Categoria: Corte di giustizia CE
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Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 marzo 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana. - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 95/30/CE - Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro. - Causa C-439/98.

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Parole chiave



Stati membri - Obblighi - Attuazione delle direttive - Inadempimento non contestato

[Trattato CE, art. 169 (divenuto art. 226 CE)]


Parti


Nella causa C-439/98,

Commissione delle Comunità europee, inizialmente rappresentata dal signor A. Aresu, membro del servizio giuridico, e successivamente dalla signora K. Oldfelt Hjertonsson, consigliere giuridico principale, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro dello stesso servizio, Centre Wagner, Kirchberg,$

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor D. Del Gaizo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

convenuta,

"avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che, non avendo adottato o non avendo comunicato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva della Commissione 30 giugno 1995, 95/30/CE, recante adeguamento al progresso tecnico della direttiva 90/679/CEE del Consiglio relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 155, pag. 41), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva,

LA CORTE

(Terza Sezione),

composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida (relatore), presidente di sezione, C. Gulmann e J.-P. Puissochet, giudici,

avvocato generale: S. Alber

cancelliere: R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 dicembre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza




Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 3 dicembre 1998, la Commissione delle Comunità europee ha proposto a questa Corte, in forza dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso diretto a far dichiarare che, non avendo adottato o non avendole comunicato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva della Commissione 30 giugno 1995, 95/30/CE, recante adeguamento al progresso tecnico della direttiva 90/679/CEE del Consiglio relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 155, pag. 41), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.

2 La direttiva 95/30 ha per oggetto, come indica il suo titolo, l'adeguamento al progresso tecnico della direttiva del Consiglio 26 novembre 1990, 90/679/CEE, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 374, pag. 1). Essa stabilisce, all'art. 2, n. 1, primo comma, che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 30 novembre 1996 e ne informano immediatamente la Commissione.

3 Con lettera 30 maggio 1997 la Commissione, ai sensi dell'art. 169 del Trattato, ha invitato il governo italiano a presentare entro due mesi le proprie osservazioni sull'addebito di mancata trasposizione della direttiva 95/30.

4 Con note 11 luglio e 28 ottobre 1997 le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione che i provvedimenti necessari alla trasposizione della direttiva erano in corso di preparazione.

5 In mancanza di ulteriori informazioni, la Commissione, con lettera 12 gennaio 1998, ha inviato al governo italiano un parere motivato, invitandolo ad adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi entro due mesi a decorrere dalla sua notifica.

6 Poiché tale parere non ha ricevuto risposta, la Commissione ha presentato il ricorso in esame.

7 La Commissione sostiene che la Repubblica italiana non le ha comunicato alcun testo relativo a disposizioni destinate a garantire la trasposizione della direttiva 95/30, di modo che essa è legittimata a dedurre che la Repubblica italiana non ha adottato le disposizioni necessarie e/o che essa ha omesso di informarla al riguardo.

8 Orbene, in forza dell'art. 2, n. 1, primo comma, della detta direttiva, la Repubblica italiana avrebbe dovuto trasporre nel suo ordinamento interno le disposizioni della direttiva in parola entro il 30 novembre 1996 e informarne immediatamente la Commissione. Tale obbligo è basato parimenti sull'art. 189, terzo comma, del Trattato CE (divenuto art. 249, terzo comma, CE), secondo il quale le direttive vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, nonché sull'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE).

9 Di conseguenza, la Repubblica italiana sarebbe venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del diritto comunitario.

10 La Repubblica italiana sostiene che la direttiva 95/30 mira ad adeguare al progresso tecnico la direttiva 90/679, la quale è stata trasposta nell'ordinamento giuridico italiano con il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come successivamente modificato e completato. A suo avviso, l'art. 28, primo comma, lett. b), di tale decreto legislativo prevede che un decreto emanato dal Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, di concerto con i Ministri della Sanità e dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, sentita la Commissione consultiva permanente, attuerà le direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro per le parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite nell'ordinamento giuridico nazionale.

11 Secondo la Repubblica italiana, il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale aveva predisposto ai sensi dell'art. 28, primo comma, lett. b), del detto decreto legislativo un progetto di decreto di recepimento della direttiva 95/30. Tale provvedimento, però, non ha proseguito il suo iter legislativo in considerazione dell'adozione da parte della Commissione della direttiva 7 ottobre 1997, 97/59/CE, che adatta al progresso tecnico la direttiva 90/679 (GU L 282, pag. 33), e della direttiva 26 novembre 1997, 97/65/CE, recante terzo adattamento al progresso tecnico della direttiva 90/679 (GU L 335, pag. 17). Infatti, il detto ministero avrebbe ritenuto opportuno, per ragioni di economia procedurale, trasporre le direttive 95/30, 97/59 e 97/65 con un unico decreto, tenuto conto dell'analogia delle esigenze da soddisfare

12 Il progetto di decreto sarebbe stato così trasmesso dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale agli altri ministeri interessati per ottenere il loro parere.

13 Il governo italiano precisa di avere buone ragioni per credere che la procedura d'approvazione di tale decreto si concluderà a breve termine e che la Commissione potrà allora rinunciare al suo ricorso.

14 Occorre rilevare che la Repubblica italiana ammette di non aver trasposto la direttiva nel termine prescritto, pur osservando che, per ragioni di economia procedurale, ha ritenuto opportuno recepire le direttive 95/30, 97/59 e 97/65 con un unico decreto.

15 Di conseguenza, poiché la trasposizione della direttiva 95/30 non è stata realizzata nel termine prescritto dall'art. 2, n. 1, primo comma, il ricorso presentato dalla Commissione va considerato fondato.

16 Si deve pertanto dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 95/30, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della detta direttiva.$


Decisione relativa alle spese


Sulle spese

17 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Avendo la Commissione presentato domanda in tal senso, la Repubblica italiana, essendo rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese.


Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Non avendo adottato, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva della Commissione 30 giugno 1995, 95/30/CE, recante adeguamento al progresso tecnico della direttiva 90/679/CEE del Consiglio relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

 

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