Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 ottobre 2012, n. 17171 - Esposizione "qualificata" al rischio derivante dalle polveri di amianto


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. MANNA Antonio - Consigliere

Dott. FILABOZZI Antonio - rel. Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 29198/2007 proposto da:

(Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), tutti elettivamente domiciliati in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), rappresentati e difesi dall'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (Omissis), (Omissis), (Omissis), giusta delega in atti;

- controricorrnte -

avverso la sentenza n. 6946/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 28/11/2006 R.G.N. 1332/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 28/06/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis) E (Omissis);

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



I ricorrenti hanno chiesto il riconoscimento del loro diritto ai benefici previsti dalla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, deducendo di essere stati esposti per un periodo di oltre dieci anni a polveri e fibre di amianto concentrate nell'ambiente lavorativo.

Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte d'appello della stessa città, che ha ritenuto che i ricorsi introduttivi fossero carenti sotto il profilo dell'allegazione del superamento dei valori di rischio della esposizione all'amianto negli ambienti di lavoro nei quali si svolgeva la lavorazione, ovvero di avere subito una esposizione "qualificata" al rischio derivante dalle polveri di amianto, solo in presenza della quale è consentito il riconoscimento dei benefici in esame.

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis) affidandosi a numerosi e articolati motivi (20) cui resiste con controricorso l'Inps.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c..

 

Diritto



1.- Preliminarmente, va rilevata la nullità delle procure speciali apposte a margine della memoria ex articolo 378 c.p.c., depositata dai ricorrenti, con le quali in particolare risulta conferito mandato all'avv. (Omissis) "in aggiunta" all'avv. (Omissis), limitatamente alla posizione di (Omissis), (Omissis), (Omissis), e (Omissis), con la conseguente nullità della costituzione in giudizio dell'avv. (Omissis), ferma restando la validità della costituzione dell'avv. (Omissis) (nonchè della memoria da questi depositata).

Nel giudizio di cassazione, infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte (nel regime anteriore alla Legge n. 69 del 2009), "la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poichè l'articolo 83 c.p.c., comma 3, nell'elencare gli atti in margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati; ne consegue che se la procura non è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma del cit. articolo 83, e cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l'indicazione delle parti e della sentenza impugnata" (cfr. fra le altre Cass. n. 18528/2009, Cass. n. 8708/2009).

D'altra parte, nella fattispecie, ratione temporis, neppure potrebbe applicarsi il nuovo testo dell'articolo 83 c.p.c., secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine o in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso (come la "memoria di nomina di nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato"), in quanto lo stesso "si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della Legge n. 69 del 2009, articolo 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data, se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall'articolo 83, comma 2" (cfr. Cass. n. 17604/2010, Cass. n. 7241/2010 e, da ultimo, Cass. n. 4476/2012).

2- I ricorrenti denunciano l'erroneità e l'ingiustizia della sentenza impugnata attraverso una serie di censure che vengono articolate in tre gruppi (contraddistinti rispettivamente con i numeri 1, 2 e 3). Tale censure risultano, per quanto si dirà, in parte inammissibili e in parte infondate.

3.- è infondata anzitutto la censura formulata con il primo motivo (contraddistinto con il numero 1A), con il quale si sostiene che, essendosi l'Istituto costituito tardivamente in primo grado, tutto quanto dedotto dai ricorrenti nei rispettivi ricorsi introduttivi doveva ritenersi non controverso in applicazione del principio di non contestazione, ex articolo 416 c.p.c., e che la Corte d'appello non avrebbe reso alcuna motivazione sul punto, nonostante lo stesso avesse costituito specifico motivo di gravame.

Al riguardo, è sufficiente osservare che la Corte territoriale ha puntualmente evidenziato che "i ricorsi introduttivi difettano di qualsiasi allegazione in punto di superamento dei valori di rischio della esposizione all'amianto negli ambienti concretamente frequentati dagli appellanti in ragione del loro lavoro presso lo stabilimento dell'(Omissis), di talchè inefficiente si è appalesata (ed è tuttora) la prova per testi, pur dedotta, sui capitoli del ricorso introduttivo. Nè può ritenersi che la questione della prova di uno degli elementi costitutivi del diritto possa considerarsi superata dalla tardiva costituzione del convenuto che, si dice, sarebbe decaduto dalla possibilità di rilevarla o, addirittura, segnalarla: è infatti principio generale che chi vuoi far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento e che tale onere, al di fuori del principio di non contestazione di fatti specificamente allegati, non soffre eccezioni conseguenti a mere irregolarità processuali".

4.- La statuizione resa sul punto dalla Corte territoriale è pienamente conforme ai principi ripetutamente affermati da questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 11108/2007, Cass. n. 10111/2006, Cass. n. 11537/96) secondo cui la mancata contestazione o la contestazione generica possono assumere rilevanza solo se siano specifiche le allegazioni dell'attore; non ne assumono se riguardino espressioni qualificatorie o definitorie, o circostanze che implicano un'attività di giudizio.

5.- Quest'ultima considerazione da conto anche della infondatezza della tesi dei ricorrenti secondo cui la richiesta di applicazione dei benefìci di cui alla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, avrebbe contenuto in sè anche la deduzione della esposizione "qualificata" all'amianto, si che non sarebbe stata necessaria alcuna altra specificazione, dovendo, peraltro, osservarsi che questa Corte ha già avuto modo di precisare (cfr. ex plurimis Cass. n. 18274/2010, Cass. n. 4363/2009) che il fatto costitutivo del diritto in questione non si identifica con la mera durata ultradecennale di un'attività lavorativa svolta in un luogo di lavoro in cui era presente l'amianto, bensì con la esposizione del lavoratore al rischio di ammalarsi a causa della inspirazione - per oltre un decennio - di fibre di amianto presenti in quel luogo in quantità superiore ai valori limite seganti dalla normativa prevenzionale del Decreto Legislativo n. 277 del 1991 (con la conseguenza, tra l'altro, che l'accertamento giudiziale della semplice durata di quell'attività, senza determinazione del rischio effettivo e, quindi, senza l'apprezzamento di un'esposizione "qualificata", non costituisce, di per sè, ragione di riconoscimento del diritto al ripetuto beneficio contributivo e, come tale, non è suscettibile di passare in giudicato).

6.- è stato anche puntualizzato (cfr. ex plurimis Cass. n. 21089/2010, Cass. n. 17916/2010, Cass. n. 849/2009, Cass. n. 29660/2008, Cass. n. 18945/2007) che il disposto della Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, relativo all'attribuzione di un beneficio contributivo-pensionistico ai lavoratori esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, va interpretato nel senso che l'esposizione all'amianto ivi prevista è identificabile con un'esposizione superiore al valore di 0,1 fibre per centimetro cubo di cui al Decreto Legislativo n. 277 del 1991, articolo 24, comma 3 (abrogato dal Decreto Legislativo n. 257 del 2006, articolo 5).

7.- Circa lo specifico punto dell'applicabilità del beneficio di legge ai soli periodi in cui vi è stato il superamento della soglia, questa Corte ha poi ripetutamente ritenuto che l'articolo 13, comma 8, attraverso la convergenza degli ordinari criteri ermeneutici (letterale, sistematico e teleologico), deve essere interpretato nel senso che per "intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'Inail" deve intendersi quello, necessariamente superiore ai dieci anni, connotato dal rischio morbigeno come sopra definito, restando esclusi i periodi lavorativi diversi (cfr. ex multis Cass. n. 517/2007, Cass. n. 27111/2006).

8.- Il primo motivo è pertanto infondato.

9.- Le successive doglianze svolte nei motivi contraddistinti dai numeri da 1B) a IH) e da 2A) a 2H) sono inammissibili in quanto con esse i ricorrenti si limitano a riproporre come motivo di ricorso per cassazione le stesse argomentazioni che hanno formato oggetto del gravame davanti alla Corte d'appello contro le sentenze di primo grado, con evidente violazione del principio per cui i motivi di ricorso per cassazione devono essere specifici e devono riguardare esclusivamente la decisione impugnata (cfr. ex plurimis Cass. n, 17125/2007, Cass. n. 3612/2004).

10.- Il motivo distinto con la lettera 3A) è infondato poichè la corte d'appello ha condivisibilmente rilevato che, a fronte delle carenze dei ricorsi introduttivi sopra già indicate, la consulenza tecnica avrebbe avuto uno scopo meramente esplorativo in quanto diretta all'accertamento di fatti che non erano stati tempestivamente dedotti in primo grado.

La pronuncia è conforme al principio più volte ribadito da questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 212/2006) secondo cui il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alle deficienze delle proprie allegazioni, o offerte di prova, ovvero a compiere un'attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.

In base allo stesso principio, devono respingersi le ulteriori deduzioni dei ricorrenti in ordine alla mancata ammissione delle istanze di esibizione formulate in primo grado. Deve infine ritenersi inammissibile la denuncia relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale, non avendone i ricorrenti specificato il contenuto, nè tanto meno dimostrato la rilevanza processuale.

11- Anche il motivo contraddistinto con il numero 3B), con il quale i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle risultanze di una consulenza tecnica d'ufficio espletata in altro procedimento promosso da alcuni loro colleghi di lavoro, è inammissibile poichè nel ricorso per cassazione non viene riportato il contenuto specifico di tale consulenza e perchè, comunque, la censura non è idonea ad inficiare la validità delle ragioni sulle quali si fonda la sentenza impugnata (e cioè di ragioni che attengono al piano dell'allegazione piuttosto che a quello della prova dei fatti costitutivi della domanda).

12.- Le considerazioni già svolte sub 10) conducono anche al rigetto del motivo contraddistinto con il numero 3C), con il quale i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per il mancato uso, da parte della Corte d'appello, dei poteri istruttori d'ufficio previsti dagli articoli 421 e 437 c.p.c., e cioè di poteri che possono essere esercitati sempre nell'ambito delle allegazioni delle parti (cfr. ex plurimis Cass. n. 22464/2004) e che presuppongono comunque l'esistenza di altri mezzi istruttori, ritualmente acquisiti, che siano meritevoli dell'integrazione affidata alle prove officiose (Cass. n. 17178/2006, Cass. n. 3228/2001 ).

13.- L'ultimo motivo richiama considerazioni già svolte dai ricorrenti con il precedente motivo 3B) e deve ritenersi inammissibile per le stesse ragioni esposte sub 11), dovendo rimarcarsi che la ratio decidendi della sentenza impugnata si fonda sulla mancata allegazione, da parte dei ricorrenti, dei fatti posti a fondamento della domanda e - con riguardo anche alle deduzioni svolte dai ricorrenti nella memoria ex articolo 378 c.p.c. - che l'esercizio dei poteri officiosi del giudice non può, in ogni caso, svolgersi con riferimento a fatti non allegati dalle parti o non ritualmente acquisiti al processo (Cass. sez. unite n. 11353/2004, nonchè, da ultimo, Cass. n. 12856/2010).

14.- Il ricorso deve essere pertanto respinto con la conferma della sentenza impugnata, restando assorbite in quanto sinora detto tutte le censure non espressamente esaminate.

Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, trattandosi di fattispecie alla quale è applicabile ratione temporis l'articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo precedente alla innovazione introdotta dal Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 42, comma 11, conv. in Legge n. 326 del 2003.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.