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Cassazione Penale, Sez. 4, 09 ottobre 2012, n. 39903 - Piattaforma di sollevamento e omissione di formazione


 


Responsabilità di un datore di lavoro per non aver provveduto ad un'adeguata formazione di un lavoratore sul corretto utilizzo della piattaforma di sollevamento.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

Si rileva come non risponda al vero la circostanza che il giudice di primo grado avesse ritenuto la responsabilità dell'imputato a titolo di responsabilità oggettiva per il solo fatto di essere il datore di lavoro dell'infortunato.

Invece il giudizio di colpevolezza era stato basato sulla negligente condotta dell'imputato che aveva omesso di dare ai propri dipendenti e, in particolare, all'infortunato la necessaria informazione in ordine all'uso del gancio per il sollevamento della piattaforma cui era addetto. La sentenza impugnata aveva pertanto evidenziato che l'infortunio era addebitabile all'imputato per responsabilità propria e non già per responsabilità oggettiva, dal momento che, se egli avesse istruito opportunamente i suoi operai sull'uso del predetto gancio, il lavoratore non avrebbe effettuato errate manovre di agganciamento e l'infortunio non si sarebbe verificato.


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere

Dott. CIAMPI Francesco M. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 2598/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 16/09/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/09/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Policastro Aldo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto



Con sentenza in data 23 ottobre 2008 il Tribunale di Lucca dichiarava (Omissis) responsabile del reato di lesioni colpose commesso in violazione di specifiche norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui agli articolo 590, commi 2 e 3 e articolo 583 c.p., comma 1, n. 1, anche in relazione all'articolo 2087 c.c. e lo condannava alla pena di mesi cinque di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello la difesa dell' (Omissis).

La Corte di appello di Firenze, con sentenza in data 16.09.2011, confermava quella emessa dal Tribunale di Lucca e condannava l'imputato al pagamento delle spese del grado.

Avverso tale sentenza l' (Omissis), a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l'annullamento con rinvio e la censurava per i seguenti motivi:

1) inosservanza e/o erronea applicazione dell'orientamento giurisprudenziale di questa Corte con cui è stato superato il principio della responsabilità oggettiva del datore di lavoro, attribuendo rilevanza anche alla condotta del lavoratore. Secondo la difesa del ricorrente erroneamente la Corte territoriale aveva respinto la censura avanzata nei motivi di appello e aveva ritenuto la responsabilità dell' (Omissis) per non avere provveduto ad un'adeguata formazione sul corretto utilizzo della piattaforma di sollevamento, considerando irrilevante l'esplicito riconoscimento di colpa della persona offesa (Omissis), il quale aveva ammesso che lo sganciamento della piattaforma si era verificato per un suo errore.

2) Inosservanza e/o erronea applicazione della teoria dell'affidamento, in quanto, ad avviso del ricorrente che citava anche giurisprudenza in merito, il datore di lavoro ha il diritto di poter fare affidamento sull'esatto adempimento del proprio dipendente.

3) Mancanza della motivazione e mancata assunzione di una prova richiesta dall'imputato. Lamentava la difesa del ricorrente che, nonostante fosse stata richiesta perchè ritenuta assolutamente necessaria per stabilire se l'imputato fosse o meno responsabile in ordine al reato ascrittogli, la Corte territoriale non aveva disposto una perizia tecnica al fine di determinare le corrette modalità di sollevamento delle piattaforme, se cioè fosse necessario l'impiego di due ganci o, al contrario, ne bastasse uno solo.

4) Contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza. Rilevava la difesa del ricorrente che, diversamente da quanto sostenuto dai giudici di merito, anche il coimputato (Omissis), che invece era stato assolto, era titolare di una posizione di garanzia rispetto all'evento lesivo e pertanto non si comprendevano le ragioni, che avevano portato all'assoluzione di costui e alla condanna dell' (Omissis).

5) Inosservanza e/o erronea applicazione dell'articolo 129 c.p.p., essendo i reati ascritti all'odierno ricorrente ormai prescritti.

Diritto



I proposti motivi di ricorso sono palesemente infondati, in quanto ripropongono questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mirano ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità. Tanto premesso si osserva che il ricorso proposto per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione seleziona un percorso che si esonera dalla individuazione dei capi o dei punti della decisione cui si riferisce l'impugnazione ed egualmente si esonera dalla indicazione specifica degli elementi di diritto che sorreggono ogni richiesta. Le censure che investano la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione impongono una analisi del testo censurato al fine di evidenziare la presenza dei vizi denunziati. Viceversa la censura che denunzia la mancanza di motivazione deve far emergere ciò che manca e che esclude il raggiungimento della funzione giustificativa della decisione adottata. Una censura che denunzia mancanza di motivazione deve cioè fornire specifica indicazione delle questioni precedentemente poste, specifica comparazione tra questioni proposte e risposte date, approfondita e specifica misurazione della motivazione impugnata per evidenziare come, nonostante l'apparente esistenza di un compiuto argomentare, sì sia viceversa venuta a determinare la totale mancanza di un discorso giustificativo della decisione e deve fornire attenta individuazione dei vuoti specifici, che hanno determinato quella mancanza complessiva.

Tutto ciò non è rintracciabile nel ricorso di (Omissis), poichè manca di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata, e lungi dall'individuare specifici vuoti, o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza di motivazione, si duole del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumula circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto a ascrittogli in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.

Nella sentenza oggetto di ricorso è infatti chiaro il percorso motivazionale che ha indotto quei Giudici a confermare la sentenza di primo grado.

La Corte territoriale infatti ha risposto puntualmente ai motivi di appello che proponevano le stesse argomentazioni oggetto anche del presente ricorso. In particolare ha evidenziato che non rispondeva al vero la circostanza che il giudice di primo grado avesse ritenuto la responsabilità dell' (Omissis) a titolo di responsabilità oggettiva per il solo fatto di essere il datore di lavoro dell'infortunato.

Invece il giudizio di colpevolezza era stato basato sulla negligente condotta dell'imputato che aveva omesso di dare ai propri dipendenti e, in particolare, all'infortunato (Omissis) la necessaria informazione in ordine all'uso del gancio per il sollevamento della piattaforma cui era addetto. La sentenza impugnata aveva pertanto evidenziato che l'infortunio era addebitabile all' (Omissis) per responsabilità propria e non già per responsabilità oggettiva, dal momento che, se egli avesse istruito opportunamente i suoi operai sull'uso del predetto gancio, il (Omissis) non avrebbe effettuato errate manovre di agganciamento e l'infortunio non si sarebbe verificato. Sulla base di tali argomentazioni la Corte territoriale ha ritenuto fuori luogo il richiamo effettuato dalla difesa alla teoria dell'affidamento, in quanto, avendo l' (Omissis) omesso dei tutto di istruire il (Omissis) sul corretto uso del gancio, non poteva certo fare affidamento sull'osservanza da parte del dipendente delle corrette regole di uso del gancio stesso. La Corte territoriale ha pertanto ritenuto sulla base delle ragioni di cui sopra la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva dell' (Omissis) e l'evento e ha indicato dettagliatamente le fonti di prova da cui era emerso che l'uso del gancio da parte del (Omissis) e degli altri operai doveva ritenersi scorretto. Sulla base di tali considerazioni non aveva per conseguenza trovato accoglimento la richiesta della difesa di perizia tecnica volta a determinare le corrette modalità di sollevamento delle piattaforme.

Anche il quarto motivo di ricorso è palesemente infondato, essendo assolutamente non decisiva ai fini del giudizio sulla responsabilità dell'odierno ricorrente, la circostanza della eventuale responsabilità del coimputato (Omissis).

In conclusione nè rispetto ai capi nè rispetto ai punti della sentenza impugnata. nè rispetto all'intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, è stata in alcun modo configurata la protestata assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Non può invece essere dichiarata la prescrizione del reato, in quanto la dichiarazione di inammissibilità, secondo la concorde giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 1, Sent. n. 24688 del 4.06.08, Rv.240594), preclude la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione anche se maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non dedotta, nè rilevata nel giudizio di merito.

P.Q.M.



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.