Cass. Sez. 5 pen., 11 dicembre 2009, n. 47171 - Fallimento e causa di estinzione della responsabilità dell'ente


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giuliana - Presidente

Dott. DUBOLINO Pietro - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA



sul ricorso proposto da:

PMT PRESSO TRIBUNALE DI LUCCA;

nei confronti di:

1) V.S. ***;

2) M. SPA;

avverso la sentenza n. 1044/2007 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di LUCCA, del 06/11/2008;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Cedrangolo Oscar che ha chiesto il rigetto dell'istanza dell'imputato e l'annullamento con rinvio della sentenza.

FattoDiritto



Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Lucca avverso la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 425 c.p.p. dal locale Gup in data 6 novembre 2008, nei confronti di Va. Se. e della spa M. in ordine, quanto al primo, alla imputazione di bancarotta semplice documentale (capo A) e, quanto all'ente, all'illecito di cui alla Legge n. 231 del 2001, articolo 21 e articolo 25, lettera a) (capo E).

Nei confronti del Va., quale amministratore unico e liquidatore della spa M. dichiarata fallita il ***, era stata esercitata la azione penale perchè rispondesse della irregolare tenuta delle scritture contabili (libro giornale e libro degli inventari) avendo omesso di annotare la svalutazione di determinati crediti ivi riportati e specificati, a titolo di altrettanti falsi in bilancio, ai capi C) e D). Inoltre l'illecito ex Legge n. 231 del 2001 era stato configurato per avere il Va. commesso i detti fatti di falso in bilancio nell'interesse della società da lui rappresentata.

Il Gup aveva emesso la pronuncia liberatoria sul presupposto che il reato di bancarotta semplice fosse meramente formale e che nella specie tutti i criteri formali previsti dalla legge per la redazione delle scritture erano risultati rispettati. In secondo luogo lo stesso Gup aveva ritenuto che la dichiarazioni di fallimento della società fungesse da causa di estinzione dell'illecito amministrativo.

Deduce il PM ricorrente:

1) in riferimento al capo A), la erronea applicazione della L.F., articolo 217, comma 2, posto che il reato previsto da tale norma deve ritenersi diretto a punire anche la non corretta tenuta delle scritture "nel merito";

2) in riferimento al capo E), la erronea applicazione della Legge n. 231 del 2001, articolo 25 ter dovendosi escludere che la dichiarazione di fallimento rappresenti una causa di estinzione della previsione normativa dell'illecito. A tale conclusione può pervenirsi solo dopo la chiusura del fallimento con la cancellazione della società dal registro delle imprese.

È pervenuta in udienza un fax dell'imputato in data 24 settembre 2009 nel quale si è dato atto della rinuncia al mandato del difensore di fiducia, peraltro già regolarmente avvisato della odierna udienza.

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente dare atto che il fax dell'imputato oltre ad essere irricevibile per la forma prescelta, non in linea con le disposizioni dell'articolo 121 c.p.p., (Rv. 232555), è anche da rigettare nel merito. Infatti, come la giurisprudenza di legittimità costantemente osserva, nel giudizio di cassazione, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, al quale sia già stato tempestivamente notificato l'avviso di udienza, non ha effetto immediato già in riferimento a tale udienza, che può quindi essere ritualmente celebrata, essendo il difensore di fiducia rinunciante ancora onerato della difesa dell'imputato fino alla eventuale nomina di un difensore di ufficio (Rv. 234698).

In ordine al merito del ricorso, è da osservare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il reato di cui alla L.F., articolo 217, richiamato dall'articolo 224 legge medesima per i fatti di bancarotta semplice commessi dagli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società dichiarate fallite, è un delitto di pericolo presunto (Rv. 211518) e che in tema di bancarotta semplice documentale - la ratio della quale risiede nell'esigenza di tutela della correttezza della tenuta delle scritture contabili (Rv. 242018) - gli obblighi previsti dal precetto vengono meno solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese (Rv. 215985).

Deve inoltre osservarsi che la esigenza di regolare tenuta delle scritture non può e non risulta dalla legge limitata alle mere inadempienze formali mentre è da ritenere che la L.F., articolo 217, comma 2, colpisca ogni sorta di irregolarità ossia di tenuta in termini ed in maniera difformi da quanto previsto dalla legge. In particolare, quando non sia configurabile il dolo del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda parte della L.F., articolo 216, comma 1, lettera 2), ossia quello che assiste la condotta di tenere le scritture in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, ben può configurarsi il delitto di bancarotta semplice documentale in presenza di omessa indicazione (nelle scritture contabili e per quello che qui interessa, segnatamente, nel libro degli inventari) della valutazione delle passività relative alle impresa, così come prescritto dall'articolo 2217 c.c., in esse dovendosi ricomprendere anche le perdite di valore di beni antecedentemente acquisiti.

La doglianza del Procuratore della Repubblica è dunque meritevole di accoglimento.

Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.

Il Gup ha affermato in motivazione che l'avvenuto fallimento della società configurerebbe una ipotesi di estinzione dell'illecito contestato.

Non può però non rilevarsi come una simile causa di estinzione non sia prevista dalla Legge n. 231 del 2001, la quale, invece, indica espressamente come causa di estinzione della responsabilità dell'ente la prescrizione per decorso del termine di legge e prevede altresì la improcedibilità nei confronti dell'ente quando sia intervenuta amnistia in relazione al reato presupposto.

Come rilevato dal PM impugnante e dalla giurisprudenza sopra citata, solo quando la cessazione della attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese possono ritenersi cessati gli obblighi di legge a carico dell'ente.

La Cassazione a Sezioni unite ha rilevato in proposito che la sentenza che dichiara il fallimento priva la società fallita dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti a quella data, assoggettandoli alla procedura esecutiva concorsuale finalizzata al soddisfacimento dei creditori, ma tale effetto di spossessamento non si traduce in una perdita della proprietà, in quanto la società resta titolare dei beni fino al momento della vendita fallimentare (Sez. U, Sentenza n. 29951 del 24/05/2004 Cc. (dep. 09/07/2004) Rv. 228164).

La sentenza va dunque riformata limitatamente al proscioglimento dai capi A) ed E).

P.Q.M.



Annulla la sentenza impugnata con rinvio all'Ufficio Gup del Tribunale di Lucca per il giudizio.