Cassazione Penale, Sez. 4, 13 agosto 2012, n. 32422 - Operazioni di movimentazione e di scarico di lastre di marmo e abnormità del comportamento di un lavoratore


 

 

 

Infortunio mortale durante le operazioni di movimentazione e di scarico di lastre di marmo. La vittima è rimasta schiacciata a seguito della caduta di talune lastre del peso di kg. 400 cadauna, che era intento a scaricare, sotto la propria direzione ed il proprio controllo, presso una s.n.c.; caduta determinata dall'improvviso cedimento strutturale dell'autocarro, di cui era comproprietario la stessa vittima, che ne era altresì il manutentore (e quindi il responsabile per la sicurezza del suo impiego) nonchè il conducente.

La Suprema Corte, sulla scia della decisione di secondo grado, rigetta il ricorso delle parti civili riguardo alla responsabilità di tale infortunio.

Dopo aver escluso l'omessa predisposizione di adeguate misure a tutela della sicurezza individuale dei lavoratori nonchè l'omessa progettazione e controllo, in termini adeguati, delle suddette operazioni di sollevamento, a tutela della sicurezza individuale dei lavoratori e dopo aver escluso errori tecnici o negligenze. ravvisa in due specifici comportamenti - entrambi risalenti alla stessa vittima - la causa esclusiva dell'evento e precisamente:

- nella volontaria permanenza sul cassone dell'autocarro in prossimità delle lastre di marmo anche al momento del loro sollevamento;

- nella determinazione, dovuta ad una scelta operativa della stessa vittima, di sovraccaricare del doppio rispetto al consentito, l'autocarro, già in condizioni di usura per vetustà, risalendone la prima immatricolazione all'anno 1969 e recante diversi guasti strutturali alle sospensioni.

L'evento fu pacificamente cagionato da un comportamento assolutamente abnorme della stessa vittima tale da elidere qualsivoglia collegamento eziologico con le condotte o le omissioni (invero non connotate dal profili colposi) contestate in astratto agli imputati. Se ciò vale pacificamente ad elidere la responsabilità del datore di lavoro (cfr. ex multis Sez. 4 n. 7267 del 2009 citata nella sentenza impugnata), a fortiori, in applicazione dello stesso principio, nel caso di specie, deve ascriversi la produzione dell'evento alla esclusiva condotta della vittima che, in veste di imprenditore autonomo, "aveva piena ed autonoma oltrechè consapevole capacità decisionale in ordine ai propri comportamenti".


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Mar - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis) parte civile;

2) (Omissis) N. IL (Omissis) parte civile contro;

(Omissis) N. IL (Omissis) C/;

(Omissis) N. IL (Omissis) C/;

(Omissis) N. IL (Omissis) C/;

avverso la sentenza n. 463/2009 CORTE APPELLO di BARI, del 28/05/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/11/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Riello Luigi che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

Udito per le parti civili l'avv. (Omissis) del foro di (Omissis) che si riporta alle conclusioni scritte che deposita;

Udito il difensore avv. (Omissis) del foro di (Omissis) che, nell'interesse dell'imputato (Omissis) e del responsabile civile (Omissis) ha concluso per la conferma della sentenza impugnata.

Fatto

 

Con sentenza in data 8 luglio 2008, il Tribunale di Trani dichiarava (Omissis), (Omissis) e (Omissis) responsabili del delitto sub A, di cui all'articolo 589 cod. pen., commi 1 e 2 commesso in Trani il 23 settembre 2003 in danno di (Omissis) nonchè - (Omissis) ed (Omissis) - del reato sub C di cui all'articolo 81 cod. pen., Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera f), articolo 35, comma 1 ed infine (Omissis), di quello sub B di cui all'articolo 81 cod. pen., Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, lettera b), articolo 35, comma 4 - bis lettera b), comma 4 - quater.

Condannava per l'effetto gli imputati, concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante e ritenuta la continuazione tra gli addebiti de quibus, alla pena di anni DUE, mesi SEI di reclusione ciascuno: pene interamente condonate nonchè in solido tra loro e con il responsabile civile, al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, eccezion fatta per le provvisionali, immediatamente esecutive alle stesse rispettivamente accordate, qualificato in ragione del 40% il concorso di (Omissis) ed in ragione del 30% ciascuno, quello di (Omissis) ed (Omissis).

Con sentenza emessa in data 28 maggio 2010 la Corte d'appello di Bari, in riforma della pronunzia di primo grado, mandava assolti tutti gli imputati dai reati loro rispettivamente ascritti con la formula: "perchè il fatto non sussiste" con conseguente revoca delle statuizioni civili.

Ricorrono per la cassazione della sentenza d'appello le parti civili (Omissis) (Omissis) onde ottenere il riconoscimento della responsabilità, a fini civili, degli imputati (Omissis) ed (Omissis). Articolano, con il ricorso cumulativamente proposto, un unico motivo per vizio della motivazione e per violazione di legge in riferimento all'articolo 40 cod. pen. ed alla disciplina antinfortunistica di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, così sintetizzato.

La Corte distrettuale, con una decisione illogica e contraddittoria, avrebbe escluso la ricorrenza della responsabilità degli imputati (Omissis), facendo erronea applicazione della disciplina in tema di nesso di causalità giacchè la causa determinante dell'evento doveva farsi risalire al comportamento dei suddetti imputati per aver omesso di predisporre cautele idonee ad evitare il fatto dannoso ed in particolare per aver omesso di impartire apposite prescrizioni di sicurezza a tutela dell'incolumità degli addetti alle operazioni di movimentazione e di scarico delle lastre di marmo o di adottare un adeguato piano di sicurezza per tali operazioni. Nè avrebbe potuto ritenersi eccezionale od inusuale il comportamento della vittima di volontaria permanenza sul cassone al momento del sollevamento delle lastre (essendo necessario che un addetto, durante le operazioni di scarico, salisse sulle lastre per inserire tra le stesse, l'imbracatura previa separazione con un palanchino) ed il sovraccarico imposto dalla vittima all'autocarro sì da giudicarsi interrotto il nesso di causa tra le suddette omissioni ascritte agli imputati (Omissis) e l'evento.

Quanto ai contestati profili di colpa specifica, evidenziano le ricorrenti che era pacificamente emerso che l'imputato (Omissis) aveva omesso di esigere dai dipendenti l'osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e che non aveva posto a disposizione del lavoratore della ditta esterna le attrezzature ed il personale in numero adeguato per eseguire le operazioni di scarico in sicurezza,come previsto dal relativo piano.

 

Diritto

 

I ricorsi, invero redatti in termini generici ed apodittici, sono infondati e vanno quindi respinti con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico delle ricorrenti parti civili ex articolo 616 cod. proc. pen. L'impugnata sentenza risulta, ad avviso della Corte, del tutto immune dai denunziati vizi di legittimità, avendo i Giudici di seconda istanza dato esaustiva e congrua contezza del convincimento assolutorio cui erano pervenuti, nell'osservanza e corretta applicazione della normativa in tema di nesso di casualità, come interpretata da costante e prevalente giurisprudenza di legittimità.

La Corte distrettuale - acclarata pacificamente la dinamica dell'infortunio mortale occorso in (Omissis), a (Omissis) rimasto schiacciato a seguito della caduta di talune lastre di marmo di "pietra di Trani", del peso di kg. 400 cadauna,che era intento a scaricare, sotto la propria direzione ed il proprio controllo, presso la ditta (Omissis) s.n.c.; caduta determinata dall'improvviso cedimento strutturale dell'autocarro, di cui era comproprietario la stessa vittima, che ne era altresì il manutentore (e quindi il responsabile per la sicurezza del suo impiego) nonchè il conducente -aveva escluso la sussistenza del nesso eziologico tra l'evento ed i comportamenti e le omissioni contestate ad entrambi gli imputati (Omissis),peraltro erroneamente dichiarati responsabili dal Giudice di prime cure della contravvenzione di cui al capo C, benchè loro non contestata ed invece ascritta all'imputato (Omissis), condannato invece per il reato sub B, oggetto, dell'incolpazione, al contrario, contestata agli imputati (Omissis). Con l'esaustiva motivazione della sentenza impugnata già i Giudici di secondo grado avevano "risposto" alle medesime censure, poi sostanzialmente riproposte dalle ricorrenti dinanzi a questa Corte, sottolineando, in primo luogo, l'ultroneità del riferimento, contenuto nel capo di imputazione, all'omessa sottoposizione della gru alle periodiche verifiche, non essendo emerso alcun vizio o difetto di tale apparato (impiegato, nella fase di scarico dall'autocarro, ai fini del sollevamento delle lastre di marmo) nè alcun malfunzionamento della stessa od alcuna impropria manovra. In mancanza poi della contestazione agli imputati di omissioni o condotte specifiche e concrete ed attesa la esistenza di un adeguato piano di sicurezza di cui la ditta (Omissis) disponeva nel quale, al paragrafo 10.3 e rubricato: "Piazzalisti: rischi e prevenzione "erano" contemplati, in maniera puntuale, I criteri e le modalità di sicurezza nelle manovre di carico nonchè i rischi connessi alle operazioni di imbracatura, sollevamento e trasporto dei blocchi " aveva altresì la Corte d'appello giudicato del pari incongrui gli addebiti di omessa predisposizione di adeguate misure a tutela della sicurezza individuale dei lavoratori operanti a piedi, al fine di impedirne la presenza nella zona delle operazioni di scarico nonchè di omessa progettazione e controllo, in termini adeguati, delle suddette operazioni di sollevamento,a tutela della sicurezza individuale dei lavoratori. Nè peraltro era emersa la ricorrenza di errori tecnici o di negligenze nell'imbracamento dei materiali lapidei in fase di scarico o nel loro sollevamento ad opera dei tecnici dipendenti degli imputati (Omissis),la cui assenza dalla sede della ditta al momento dell'incidente non valse ad integrare alcuna violazione delle norme di prevenzione degli infortuni, una volta previste ed impartite le disposizioni preordinate a tale scopo. Inoltre dalle deposizioni rese dal fratello della vittima e dagli altri dipendenti della ditta (Omissis) era risultato acclarato che, pur essendo il (Omissis) particolarmente esperto delle operazioni di carico e scarico delle lastre di marmo - che quasi quotidianamente eseguiva di persona -ripetutamente era stato invitato ad allontanarsi dal pianale dell'autocarro ed a prestare attenzione, di guisa da aver in tal modo assolto gli imputati (Omissis) agli obblighi, loro imposti, di informazione e di prevenzione dai rischi per l'incolumità degli addetti alle suddette operazioni.

Aveva in conclusione la Corte distrettuale ravvisato, in due specifici comportamenti - entrambi risalenti alla stessa vittima - la causa esclusiva dell'evento e precisamente:

- nella volontaria permanenza di (Omissis) sul cassone dell'autocarro in prossimità delle lastre di marmo anche al momento del loro sollevamento, dopo aver ultimato le operazioni non meccanizzabili,di imbracamento e di aggancio del carico al carroponte: circostanza che aveva prodotto gravissime conseguenze in pregiudizio dell'incolumità dell'operatore, atteso il sopravvenuto cedimento strutturale dell'autocarro: causa del successivo spostamento del carico;

- nella determinazione, dovuta ad una scelta operativa della stessa vittima, di sovraccaricare del doppio rispetto al consentito, l'autocarro, già in condizioni di usura per vetustà, risalendone la prima immatricolazione all'anno 1969 e recante diversi guasti strutturali alle sospensioni.

Si era quindi verificato che, anche al di là di quanto potesse prevedere la stessa vittima, ancorchè consapevole del sovraccarico e delle riparazioni strutturali subite alle sospensioni dell'autocarro, l'improvviso scompenso del peso cagionato sulle sospensioni per effetto del sollevamento di una parte del carico posto su di un lato del cassone (sul quale (Omissis) si trovava in quel momento) ebbe a determinare il cedimento del pianale dall'altro lato. Sicchè le lastre di marmo ancora da scaricare ed appoggiate ad un cavalletto ebbero a ricadere su quelle in corso di sollevamento, frantumandone talune, dalle quali fu attinta la vittima, rimasta così schiacciata dall'ingente peso delle stesse.

L'evento quindi fu pacificamente cagionato da un comportamento assolutamente abnorme della stessa vittima tale da elidere qualsivoglia collegamento eziologico con le condotte o le omissioni (invero non connotate dal profili colposi) contestate in astratto agli imputati (Omissis). Se ciò vale pacificamente ad elidere la responsabilità del datore di lavoro (cfr. ex multis Sez. 4 n. 7267 del 2009 citata nella sentenza impugnata), a fortiori, in applicazione dello stesso principio, nel caso di specie, deve ascriversi la produzione dell'evento alla esclusiva condotta della vittima che, in veste di imprenditore autonomo, "aveva piena ed autonoma oltrechè consapevole capacità decisionale in ordine ai propri comportamenti".

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali.