Cassazione Civile, Sezioni Unite, Ordinanza 13 novembre 2012, n. 19707 - Verbale della polizia giudiziaria e mancata nomina del Coordinatore della Sicurezza: questione di giurisdizione


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Primo presidente f.f.

Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente di sez.

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere

Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere

Dott. RORDORF Renato - Consigliere

Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere

Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA



sul ricorso 27255-2011 proposto da:

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (Omissis), (Omissis), per delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI MILANO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

e contro

(Omissis) S.R.L., (Omissis) S.P.A.;

- intimati -

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 1333/2011 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di MILANO;

udito l'avvocato Salvatore DI MATTIA per delega dell'avvocato Giuseppe Franco Ferrari;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2012 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO.

Ricorso n. 27255/11

Ordinanza

 



Considerato che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori:

"Il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati, osserva:

1. Il Comune di Milano ha promosso davanti al Tribunale regionale amministrativo per la Lombardia un giudizio contro la Azienda Sanitaria di Milano, (Omissis) s.p.a. e (Omissis) s.r.l. per l'annullamento del verbale di contravvenzione e prescrizione n. 260/2011 con il quale veniva contestato al Comune di Milano la violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 90, commi 4, e 7, perchè - pur risultando già sottoscritta la convenzione di affidamento dei lavori attinenti alla metropolitana, non si era ancora proceduto alla nomina del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.

Si costituiva l'ASL di Milano ed eccepiva il difetto di giurisdizione del GA in favore del giudice ordinario penale, in quanto si trattava di atti provenienti da organi di polizia giudiziaria.

Resiste con memoria il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali.

Il Comune di Milano ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione.

Resiste con controricorso l'Asl di Milano.

2. La parte ricorrente sostiene nella fattispecie la giurisdizione del giudice amministrativo, affermando che a monte del verbale opposto ed impugnato vi sarebbe attività provvedimentale a contenuto amministrativo-discrezionale della P.A. Secondo il ricorrente la ASL ha effettuato una valutazione discrezionale nel ritenere che le funzioni in materia di sicurezza appartenessero al Comune concedente, anzicchè al concessionario, che in questo project financing si è assunto l'onere di progettare, finanziare ed eseguire l'opera pubblica.

Secondo il ricorrente la controversia si appartiene al giudice amministrativo, perchè essa è sorta nell'ambito della costruzione e gestione della linea (Omissis) di metropolitana, e cioè di un servizio pubblico; che il contravventore (R.U.P. del Comune) ha pagato la sanzione, per cui il reato si è estinto; che l'accertamento dell'Asl, nonostante l'estinzione del reato, continua a produrre effetti pregiudizievoli.

3.1. Ritiene questa Corte che vada affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quella del giudice ordinario (nella specie, quello penale), giusta la giurisprudenza di queste S.U. (sent. 9.3.2012, n. 3694). Il Decreto Legislativo n. 758 del 1994, articolo 19, comma 1, lettera A) statuisce che i reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, sono puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda in base alle norme indicate nell'allegato; la Legge n. 833 del 1978, articolo 21, comma 3 statuisce che gli organi di vigilanza in materia assumono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria in relazione alle funzioni ispettive esercitate in applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro. Il cit. Decreto Legislativo, articolo 20, comma 1, statuisce che il suddetto organo, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fermo restando l'obbligo di riferire al pm. la notizia del reato ex articolo 347 c.p.p..

3.2. Quindi, stante la suddetta normativa, il personale ispettivo deve procedere con tutte le garanzie previste dal codice di rito penale, agendo quale organo di polizia giudiziaria, a norma dell'articolo 55 c.p.p., e l'atto non è provvedimentale, ma costituisce un atto di polizia giudiziaria.

Il Decreto Legislativo n. 124 del 2004 richiama espressamente il procedimento di cui al Decreto Legislativo n. 758 del 1994, articolo 20 con la conseguenza che continua ad operare l'orientamento interpretativo formatosi in merito a tale norma, secondo cui l'atto con il quale l'organo di vigilanza, ai sensi del Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 20 avendo accertato una contravvenzione alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, impartisca le opportune prescrizioni fissando un termine per l'eliminazione delle irregolarità, non è annoverabile fra i provvedimenti amministrativi - dovendosi ad esso attribuire, invece, natura di atto di polizia giudiziaria ed è quindi sottratto alle impugnazioni previste per i suddetti provvedimenti, tanto in sede amministrativa quanto in sede giurisdizionale. (Cass. pen., Sez. 1, 14/02/2000, n. 1037; cfr. anche Cass. pen. sez. 3, 16.6.2009, n. 24791).

3.3. Tale conclusione è da condividere.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 19 del 18.2.1998, ha rilevato come, attraverso il sistema delineato dal Capo 2 del Decreto Legislativo n. 758 del 1994, il legislatore si fosse fatto carico di disciplinare un peculiare ed articolato meccanismo funzionalmente destinato alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della violazione accertata, accompagnato dall'effetto estintivo del reato, così assegnando veste normativa a prassi già invalse in tema di contravvenzioni antinfortunistiche. La nuova disciplina, in altri termini, si era dunque proposta un duplice e concorrente obiettivo: da un lato, quello di assicurare l'effettività della osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, materia - ha sottolineato la Corte - in cui l'interesse alla regolarizzazione delle violazioni, ed alla correlativa tutela dei lavoratori, è di gran lunga prevalente rispetto alla applicazione della sanzione penale; dall'altro, quello di conseguire una consistente deflazione processuale. Obiettivi, quelli accennati, che sono stati perseguiti "mediante una procedura parallela e coordinata con il procedimento penale, che si sviluppa attraverso momenti e passaggi tra loro strettamente concatenati": l'adozione di una specifica prescrizione al contravventore, da parte dell'organo di vigilanza, "nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'articolo 55 c.p.p.", di regolarizzare la violazione entro un termine prefissato, eventualmente prorogabile "con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero" (articolo 20); verifica, da parte dell'organo di vigilanza, dell'eliminazione della violazione nel rispetto delle modalità e del termine indicati nella prescrizione; conseguente ammissione del contravventore a pagare in sede amministrativa una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa e successiva comunicazione "al pubblico ministero" dell'avvenuto adempimento della prescrizione e dell'eventuale pagamento della somma stabilita, ovvero dell'inadempimento della prescrizione medesima (articolo 21); estinzione del reato se il contravventore adempie alla prescrizione e provvede al pagamento della somma stabilita (articolo 24); sospensione del procedimento penale fino al momento in cui il pubblico ministero non abbia ricevuto, da parte dell'organo di vigilanza, i risultati scaturiti dalla verifica dell'adempimento della prescrizione (articolo 23).

3.4. Nè può ritenersi l'esistenza di procedure (quella amministrativa e quella penale) autonome tra loro, poichè l'esercizio del diritto del contravventore e, quindi, l'intera sequenza di cui innanzi si è detto, non sono affatto avulsi dal procedimento penale, ma risultano, anzi, ad esso funzionalmente e strutturalmente coesi, al punto da costituirne parte integrante. L'atto con il quale vengono impartite le prescrizioni al contravventore, infatti, è testualmente ricondotto dal legislatore nel panorama degli atti tipici di polizia giudiziaria, sicchè fa ad esso difetto qualsiasi connotazione di discrezionalità - sia pure sul versante, per così dire atipico, della cosiddetta discrezionalità tecnica - e promana da un organo che, in quanto esercente le funzioni previste dall'articolo 55 cod. proc. pen., è posto alle dipendenze e chiamato ad operare sotto la direzione della autorità giudiziaria, a prescindere (e, dunque, in piena autonomia funzionale dal) plesso ordinamentale in cui risulti iscritto da un punto di vista burocratico ed amministrativo. Ne è prova evidente, d'altra parte, la circostanza che l'eventuale proroga del termine per l'adempimento delle prescrizioni deve essere immediatamente comunicata al pubblico ministero; che l'organo di vigilanza ha comunque l'obbligo di riferire al pubblico ministero "la notizia di reato inerente alla, contravvenzione ai sensi dell'articolo 347 c.p.p." (articolo 20, comma 4); che, ancora, l'organo di vigilanza deve parimenti comunicare al pubblico ministero le risultanze della verifica dell'adempimento, sia in caso positivo che in caso negativo.

La sequenza che prende l'avvio dalle prescrizioni di cui al Decreto Legislativo n. 758 del 1994, articolo 20 non pare quindi riconducibile allo schema della soprassessoria pregiudiziale con effetti sospensivi nelle sue tradizionali configurazioni, presupponendo tale schema l'esistenza di una questione - devoluta o meno che sia alla cognizione di altro organo giurisdizionale - che presenti caratteri di antecedenza logico-giuridica rispetto ad altra sub iudice. Essa è invece raccordabile ad una ipotesi di presupposto procedimentale che condiziona - a salvaguardia delle esigenze e dei valori tracciati dalla Corte Costituzionale - il futuro sviluppo della azione penale.

4. Nella fattispecie, stante la natura di atto di polizia giudiziaria del verbale della ASL che contesta al Comune di Milano la mancata nomina del Coordinatore della Sicurezza sia in fase di progettazione che in fase di esecuzione, lo stesso non può essere impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale, che in merito a detti atti di polizia giudiziaria non ha giurisdizione, ma ogni doglianza rientra nella giurisdizione del giudice penale, davanti al quale può essere fatta valere anche la pretesa assenza di responsabilità poichè ricadrebbe la stessa su altri soggetti. Tale questione è infatti di merito e va fatta valere davanti al giudice dotato di giurisdizione.

5. Va quindi dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, nei cui confronti, essendo nella fattispecie quello penale, non può la Corte disporre la "translatio" dell'instaurato giudizio in sede amministrativa, poichè tale istituto della translatio iudicii ha diverse caratteristiche e finalità nel rito processualpenalistico, per cui il giudice penale dovrà essere adito nelle forme di tale rito".

6. Ritenuto:

che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione, i quali, fondandosi anche sui rilievi di Corte Costituzionale n. 19/1998, non risultano infirmati dalle contrarie considerazioni mosse dal ricorrente Comune di Milano;

che va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario;

che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;

visti gli articoli 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.



Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del regolamento sostenute dal resistente e liquidate in complessivi euro 2500,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.