Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 6, 26 settembre 2012, n. 37119 - Corruzione e appalti irregolari; adozione di un nuovo modello di organizzazione


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TITO GARRIBBA Presidente -
Dott. FRANCESCO PAOLO GRAMENDOLA Consigliere -
Dott. LUIGI LANZA Consigliere -
Dott. PIERLUIGI DI STEFANO rel. Consigliere -
Dott. ERCOLE APRILE Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 

sul ricorso proposto da :
1) E. SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE avverso l'ordinanza n. 9/2012 TRIB. LIBERTA' di SAVONA, del 16/04/2012 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO; sentite le conclusioni del PG Dott. SANTE SPINACI che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto


Il Tribunale del Riesame di Savona, in accoglimento di appello del pubblico ministero, disponeva la misura interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per sei mesi nel confronti della E. srl, richiesta rigettata dal giudice per le indagini preliminari per assenza di esigenze cautelari.
Il Tribunale confermava la configurabilità di gravi indizi di responsabilità in quanto la società in questione era una delle tre che, nell'arco di vari anni, avevano ottenuto dal comune di Vado Ligure numerosi appalti con modalità irregolari e, in altri casi, pagamenti superiori al lavori effettuati, a seguito di corruzione del capo settore lavori pubblici del comune, D.R. al quale venivano corrisposte somme, nell'ordine di centinaia di migliaia di euro, mascherandole con erogazioni a titolo di sponsorizzazione in favore della Riviera Vado Basket, associazione di cui il D. era legale rappresentante.

I fatti erano già risultati dimostrati in sede di applicazione della custodia in carcere nei confronti del corrotto e dei responsabili di tre imprese, tra cui E.; inoltre vi era stata la successiva acquisizione di ulteriori elementi di conferma rappresentati da parziali ammissioni degli indagati e dalla scoperta di altri lavori in frode.
Il Gip, nel decidere sulla richiesta di misura interdittiva per le tre imprese che avevano ricevuto i benefici della corruzione, riteneva che per la sola E. non vi fossero esigenze cautelari perché, nelle more del procedimento, la società aveva adottato un nuovo modello di organizzazione e nominato l'organismo di vigilanza ai sensi del D.Lgs. 231.2001, così superandosi il rischio di reiterazione dei reati in questione.
Il Tribunale, diversamente dal provvedimento impugnato, ritiene che, nelle date condizioni concrete, il modello organizzativo adottato dalla E. non abbia modificato le carenze precedenti che avevano consentito la commissione del reato. Difatti, pur a fronte di un formale sistema di controllo, resta lo spazio di discrezionalità dell'amministratore unico (che era, peraltro, il responsabile della corruzione) difficilmente sottoponibile a controllo, così come, pur a fronte di una previsione di limiti ad erogazioni di denaro in favore di terzi, quali le sponsorizzazioni, non vi è una adeguata previsione di limiti soggettivi per i beneficiali dei contratti di sponsorizzazione né alcun dovere in capo all'organo elettivo di indagine su tali beneficiari.
Né si rileva, rispetto al passato, una maggior possibilità di sorveglianza da parte degli organi societari laddove per anni l'amministratore unico aveva potuto concludere contratti in modalità irregolari. La effettiva possibilità di efficace sorveglianza non è neanche risolta dalla creazione di un organo di vigilanza attese le modalità concrete per la sua nomina. La scelta per un tale incarico di un professionista esterno è solo eventuale, essendo comunque possibile la nomina di un dipendente della E. e, comunque, l'inserimento di una clausola generica in base alla quale, pur se di regola il vigilante va nominato per un periodo corrispondente a quello dell'organo che lo nomina,, il medesimo può essere allontanato per generici motivi personali, offre spazio ad un condizionamento dell'organo stesso.
Confermata la permanenza delle condizioni di rischio concreto di reiterazione di reati, il tribunale ha disposto la misura per il periodo di sei mesi.
Il ricorrente contesta la decisione con riferimento alla non configurabilità di esigenze cautelari.


Con un primo motivo contesta la violazione dell'articolo 45 d.lgs 231.2001 e comunque la carenza di motivazione in quanto non sarebbero state individuate le condizioni da cui deriva il rischio di recidiva in quanto afferma che l'indagine avrebbe dimostrato che tutte le vicende si inseriscono semplicemente in un contesto di stima e fiducia tra il pubblico funzionario e l'amministratore unico della società trovando la dazione di denaro quale sponsorizzazione una sua chiara ragione nel legame personale tra l'amministratore  A. e Vado Ligure, ove vive, e la sua lunga militanza nei campionati di pallacanestro. I fatti contestati quindi non erano espressione di un contesto corruttivo ma erano avvenuti in un particolare contesto non più ripetibile.
Su questi presupposti, il ricorrente afferma l'errore nella mancata valutazione da parte del Tribunale del tempo decorso dei fatti che, in assenza di elementi significativi, fa escludere la prova di attuale pericolosità.
La motivazione è carente anche nel considerare la irrilevanza dell'esser restato amministratore la stessa persona fisica sia perché la società non ha più effettuato una sponsorizzazione sia perché, con il nuovo modello organizzativo economico di vigilanza, l'amministratore unico non è più protagonista della politica di impresa della società.

I controlli cui è soggetto, secondo la difesa, rendono la sua gestione eterodiretta.
Ne si è tenuto conto nel provvedimento della specificità della vicenda in esame che non è indicativa di abitualità,
Con secondo motivo si osserva la carenza di motivazione sulla adeguatezza del sistema organizzativo adottato. I richiami contenuti nel documento organizzativo confermano come lo stesso sia conforme alle linee guida di Confindustria per cui la contestazione ad esso mossa rappresenta sostanzialmente una sfiducia nei confronti della scelta normativa piuttosto che del concreto modello adottato.
Con terzo motivo si contesta la violazione dell'articolo 46 del d.lgs 231.2001 nonché mancanza di motivazione perché non si è fatta alcuna valutazione in ordine alla scelta della misura.

Diritto

 

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Il primo motivo è manifestamente infondato sotto il profilo della presunta violazione di legge - secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe disatteso la disposizione che prevede che in tanto possa applicarsi misura interdittiva in quanto vi siano "elementi" da cui si desumono le esigenze cautelari - in quanto è palese dal testo del provvedimento impugnato che il Tribunale ha applicato la disposizione valutando la sussistenza di tali "elementi". Si può quindi porre, rispetto al provvedimento impugnato, il solo tema della motivazione che la difesa effettivamente pone, ma anche qui senza uno sviluppo di argomenti che faccia superare la soglia della inammissibilità.

Per le valutazioni che seguono, si deve rammentare che il giudice di legittimità non può entrare nel merito dell'apprezzamento del materiale probatorio, effettuarne una nuova ed alternativa valutazione per poi verificare che il provvedimento impugnato abbia adottato una motivazione corrispondente alle proprie conclusioni, ma verificare se tale motivazione sia insussistente o gravemente carente nel risolvere i punti centrali della vicenda trattata dal giudice nel provvedimento impugnato, ovvero se sia manifestamente illogica nel rapporto tra premesse di fatto, risultanti dal provvedimento, e conclusioni cui il provvedimento è giunto ovvero se si sia in presenza di travisamento del contenuto dì singoli atti che la parte ha l'onere di produrre con il ricorso.
Ciò posto, si evidenzia la manifesta infondatezza del primo motivo in quanto la difesa, pur a fronte di un'ampia esposizione, sostanzialmente non deduce alcuna illogicità manifesta ma offre una diversa propria valutazione della possibilità di gestione aziendale alla luce del nuovo modello organizzativo.
E già questo è sufficiente a ritenere che non si tocchino profili sul quali possa esservi sindacato da parte del giudice di cassazione.
In ogni caso, le singole contestazioni sono generiche e non corrispondenti ai fatti come accertati e non contestati.

A fronte dell' accertamento di reiterati casi di corruzione con un versamento di somme pari a circa € 500.000 in cambio di una notevole serie di appalti irregolari e pagamenti non dovuti a carico dell'ente pubblico da parte di un funzionario che medesime condotte ha tenuto con varie altre imprese, è erronea la premessa della difesa che, per affermare la inadeguata motivazione sulle esigenza cautelari, afferma apoditticamente che si è in presenza di una reale sponsorizzazione giustificata dalla passione sportiva dell'amministratore unico.
Quindi gli argomenti con i quali si intende sostenere, su tale diversa ed erronea premessa, che il Tribunale non avrebbe valutato le circostanze di fatto per desumerne le esigenze cautelari sono manifestamente infondati perché non riferibili a quanto accertato, alla stregua di ciò che risulta dal testo dell'ordinanza impugnata.

Anche il secondo motivo è manifestamente infondato perché vi è un'altra premessa erronea alla base dell'argomento difensivo, ovvero che l'amministratore con l'attuale modello organizzativo non sarebbe più responsabile della politica dì impresa. Ciò non corrisponde ai fatti accertati né il ricorso indica quali siano le premesse da cui si trae tale conclusione; il modello organizzativo come descritto nel provvedimento impugnato conferma, invece, che le scelte gestionali dell'impresa restano funzione dell'amministratore unico e non degli organi di vigilanza.

Inoltre si afferma genericamente che sarebbe stato un errore del Tribunale nell'affermare che un modello organizzativo conforme al modello indicato dalla Confindustria sia inidoneo.

Al riguardo va rilevato che, a parte che non vi è possibilità, in assenza di produzione documentale, di valutare tale presunta conformità del modello organizzativo alle linee guida della Confindustria, la doglianza, a fronte di una esauriente spiegazione da parte del Tribunale sulle ragioni per le quali il nuovo modello organizzativo non è sufficiente per impedire il dato tipo di gestione che aveva consentito le numerosissime irregolarità in singoli contratti di cui ai capi di imputazione, è del tutto generica.
Anche il terzo motivo è manifestamente infondato perché, a fronte delle indicazioni date dal tribunale sulle condizioni di gravità del fatti e possibile reiterazione di condotte caratterizzate dalla continuità, tenuto altresì conto che, nell'ambito delle misure interdittive previste dalla legge 231.2001 (artt. 45 e 9 comma 2°), è stata scelta quella che è, di fatto, la meno onerosa tra quelle di possibile efficacia rispetto al pericolo dì recidiva in rapporti corrottivi per l'ottenimento di appalti pagamenti non dovuti, il ricorso si limita ad una doglianza generica sulla pretesa assenza di motivazione.


P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cosi deciso il 19/7/2012


DEPOSITATO IN CANCELLERIA il 26 settembre 2012