avverso tale sentenza (Omissis) propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

Resiste con controricorso l'INAIL.

Diritto



1. Con l'unico motivo del ricorso, proposto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo della controversia, osservando che la Corte di merito ha rigettato la domanda, facendo esclusivo riferimento alle risultanze della consulenza tecnica.

In particolare, il consulente, dopo avere analizzato l'attività lavorativa del (Omissis) (ricercatore presso l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di (Omissis)) e avere sottolineato che lo stesso era stato sottoposto ad agenti cancerogeni (radiazioni ionizzanti) negli anni che vanno dal 1981 al 1992, ha escluso la sussistenza del nesso eziologico fra tale esposizione e la patologia denunciata, dal momento che i valori rilevati negli anni di riferimento ed emergenti dalla nota prot. 130699 del 2 luglio 1999 erano molto inferiori a quelli stabiliti dal Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 241 e dal Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230. La ricorrente osserva che i citati testi normativi stabiliscono precisi limiti sia in termini di dose equivalente che di dose efficace. Tuttavia il consulente non aveva chiarito a quale categoria apparteneva l'unico dato riportato nella citata not. prot. 130699 del 2 luglio 1999, in tal modo rendendo le proprie conclusioni avulse dalle considerazioni medico-legali, pur sviluppate nella premessa dell'elaborato, e non supportate da alcuna motivazione o da una concreta analisi dei dati.

Inoltre, sebbene un testimone avesse affermato che non erano state previste misure tecniche, organizzative e procedurali per ridurre il rischio di radiazioni ionizzanti, il consulente non aveva richiesto ulteriori informazioni all'Istituto Nazionale di Fisica, nè compiuto accertamenti in loco, al fine di verificare l'impatto che siffatta deficienza organizzativa poteva aver avuto sullo sviluppo della patologia che aveva condotto il (Omissis) al decesso.

Da tali premesse, la ricorrente trae la conclusione che il consulente ha escluso l'origine professionale della malattia, argomentando con esclusivo riferimento ai limiti previsti dalla legge senza compiere gli accertamenti strumentali necessari a tal fine.

2. Il ricorso è infondato.

Secondo l'orientamento espresso da questa Corte (v., ad es., di recente, Cass. civ. ord., sez. 6, 8 novembre 2010, n. 22707), sia pure con riferimento all'accertamento dell'inabilità da infortunio sul lavoro, qualora il giudice del merito si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, affinchè sia denunciabile in cassazione il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza, è necessario che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberano sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già in semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'entità e l'incidenza del dato patologico e il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte.

2.1. La ricorrente non contesta l'esattezza dei dati riportati nella nota 130699 del 2 luglio 1999 ed, anzi, neppure li indica, in tal modo impedendo qualunque concreto controllo rispetto alla affermata, scientifica erroneità delle affermazioni del consulente. Se si considera che le nozioni utilizzate per determinare l'esposizione (dose assorbita, dose equivalente, dose efficace) sono tra loro quantitativamente correlate, appare evidente che, per censurare le conclusioni raggiunte, la ricorrente avrebbe dovuto contestare le premesse valutative del consulente oppure i dati relativi alla esposizione o, ancora (se tali premesse e tali dati non avesse inteso porre in discussione, come non ha posto in discussione), illustrare alla stregua di quale percorso logico scientifico tali dati avrebbero comunque potuto condurre ad un'esposizione significativa del lavoratore ed idonea a provocare la malattia.

Poichè tali indicazioni sono assolutamente carenti, diviene priva di decisività l'indagine sulle eventuali deficienze organizzative.

3. Alla luce dei dubbi di carattere scientifico che possono sorgere in ordine alla ricostruzione del nesso causale, ricorrono le ragioni giustificative richieste dal codice di rito per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.