Cassazione Civile, Sez. Lav., 12 luglio 2012, n. 11806 - Infortunio sul lavoro e invalidità indennizzabile


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - rel. Presidente

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA


sul ricorso 12542-2010 proposto da:

(Omissis) (Omissis), elettivamente domiciliata in (Omissis) (STUDIO LEGALE (Omissis)), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), rappresentata e difesa dagli avvocati (Omissis), (Omissis) o (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis), che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 6569/2009 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/12/2009 R.G.N. 3153/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2012 dal Consigliere Dott. FEDERICO ROSELLI;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



Ritenuto che con ricorso del 30 settembre 2004 al Tribunale di Benevento (Omissis) sosteneva di aver subito nel (Omissis) un infortunio sul lavoro con conseguenti lesioni ed ematoma al ginocchio destro, e di aver visto respingere dall'Inail il riconoscimento dell'invalidità indennizzabile;

che ella chiedeva perciò il relativo accertamento e la condanna dell'Istituto al pagamento della rendita;

che il Tribunale rigettava la domanda e la Corte d'appello di Napoli confermava la decisione per omessa prova dello status lavorativo, costituente la base del rapporto previdenziale: infatti l' (Omissis) aveva denunziato l'infortunio quale coltivatrice diretta ma si era poi definita in giudizio collaboratrice del marito, proprietario di un fondo agricolo; inoltre aveva affermato di aver versato contributi previdenziali dal 1973 al 2000, e non anche nel 2003; nè il marito aveva formulato alcuna denunzia di infortunio;

che contro questa sentenza l' (Omissis) ricorre per cassazione mentre l'Inail resiste con controricorso;

che il collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Diritto



Considerato che col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 2116 cod. civ., Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 67, articolo 112 cod. proc. civ., per inosservanza del principio di automaticità delle prestazioni, secondo cui il lavoratore ha diritto alle prestazioni previdenziali anche quando il datore di lavoro non abbia pagato i contributi all'istituto assicuratore (articolo 2116 cit., comma 1);

che col secondo motivo la medesima denunzia la violazione dell'articolo 111 Cost., articoli 112 e 443 cod. proc. civ., sostenendo l'irrilevanza della contraddizione fra la denuncia di infortunio, In cui ella si era qualificata coltivatrice diretta, e la successiva domanda giudiziaria, in cui si era detta collaboratrice del marito agricoltore;

che col terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione degli articoli 2135, 2697 e 2700 cod. civ., articolo 205, Decreto del Presidente della Repubblica cit. e vizi di motivazione, per non avere la Corte d'appello adeguatamente apprezzato la prova della qualità di imprenditore agricolo, propria del marito, iscritto dal 21 gennaio 1997 alla Camera di commercio, ove la moglie risultava partecipe all'attività dell'impresa;

che i tre connessi motivi sono privi di fondamento poichè inutilmente censurano nel giudizio di legittimità apprezzamenti delle prove e dei fatti di causa sovranamente espressi dai giudici di merito;

che costoro con motivazione coerente e priva di lacune hanno ritenuto la mancanza di prova della qualità di lavoratrice affermata dall'attuale ricorrente e quindi del connesso rapporto previdenziale, sulla base del suo sopra detto comportamento contraddittorio, dall'assenza di contribuzione previdenziale nell'anno dell'infortunio e della mancanza della denunzia di questo da parte del marito, senza che potesse rilevare in contrario un'iscrizione nel registro della Camera di commercio, eseguita nel lontano 1997 su dichiarazioni degli interessati;

che col quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 152 disp. att. cod. proc. civ., per essere stata condannata al pagamento delle spese processuali pur avendo dichiarato a pag. 7 dell'atto d'appello di "non percepire redditi imponibili ai fini Irpef come da dichiarazione ivi allegata";

che il motivo non è ammissibile per genericità ossia perchè l'articolo 152 cit., modif. dal Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42 conv. in Legge 24 novembre 2003, n. 326, richiede un'apposita dichiarazione dell'interessato, sostitutiva di certificazione, "nelle conclusioni dell'atto introduttivo" (del processo), mentre la ricorrente fa ora riferimento ad una non specificata "dichiarazione allegata", senza dire a quale atto sia allegata (introduttivo, d'appello?) e come sia stata effettivamente prodotta;

che, rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro cinquanta, oltre ad euro tremila per onorario, più accessori di legge.