SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 11 luglio 2011

Audizioni svolte presso la prefettura di Cagliari

Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del vice questore vicario di Cagliari
Audizione di rappresentanti di istituzioni locali
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Cagliari
Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro
Audizione del comandante della legione carabinieri della Sardegna, dei responsabili del nucleo carabinieri per la tutela del lavoro di Cagliari, di Sassari, di Oristano e di Nuoro, e del direttore regionale dei vigili del fuoco
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane


Audizione del vice questore vicario di Cagliari

Interviene, su delega del prefetto di Cagliari, il vice prefetto vicario, dottoressa Carolina Bellantoni.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca oggi le audizioni di una serie di soggetti istituzionali della Regione Sardegna al fine di poter acquisire elementi che la nostra Commissione si è prefissata di raccogliere in tutte le Regioni italiane. I lavori della Commissione avranno inizio con l’audizione del vice prefetto vicario di Cagliari, dottoressa Bellantoni, che saluto e alla quale do il benvenuto.
Come già saprà, dottoressa Bellantoni, non c’è un motivo specifico per la nostra venuta, se non il desiderio di comprendere qual è l’andamento del contrasto all’infortunistica sul lavoro, atteso che vi sono elementi di concorrenza tra lo Stato e le Regioni su questo tema e quindi di capire come si stanno muovendo le varie Regioni d’Italia, anche in riferimento al cosiddetto Testo unico che attribuisce competenze specifiche alle Regioni stesse.

BELLANTONI
Signor Presidente, signori componenti della Commissione, ho avuto incarico dal signor prefetto, sua eccellenza dottor Balsamo, di portare i suoi saluti alla Commissione prima di cominciare i lavori.
Come voi sicuramente avrete potuto apprendere anche dalla stampa e dagli altri organi d’informazione, la Regione Sardegna ha subito, nel corso di questi ultimi anni, forse più che la restante parte d’Italia, la forte crisi economica che c’è stata e questo ovviamente ha determinato dei riflessi fondamentali anche sui livelli occupazionali, con delle conseguenze anche a livello delle attività che si svolgono nei settori del mondo produttivo.
La Regione Sardegna è una Regione non fortemente popolata, ha solamente 1,6 milioni di abitanti, con due grossi bacini demografici che sono quello di Cagliari e del suo hinterland, che è molto consistente (quasi 500.000 abitanti) e quello di Sassari. Ci sono poi tre forti agglomerati industriali che possono interessarci per l’analisi che dobbiamo sviluppare questa mattina: l’agglomerato di Sarroch, dove è presente la più grossa raffineria d’Europa, la Saras, che è stata teatro di alcuni episodi di cui parlerò successivamente, l’agglomerato di Assemini e un altro agglomerato molto grande a Porto Torres, nel Nord della Sardegna, dove è presente il quinto produttore mondiale di cloruro di polietilene (PVC). Questi tre grossi agglomerati industriali hanno dato, nel corso degli anni, molta occupazione. Nonostante ciò, la crisi ha determinato un decremento del livello occupazionale anche in Sardegna, con un notevole incremento dell’accesso agli strumenti di ammortizzazione sociale, in particolare della cassa integrazione ordinaria e straordinaria, al punto che nell’ultimo quinquennio vi è stato un accesso agli ammortizzatori sociali pari quasi al 252 per cento. Questo ha determinato ovviamente un calo nel livello occupazionale e tutti gli enti pubblici che sono in parte addentro, per il loro settore, alla prevenzione degli infortuni sul lavoro dicono che questo può aver determinato questo fattore positivo di cui dirò , cioè il calo degli infortuni sul lavoro. Il calo quindi in parte è dovuto non tanto ad un incremento della capacità dei datori di lavoro dei vari settori produttivi di migliorare le condizioni generali di sicurezza, quanto al fatto che c’è un decremento del livello occupazionale, quindi una minore probabilità che gli infortuni avvengano. C’è però una volontà abbastanza diffusa di ottemperare al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e quindi di creare queste condizioni di sicurezza all’interno, anche perché la Regione si è data molto da fare nel settore e anche gli organi di prevenzione hanno fatto molto negli ultimi tempi. Secondo i dati ISTAT e INAIL pubblicati nel 2011 vi è un decremento del 4,3 per cento del totale degli infortuni sul lavoro e addirittura, per quanto riguarda le morti, un decremento di oltre il 34 per cento, dovuto al quasi dimezzamento del numero delle morti tra il 2009 e il 2010; quindi, c’è stato in effetti un andamento più che positivo in questo senso, grazie anche ad una serie di attività di prevenzione che sono state svolte dai vari organi competenti.
In particolare nell’ultimo anno, tra ottobre e novembre, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha stipulato due convenzioni, una con il nucleo tutela del lavoro del comando regionale dei carabinieri, una con il comando regionale della guardia di finanza proprio per incrementare i controlli di prevenzione all’interno delle aziende e questo sia nel settore industriale, che sappiamo essere un settore industriale di prima generazione, quindi non molto avanzato, che ha bisogno di un ammodernamento anche all’interno dal punto di vista strutturale, sia nei settori classici dell’economia sarda, che sono la pastorizia e l’agricoltura, dove è impiegato ancora il maggior numero degli addetti. La situazione, quindi, è abbastanza fluida, perché ci sono da un lato le forze di polizia insieme alla direzione regionale del lavoro che, in virtù di queste convenzioni, hanno attivato una serie di controlli e nel 2010 hanno visitato oltre 6.800 aziende e hanno rilevato una serie di contravvenzioni per circa il 27 per cento di tutti i controlli effettuati, facendo emergere una situazione abbastanza regolare anche sotto il profilo dell’attuazione del nuovo decreto n. 81. Dall’altro lato, c’è l’azione della Regione e delle ASL: la Regione ha costituito, all’inizio dell’anno, una commissione interdisciplinare che si deve occupare di questi aspetti di attuazione del decreto n. 81, di cui credo parleranno i rappresentanti della Regione, composta da una serie di rappresentanti di tutti gli enti a vario titolo coinvolti nell’azione di prevenzione e poi c’è l’attività delle ASL, che viene effettuata anche in maniera interdisciplinare, di concerto con le direzioni provinciali del lavoro, con gli ispettorati del lavoro e con il nucleo di tutela dei carabinieri. A quest’attività interdisciplinare si è dedicata anche l’azione di coordinamento del prefetto a livello periferico, sono state fatte varie riunioni sia di coordinamento interforze, sia nell’ambito dell’attività propria del prefetto di promozione dell’attività delle forze di polizia e si cerca anche di dare attuazione al cosiddetto decreto sviluppo, creando cioè la possibilità che vi sia una circolarità delle notizie all’interno delle varie componenti perché si crei un’azione sinergica e coordinata delle attività.
Questa situazione poi ha una specificità per quanto riguarda noi nell’attività dei gruppi interforze che operano nell’ambito della legge obiettivo per la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali. All’interno di questi gruppi interforze infatti operano tutte le componenti, compreso l’ispettorato del lavoro; quindi si fa nell’ambito della prevenzione antimafia, ma nel corso dei sopralluoghi si controlla tutto, anche perché spesso alcune attività collegate agli infortuni sul lavoro (lavoro nero, caporalato e in genere fenomeni strettamente connessi anche all’infortunistica) sono monitorati proprio attraverso questi gruppi interforze che operano insieme alla direzione investigativa antimafia all’interno delle prefetture.
Non esistono grandi opere infrastrutturali in essere in Sardegna, ma l’ultima legislazione ha consentito ai prefetti di estendere questi controlli al di là della semplice finalizzazione antimafia, per cui si riescono a fare controlli anche mirati nei cantieri edili nella costruzione di strade, attività dove esistono movimentazioni terra, cioè sintomi di possibili situazioni particolari e in questo caso questi lavori interforze mirano anche a prevenire fenomeni come questi.
Da ultimo, posso solo fare cenno agli episodi della Saras, che sono quelli che più hanno avuto clamore dal punto di vista anche della stampa. Nel 2009 ci sono stati purtroppo i decessi di tre operai caduti all’interno di alcune cisterne delle raffinerie e morti intossicati; il processo è stato celebrato proprio la settimana scorsa con la sentenza di primo grado e la condanna del direttore generale dello stabilimento e del direttore dell’azienda da cui dipendevano questi operai, che non erano dipendenti diretti della Saras. Purtroppo l’episodio si è ripetuto quest’anno: l’11 aprile 2010 altri due operai sono rimasti intossicati ed un terzo è entrato nella cisterna per dare soccorso agli altri due; tutti e tre sono stati ricoverati ed uno purtroppo è deceduto. L’episodio si è ripetuto quindi con grosso clamore e forti proteste anche da parte delle organizzazioni sindacali; il processo è appena iniziato e sono ancora in corso le indagini. Per il resto, come dicevo, si evidenzia questo decremento nel numero degli infortuni mentre non si segnalano altri episodi di rilievo di questo genere.

PRESIDENTE
Vorrei sapere se è a conoscenza di un problema sul quale noi cerchiamo di insistere molto, soprattutto per quanto riguarda i lavori pubblici, relativo alla stazione appaltante. Vorrei sapere se anche qui, per quanto riguarda la stazione appaltante, si è fatto qualcosa se non per avere un’unica stazione, almeno per muoversi in questa direzione.

BELLANTONI
Che io sappia, ancora no. Ho assunto l’incarico da pochi mesi, ma che mi risulti non ci sono queste attività. Si tratta di un’attività che ha in nuce la prefettura sotto il profilo dell’antimafia, perché la stazione unica appaltante può avere varie finalità ed è allo studio in prefettura un protocollo d’intesa che dovrebbe poi essere promosso dal prefetto e sottoposto all’attenzione delle maggiori stazioni appaltanti pubbliche. Che io sappia, però , non è ancora stato attivato questo percorso.

PRESIDENTE
Qual è stata la sentenza del processo cui faceva riferimento?

BELLANTONI
La sentenza è stata di condanna a due anni di reclusione per omicidio colposo per tutti e tre i decessi.

PRESIDENTE
La ringrazio, dottoressa Bellantoni, per il contributo che ci ha fornito e dichiaro così conclusa questa prima audizione.

Audizione di rappresentanti di istituzioni locali

Intervengono l’assessore al lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale, dottor Francesco Manca e l’assessore all’igiene, sanità e assistenza sociale, dottor Antonio Angelo Liori, accompagnato dal responsabile del settore prevenzione e sicurezza degli ambienti di vita e di lavoro, ingegner Salvatore Careddu.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti della Regione Sardegna. Sono presenti l’assessore all’igiene, sanità e assistenza sociale, dottor Antonio Angelo Liori, e l’assessore al lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale, dottor Francesco Manca, che ringrazio per la loro presenza.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro è qui non perché vi siano particolari motivi per essere in Sardegna, ma perché stiamo facendo un monitoraggio in tutte le Regioni italiane per cercare di comprendere come ci si stia muovendo per dare attuazione al decreto legislativo 81 del 2008 (il cosiddetto testo unico per la sicurezza sul lavoro) e per poter acquisire informazioni direttamente da voi che siete sul territorio, visto che, peraltro, il provvedimento vi affida compiti importanti, soprattutto in materia di coordinamento.
Intendiamo anche svolgere un’analisi critica, non necessariamente in senso negativo, delle norme anche in attesa che vengano definiti vari decreti attuativi; a questo scopo, infatti, sono stati attivati dei tavoli presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Vorremmo altresì cercare di sapere quali azioni avete posto in essere, perché è vero che in Sardegna i dati testimoniano un positivo trend diminutivo degli infortuni, ma ciò è dovuto al calo delle ore lavorate e alla crisi; pertanto, per coglierne meglio la portata, tali dati andrebbero ripuliti di questa tara. Certamente, spicca il fatto che dal 2009 al 2010 c’è stato un significativo contenimento di infortuni mortali; ciò non significa che dobbiamo abbassare la guardia, ma che dobbiamo continuare a svolgere la nostra azione. Questi sono i motivi della nostra presenza. Vi ringraziamo per la vostra collaborazione.

MANCA
Signor Presidente, il tema che stiamo trattando è estremamente delicato: dal nostro punto di vista anche solo un piccolo incidente è un elemento di grande preoccupazione, quindi la sicurezza sui luoghi di lavoro è alla nostra attenzione non da oggi e nonostante da questo punto di vista ci siano stati risultati incoraggianti, come lei ha appena sottolineato, purtroppo continuano ancora i decessi nei luoghi di lavoro e questo è inaccettabile. Bisogna dunque porre in essere tutte le misure che consentano di evitare al massimo non solo le morti, ma anche gli incidenti e questo è un fatto soprattutto di natura culturale che riguarda le imprese come i lavoratori.
C’è stata scarsa attenzione; spesso infatti le attività per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro vengono considerate un costo piuttosto che un investimento, come se le persone non fossero un valore aggiunto fondamentale nei processi produttivi. D’altro canto, bisogna anche sottolineare che spesso sono gli stessi lavoratori a non utilizzare nella giusta maniera tutte le misure che talvolta le aziende virtuose riescono a mettere in campo ed è proprio questo che ci fa dire che si tratta di un problema di natura culturale riguardante l’intera filiera del lavoro.
Per tale ragione in questi anni abbiamo cercato di lavorare soprattutto nel campo dell’attività formativa, anzi abbiamo istituito un obbligo, in tutti i corsi di formazione che la Regione mette in campo, di realizzare un percorso interno che riguarda i sistemi di sicurezza; ciò oltre a tutte le attività che abbiamo posto in essere in relazione a dati di carattere settoriale che possiamo consegnare alla Commissione. Abbiamo svolto delle attività, ma evidentemente non sono sufficienti; ugualmente, abbiamo effettuato anche attività di coordinamento.

PRESIDENTE
Non ho compreso quest’ultimo concetto sulla formazione.

MANCA
In tutte le attività di formazione, anche quelle che non riguardano direttamente le aziende, si ha un obbligo di realizzare dei moduli formativi all’interno dell’azienda (anche se si fa ICT), cioè un percorso che riguarda la necessità di svolgere iniziative specifiche nel campo della formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Riteniamo infatti che questo sia un aspetto centrale e i lavoratori devono capire che usare il casco piuttosto che i guanti e tutte le misure che le norme richiedono è una garanzia per poter tornare a casa tranquilli rispetto a situazioni che invece talvolta non si verificano.
Abbiamo anche istituito (l’assessore alla sanità ne è il titolare diretto), un comitato di coordinamento sui problemi della sicurezza, che è composto da 60 persone, un numero eccessivo.

PRESIDENTE
Si riferisce al comitato previsto dal decreto legislativo 81 del 2008?

MANCA
Sì. A mio modo di vedere, però , il comitato dovrebbe essere più efficace nella gestione e nel coinvolgimento dei soggetti, perché in questi aspetti è più importante prevenire piuttosto che intervenire laddove gli eventi si sono verificati. Lavorare in un comitato composto da 60 persone è complicato per chiunque.

PRESIDENTE
È anche previsto un ufficio operativo.

LIORI
Questo comitato è stato costituito nel 2009; in realtà l’ho convocato a gennaio di quest’anno, ma la riunione è saltata perché quel giorno non vi ho potuto partecipare ed è stato nuovamente convocato per il 25 di luglio. In realtà, il comitato è composto di 60 persone che sono individuate dalla normativa, quindi non posso decidere di modificarlo in base alla mia idea della sua capacità di funzionare. In più , in sede di prima seduta, il comitato desse essere integrato da quattro rappresentanti dei lavoratori e da quattro dei datori di lavori.

PRESIDENTE
C’è un ufficio operativo che di fatto è il luogo esecutivo. Inoltre, non mi sembra che i componenti siano così numerosi.

LIORI
In realtà, l’ufficio operativo deve essere costituito su base provinciale all’interno del comitato.

PRESIDENTE
All’interno del comitato regionale c’è un ufficio di coordinamento.

LIORI
Lei intende l’ufficio dell’assessorato a supporto del comitato?

PRESIDENTE
Ci dobbiamo chiarire. In base alla normativa nazionale il comitato di coordinamento è presieduto dal presidente della giunta o da lei nella fattispecie e ne fanno parte i componenti dei servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro delle aziende sanitarie locali, dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), degli ispettorati regionali dei vigili del fuoco, delle agenzie territoriali dell’Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro (ISPESL), degli uffici periferici dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), degli uffici periferici dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia (ANCI), dell’Unione province italiane (UPI).

LIORI
Con la legge regionale costitutiva noi lo abbiamo integrato. Vi partecipano, ad esempio, gli assessorati regionali all’industria, al lavoro, al turismo, i direttori generali delle ASL, la direzione generale dell’ARPAS, la direzione regionale del lavoro per la Sardegna, la direzione regionale dei vigili del fuoco, la direzione dell’Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro di Cagliari e di Sassari, l’INAIL, l’IPSEMA, la direzione regionale dell’INPS, l’ANCI, la direzione marittima di Cagliari e Olbia.
È un comitato davvero corposo.

PRESIDENTE
Allora snellitelo.

LIORI
Lei sa bene che un assessore non può modificarlo con decreto.

PRESIDENTE
Mi riferisco ad una modifica con legge regionale. Ciò non per estromettere qualcuno, ma perché noi puntiamo molto sul ruolo delle Regioni e purtroppo stiamo osservando che in tutta Italia questo comitato di coordinamento o non è stato attivato o è attivo da poco.

LIORI
Il nostro è già stato convocato a gennaio.

PRESIDENTE
Poi non si è riunito.

LIORI
Abbiamo avuto difficoltà.

PRESIDENTE
Non lo metto in dubbio. Stiamo rivolgendo un appello rilevando che il decreto legislativo n. 81 del 2008 è stato emanato da più di tre anni ed è stato frutto di un grande impegno di tutte le forze politiche, perché il parere delle competenti Commissioni della Camera e del Senato è stato dato durante lo scioglimento; in quell’occasione abbiamo infatti voluto mantenere un impegno di lavoro che era stato assunto per disporre finalmente di questo decreto. In quell’occasione tutte le forze politiche presero l’impegno con il ministro Damiano affinché le Commissioni si riunissero per esprimere il loro parere. Noi accordiamo grande importanza a questo decreto legislativo e sollecitiamo il Governo a completarlo in tutte le sue parti, ma contiamo molto sulle Regioni perché se non fanno da interfaccia al Governo diventa difficile operare. La struttura composta dal comitato regionale di coordinamento e dalle varie articolazioni provinciali va dunque creata. È possibile integrarla con altri componenti, ma dobbiamo lavorare per porre in essere questa interfaccia. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che è la sua interfaccia istituzionale, non riesce ad avere informazioni, tant’è vero che si prevede che questo comitato si riunisca ogni tre mesi obbligatoriamente e che ogni anno svolga una relazione ai Ministeri di riferimento. Se creiamo questo circuito probabilmente riusciremo a dare risultati migliori. Questo è dunque il nostro appello.

MANCA
Signor Presidente, vorrei riferirle circa lo stato di confusione che regna in questa materia. L’assessorato al lavoro, ad esempio, che ha titolarità diretta in tema di sicurezza del lavoro, non era ricompreso all’interno del comitato dalla passata legislatura.

PRESIDENTE
Perché in genere era presente l’assessore alla sanità.

MANCA
L’assessorato al lavoro è titolare, però abbiamo rimediato attraverso una riorganizzazione del comitato medesimo che da dicembre di questo anno, se non ricordo male, prevede la partecipazione dell’assessorato al lavoro. Prima non ne faceva parte; inoltre, lo stesso assessorato al lavoro in virtù della legge regionale n. 8 del 2008 interviene a favore delle vittime degli incidenti sul lavoro riconoscendo loro un bonus.

PRESIDENTE
In base al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 2007 fanno parte del comitato gli assessori regionali competenti per le funzioni correlate. Chi è più correlato di lei? Ecco perché bisogna operare in base alla normativa attuale.

LIORI
Non per scusare i miei predecessori, ma in realtà questo comitato, istituito nel 2009, si è riunito per la prima volta nel gennaio del 2010, un lasso di tempo lunghissimo e per ottenere la nomina dell’ultimo rappresentante dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna (ARPAS) ho dovuto penare. È stato difficile convocare tutti i rappresentanti previsti, ma in ogni caso la Regione sarda non è rimasta inoperosa: nel 2009 mi sembra siano stati stanziati, anche se non ricordo la data, 4 milioni di euro per implementare le professionalità presenti nei Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPRESAL) della Regione perché abbiamo ritenuto che fosse importante agire sul campo. Di questi 4 milioni abbiamo speso 3,4 milioni, se non ricordo male, per assumere personale che poi è stato distribuito tra le varie ASL della Sardegna in funzione delle posizioni assicurative presenti nei vari territori di competenza e della popolazione. Naturalmente è stato riconosciuto, anche ad un’ASL di piccole dimensioni, che assicura l’assistenza a 50.000 abitanti, un minimo di dotazione economica, proprio a garanzia della sua capacità operativa. A Portoscuso abbiamo un polo industriale con una forte caratterizzazione trasformativa, che si occupa della lavorazione dell’alluminio ed ha un’industria orientata, diversamente da Cagliari in cui è presente un’industria chimica importantissima come la Saras, una delle più grandi raffinerie d’Europa. Poiché in ogni territorio abbiamo esigenze diverse, abbiamo lasciato alla ASL la scelta delle professionalità da inserire nei vari SPRESAL. Se ci fosse stato bisogno di ingegneri chimici o di biologi la scelta era demandata alle ASL; in più , abbiamo stanziato circa 100.000 euro per un piano di formazione a carattere regionale che abbiamo lasciato nella dotazione della ASL di Cagliari, la più grande della Sardegna. Poi abbiamo predisposto specifici piani di ripartizione dei rischi tra i vari comparti (pesca, settore agricolo ed edile, con una voce speciale dedicata all’amianto e alla sua eliminazione in base ad un’apposita legge regionale).

PRESIDENTE
È una delle poche Regioni.

LIORI
Per il settore agricolo e per quello edile abbiamo inserito delle norme specifiche anche nel piano regionale di prevenzione che abbiamo inviato al Ministero della salute. Per il settore agricolo sto per sottoscrivere con l’INAIL un’intesa che mi permetterà, con fondi provenienti dall’INAIL stessa, di assicurare un’attività assicurativa rispetto ai trattori, che sono una delle principali cause di incidente nel mondo agricolo, in modo che per tutti i trattori presenti nella Regione Sardegna vi sia un’assicurazione.

PRESIDENTE
La Commissione è molto interessata a questa intesa e sarebbe lieta di poterne averne visione, una volta conclusa.

NEROZZI
Vorrei fare una domanda su questo argomento molto delicato. Finora l’INAIL non era riuscita a farlo. Voi ci siete riusciti perché siete una Regione a Statuto speciale o perché si è trovato il marchingegno tecnico?

LIORI
Sono venuti a propormi l’iniziativa e ho detto di essere disponibile.

PRESIDENTE
È interessante.

LIORI
La cifra di 4 milioni di euro rappresenta un segnale di attenzione non indifferente da parte di questa Giunta nell’ottica di risolvere un problema delicato e spero che nel tempo i frutti si possano vedere.

MANCA
La legge regionale n. 8 del 2008 prevede interventi urgenti a favore dei familiari delle vittime degli incidenti sul lavoro in Sardegna. Il provvedimento riconosce un contributo in denaro alle famiglie che hanno avuto congiunti deceduti sul lavoro, tanto che dal 2008 al 2010 sono state avviate 95 pratiche e riguarda anche lavoratori sardi che hanno incidenti sul lavoro al di fuori della Sardegna, come è capitato a Torino, tanto per fare un esempio.

PRESIDENTE
È per la continuità territoriale.

MANCA
Certamente, anche se noi la intendiamo in maniera un po’ ampia.
C’è un’attenzione particolare a questo segmento che purtroppo ha avuto vari incidenti nel corso del 2008, del 2009 e del 2010, anche se in riduzione: nel 2008 sono stati utilizzati 1.020.000 euro, nel 2009 circa 990.000 euro, cui si aggiungono stanziamenti in fase di liquidazione per 360.000 euro. Queste cifre sono ad integrazione di tutte le assicurazioni previste dall’INAIL.
Il consiglio regionale ha voluto emanare questa norma proprio a garanzia del fatto che l’attenzione su questo problema non sia mai abbassata.
È fondamentale che sugli aspetti di natura culturale si intervenga attraverso percorsi di formazione: questo è l’unico modo che noi intravediamo per far sì che la sicurezza nei luoghi di lavoro sia garantita sia dal punto di vista delle aziende che dei lavoratori. Abbiamo fatto tante attività formative nel corso di questi anni, anche di tipo settoriale, come in agricoltura, nel settore alimentare, nel commercio, nell’impiantistica, nella metalmeccanica, nei servizi e nei trasporti. Abbiamo la convinzione che si può e si debba fare molto di più perché la formazione diventi un contenuto decisivo per evitare che questa piaga degli incidenti sul lavoro prosegua e possa creare ulteriori danni rispetto a quelli già provocati finora.

NEROZZI
Come diceva il Presidente, la situazione è uguale in tutta l’Italia e, quindi, non c’è un problema specifico, però noi riteniamo questo comitato instaurato dalla cosiddetta legge Damiano molto importante per i collegamenti e per gli aspetti richiamati dal Presidente. Le Regioni a Statuto speciale hanno una particolare autonomia legislativa riconosciuta loro dalla Costituzione, un tema un po’ delicato, soprattutto per alcune Regioni che effettivamente presentano delle realtà particolari, come nel vostro caso, non paragonabili, ad esempio, a quelle del Friuli. Il vostro comitato in effetti è difficile da gestire, anche se lei prima ha fatto un’affermazione un po’ strana, considerato che l’ARPA dipende da lei.

LIORI
In realtà, è sotto la direzione dell’assessorato all’ambiente più che dell’assessorato alla sanità. Io sono nel comitato di indirizzo.

NEROZZI
Comunque dipende dalla Regione, non è un ente autonomo. In ogni caso, con 60 persone indubbiamente vi è un problema di operatività, ma c’è un’altra differenza. Il numero dei rappresentanti, oltre ai 4 degli imprenditori e ai 4 espressione dei sindacati e delle parti sociali, è diluito tra l’ente turismo e le altre realtà che ha nominato lei. In realtà, i rappresentanti delle imprese e dei lavoratori hanno un ruolo più stringente, secondo il dettato della cosiddetta legge Damiano, anche in termini di funzionamento operativo del coordinamento.
Allora, capisco che interpretare la legge può essere complicato, ma considerando il meccanismo della forma operativa, è indubbio che sarebbe opportuno attribuire una maggior funzionalità a questo strumento, in modo da avvicinarlo il più possibile, anche nell’agilità tecnica, a quello indicato dalla cosiddetta legge Damiano. Capisco la difficoltà nel gestire 60 persone, ognuna delle quali evidentemente rappresentativa di interessi diversi e confliggenti tra loro, per cui è chiaro che risulta di difficile applicazione quanto previsto dalla legge riguardo al coordinamento, in particolare con riferimento al ruolo delle parti sociali che risulta per così dire diluito.
Questo può avere un senso fin quando il rapporto è di 4 a 10, ma quando è di 4 a 60 i quattro rappresentanti dei porti della Sardegna valgono quanto tutte le parti sociali sarde: mi sembra un po’ eccessivo. Questo è un problema. Capisco l’aspetto istituzionale, ma dovreste cercare di capire come, attraverso l’Esecutivo, si può riuscire a far funzionare il comitato; altrimenti le difficoltà restano oggettivamente tante, tenuto anche conto dei numeri che bisogna obbligatoriamente avere per rendere valide le sedute.

LIORI
Credo sia più facile organizzarsi nelle sedi tecniche, cioè limitando le riunioni a specifici settori tecnici. Secondo il regolamento è previsto che ci si riunisca ogni 15 giorni. In quella sede possono essere invitati, quando si renda necessario, i rappresentanti di questi organismi che in effetti possono risultare in misura eccessiva, presentando anche dei doppioni che risultano inutili. In realtà ogni rappresentante delle autorità portuali della Sardegna porta la sua esperienza e credo che un rappresentante della sicurezza del porto di Cagliari sia assolutamente in grado di capire le esigenze espresse rispetto al porto di Oristano o di Porto Torres.

MANCA
Vorrei aggiungere alcune osservazioni di carattere più generale. È vero che quello della sicurezza è un tema orizzontale che attraversa tutti i settori, ma questi ultimi non sono tutti uguali: ce ne sono alcuni più esposti di altri, ad esempio nel campo del settore industriale. I poli del Sulcis, di Porto Torres e del cagliaritano hanno un tasso di rischio decisamente più elevato rispetto, ad esempio, all’attività del settore turistico e lo stesso si può dire per l’edilizia. Quindi, probabilmente anche la Commissione da questo punto di vista avrebbe necessità di tenere conto del tessuto economico della Regione, formato per il 95 per cento da piccolissime imprese con meno di cinque dipendenti; poi vi sono realtà specifiche come la Saras a Cagliari o i poli industriali che ho nominato, che hanno un’intensità di incidenti completamente diversa rispetto a quella di altri settori. Il turismo è uno di quei settori nei quali c’è un numero di dipendenti piuttosto elevato, fermo restando che l’industria più importante della Regione è pubblica: la gran parte dei dipendenti opera nel pubblico e anche qui i livelli di sicurezza sono diversi rispetto al settore privato; probabilmente sarebbe necessario fare una distinzione anche da questo punto di vista rispetto al lavoro che la Commissione dovrebbe fare, considerato che il livello di rischiosità non è uguale dappertutto, sia territorialmente, sia settorialmente.

PRESIDENTE
Assessore, la ringrazio di quest’ulteriore approfondimento. La nostra Commissione non solo fa questo, ma addirittura ha dieci gruppi di lavoro specifici che s’interessano dei vari settori e delle relative criticità perché, come lei ha correttamente riferito, ci sono settori con maggiore e minore incidenza di rischio e quindi bisogna coglierne gli aspetti più profondi e non pensare che quelli in cui non c’è maggiore incidenza di rischio si possano mettere da parte.
Un altro grande tema che vorrei lasciare ad una vostra considerazione o forse è più corretto dire ricordare, è quello delle malattie professionali, un tema di enorme portata e tra l’altro abbastanza subdolo: gli infortuni o gli incidenti sono eventi immediati, anche per la tragicità che portano con sé; le malattie professionali sono invece parte di un processo lungo e quindi credo che anche su questo (sicuramente lo state facendo) vi dovreste attivare il più possibile.
Vorrei concludere, se siete d’accordo, su un fatto molto importante che è l’aspetto culturale che lei ha richiamato e che anche noi, come membri del Parlamento nazionale ci siamo posti, tant’è vero che nella legge 3 agosto 2007, n. 123, che poi porta all’emanazione di vari decreti, compreso il n. 81 del 2008, già c’è la possibilità di avviare moduli didattici che non sono delegati alle Regioni, ma nella competenza del Ministero della pubblica istruzione. C’è stato in aprile un accordo fra il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero del lavoro e l’INAIL ed è stato emanato un bando, che è stato recepito da moltissime scuole che vi hanno partecipato, di cui a settembre avremo i risultati, e che verosimilmente dovrebbe coinvolgere in tutta Italia 846.531 allievi, per un totale di 44.000 classi e di 76.000 docenti. È un primo sforzo, proprio a conferma dell’importanza fondamentale dell’approccio culturale, che mi sembrava utile ricordare, pur sapendo che non si tratta di una questione di vostra competenza.
Anche su questo, però , forse la Sardegna è stata, almeno stando ai dati a nostra disposizione, un po’ distratta, perché di fatto dei 752 progetti accolti solo quattro sono della Sardegna, mentre dei 244 da completare solo tre sono della Sardegna. Questo significa che in qualche modo, da un punto di vista politico, nel senso della res publica, avete un’interfaccia, attraverso l’assessore che si interessa di questi problemi, con il responsabile regionale e quindi, proprio perché quando ci incontriamo ci deve essere uno scambio di valutazioni, questo potrebbe essere un dato importante. È solo il primo bando, per cui può anche sfuggire, ma ve ne saranno altri. Siccome alcune Regioni sono state attentissime, prima fra tutte la Campania, che ha chiesto ben 152 corsi, bisogna cercare di utilizzare gli strumenti che il Governo centrale mette a disposizione. Attendiamo, quindi, assessore, questo accordo con l’INAIL.

LIORI
Mi hanno contattato e mi hanno parlato di questo progetto che mi ha subito interessato e rispetto al quale mi sono detto immediatamente disponibile, perché la Sardegna ha una fortissima presenza di piccole imprese agricole, anche se non come in Emilia dove i trattori sono presi in cooperativa e servono tutte le aziende: qui ogni proprietario ha il proprio trattore, un numero anche spropositato rispetto alle dimensioni dell’azienda, e quindi gli infortuni non sono infrequenti. Attendo che l’INAIL venga ufficialmente a propormi questo progetto e farò in modo che nel più breve tempo possibile venga approvato e sottoscritto da entrambe le parti.
Un’altra cosa di cui vorrei parlare, che secondo me aiuterà molto anche per la veridicità dei dati raccolti, è il fatto che l’ente Regione Sardegna si sta informatizzando e credo che la trasmissione informatica che l’INPS e l’INAIL pretendono dei certificati di malattia professionale e di infortunio porterà, a mio avviso, ad un riallineamento dei dati in maniera anche molto importante.

NEROZZI
Per quanto riguarda l’accordo per il settore agricolo, che è molto interessante, presso l’INAIL sono ferme delle risorse che non sono mai state utilizzate, non per cattiva volontà dell’istituto, ma per un meccanismo venutosi a creare in rapporto alle leggi e alle disposizioni comunitarie. Il settore agricolo è un settore particolarissimo, considerato che l’età media di un trattore è pari a 30 anni; purtroppo la forma del nostro Paese è tale per cui di pianure in realtà ce ne sono poche e la struttura delle aziende è sostanzialmente famigliare, al di là del fatto che nella legge abbiamo provato ad inserire alcune risorse per la rottamazione. Certo, le risorse INAIL darebbero un sollievo non da poco e quindi riuscire a sbloccarle sarebbe importante proprio per un rinnovo ed un aggiornamento del parco macchine, che è assolutamente indispensabile. Spero non sia, come temo, una possibilità solo per le Regioni a statuto speciale.

PRESIDENTE
Credo che il grande problema che ha l’INAIL su questo fronte sia quello di rispondere agli associati, anche se il vero problema è che non tutti sono associati. Ce lo siamo posto e abbiamo anche stilato un disegno di legge, ora al vaglio della Commissione europea, considerato che purtroppo la sovranità del nostro Paese in termini decisionali da questo punto di vista è ormai ridotta, per evitare che passi quel meccanismo al quale faceva riferimento il senatore Nerozzi, facendo in modo che nella somma del tetto comunitario del de minimis non vengano computati tutti i contributi per la messa in sicurezza dei mezzi e dei macchinari, anche perché molte imprese non vogliono assolutamente perdere finanziamenti per la loro attività. Forse ci riusciamo, perché ormai siamo addirittura ad una seconda o terza lettura (da parte degli uffici, non da un punto di vista istituzionale) di questo disegno di legge e ci auguriamo per l’autunno possa diventare legge. In questo modo, nel momento in cui quei contributi non dovessero andarsi a sommare al de minimis, si darebbe certamente una ventata di ossigeno.
Qualora non dovesse essere a vostra conoscenza, poi, se può essere utile, l’ISPESL ha proceduto a progettare tutti quei sistemi, come l’antiribaltamento, da inserire sui vari tipi di trattori che non dovessero essere provvisti di sistemi di sicurezza.

MANCA
C’è un tasso di rischiosità diverso.

PRESIDENTE
Prima il senatore Nerozzi faceva riferimento ad un’età media di 30 anni, ma sulla base dei dati che ci ha fornito il Ministero dei trasporti la settimana scorsa, ci sono dei trattori degli anni Sessanta che ancora lavorano nei campi.

NEROZZI
Ci sono anche trattori del 1950.

PRESIDENTE
È un problema serissimo, perché circa 160 morti l’anno si determinano in questo settore. Ecco perché abbiamo allertato i vari Ministeri. Da ultimo ricordo l’incontro con il direttore della motorizzazione civile con cui abbiamo discusso di una serie di elementi per capire come muoverci su questo fronte, se necessario anche dal punto di vista normativo, perché paradossalmente alcuni conducenti dei trattori a volte non hanno alcuna patente: le patenti richieste per i trattori su strada sono la patente A per quelli piccoli (che poi è quella per guidare le motociclette) e la patente B anche per grandi trattori, anche se l’esame per prendere la patente non comprende anche quella tipologia di macchina. Stiamo quindi studiando come risolvere questo problema. Ve lo diciamo perché questo è un momento di confronto e quindi di aggiornamento su aspetti che magari non sono ancora ufficiali e sui quali ci sono incontri con i Ministri per cercare di trovare delle soluzioni.
Vi ringraziamo per la vostra attenzione e per la vostra cortesia. Dichiaro così conclusa l’audizione.

Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Cagliari

Interviene il procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Cagliari, dottor Ettore Angioni.

PRESIDENTE
I nostri lavori proseguono con l’audizione del procuratore generale presso la Corte d’appello di Cagliari, il dottor Ettore Angioni, che ringrazio per la sua presenza.

ANGIONI
Signor Presidente, il 22 dicembre scorso ho stilato un protocollo d’intesa con la Regione, di cui vi posso lasciare copia, in relazione all’argomento all’ordine del giorno con l’impegno, che purtroppo non ho potuto mantenere per motivi d’ufficio, di riunire le parti entro un semestre: la scadenza era a giugno e probabilmente l’incontro si svolgerà a settembre. Ho già contattato anche il direttore regionale dell’INAIL per coinvolgerlo in questa iniziativa.
Il protocollo d’intesa prevede incontri cadenzati almeno semestralmente con le parti coinvolte, in particolare con la Regione, le ASL, l’INAIL, per fare il punto della situazione e monitorare l’andamento degli infortuni sul lavoro, che sono anche abbastanza frequenti. Di recente c’è stata la condanna di primo grado dei due imputati in relazione a un grave incidente sul lavoro verificatosi alla Saras di Sarroch.

PRESIDENTE
La condanna è a due anni di reclusione.

ANGIONI
Particolarmente interessante mi è sembrato il riferimento agli infortuni che avvengono in movimento, oltre che a quelli in itinere.

PRESIDENTE
Signor procuratore, anche per aiutarvi nel vostro lavoro ci siamo posti il problema, rispetto al quale si è registrata una grande collaborazione da parte delle procure di tutta Italia, degli infortuni di lavoratori che operano su strada o comunque che sono in movimento (non intendendo gli infortuni in itinere, che sono tutt’altro). Spesso, infatti, la scena dell’infortunio veniva registrata come un incidente stradale e pertanto anche l’autorità preposta e competente, in particolare la magistratura, si trovava di fronte i primi rilievi redatti da chi era accorso in cui veniva data l’immagine di un incidente stradale. Invece c’è stato questo recepimento. Abbiamo ricevuto molte comunicazioni da parte di suoi colleghi di varie parti d’Italia dalle quali emerge che questo è un contributo importante per dare risposta alle questioni che l’inchiesta affronta.

ANGIONI
Ho diramato a tutte le procure una circolare, che ho inviato anche a voi per conoscenza, in cui segnalavo ai procuratori della Repubblica la necessità di allertare le forze dell’ordine in relazione al fatto che quando si verificavano incidenti stradali in occasione di lavoro dovessero essere svolte indagini ad hoc per stabilire se erano state rispettate le norme antinfortunistiche; mi hanno assicurato che ciò è avvenuto. Le forze dell’ordine sono allertate, così come le procure; esiste questo protocollo d’intesa, che servirà anche a monitorare la situazione e per il futuro penso di potervi dare ulteriori e più specifiche notizie.

PRESIDENTE
Questo fenomeno è emerso con forza, signor procuratore, perché in 11 mesi – vado a memoria e forse potrei sbagliare – tra il 2008 e il 2009 si sono verificati 11 incidenti mortali in cui sono stati coinvolti dei portalettere; fu un dato eclatante, tant’è vero che abbiamo svolto delle audizioni alle quali hanno partecipato rappresentanti della Poste italiane. Ora sembra che le cose stiano andando meglio, ma in quella circostanza nel corso degli approfondimenti svolti è emerso che in effetti la scena dell’infortunio veniva considerata un incidente stradale. Sono stati questi eventi a far nascere quest’esigenza nel settore delle poste. Abbiamo anche visto che gli addetti alla sicurezza erano presenti solo in alcune stazioni di partenza; inoltre abbiamo svolto un’opera d’informazione in riferimento al mezzo di trasporto, che è uguale per tutti gli operatori, senza tener conto del genere e anche della struttura dei singoli; inoltre questi portalettere si muovono per le strade con una borsa davanti, una dietro e una tra le gambe.

ANGIONI
Le dirò di più : la situazione è la stessa anche nel settore privato, perché molto spesso i pony express circolano senza casco e con motorini che magari non sono adeguatamente controllati e possono presentare difetti nella frenata.

PRESIDENTE
Qui com’è la situazione dal punto di vista dell’organizzazione delle procure per quanto riguarda i magistrati che si interessano in modo specifico al settore?

ANGIONI
In procura non esiste un pool che si interessi esclusivamente degli infortuni sul lavoro, ma ce n’è uno che in genere si occupa di incidenti stradali; occorrerebbe quindi far leva – come ho già fatto – per ottenere una sensibilizzazione sull’argomento. Cagliari è la procura più grande come numero di magistrati; le altre (quindi Oristano e Nuoro) sono più piccole e quindi è più difficile che si creino pool specifici per settori.
A Cagliari questo è possibile, perché ci sono 19 magistrati più un aggiunto presso la procura della Repubblica, per cui il problema può essere esaminato con maggior attenzione.

PRESIDENTE
La ringraziamo per la partecipazione e per la sua collaborazione.

ANGIONI
Ringrazio voi e vi auguro buon lavoro. Ogni tanto arrivano circolari alle quali verrà data risposta in tempi brevissimi.

PRESIDENTE
Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro

Intervengono il direttore regionale dell’INAIL, dottoressa Daniela Petrucci, accompagnata dal dirigente con funzioni vicarie, dottor Michele Pintus, e il direttore regionale del lavoro, dottoressa Virginia Mura Cherchi, accompagnata dal responsabile del settore ispezione, ingegner Bruno Saddi.

PRESIDENTE
I nostri lavori proseguono con l’audizione del direttore regionale dell’INAIL, la dottoressa Daniela Petrucci, accompagnata dal dottor Pintus, e del direttore della direzione regionale del lavoro, dottoressa Virginia Mura Cherchi, accompagnata dal dottor Saddi, che ringraziamo per la loro presenza.
Mi è d’obbligo dire a ogni inizio di audizione che non ci sono motivi particolari per i quali questa Commissione è venuta in Sardegna. La ragione della nostra presenza è che stiamo facendo un monitoraggio su tutte le Regioni d’Italia per poter comprendere le problematiche esistenti, per conoscere meglio l’organizzazione e la strutturazione di contrasto agli infortuni e alle malattie professionali (un tema che spesso non viene trattato adeguatamente), anche per verificare gli effetti del decreto legislativo n. 81 del 2008 a tre anni dalla sua emanazione e quindi per comprendere come ci si stia organizzando.
A nostro avviso infatti, mi auguro sia un pensiero condiviso, è fondamentale avere un coordinamento a livello regionale che possa determinare un rapporto sinergico tra tutte le professionalità per non determinare sovrapposizioni nelle attività di controllo e di ispezione e per creare invece una strategia che il decreto legislativo n. 81 ha voluto proprio al fine di evitare tali aspetti. Insomma, si tratta di un momento di confronto istituzionale tra il Parlamento, che nostro tramite viene sul territorio, e le vostre figure professionali, che rappresentano sul territorio importanti punti di riferimento nel nostro ambito di competenza.
Chiediamo subito alla dottoressa Petrucci, direttore regionale dell’INAIL, informazioni circa un’intesa che starebbe per siglare con la Regione per quanto riguarda la copertura assicurativa di tutti i mezzi agricoli. Gradiremmo avere dei chiarimenti a questo riguardo perché a livello nazionale si sta cercando di portare avanti questo tema con determinazione.

PETRUCCI
Signor Presidente, vorrei innanzitutto premettere che sono direttore regionale dell’INAIL in Sardegna da pochi mesi, per cui necessariamente ho qualche difficoltà nell’articolazione di ciò che è successo nel passato. Il ruolo dell’INAIL per la sicurezza, diversamente da quanto a volte è sembrato, non si deve limitare ad assicurare e quindi a pagare per gli infortuni o le malattie professionali. Questa è una tendenza che l’istituto ha fortemente voluto, innanzitutto cercando di muoversi con azioni concrete rispetto al proprio ruolo e all’erogazione dei fondi volti ad aumentare la sicurezza sul lavoro. Con il decreto legislativo n. 38 del
2000 ci era stato riconosciuto questo ruolo e, qualche anno fa, come avviene quando si introducono delle innovazioni, avevamo compiuto dei passi più lunghi di quelli che si era immaginato all’inizio; poi questo modo di procedere ha dato luogo ad un sapere diffuso all’interno dell’istituto, nella convinzione che questi finanziamenti hanno un significato se sono mirati alle attività in cui gli infortuni sono più diffusi e hanno conseguenze pesanti: l’agricoltura è una di quelle.
Inoltre, in questo momento in Sardegna l’economia, sui limiti della quale non dobbiamo spendere molte parole, è praticamente ferma; noi abbiamo a disposizione dei fondi e da subito ci siamo confrontati, ritenendo che è sempre necessario farlo, con esempi provenienti da altri territori ed è emerso che in Emilia si era lavorato molto su questo fattore.
Durante i primi dieci giorni dal mio arrivo sull’isola abbiamo avuto due infortuni, di cui uno mortale, per ribaltamento del trattore, che è di una classicità indifendibile. Alcuni problemi ci stanno richiedendo del tempo, perché le norme non sono di chiarissima applicazione; in particolare, un problema di omologazione di dispositivi ci sta frenando rispetto alla decisione sulle modalità di erogazione di questi fondi, anche se vogliamo darli ai singoli agricoltori.

PRESIDENTE
Cosa intende per omologazione dei dispositivi?

PETRUCCI
La sicurezza nelle macchine agricole è prevista da alcune norme. Sembra che questi dispositivi possano essere adattati anche da officine non omologate e autorizzate.

PRESIDENTE
Sta richiamando la concertazione dell’ISPESL.

PETRUCCI
Tale istituto, peraltro, è nel polo della sicurezza con noi, quindi il primo aiuto lo abbiamo chiesto a loro. Stiamo cercando di mettere in piedi un progetto, per il quale non abbiamo ancora fatto degli incontri di realizzazione, ma abbiamo detto qual era il nostro intento e abbiamo studiato i dati di riferimento che ci confortano nel ritenere che tale intervento può essere fatto. Parlo dei trattori, che sono le prime macchine previste, per i quali è già in corso una campagna in cui l’INAIL partecipa.
Il trattore ci sembra essere la macchina che più richiede un intervento, che non sarà limitato esclusivamente alla messa a punto delle misure di sicurezza antiribaltamento e alle cinghie. Il parco macchine è quello ed è difficile immaginare che in un momento di crisi economica il piccolo imprenditore decida di cambiare l’attrezzatura. Questo è abbastanza raro. Volevamo, quindi, aiutarlo a fare una cosa che invece darà dei risultati di sicurezza in termini immediati. Nel frattempo, in pochi mesi ci sono stati almeno tre incidenti, di cui due mortali. Parlo di quelli più gravi che tutti vediamo perché se ne ha notizia sulla stampa, ma c’è tutta una parte di infortuni di cui non si hanno informazioni. Questa è una delle iniziative, ma la settimana prossima l’INAIL parteciperà ad una riunione con Confindustria a Nuoro per altre iniziative che abbiamo portato avanti insieme a loro. Siamo convinti di dover richiamare l’attenzione – l’ha detto il Presidente della Repubblica, ma come istituto lo diciamo da molti anni – sul fatto che l’infortunio non avviene per una noncuranza del lavoratore ma per una sua non consapevolezza di quanto è importante il suo atteggiamento rispetto alla sicurezza e al rischio. Purtroppo, in un Paese in crisi economica non sempre questo aspetto viene ritenuto prioritario. Ci occupiamo continuamente di eventi che in larga parte potrebbero non essere arrivati agli onori della cronaca nera, se solo ci fosse stata più consapevolezza. Ci aspettavamo un risultato migliore da alcune norme quali quelle riferite alla tolleranza zero per chi lavora in cantiere, ma ancora non ne vediamo i frutti, anche se questo per noi è stato l’anno della svolta. Il nostro presidente l’ha detto di recente in una conferenza in cui ha presentato il rapporto annuale: l’anno scorso si è per la prima volta scesi sotto i 1.000 incidenti mortali, un dato di cui nella mia logica, rappresentando una media di tre infortuni mortali al giorno, non sono orgogliosa, ma che dal dopoguerra ad oggi è la prima volta che si realizza e quindi va considerato in termini tendenziali.

PRESIDENTE
Vorremo sapere come si sta muovendo l’istituto qui in Sardegna. Questi dati li seguiamo, li conosciamo e li vediamo. Sul territorio come ci si sta muovendo?

PETRUCCI
Sono in corso una serie di iniziative e di progetti che ci vengono presentati da parti sociali, in genere dal comitato paritetico territoriale per la prevenzione degli infortuni (CPT) e anche da Province, Regioni e scuole che propongono iniziative particolari o da associazioni che organizzano iniziative nelle scuole. Uno dei punti di certezza è, infatti, che la cultura della sicurezza non si improvvisa quando si inizia a lavorare, ma si deve costruire da quando si è molto piccoli perché entri a far parte dei propri comportamenti.

PRESIDENTE
Noi vorremo sapere meglio di questa iniziativa che è in fieri e che ancora non avete definito. In che modo volete portarla avanti? Parliamo sempre di trattori e di macchine agricole in generale.

PINTUS
Ce ne sono un paio in fieri. Si è pensato di dare finanziamenti che in qualche modo favorissero una diversa cultura. Visto che è difficile arrivare alla gente che lavora nell’agricoltura, si è pensato di provare a fare un’iniziativa, mettendo a disposizione dei fondi, diretta agli utilizzatori specialmente di mezzi obsoleti.
Bisogna analizzare complessivamente la situazione cercando di contenere i costi delle migliorie da introdurre sul mezzo. Se sarà possibile intervenire su 500 trattori, questo significa evitare 500 situazioni in cui il mezzo, ribaltandosi, determina un incidente grave. Fatto il censimento delle esigenze, si vorrebbe censire i possibili utilizzatori ed elaborare un bando per erogare tali fondi in tempi molto brevi individuando poi le officine convenzionate deputate a questo scopo.

PRESIDENTE
Questo bando è già stato emanato a livello nazionale, con una copertura di 50 milioni, ma ci sono stati dei problemi di cui parlerò dopo. Ora mi interesserebbe sapere invece qual è la platea alla quale vi rivolgete: a tutti o agli associati?

PINTUS
Cosa intende per associati?

PRESIDENTE
Gli assicurati.

PINTUS
In genere a tutti coloro che esercitano l’attività.

PRESIDENTE
Potete farlo?

PINTUS
In un discorso complessivo di sicurezza sì.

PRESIDENTE
Questo è l’aspetto nuovo.

PINTUS
Ci stiamo provando; stiamo cercando di capirlo.

PRESIDENTE
Abbiamo audito i vostri colleghi a livello di struttura nazionale che ci hanno informato del bando e del fatto che questi soldi non sono stati spesi perché si vanno ad accumulare con il limite comunitario del de minimis. Questo è il motivo per cui stiamo elaborando una normativa che eviti l’accumulazione. Il problema che loro hanno colto è stato proprio questo: rivolgersi alla platea degli assicurati oppure a tutti. Se mi dice che si sta studiando la questione, questo è importantissimo per me.

PINTUS
Il bando nazionale è diverso; il nostro discorso si sta rivolgendo ad un altro aspetto, con fondi messi a disposizione a livello regionale, che non fanno capo al bando nazionale. Si tratta sempre di fondi INAIL specifici per la previdenza messi a disposizione dalla Regione, che deve cercare di individuare delle aree di criticità sulle quali poter intervenire. Con i fondi a disposizione, vorremmo studiare con la Regione la possibilità di andare anche oltre il nostro orticello e fare un discorso che dia uno stimolo se non a risolvere il problema almeno ad affrontarlo.

PRESIDENTE
Il progetto è molto interessante; fatecelo avere. La Regione, l’abbiamo sentita prima, era molto disponibile e voi siete altrettanto disponibili.

PETRUCCI
È un’idea che ho già trovato quando sono arrivata e della quale vediamo possibili rischi legati al finanziamento. Del resto, avendo lavorato per 13 anni ai controlli interni, quando si parla di Corte dei conti o di questioni di spesa, bisogna considerare con la massima attenzione la questione; osservo che in genere l’infortunio mortale con il trattore riguarda il pensionato, cioè la persona che per hobby, al termine della sua attività lavorativa precedente che gli garantisce una pensione, si dedica all’agricoltura. Benché sia andato deserto un bando le persone continuano a morire per ribaltamento di trattore – l’ultimo incidente grave è avvenuto la settimana scorsa – persisto nell’avere un minimo di spiraglio per un motivo. Con i nostri assicurati o con le aziende più grandi dobbiamo vincere una doppia riottosità perché c’è la paura che l’INAIL arrivi per controllare le condizioni dei lavoratori. Probabilmente uno dei motivi per cui c’è stato qualche problema con i fondi erogati a livello nazionale può essere stato anche questo. Credo sia un peccato non riuscire a distribuirli e continuare a leggere di situazioni di questo genere. Se dal punto di vista del rispetto della norma abbiamo questa possibilità, è la strada che intendiamo seguire. Io ho anche l’impressione che forse non sia stata fatta adeguata pubblicità di ciò che si fa, ma questo accade tutti i giorni anche con gli associati a Confindustria.

PRESIDENTE
A noi hanno detto cose diverse.

PETRUCCI
Io ho questa impressione.

PRESIDENTE
La nostra non è un’impressione: è stata un’audizione dei vertici dell’INAIL.

PETRUCCI
Anche se posso sbagliare perché mi occupo di questo territorio da cinque mesi ho questa impressione.

PRESIDENTE
Non era riferito alla Sardegna, era un discorso nazionale.
Se si può fare, ci farebbe particolarmente piacere averne copia.

PINTUS
Vorrei parlare di un’altra area di criticità per la quale stiamo tentando di fare qualcosa. Noi sappiamo che la grande impresa, quel poco che rimane in Sardegna, tende ad infortuni zero mentre le imprese che lavorano dentro la grande impresa continuano ad avere infortuni anche gravi. Noi abbiamo esempi di grandi sistemi di sicurezza integrata nella Saras e nel polo industriale di Portovesme, ma con un progetto pilota stiamo tentando di coinvolgere le imprese delle manutenzioni e dei siti produttivi in modo da far incontrare il concetto di sicurezza dell’impresa con quello delle piccole imprese e dei lavoratori delle imprese. Stiamo portando avanti nel sito di Sarroch un progetto un po’ ambizioso e speriamo abbia degli effetti. Vorremo effettivamente portare a contatto le strutture di sicurezza della grande impresa con quelle della piccola impresa, con i rappresentanti dei lavoratori e con i lavoratori facendo gruppi d’intervento, di studio e di formazione in comune. In una prima fase abbiamo avuto delle risultanze abbastanza consistenti perché c’erano concezioni della sicurezza del tutto diverse tra il lavoratore che aveva paura di chiedere il cacciavite particolare perché temeva la reazione della impresa, che invece dichiarava piena disponibilità. Questo è avvenuto con la totale collaborazione e con la partecipazione delle organizzazioni sindacali e dell’associazione degli industriali della Provincia di Cagliari. Pensiamo che riusciremo ad avere qualche risultato anche su questo; è un progetto ambizioso e ci stiamo investendo 200.000 euro. Speriamo si rompa un certo modo di vedere la sicurezza.

PETRUCCI
Il problema di questa tipologia di infortuni è proprio particolare: la grande impresa tende ad esternalizzare tutte le attività in cui si verificano più infortuni.

PRESIDENTE
Tende a dare mansioni a soggetti che non sono propri dipendenti, ma che lavorano all’interno delle imprese.

PETRUCCI
Questo complica ulteriormente.
È stata nominata la Saras, che è sinonimo di infortuni mortali: sono tutti infortuni che non hanno via di uscita diversa. L’ultimo lo abbiamo avuto pochi mesi fa, l’11 aprile ed ha coinvolto un ragazzo venuto il giorno prima dalla Sicilia con un contratto di un mese, che ha approcciato un lavoro ad altissimo rischio senza neanche un’ora di formazione, una cosa che ci ha indignato e che ci indigna ogni volta che si legge una denuncia di infortunio in queste condizioni.
Tra l’altro, chi lavora lì stabilmente ha sicuramente anche gli strumenti per capire le situazioni di pericolo, per cui questa è una logica che oggi si può definire perversa e che non credo si limiti alla Saras (nominiamo la Saras perché è lì che è successo in particolare), ma riguardi una buona parte dell’industria.

PRESIDENTE
È tutto il sistema. Questo mi sembra molto interessante. Quando andrete avanti, se poteste darci notizie ve ne saremmo grati, perché potrebbe essere un progetto pilota.

PINTUS
Speriamo proprio in questo

PETRUCCI
È già finanziato e ci stiamo lavorando.

PRESIDENTE
Do ora la parola alla dottoressa Mura Cherchi, direttore responsabile dell’Ufficio regionale del lavoro in Sardegna.

MURA CHERCHI
Desidero innanzitutto rivolgere un saluto alla Commissione. Credo sia importante essere sintetici e chiari, quindi non userò molti giri di parole.
Il nostro ufficio ha a livello regionale 173 ispettori del lavoro amministrativi e solo 15 tecnici, perché come sapete bene la competenza che tempo fa era dell’Ispettorato del lavoro con la riforma sanitaria introdotta dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 è passata alle Regioni e quindi ai servizi SPRESAL delle ASL. Come ispettorato del lavoro abbiamo quindi una competenza generale in materia giuslavoristica, ma parziale e concorrente con i servizi SPRESAL delle ASL in materia di sicurezza. È vero, quindi, che combattere il lavoro nero significa anche evitare la mancanza di sicurezza, perché ovviamente un datore di lavoro che non assicura i propri dipendenti o non dà le paghe contrattuali difficilmente si preoccupa della sicurezza dei propri lavoratori, per cui già combattere il lavoro nero ed individuare i lavoratori in nero significa dare un contributo in termini di sicurezza, anche se il campo della sicurezza in senso stretto ci vede un po’ deficitari, non solo perché abbiamo pochi ispettori, ma perché purtroppo la collaborazione istituzionale con la Regione non funziona.
A titolo di cronistoria, prima che venisse istituito il comitato di coordinamento, avevamo tentato insieme all’INAIL e all’INPS di stipulare un protocollo d’intesa per avviare una collaborazione con l’assessorato regionale alla sanità, per avere non solo un coordinamento, ma evitare anche duplicazioni di interventi, per semplificare le questioni, per creare una banca dati, sia pure a costo zero, con gli strumenti disponibili. Questo protocollo d’intesa praticamente non ha funzionato quasi per niente, proprio per le resistenze da parte dei servizi SPRESAL delle ASL, ha funzionato solo in parte, temporaneamente, in provincia di Sassari e in Gallura e poi ha smesso di funzionare anche lì. Devo dire che, dove siamo riusciti a collaborare, i risultati sono stati ottimi. È stata poi istituita dalla precedente
Giunta il comitato di coordinamento, che ha svolto due sole sedute, di cui una all’atto dell’insediamento; poi era caduta la Giunta ed la sua attività era terminata. Recentemente il comitato è stato ricostituito e c’è stata una prima riunione di insediamento a gennaio, peraltro parziale, perché se non ricordo male non erano presenti neanche le parti sociali. Ora è stato nuovamente convocato il 25 luglio per attivare gli uffici di coordinamento. Come ho detto chiaramente prima, abbiamo grosse difficoltà nel coordinarci, anche perché le nostre modalità operative per lo svolgimento dell’attività ispettiva sono profondamente diverse da quelle delle ASL.
Ho portato dei dati, che ho cercato di semplificare al massimo, sia relativi a tutto il 2010, sia al primo semestre del 2011, dai quali si evince, ad esempio, che la vigilanza in edilizia è quella che tocca le punte massime di irregolarità: il 79,82 per cento nel corso del 2010, leggermente diminuita nel 2011 al 76 per cento. Questo, però , non è un dato relativo solo ai problemi della sicurezza: qui rientra tutto e questi dati li cito perché quando gli ispettori del lavoro vanno in cantiere sono in due; c’è l’ispettore amministrativo che controlla le situazioni dei lavoratori, come ad esempio l’inquadramento, e l’ispettore tecnico che verifica la messa in sicurezza del cantiere, i ponteggi, il rischio di caduta dall’alto e altro; quindi, il numero delle violazioni è piuttosto elevato e spesso i datori di lavoro si lamentano perché considerano un’azione di concorrenza sleale il fatto che li visitiamo noi piuttosto che gli ispettori delle ASL, perché la nostra è una visita che può comportare, ad esempio, anche la sospensione del cantiere, come purtroppo spesso capita quando c’è più del 20 per cento dei lavoratori in nero. Con questo protocollo d’intesa che non ha avuto buon fine, avevamo cercato di raggiungere un’intesa su questo tipo di attività, ma non ci siamo riusciti.
È anche vero, com’è ovviamente noto a questa Commissione, che gli organi che si occupano di vigilanza sono molti ed il coordinamento è difficile (non ci sono solo le ASL, ma anche ad esempio i vigili del fuoco), ma effettivamente la carenza maggiore che avvertiamo è proprio quella del coordinamento e di avere un verbale unico.
Un’altra preoccupazione scaturisce dal fatto che è stato convertito in legge il cosiddetto decreto sviluppo, che all’articolo 7 prevede che si avvertano le imprese con congruo anticipo dell’imminente controllo, al fine di dare loro il tempo di predisporre tutta la documentazione obbligatoria per snellire il lavoro dei verificatori. Spero che nel decreto attuativo di questo articolo sia mantenuta la possibilità di consentirci di continuare a fare il nostro lavoro, perché se dobbiamo avvertire prima di andare in qualunque azienda che stiamo per arrivare, ovviamente di lavoratori in nero non ne troveremo più . Ci sono quindi anche questi aspetti di preoccupazione. È vero che l’articolo 7 probabilmente dovrà essere integrato in un quadro di compatibilità generale con i criteri dell’articolo 33 della legge n. 183 del 2010, che parla di accesso ispettivo, di potere di diffida e di verbalizzazione unica. Questo è un altro degli aspetti che è necessario vengano studiati e integrati, cioè la possibilità per tutti gli organi che si occupano di svolgere le ispezioni di redigere un verbale unico e poi di poter operare con modalità che non abbiano niente di persecutorio nei confronti delle imprese. Non ci interessa questo, ma solo che ci sia consentito di poter svolgere il nostro lavoro.
Per completare il discorso che facevano i colleghi dell’INAIL, vorrei dare la parola all’ingegner Saddi, che è il responsabile del settore tecnico della direzione regionale del lavoro, proprio per chiudere il discorso che faceva il dottor Pintus. Abbiamo cercato la collaborazione con le ASL per svolgere delle indagini sugli spazi confinati, che sono quelli nei quali purtroppo si verificano più frequentemente le morti dei lavoratori delle imprese d’appalto, delle ditte esterne. Sarebbe a tal proposito importante che questa Commissione si occupasse anche di eliminare, pur in periodo di ristrettezze economiche, la clausola del massimo ribasso per l’aggiudicazione della gara, perché questo purtroppo, sulla base della nostra esperienza, vede sempre il taglio di spese che non vengono considerate indispensabili, che sono poi quelle che consentono alle aziende meno serie di vincere le gare rispetto a quelle che invece si preoccupano di spendere in una materia indispensabile come la sicurezza.
Vorrei ora lasciare la parola all’ingegner Saddi che, prima di svolgere un’attività di vigilanza, che fra l’altro è borderline con le nostre competenze perché dovrebbe spettare alla ASL, ha compiuto degli accessi non ispettivi nelle aziende più importanti proprio per verificare la situazione di gestione delle emergenze negli spazi confinati, poter eventualmente esportare le buone prassi incontrate nelle piccole aziende e utilizzare anche questo tipo di attività nelle ispezioni, perché quando facciamo le ispezioni, soprattutto in materia di sicurezza, cerchiamo non solo di sanzionare (quello purtroppo lo dobbiamo fare) ma anche di dare dei suggerimenti, soprattutto in materia tecnica, per evitare gli infortuni sul lavoro.

SADDI
Per quanto riguarda gli accertamenti sugli spazi confinati, c’è da dire che l’iniziativa che è stata presa nell’ambito della direzione regionale della Sardegna e delle direzioni provinciali, si inquadra in specifiche direttive che sono state date dalla nostra direzione generale per l’attività ispettiva volta a verificare come viene organizzata l’attività da parte delle imprese d’appalto in quei settori dove si opera in spazi confinati. Per spazi confinati si intendono serbatoi, cisterne, luoghi ristretti dove la possibile presenza di sostanze nocive pericolose per la salute oppure l’assenza di ossigeno possono essere causa di incidenti. Purtroppo, i casi di Mineo, di Molfetta, i tre casi della Saras, sono riferiti a situazioni nelle quali c’era una carenza di ossigeno. Il Ministero ci ha sollecitati quindi a verificare com’era organizzata l’attività di queste imprese, puntando soprattutto agli aspetti della formazione e dell’informazione delle maestranze che vi operano, verificando quali misure di prevenzione vengono adottate, quali dispositivi di protezione vengono attuati e soprattutto com’è organizzata la gestione dell’emergenza, perché quando accadono questi fatti è importantissimo intervenire in tempi stretti, garantendo nello stesso tempo la sicurezza di chi va a fare il soccorso.
Come ha detto la dottoressa Mura Cherchi, gli accertamenti che abbiamo svolto hanno avuto carattere conoscitivo, anche perché la competenza primaria a vigilare in materia di prevenzione degli infortuni in tutti i luoghi di lavoro non è nostra ma delle ASL. La nostra direzione è competente solo per il settore delle costruzioni. Da questi primi accertamenti conoscitivi, quindi, effettuati nei poli industriali più importanti della Provincia di Cagliari (Sarroch e Portovesme), volti a verificare l’organizzazione di queste attività, è emerso effettivamente che, anche a seguito di questi gravi infortuni che sono occorsi nel territorio della Sardegna, sono state riviste un po’ tutte le procedure in materia di sicurezza, puntando molto alla formazione e all’informazione delle maestranze.
Infatti, nel polo industriale di Sarroch è lo stesso committente ad aver organizzato tutta la formazione per i lavoratori operanti in spazi confinati; una formazione che, alla fine del suo ciclo, si concretizza in un patentino che abilita i dipendenti delle imprese esterne a operare in spazi confinati. Anche l’organizzazione dell’emergenza è gestita dal committente: si prevede un controllo costante e diretto fra i lavoratori operanti all’interno dello spazio confinato e quelli che stanno all’esterno a controllare, nonché una dotazione di dispositivi di protezione e di prevenzione finalizzati a intervenire in sicurezza per soccorrere eventuali lavoratori infortunati. Questi sono gli aspetti più importanti emersi nei primi accertamenti informativi che abbiamo fatto nel territorio di Sarroch. Nel territorio di Portovesme c’è un’organizzazione diversa, frutto della cultura in materia di sicurezza del committente, l’impresa multinazionale americana Alcoa, che ha previsto la classificazione degli spazi confinati in diverse categorie di rischio e in funzione di queste sono state individuate le misure di prevenzione e di protezione.
Un aspetto che mi è sembrato carente in tutti i casi è la verifica della idoneità sanitaria specifica dei soggetti che operano in spazi confinati. Riteniamo infatti che per lavorare in uno spazio ristretto e angusto, dove possono essere presenti atmosfere pericolose, sia necessaria una specifica idoneità psicofisica che dovrebbe essere valutata attentamente da parte del medico delle imprese. Abbiamo dato questa indicazione e una volta terminata l’analisi delle procedure definite, che sono sicuramente migliorative rispetto al periodo precedente, come diceva la dottoressa Mura Cherchi sarà nostro compito estendere le esperienze maturate ad aziende più piccole operanti presso committenti meno strutturati e meno organizzati rispetto a quelli del polo industriale; in tali realtà, infatti, non si verificano come si dovrebbe gli aspetti della formazione e informazione dei lavoratori e soprattutto l’organizzazione dell’emergenza potrebbe essere molto carente.

PRESIDENTE
Vorrei fare una sola riflessione ed esprimere la totale condivisione della Commissione per quanto riguarda le considerazioni fatte sul massimo ribasso. Una delle prime richieste che abbiamo formulato questa mattina, dottoressa, riguarda le stazioni appaltanti, perché ci si sta sempre più orientando ad aggregarsi per avere una stazione appaltante dei vari soggetti, ma non abbiamo ancora ottenuto risposta, non c’è questo percorso. Tutto ciò è importante perché a lei non sfugge che il massimo ribasso è una scelta. Ciò non significa che il legislatore non se ne debba interessare: la nostra Commissione se ne sta interessando, tanto che nelle nostre due relazioni annuali – che avrete modo di consultare visitando il nostro sito Internet – abbiamo fatto riferimento proprio al grave problema del massimo ribasso, considerato che nel corso delle nostre audizioni abbiamo potuto recepire ribassi anche dell’ordine del 60-70 per cento. Si tratta dunque di realtà di difficile gestione non solo nella realizzazione ma anche nella progettazione, perché un conto è fare una progettazione attenta e approfondita, un altro è fare quello che in gergo si definisce il taglia e cuci. Si tratta quindi di un problema serio.
Altre difficoltà collegate e correlate al problema derivano dall’Unione europea. Stiamo incontrando grandissime criticità ad intervenire in materia per la tutela del principio di libera concorrenza. Stiamo cercando di valutare i possibili interventi, ma incontriamo grandi difficoltà di confronto per individuare una soluzione; ritengo tuttavia che gli enti dovrebbero evitare di procedere negli appalti con il massimo ribasso. Bisogna lavorare sul territorio e se si riuscisse ad aggregare una sola stazione appaltante per Provincia avremmo risolto buona parte del problema, perché ci sarebbe un interlocutore diretto cui rivolgersi. Alla fine va tutto a discapito dell’opera e dei tempi di realizzazione, perché non sfugge il fatto che nel momento in cui si vince un appalto con un ribasso eccessivo non si riesce a terminare l’opera.
Siamo d’accordo, ma dobbiamo lavorare su questo tema. Questa mattina abbiamo parlato con il capo di gabinetto del signor prefetto (che oggi, per motivi istituzionali, è a Roma) dell’opportunità di attivarsi su questo processo fondamentale. Poi vedremo se l’Unione europea allenterà alcuni vincoli, ma certo noi abbiamo ceduto alle direttive comunitarie molta della nostra specificità. Vi ringrazio per il vostro contributo e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del comandante della legione carabinieri della Sardegna, dei responsabili del nucleo carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro, e del direttore regionale dei vigili del fuoco


Intervengono il comandante della legione dei carabinieri della Sardegna, generale di brigata Luigi Robusto, il responsabile del nucleo dei carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Cagliari, maresciallo capo Alessio Sansoni, il responsabile del nucleo dei carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Sassari, maresciallo capo Antonio Chicconi, il responsabile del nucleo dei carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Oristano, maresciallo capo Stefano Lupi, il responsabile del nucleo dei carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Nuoro, maresciallo Antonio Bardano, e il direttore regionale dei vigili del fuoco, ingegner Davide Meta.

PRESIDENTE
I nostri lavori proseguono con l’audizione del comandante regionale dell’Arma dei carabinieri, generale Luigi Robusto, integrato dai responsabili territoriali presso l’Ispettorato del lavoro, e del comandante regionale dei vigili del fuoco, ingegner Davide Meta, che ringrazio per la loro presenza.
La nostra venuta in Sardegna si inserisce in una serie di incontri che stiamo svolgendo in tutte le Regioni italiane ed è finalizzata ad avere una conoscenza più diretta del fenomeno del quale ci interessiamo. Vorremmo quindi avere anche da voi una riflessione sul tema in oggetto e qualche proposta, perché del resto queste sono occasioni per poterci confrontare direttamente. Cedo quindi subito la parola al generale Robusto.

ROBUSTO
Signor Presidente, non parlo della nostra organizzazione perché penso che sia molto ben conosciuta, ne´ faccio statistiche perché ritengo che la Commissione le conosca meglio di me; conoscete inoltre l’andamento degli infortuni sul lavoro su scala nazionale e in relazione alla specificità di questa terra. A noi ne risultano meno che altrove, perché c’è un calo del 4,9 per cento, tuttavia non sono questi i dati che ci confortano e che ci fanno pensare che le cose vanno bene. La nostra visione piuttosto ottimistica è determinata dalla crescente sinergia che si afferma nel nostro ambito tra i nuclei ispettorato del lavoro (sono presenti i responsabili di ognuno di essi per le quattro province di Sassari, Nuoro, Oristano e Cagliari) e l’Arma territoriale. Al di là dei disposti normativi, delle intese che ci sono state, si registra un’osmosi tra questi reparti e l’Arma territoriale al punto che quelle che in taluni casi potrebbero essere delle carenze organiche vengono superate dalla disponibilità di altri, che sono i 4.500 carabinieri distribuiti sull’isola.
Si riserva una particolare attenzione a queste fenomenologie; nel nostro ambito teniamo infatti anche riunioni operative periodiche, di taglio prettamente tecnico-investigativo, alle quali a breve prenderanno parte anche i nuclei presso l’ispettorato del lavoro; si è infatti ritenuto che situazioni che per loro possono non avere un significato, per chi conduce delle investigazioni possono invece rappresentare una base di partenza per altre attività. Ad esempio, l’attività svolta dal nucleo di Sassari in relazione al G8 su talune aziende da cui è emersa l’esistenza del fenomeno del caporalato, che peraltro in questa Regione non era presente (sono stato in altri contesti, come la Puglia, dove il fenomeno era molto diffuso, specie negli anni passati), è stata altamente indicativa per aprire gli occhi e fare degli approfondimenti, ancorché ciò non abbia avuto altri sviluppi oltre a quelli che ci sono stati, vale a dire dei rinvii a giudizio nei confronti di alcune persone, in quanto il G8 non si è più tenuto qui ma a L’Aquila. Posso quindi affermare che il nostro grado di attenzione è massimo.
Non abbiamo criticità; direi una grossa bugia se affermassi che ci sono dei problemi. C’è una sinergia molto forte; c’è la volontà di andare a fondo e di non vedere i fenomeni come qualcosa di fine a sé stesso, ma di allargare l’attività di analisi, perché il sommerso è l’attività che maggiormente ci preoccupa e sappiamo che è anche conseguenza della presente contingenza a livello nazionale, dalla quale la Sardegna non è indenne. Taluni fenomeni sono riferibili non alle grandi aziende ma a quelle piccole, dove c’è un’organizzazione diversa. Infatti, anche gli ultimi incidenti sul lavoro avvenuti alla Saras facevano riferimento ad aziende che avevano avuto in subappalto attività all’interno di questa azienda, la cui filosofia era ben chiara; dopo l’esperienza del 2009 sarebbe stato paradossale se si fosse continuato a lavorare, ammesso che ci fossero delle responsabilità.
Per noi ogni aspetto è interessantissimo perché ad esempio dietro a una piccola azienda dove si nascondono lavoratori in nero si possono celare anche tante altre attività che hanno contenuti diversi in altri ambiti di indagine. Mi riferisco a tutto l’entroterra sardo, alla zona di Ottana, alle aziende del settore chimico e ad alcuni accadimenti verificatisi ultimamente che hanno visto vittime degli amministratori locali, che in taluni casi ci riportano a determinate attività di alcune specifiche aziende. Indagando su di esse chiaramente si può scoprire una realtà che non dà il risultato investigativo che avremmo voluto in un determinato settore, ma ne dona un altro nel settore del lavoro o viceversa.
Non so se mi sono spiegato bene, ma per noi questo settore ha una grande valenza. La nostra forza sta nella capillarità perché avendo tante stazioni sul territorio possiamo avere una conoscenza ottimale dei fatti. Peraltro, mi preme sottolineare che in questa terra l’Arma ha una connotazione diversa da quella propria del resto dell’Italia, perché qui abbiamo stazioni operanti in Comuni di 100 o 200 abitanti; in Sardegna, infatti, ogni popolo ha un’identità diversa da quella del Comune vicino e si sente più che mai la necessità di avere questo tipo di presenza perché gli uni sono diversi dagli altri; quindi, difficilmente possono sfuggire determinate fenomenologie, emergono con facilità. Il settore agropastorale, dove c’è una fervida attività, riserva molti aspetti interessanti; sappiamo infatti che ancora oggi tale comparto crea problemi in materia di sicurezza. Ciò è testimoniato da determinati accadimenti, anche omicidiari, che danno conto delle difficoltà con cui questi pastori svolgono la loro attività, difficoltà che nella maggior parte dei casi sono indotte da una cultura che porta gli stessi a voler spaziare, comunque e sempre, in aree dove non potrebbero svolgere la loro attività. Da ciò traggono origine le vendette: in questo contesto non è reato uccidere, ma rubare le pecore o pascolare abusivamente nel territorio altrui.
È paradossale, ma è così. Quindi, non preoccupa tanto l’omicidio quanto il fatto che si sia andati lì. Se queste persone sono in regola e se fanno parte di un’azienda che ha un’attività regolare in taluni casi lo possiamo controllare, ma in tantissimi altri non è possibile perché sono attività che vengono svolte ancora con criteri di un tempo senza una regolamentazione. Ultimamente – sto spaziando, ma mi fa piacere farlo e anche se può sembrare che non c’entri nulla, in realtà non è così – abbiamo rilevato con i nostri NAS un problema in materia di malattie proprie di determinati capi di bestiame che pascolavano liberamente nella zona dell’Ogliastra e della Barbagia. Si tratta di malattie che hanno colpito soprattutto suini in conseguenza del fatto che questi animali pascolano liberamente senza controllo alcuno e fanno parte di un’attività agropastorale riconducibile ad un singolo pastore. Non c’è controllo alcuno e questo determina anche degli scompensi nella vendita delle carni e in tutte le attività ad essa connesse e fa sì che il prosciutto sardo non si venda in Sardegna. Qui si acquista il prosciutto di Parma o di altre parti d’Italia proprio perché non ci sono le garanzie che la legge impone per la vendita del prodotto locale. Questo problema incide sull’occupazione e determina talune problematiche molto preoccupanti, che determinano gli scompensi che abbiamo visto. Tutte le manifestazioni dei pastori per via del fatto che un certo prodotto veniva venduto in altri Paesi, tipo la Romania, per poi essere reimportato in Sardegna, sono oggetto d’indagine da parte nostra e sono la conseguenza di quello che vi ho detto prima, cioè di un’attenzione massima sul fenomeno.
Loro si possono lamentare di quello che esiste, ma molte volte non c’è un’organizzazione tale da poter favorire qualcosa di diverso. È indubbio che se si gestisce questa attività in proprio senza sottostare a determinati controlli e regole, poi si deve pagare anche la conseguenza di una scelta più che mai giusta perché ispirata ad una norma.
Questo fenomeno, come tanti piccoli altri che fanno riferimento a piccole attività, viene censito regolarmente dalle nostre stazioni. C’è un monitoraggio molto attento perché in alcune aree del territorio è il settore dominante, non ci sono altre attività. A volte capita che in questi settori accadano degli incidenti, però si può comprendere bene come questo sia un fatto quasi fisiologico e non desti allarme. Diverso è tutto ciò che si svolge sulla costa, nei territori della Gallura, del Campidano e che fa riferimento ad altre attività, oltre a quanto si svolge nelle aree industrializzate che oggi risentono di logiche diverse perché l’industria non ha più la valenza di un tempo e, quindi, c’è tanta disoccupazione ed è facile che queste persone, che avevano originariamente un’occupazione, poi si aggreghino per avere altre occupazioni che non figurano.
Forse i colleghi di Sassari, che hanno condotto le indagini su La Maddalena, o quelli di Cagliari possono portare qualche spunto di riflessione in più. Da parte nostra non c’è preoccupazione, se non quella di essere sempre più a conoscenza di questi fenomeni per fare un’analisi attenta e ricondurre l’attività dei nostri reparti a qualcosa che sia aderente alle necessità. C’è una forte osmosi con le altre istituzioni e non abbiamo mai avuto problemi di conflittualità nella maniera più assoluta, anzi. Il problema viene analizzato in tutti i suoi aspetti e ci riproponiamo di fare sempre più approfondimenti. Il tavolo dove queste problematiche vengono sviscerate e analizzate in tutti i loro aspetti è quello del prefetto, con il quale i miei comandanti provinciali si interfacciano costantemente per tradurre quello che noi pensiamo in opere compiute che possano essere funzionali al miglioramento della situazione.

PRESIDENTE
Il quadro sociologico che ci è stato fornito è molto chiaro e ci fa capire come si innestano le problematiche e come devono essere estirpate.
Negli ispettorati del lavoro quante unità ci sono in tutta l’isola che collaborano con i nuclei dei carabinieri?

CHICCONI
Comando il nucleo ispettorato del lavoro (NIL) presso la direzione provinciale del lavoro di Sassari. A livello regionale siamo dieci unità suddivise tra Sassari e Cagliari, Oristano e Nuoro. In aggiunta a quanto detto dal comandante di legione, posso dire che in qualità di comandante del nucleo dell’ispettorato del lavoro di Sassari ci siamo occupati delle verifiche e dei controlli a La Maddalena presso i cantieri del G8 che dovevano ospitare il summit. A differenza degli ispettori del lavoro di Sassari – li chiamo colleghi perché facciamo lo stesso lavoro – ci siamo occupati in via esclusiva del problema relativo alla intermediazione abusiva di manodopera e abbiamo rilevato alcuni casi in seno alle ditte subappaltatrici che operavano all’interno del cantiere. Sono state deferite, a seguito di indagini coordinate dalla procura della Repubblica di Tempio Pausania, sette persone tra somministratori e utilizzatori. Siamo riusciti a concludere l’indagine in un lasso di tempo abbastanza lungo, nel senso che c’è voluto molto tempo per verificare tutta la documentazione bancaria, al termine del quale è stato possibile circoscrivere ed identificare il vero rapporto fra le ditte utilizzatrici e alcuni soggetti che somministravano il lavoro.

PRESIDENTE
Il generale diceva che non ci sono problemi di collaborazione con le altre istituzioni.

CHICCONI
Nella maniera più assoluta: lavoriamo in stretta sinergia sia con i colleghi della direzione provinciale del lavoro che con i colleghi dell’INPS, dell’INAIL e qualche volta operiamo, anche se in maniera diversa per certi aspetti, con la Guardia di finanza.

PRESIDENTE
Dipende dal filone che si trova.

META
Dal nostro punto di vista il tema degli infortuni sul lavoro ci tocca di sfuggita, nel senso che i vigili del fuoco intervengono quando c’è difficoltà in genere a recuperare l’infortunato o il cadavere. I nostri dati sono parziali e la nostra visione è monca; pertanto, non siamo in grado di fornirvi un quadro che riteniamo attendibile. Con questa premessa e problematicità che riguarda un aspetto di competenza dei comandi provinciali su questo tema così importante, abbiamo raccolto dati non particolarmente preoccupanti, almeno da un punto di vista numerico e percentuale. I vigili del fuoco nell’anno scorso sono intervenuti 37 volte: solo due o tre volte si è trattato di infortuni gravi, ma nei casi di infortuni non gravi c’è stata la necessità di recuperare il ferito. Molti degli altri infortuni anche gravi e che portano alla morte dell’infortunato ci sfuggono: non siamo informati perché il nostro intervento è richiesto per questo supporto tecnico nel recupero dell’infortunato. Ecco perché dico che sono dati che dal nostro punto di vista e andando alle statistiche degli anni passati non ci preoccupano perché non fanno evidenziare un aumento delle richieste relative all’intervento dei vigili del fuoco per infortuni sul lavoro per aziende esterne al corpo nazionale stesso. Provare a dare una classificazione degli infortuni ha tutte queste incertezze. Nell’anno passato hanno avuto una significativa presenza gli infortuni nell’ambito agricolo e pastorale e nell’uso di automezzi, ma nel fornirvi questa indicazione vi do l’avvertimento di non farlo diventare un dato esportabile o significativo.

PRESIDENTE
Noi conosciamo le vostre competenze e forse sarebbe opportuno che si specificassero meglio da un punto di vista normativo, però anche voi avete competenze ispettive. Noi di questo vorremo sapere. Del recupero del ferito o del cadavere parliamo con altri; invece c’interessa parlare con voi delle vostre competenze ispettive.

META
Le nostre competenze ispettive sono particolarmente impegnative; riguardano l’ambiente di lavoro nel suo complesso, anche se si estrinsecano prevalentemente in un elenco di attività connesse al rilascio del certificato di prevenzione incendi. L’ottica è di ispezionare attività nelle quali il rischio di incendio è classificato come medio e non quelle a rischio di incendio basso. In questo campo la valutazione che porta al rilascio o al diniego del certificato di prevenzione incendi evidenzia una certa difficoltà delle aziende nel loro complesso, sia nell’ambito pubblico (che svolgono fondamentalmente attività di ricezione), sia nell’ambito privato con attività più produttive, proprio perché è frequente riscontrare una serie di inosservanze alla normativa antinfortunistica. Con riferimento a ciò possiamo dare dati significativi e anche attendibili. Il rilascio del certificato di prevenzione incendi avviene con facilità per circa il 10 per cento delle attività, per l’altro 90 per cento vi è una difficoltà interna nostra di risposta nei tempi previsti dalla legge (pari ad un anno), ma vi è anche un’obiettiva difficoltà del datore di lavoro ad adeguarsi con tempestività alle prescrizioni di sicurezza. Questo quadro evidenzia una costante difficoltà nell’adeguamento, al punto che nel pubblico più volte sono state emanate proroghe. Nel pubblico, più volte il Governo e il Parlamento per le scuole, gli ospedali, i locali di pubblico spettacolo negli anni passati si sono dovuti rendere conto che per la difficoltà non solo dipendente dalle carenze delle risorse economiche, ma anche dall’iter (effettuare lavori significa appaltarli e seguire anche delle procedure) i cui tempi non sono quasi mai immediati e veloci come ci aspetteremmo.
Dalla nostra osservazione i circa 4 anni sono un periodo medio di realizzazione. Laddove c’è la volontà di realizzare l’adeguamento, il finanziamento e così via, vediamo che quasi mai i tempi sono inferiori ai tre anni, a conferma di una indubbia difficoltà generale. Stiamo parlando in generale dell’Italia, ma la Sardegna in qualche modo è coerente con il panorama nazionale, quindi non evidenzia dati molto diversi da quelli relativi al panorama nazionale, in questa difficoltà di adeguamento in tempi accettabili, dove i tempi accettabili sono tempi inferiori ai due, tre anni, nel panorama generale delle attività.

PRESIDENTE
Comprendiamo l’impegno e lo sforzo che il Corpo dei vigili del fuoco compie, ma abbiamo seguito e monitorato infortuni anche gravi e mortali, dove in effetti sembra essere stato insufficiente questo controllo su piccoli focolai d’incendio, che pure c’erano stati e in qualche modo rappresentavano un segnale, anche se non molto chiaro, perché in occasione di una tragedia è molto difficile stabilirlo. Ci è sembrato, però , che non ci sia una particolare attenzione da parte vostra nei controlli.
Per molti aspetti, mettendo da parte quelle attività dove c’è l’obbligo e quindi vi sono rischi elevati, in altre circostanze sembra che tutto termini nel momento in cui rilasciate la certificazione. Non ritiene che sarebbe più opportuno fare dei controlli anche dopo la certificazione?

META
Certo. Ogni anno cerchiamo di avviare, anche se con una certa fatica, procedure ulteriori alla fase obbligatoria della procedura, dell’esame della documentazione preventiva e quindi dell’approvazione di un progetto nuovo con il rilascio del certificato di prevenzione incendio (una sorta di agibilità per la parte antincendio). Tutti gli anni effettuiamo infatti una serie di controlli a campione, che vengono disposti dal capo del Corpo e viene individuata un’entità numerica, nel caso della Sardegna per quest’anno sono 317 i sopralluoghi che devono essere effettuati nell’anno su un certo tipo d’attività che noi, e io in particolare, abbiamo individuato per il 50 per cento nelle attività ospedaliere, un campo in cui in Sardegna abbiamo riscontrato che da troppo tempo non effettuiamo i controlli ispettivi aggiuntivi.
In realtà, questo momento ispettivo, seppure con molto fatica, lo abbiamo avviato e lo stiamo portando avanti da alcuni anni. Esiste quindi anche un momento ispettivo, ma l’ordine di grandezza in Sardegna è di 300 o 400 controlli all’anno, in aggiunta a tutte le altre procedure normali. Questo significa che in tutta Italia potranno essere meno di 10.000, quando le attività sono 500.000 o 600.000, e quindi bisogna anche rendersi conto che non siamo attrezzati e dotati, e forse non lo potremo essere mai, se non per controlli a spot.
È indubbio che alla fine dell’anno, quando avremo controllato queste 300-350 attività in Sardegna e 10.000 in tutta Italia, avremo un quadro più significativo, ma sarà pur sempre relativo ad un campione solo in parte rappresentativo.

PRESIDENTE
Questo vale per tutti, perché anche gli altri ispettori del lavoro, gli ispettori delle ASL non hanno un campione al 100 per cento delle attività che devono andare a controllare. L’importante però è che ci sia questa dinamica.

META
Questa c’è senz’altro, già da alcuni anni.

PRESIDENTE
Soprattutto con il coordinamento regionale, che ormai sta partendo, stando ai dati che abbiamo anche qui in Sardegna (tra l’altro c’è una convocazione prima della fine del mese, il 25 luglio, in base alla delega prevista dal Testo unico alla Regione), siamo convinti che questo possa rappresentare anche un momento di sinergia tra i soggetti che devono svolgere i controlli, le attività di contrasto agli infortuni ed anche tutelare la salubrità dei luoghi di lavoro. Stiamo puntando molto e contiamo molto su questo, perché spesso ci sono (non nel suo caso, ingegnere, perché il suo caso è un po’ particolare ed unico per le attività svolte) altri settori, come quelli che riguardano gli ispettori del lavoro e gli ispettori delle aziende sanitarie, che hanno dei punti di contatto per alcune materie, che dovreste trovare il modo di riuscire a coordinare, così come gli ispettori dell’INAIL e dell’INPS, che sono competenti nella ricerca del sommerso, uno dei filoni richiamati prima dal generale in un quadro generale. Siamo qui anche per sollecitare questo, per fare in modo che le risorse disponibili, che sicuramente non sono mai sufficienti, riescano, messe a regime, a dare un valore aggiunto e a delineare un quadro, voi per il territorio della Regione, noi per una visione più generale e più specificamente i Ministri, che devono essere relazionati su come stanno andando le cose.
Diversamente, questo mondo delle attività di prevenzione che svolgiamo rimane separato, perché le Regioni vanno per conto proprio, avendone anche titolo, così come il Parlamento ed il Governo. Anche le missioni che la Commissione sta svolgendo sono tese ad incoraggiare e sollecitare ancora di più questa collaborazione.
Le richieste che le ho fatto avevano proprio lo scopo di mettere a fuoco questo aspetto, vale a dire favorire al massimo la possibilità di lavorare insieme, altrimenti non si riesce ad operare. Non è che in ogni azienda, tra l’altro in un tessuto come il nostro, composto per il 90 per cento da microaziende, possiamo mandare un ispettore o un carabiniere. Non si può fare. Sarebbe come mettere un vigile urbano ad ogni semaforo. Speriamo che questo maggiore coordinamento ci possa dare dei risultati migliori, tenendo conto della cultura che in ogni singola Regione non va mai persa di vista, perché con tutti gli sforzi che si possono fare non si risolve nulla se non si capisce con chi si ha a che fare. Sotto questo aspetto, signor generale, il suo discorso mi è sembrato molto pertinente.

ROBUSTO
Noi cerchiamo di affermare più che mai la cultura della legalità in questo settore, anche nell’ambito delle attività che stiamo svolgendo con i giovani nelle scuole. Si parla tanto di cultura, infatti, ma ogni volta che accade un incidente sul luogo di lavoro scopriamo che manca quella cultura perché semmai è di altri Stati, non del nostro, il fatto di indossare il casco o di imbracarsi quando si sale su un ponteggio. Ci siamo quindi dati un obiettivo: quello di parlarne anche ai giovani, perché non è detto che un giovane che sta studiando domani non avrà bisogno di indossare il casco. Inoltre, ci stiamo formando tra di noi; è in atto un’attività che vede i tecnici, in veste di formatori dei nostri comandanti di stazione, svolgere un’attività a cascata. Quindi, nell’arco di un anno o due avremo una formazione sicuramente molto più specifica, tenuto conto che quello che si è appreso nelle scuole non è mai sufficiente e poi c’è il vissuto quotidiano. Con questa osmosi, c’è un riscontro immediato del valore di quello che si è appreso; quindi, bisogna coniugare tutto ciò che fa cultura con la realtà del luogo, che non può prescindere dalla cultura di questi luoghi.

PRESIDENTE
È fondamentale, tant’è vero che (prima parlavo con altri soggetti istituzionali) l’impegno c’è da parte del Governo, sia pure in termini di esperimenti. Penso, ad esempio, alla possibilità di un insegnamento di moduli nelle scuole. Sono state promosse iniziative importanti, che coinvolgeranno più di 800.000 giovani in tutta Italia, insieme con il Ministero del lavoro, il Ministero della sanità e l’INAIL; quindi, per noi è importante e condividiamo il fatto che la cultura della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro è l’arma che sconfiggerà, o per lo meno è il nostro augurio, il dramma degli infortuni, ma anche delle morti sul lavoro.
Da questo punto di vista siamo in piena sintonia anche con la Regione, con l’assessore regionale al lavoro, che ci ha parlato di tutti i corsi di formazione (ovunque ci sono dei moduli che riguardano la sicurezza). Questo significa che anche nel territorio dell’isola c’è questa sensibilità, che noi abbiamo colto in modo positivo questa mattina dalle varie persone che abbiamo ascoltato.
Ringraziando gli intervenuti per la loro collaborazione, dichiaro così conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il componente della segreteria regionale della CGIL Sardegna, signor Carmelo Farci, il segretario regionale della CISL Sardegna, signor Giovanni Matta, il segretario regionale confederale della UIL Sardegna, signor Terenzio Calledda, il segretario regionale della UGL Sardegna, signor Sandro Pilleri, il segretario generale della confederazione sindacale sarda (CSS), dottor Giacomo Meloni, accompagnato dai componenti della commissione regionale sulla sicurezza, dottori Raimondo Deriu e Paolo Cigone, il componente della direzione regionale CISAL Sardegna, dottor Michele Meloni, accompagnato dal segretario regionale, dottor Antonio Maullu, il segretario regionale della CONFSAL Sardegna, dottoressa Anna De Giudici Massazza, accompagnata dal componente della segreteria regionale, dottor Francesco Furcas.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali. Do il buongiorno e il benvenuto ai nostri ospiti. I motivi della presenza della nostra Commissione sono chiari: cercare di capire quanto meglio possibile, anche contando, in modo particolare, sui contributi che ci potete dare, il tema odioso, se non drammatico, degli infortuni e delle morti sul lavoro.

FARCI
Desideriamo innanzitutto ringraziarvi per l’opportunità offertaci, anche perché credo sia sempre importante che in una sede istituzionale ci si occupi di un tema così delicato e complesso, che ci sta tanto a cuore e che è certamente indice del livello di civiltà di una Nazione. Siamo anche convinti che ogni qual volta si determina un infortunio grave o addirittura mortale, esso rappresenti anche la sconfitta di un sistema e testimoni l’insufficienza e l’arretratezza dell’organizzazione del lavoro nel nostro Paese e, nel nostro caso, nella nostra Regione, oltre ovviamente al dramma umano e sociale e al costo economico che ne deriva.
Credo che non sempre, ancora oggi, la gravità di questo drammatico fenomeno venga percepita pienamente; ci si affida sovente, purtroppo, alle ondate emotive che spesso derivano da eventi luttuosi, tragedie eclatanti come quelle che abbiamo vissuto in Sardegna recentemente e che di fatto per qualche giorno guadagnano le cronache e le prime pagine dei giornali, ma poi puntualmente, purtroppo molto spesso, vengono dimenticate. Credo che su questo bisogna ragionare e credo anche che l’informazione giochi un ruolo essenziale anche per quanto riguarda la crescita della cultura della prevenzione, della sicurezza e soprattutto della legalità.
Quindi, passata l’emozione, tornando alla normalità spesso si aspetta il prossimo evento per ricominciare un ciclo sicuramente non degno di un Paese civile. Per fortuna, in questi ultimi anni i morti sul lavoro hanno subito una riduzione e questo, come è segnalato dagli ultimi dati dell’INAIL, è sicuramente un dato incoraggiante. I numeri confermano una lenta ma sostanziale inversione di tendenza, ma tutto sommato la realtà è quella in cui tutti i giorni muoiono sul lavoro tre persone: in questi giorni, mentre l’INAIL consegnava i propri dati, si registravano eventi che confermavano questa media. Sostanzialmente, bisogna ricordare che innegabilmente nella riduzione degli infortuni incidono molto la crisi economica e il sensibile calo della forza lavoro; ciò è ancor più vero in Regioni come la Sardegna dove viviamo un dramma occupazionale legato soprattutto a condizioni di difficoltà strutturale; inoltre, anche in Sardegna, parallelamente al dato nazionale dell’INAIL, si riscontrano una forte crisi occupazionale e una riduzione delle ore lavorate. Penso a settori trainanti come l’edilizia, dove si registra una riduzione del 15-20 per cento rispetto al 2008-2009. Si continua su questo trend, quindi incide con forza il fattore fisiologico legato al calo delle ore lavorate e dell’occupazione, soprattutto nell’industria e nella piccola realtà produttiva.
Vorrei sottolineare un dato che sicuramente l’INAIL avrà riferito nelle precedenti audizioni, il fatto cioè che la Sardegna ha una forma produttiva del tutto particolare. In questa Regione, infatti, le piccole imprese rappresentano il 90 per cento del mondo industriale e la realtà produttiva è costituita da piccolissime imprese dove di fatto è molto più difficile fare prevenzione e attività d’informazione e formazione; certamente il tessuto produttivo di queste dimensioni incide notevolmente anche sui risultati per quanto riguarda la sicurezza.
Sottolineo inoltre il fatto che in situazioni di forte crisi come queste aumenta il pericolo in termini di sicurezza dei lavoratori, perché il lavoro sommerso non consente di ottenere una conoscenza adeguata dei dati. A livello nazionale si valuta che siano 165.000 gli infortuni non denunciati; la ritengo una stima al ribasso perché, anche se non si può misurare, è chiaro che in periodi come questo si verifica una forte tendenza all’incremento del sommerso e dell’attività illegale; ancora di più , in queste situazioni e specialmente in alcuni settori, spesso gli infortuni si trasformano in malattie. Molto spesso nelle piccole e piccolissime aziende si fa tutto il possibile perché l’infortunio di un lavoratore venga trattato come una sorta di sospensione o in qualche caso di lavoro non retribuito, per cui nei giorni in cui si è subito un infortunio si sta a casa. Si tratta dunque di una situazione difficile in cui il lavoro trova delle difficoltà ad affermare la sua dignità. Conosciamo i dati relativi alla Sardegna: la disoccupazione è al 13,5 per cento e quella giovanile sta sfiorando il 48 per cento; la situazione è drammatica anche rispetto alle condizioni sociali dell’isola, dove 400.000 persone vivono al di sotto della soglia di povertà. Si tratta quindi di un contesto sociale ed economico assai complicato.
Per essere stringenti sulle questioni legate alla prevenzione e sicurezza sul lavoro, ritengo sia necessario capire come si sta intervenendo. In Sardegna bisogna recuperare il forte ritardo maturato rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008; per la sua applicazione bisogna quindi sicuramente attivarsi per consentire di recuperare. La costituzione del comitato regionale di coordinamento in materia di sicurezza sul lavoro è sicuramente un fatto che non possiamo tralasciare perché i ritardi nel renderlo operativo sono imputabili a responsabilità proprie della Sardegna. Tale organismo, che è stato attivato in quasi tutte le Regioni d’Italia, si è insediato anche in Sardegna nel 2008, ma non ha mai operato. Noi crediamo che esso debba avere un ruolo fondamentale per il coordinamento e l’integrazione dei servizi in Sardegna per quanto riguarda le ASL, i cantieri edili, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e quindi l’attività ispettiva dell’ufficio regionale del lavoro. Noi puntiamo molto di su esso, ci abbiamo creduto molto negli anni in cui si è insediato, anche e soprattutto perché in quell’occasione si è riusciti a dotarlo di risorse; la cultura della prevenzione e della sicurezza si crea infatti anche attraverso la disponibilità di risorse e in quel caso, se non ricordo male, erano stati messi a disposizione 4 milioni di euro che potevano essere investiti per intervenire sugli organici delle ASL e, soprattutto, per creare occasioni di formazione e informazione in settori particolarmente a rischio come le costruzioni; tali somme vanno sicuramente recuperate e portate e rese operative. Questa è una richiesta che facciamo come CGIL, ma credo che tutte le organizzazioni sindacali puntino molto a rendere operativo questo comitato.
Per quanto concerne le altre questioni, è chiaro che la formazione riveste un ruolo fondamentale. A nostro avviso, la formazione d’ingresso per gli apprendisti e soprattutto nelle scuole di ogni ordine e grado va fatta stabilendo dei percorsi formativi per i ragazzi, perché la cultura della sicurezza si forma soprattutto quando si è negli anni dell’apprendimento, quando c’è la possibilità di capire meglio i meccanismi di certe realtà. Il mese scorso come CGIL abbiamo fatto un’esperienza importante e ci siamo attivati per ragionare insieme ai ragazzi degli istituti tecnici di Cagliari. È stato un momento importante, cui abbiamo abbinato uno spettacolo teatrale in cui abbiamo portato il dramma degli infortuni sul lavoro. Devo dire che dai ragazzi è venuta una risposta forte.
Vi è poi tutto il tema dell’informazione da effettuare con campagne mirate su questi temi soprattutto nei posti di lavoro e nelle scuole; inoltre va fatto un ragionamento sul ruolo delle ASL nella prevenzione. Crediamo infatti che il sistema sanitario in generale sia inadempiente e oggi gli operatori delle ASL devono essere messi in condizione di agire meglio, di essere davvero un supporto fattivo e costruttivo per le imprese e per i lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro, non occupandosi soltanto delle visite mediche, ma essendo più presenti; questo per noi è essenziale.
Non torno sulla questione del lavoro illegale oggi sempre più presente nel mondo della produzione. Ciò è successo anche perché in Italia, e in Sardegna in particolare, si è creata una difficoltà a trovare lavoro, a trovarne uno dignitoso e rispettoso delle regole, delle leggi e dei contratti, cosa che sicuramente può consentire di sviluppare la cultura della sicurezza, della prevenzione e della legalità.
Cito soltanto alcune questioni, a partire da quella degli appalti, subappalti e subforniture, che è uno dei punti in cui si annida maggiormente il lavoro illegale ed è lì che di fatto bisogna operare affinché si possa sconfiggere soprattutto quel meccanismo perverso rappresentato dagli appalti al massimo ribasso. Noi crediamo che vadano trovate altre forme perché molto spesso, quando si è all’ultimo anello della catena, chi paga le conseguenze sono i lavoratori, che sono davvero i soggetti che subiscono le conseguenze maggiori, considerato che per creare un minimo di profitti si risparmia anche sulla sicurezza.
Inoltre, tale fenomeno si registra soprattutto in alcune parti della Sardegna, come la Gallura, dove tra l’altro riscontriamo una realtà del tutto sconosciuta negli anni scorsi: mi riferisco al lavoro dei migranti, che presenta nuove difficoltà su cui anche il comitato regionale dovrebbe incentrare il suo lavoro per capire come agire soprattutto in alcuni settori ed in particolare nell’edilizia.
Crediamo inoltre che sia necessario qualificare il sistema delle imprese. Io provengo dal settore delle costruzioni, un comparto particolare anche per quanto attiene la sicurezza sul lavoro, dove avvengono incidenti gravi e mortali. Credo che oggi sia troppo semplice diventare impresa, in particolare in alcuni settori. Non credo sia più accettabile che in poco tempo si possa diventare imprenditori senza avere conoscenze minime sull’organizzazione del lavoro e in relazione alla capacità e alla consistenza finanziaria, tecnologica, alla conoscenza delle leggi e soprattutto in materia di lavoro. Oggi purtroppo per diventare lavoratore o operaio specializzato occorrono 10-15 anni, mentre per diventare imprenditore bastano poche ore e l’iscrizione alla camera di commercio. Credo che ciò debba finire, perché quando si entra a far parte del grande mondo dell’imprenditoria molto spesso ci si arriva con questo sistema, senza qualità.
Un’altra questione importante riguarda la contrattazione. Il 28 giugno sono stati siglati accordi importanti, non ultimo quello nel settore artigiano con CGIL, CISL e UIL, in relazione alla salute e alla sicurezza sul lavoro.
È un accordo importante che punta a dare consistenza, così come fa il decreto legislativo n. 81 del 2008, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in sede territoriale. Bisogna puntare molto su queste figure nel settore artigianale, e la Sardegna è una Regione in cui prevale la presenza di imprese artigiane, occorre dare a questi lavoratori (RLST) la possibilità di operare, formarsi e lavorare sul territorio. C’è bisogno di agibilità e della possibilità di stare sul territorio con mezzi, strumenti e risorse che consentano loro di svolgere al meglio il proprio lavoro. Allo stesso modo è importante continuare sulla strada della prevenzione sui posti di lavoro, che però deve essere accompagnata anche dalla repressione attraverso sanzioni comminate alle imprese inadempienti, che costituiscono sempre un deterrente importante; credo inoltre che chi sta sul mercato senza regole e viene scoperto a delinquere – perché di questo si tratta – debba essere interdetto e cacciato dal sistema delle imprese. Credo che queste siano sicuramente considerazioni da portare avanti.
Concludo dicendo che anche in Sardegna l’INAIL può sicuramente essere un importante ente per sviluppare una proficua collaborazione, utilizzando risorse e realizzando sinergie con le organizzazioni sindacali, non per svolgere solo un ruolo contabile, ma per sviluppare azioni concrete sul territorio in merito alla sicurezza.

MATTA
Signor Presidente, vi ringrazio per questa opportunità che ci viene data, ma anche per esservi messi in viaggio verso la Sardegna, perché non c’è miglior modo di capire come si vive in un’isola se non attraversando il mare e cercando di raggiungerla per poi ripartire con i mezzi che abbiamo a disposizione e di cui qualcuno vorrebbe privarci visto le vicende della Tirrenia. Non è l’argomento di discussione, però mi pareva importante anche questo aspetto.
Per venire al merito della questione, ha detto bene il collega, credo sia difficile parlare di problematiche legate all’infortunistica in Sardegna in una condizione avulsa da una lettura dinamica di quello che sta accadendo all’interno del nostro sistema produttivo, che non ha riscontro in altre realtà del Paese e non ha elementi di paragone con altre situazioni regionali. Certamente la crisi che ha investito il sistema occidentale e l’economia italiana ha lasciato una condizione particolarmente difficile, però è anche vero che questa crisi ha avuto in Sardegna degli effetti dirompenti perché si è innestata in una situazione pregressa ai fatti del 2008 e perché l’andamento del sistema produttivo già risentiva di forti elementi di contrazione. Dal 2004 in poi il nostro PIL è stato decisamente inferiore all’andamento del PIL nazionale. Anche oggi siamo nella stessa condizione: le stime più attendibili dicono che per il Paese ci si attende un PIL prossimo all’1 per cento e i dati forniti anche dalla Banca d’Italia nella relazione della settimana scorsa alla presentazione delle realtà regionali indicano che il PIL della Sardegna si discosterà di pochissimo dallo zero. Questa è una situazione di difficoltà, ma per rendere più esplicita la fotografia è bene citare alcuni dati: siamo tra le prime Regioni per disoccupazione. Il nostro tasso è pari al 13,9 per cento, quasi il doppio della dimensione nazionale. Il tasso di occupazione è stimato al 51,9 per cento, ultimo dato ISTAT fornito il 1º luglio scorso, che dice che siamo distanti sei punti dal tasso di occupazione medio nazionale. Se poi il raffronto lo dovessimo fare con le Regioni del Centro-Nord la distanza è siderale. Nel corso dell’ultimo triennio sono stati persi in Sardegna 24.000 posti di lavoro, coinvolgendo nella contrazione occupazionale settori importanti quali industria, agricoltura e soprattutto in termini abbastanza preoccupanti il settore delle costruzioni. Un ulteriore dato di criticità è il ricorso agli ammortizzatori sociali: secondo dati aggiornati al 30 giugno 2011, 700 imprese hanno chiesto di accedere agli strumenti della cassa integrazione in deroga per un totale di 11.000 lavoratori ai quali bisogna sommare 2.000 lavoratori in mobilità in deroga, alcuni dei quali in deroga dalla prima struttura della deroga introdotta in Italia nel 2005. Nel corso del 2010 97.000 lavoratori, secondo i dati dell’INPS, hanno acceduto al godimento dei diversi ammortizzatori sociali che il sistema previdenziale mette a disposizione. A fronte di tale situazione, sul versante infortunistico, specie quello che interessa i ragionamenti che stiamo facendo oggi, si evidenzia una realtà piuttosto complicata. Tratterò innanzitutto l’andamento dei dati positivi: l’INAIL ha messo in evidenza – questo va sottolineato con molto favore – una diminuzione del numero degli infortuni, che a livello nazionale è stato del 9,7 per cento, mentre in Sardegna del 7,4 per cento. Non siamo riusciti a seguire neanche il trend nazionale. Questa contrazione si intreccia in modo preoccupante con la dimensione cui facevo riferimento prima: sono diminuiti gli infortuni perché sono diminuite le occasioni o perché sono diminuiti i lavoratori? Questo è un punto di domanda al quale stiamo cercando di dare una risposta. I dati occupazionali per settore ci confermano questa perplessità: gli addetti in agricoltura in Sardegna sono il 5,8 per cento, mentre a livello nazionale il 3,8; nell’industria, comprese le costruzioni, sono il 20,7 per cento contro il 20,9 del dato medio nazionale e i servizi in Sardegna hanno raggiunto il 73,5 per cento contro il 67. Come ben sa questa Commissione, ma anche tutti coloro che sono seduti a questo tavolo, il settore dei servizi è decisamente a bassa incidenza di infortuni e per fortuna l’aumento esponenziale di questo settore ha portato a una riduzione del numero delle occasioni di infortunio. Da un’attenta disamina del fenomeno infortuni risulta che nel corso del 2009 gli infortuni in ambiente di lavoro sono diminuiti dell’8,9 per cento e siamo passati da 14.728 nel 2008 a 13.413 nel 2009, mentre risultano in incremento – questo è l’elemento che ci deve preoccupare di più – quelli causati dalla circolazione stradale occorsi a lavoratori che operano sulle strade come autotrasportatori per merci e persone, addetti alla manutenzione stradale, ai recapiti, commessi viaggiatori eccetera. In questa massa di lavoratori sono successi infortuni di vario genere coinvolgendo circa 4.000 persone. Quelli che ci preoccupano maggiormente sono quelli accaduti in itinere, nel tragitto tra la casa e il lavoro. Questa dinamica si ripete anche negli infortuni mortali (passati dai 28 del 2008 ai 40 del 2009, ai 30 del 2010) perché il 50 per cento di questi infortuni avvengono nel tragitto tra casa e lavoro. Questa situazione ci dovrebbe far riflettere sulla condizione delle infrastrutture soprattutto viarie in Sardegna e solleciterebbe una riflessione e, siccome parliamo di fronte ad autorevoli rappresentanti delle istituzioni, anche risposte coraggiose e coerenti. Per quanto riguarda gli infortuni mortali dall’inizio del 2011 a oggi siamo a 15 infortuni, di cui 7 in itinere.
Per quanto riguarda la rischiosità sul lavoro, tornando al discorso sull’ambiente di lavoro, è da porre in evidenza la situazione dell’agricoltura che, a nostro giudizio, pretende una risposta forte. In questo settore, che occupa solo il 5,8 per cento della forza lavoro, accadono il 15 per cento del totale degli infortuni in Sardegna, più del doppio del dato nazionale che si attesta al 7 per cento. Diminuisce – questa è una notizia confortante, ma è pur sempre alto – il dato degli infortuni nell’industria manifatturiera: è passato in due anni dall’11,2 per cento al 10 per cento, in maniera coerente con l’andamento economico dell’industria, e inferiore di 8,5 punti percentuali rispetto alla media nazionale, che si attesta sui 18,5 punti percentuali. Siccome abbiamo perso terreno in questo settore, quello che ci accompagna nelle nostre meditazioni è quello cui facevo riferimento prima. Abbiamo anche un calo del numero degli infortuni all’interno del settore delle costruzioni, passati dal 12,9 per cento all’11,9 per cento sul totale. È anche vero che l’edilizia ha perso – come diceva poc’anzi il collega della CGIL – una marea di lavoratori e questa emorragia pare non sia destinata nel breve periodo ad attenuarsi. L’andamento degli infortuni per Province ci mostra che al primo posto si colloca Cagliari, con 5.800 infortuni, al secondo Sassari e al terzo Olbia-Tempio. Non essendo connotata la Provincia di Olbia-Tempio da una forte caratterizzazione industriale questo fa sorgere alcuni interrogativi. Per quanto riguarda l’andamento dei settori, nel terziario abbiamo avuto 3.413 infortuni; nell’industria 3.310; in agricoltura 2.477; nell’artigianato 2.173 e in attività diverse 1.800 infortuni. Un dato preoccupante è che tra i lavoratori dello Stato in Sardegna nel 2009 ci sono stati 1.714 infortuni. Questo dato rimanda all’istituzione di cui siamo ospiti, che dovrebbe interrogarsi una volta di più su quello che sta succedendo. Nei lavori a domicilio abbiamo avuto 114 infortuni. Fortunatamente nel settore delle casalinghe ci sono stati cinque infortuni, ma è un dato che deve sempre allarmare. Se incrociamo la declaratoria dei dati con i territori, notiamo che il territorio del Sulcis Iglesiente, pur essendo a più alta intensità industriale, non è tra i primi in graduatoria e, infatti, nel corso dell’ultimo anno utile per i rilevamenti abbiamo solo 1.080 incidenti. Questo ci deve far interrogare su cosa sta accadendo: certamente la prevenzione funziona maggiormente dove sono presenti le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) e quando questa è supportata da tutte le attività fuori e dentro l’azienda. La prevenzione non funziona invece – è un elemento che più ci interroga e ci sollecita e credo solleciti tutti coloro che partecipano a vario titolo alla gestione di una tematica come questa – all’interno del sistema delle piccole imprese. Abbiamo già detto dell’agricoltura per i problemi noti, ma anche l’artigianato non è da meno e neanche il terziario pare esente da queste problematiche. Si tratta di settori dov’è difficile costituire la RSU, dov’è problematico costituire il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), dove è difficilissimo costituire il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST). Che fare di fronte a questa situazione? Noi pensiamo ci siano tre dimensioni dove intervenire: certamente il primo sforzo deve essere quello di applicare la legislazione vigente. Noi da sempre siamo stati contrari e lo siamo tuttora a un atteggiamento vessatorio nei confronti delle imprese perché non possiamo inasprire ulteriormente gli interventi sanzionatori, ma vogliamo che quelli già esistenti siano applicati. Noi, infatti, stiamo riscontrando una certa difficoltà a far rispettare le leggi. Il primo aspetto è quello della certezza della pena e della sanzione. Quando le imprese vengono colte in flagranza di reato non possono esserci ulteriori attenuanti. Ho il meritato onere e onore di partecipare alla commissione regionale per l’emersione da lavoro nero e raccontavo prima ai colleghi che dopo anni di lavoro all’interno della suddetta commissione continuiamo ad avere uno zoccolo duro del 20 per cento fisso di aziende che operano in nero in Sardegna. Il lavoro nero in Sardegna – non lo dico per i sardi, ma per quelli che vengono dal continente – è diverso dal lavoro nero nel Nord. Il nero è nero in assoluto: sono in nero la paga, gli oneri contributivi e il rapporto con gli istituti previdenziali. Non è in nero perché non si vogliono pagare le tasse e poi sulla parte di stipendio formale c’è la copertura assicurativa, qui non c’è niente: il nero è assolutamente un’area grigia lontana da qualunque rispetto delle regole. Questo dato, come potrà essere tranquillamente desunto dalla lettura delle relazioni che semestralmente la commissione fa, è perenne da sei anni a questa parte. Certamente è figlio della crisi generale che interessa la Sardegna, certamente è da rimandare a una distrazione nelle verifiche e controlli che vengono effettuati, ma è da rimandare anche ad una difficoltà di governo di un processo che interessa la Sardegna e che ha un aspetto particolare, come diceva prima il collega.
Delle 147.000 imprese operanti in Sardegna (dato delle camere di commercio), il 95 per cento si attesta fra uno e tre dipendenti; quindi, il governo, il rispetto, l’applicazione, ma anche il controllo delle norme appaiono sempre più problematici, anche perché per lungo tempo gli uffici ispettivi dei diversi istituti erano al di sotto della capacità richiesta per il servizio di cui necessitava la Sardegna ed erano insufficienti anche rispetto al numero delle persone che fisicamente potevano essere dedicate a questo tipo di attività.
L’altro elemento, che pure è previsto dall’ultimo decreto legislativo in materia, è quello del coordinamento, che appare di sempre più difficile gestione. Noi abbiamo provato anche a creare uno strumento aggiuntivo, pensando che la partita della prevenzione degli infortuni, oltre all’aspetto sanzionatorio e alla puntuale imposizione del rispetto dei vincoli, richieda una forte azione concertativa. Per realizzarla, forti di questa convinzione, abbiamo proposto un tavolo con le associazioni imprenditoriali, con le ASL, con i diversi uffici dell’amministrazione pubblica (INPS, INAIL, ma anche direzione regionale del lavoro), amministrazioni provinciali, amministrazione regionale; abbiamo chiesto e ottenuto quattro anni fa che questo tavolo di concertazione e di coordinamento di governo venisse anche supportato con una dote finanziaria in carico alla Regione, che poi destinava agli interventi via via individuati per le questioni legate alle manovre di assestamento di bilancio, operate soprattutto nel 2010 e nel 2009, ma questa cifra è stata prima sospesa nell’efficacia e poi alla fine cancellata. Eppure, bisogna ripartire da lì.
Pensiamo occorra compiere una forte azione sinergica tra tutti gli uffici ispettivi, anche perché non è possibile non coprire l’intero territorio regionale e se si vanno a cercare sempre le solite imprese, ce n’è sempre una parte che resta nell’ombra e che continua ad agire in modo non conforme a quello che prevedono le norme; quindi, bisogna intensificare l’azione ispettiva, ma soprattutto integrarla: se un soggetto viene individuato dal nucleo dei carabinieri perché è fuori norma, è inutile che venga visitato anche dall’ufficio ispettivo dell’INAIL e poi anche dell’INPS, della direzione regionale del lavoro, dell’Agenzia delle entrate e magari anche da qualcun altro, perché è stato già identificato. Si tratta di monitorarlo, di mettere in rete i dati, eccetto quelli secretati per ragioni derivanti da provvedimenti giudiziari, ma tutti gli altri dati conoscitivi devono assolutamente essere messi in rete. Questo pacchetto lo si voleva finanziare e si chiede ancora di finanziarlo perché è l’unico modo per ottimizzare le energie oggi a disposizione.
L’ultima questione riguarda l’azione sanzionatoria, soprattutto nei confronti delle imprese che operano nel settore degli appalti. Non è pensabile che in questo settore le imprese che vengono individuate e colte in flagranza di reato continuino ad agire indisturbate nel mercato del lavoro. Come per la patente a punti, chi viene colto in stato di ebbrezza o causa un incidente di particolare gravità o guida contravvenendo gli obblighi previsti dal codice della strada non riceve una semplice ramanzina e viene lasciato andare, ma i punti si sottraggono fino alla completa sospensione della patente. Per l’imprenditore deve valere la stessa cosa. Magari non è possibile istituire la patente a punti, ma è chiaro che chi opera nel sistema degli appalti, soprattutto degli appalti con le risorse pubbliche, se viene colto in flagranza di reato deve essere lasciato fuori e non più invitato a partecipare alle gare d’appalto.

CALLEDDA
Desidero ringraziare a nome della UIL Sardegna la Commissione per questa convocazione.
Faccio mio quanto già detto dai colleghi della CGIL e della CISL, ma tengo a sottolineare alcuni aspetti. Mi riferisco alla direttiva n. 89/391/CE e in particolar modo all’articolo 11: «I datori di lavoro consultano i lavoratori e/o i loro rappresentanti e permettono la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti in tutte le questioni che riguardano la sicurezza e la protezione della salute durante il lavoro». Per questo voglio dire che uno dei primi punti critici è proprio la mancanza di rappresentanza. Nei nostri territori non è garantita la rappresentanza con i rappresentanti dei lavoratori della sicurezza, con i rappresentanti dei lavoratori della sicurezza a livello territoriale e questo è un problema perché viene a mancare complessivamente una forte azione di controllo e di supporto da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali. Ritengo sia importante, invece, estendere, garantire e supportare la rappresentanza.
Un secondo aspetto negativo è che su tutto il territorio della Sardegna grava moltissimo la mancanza del coordinamento che viene attribuito alla Regione secondo il DPCM del 21 dicembre del 2007; in sostanza questo coordinamento non funziona, quindi tutte le attività d’indirizzo e di programmazione nei territori non avvengono per mancanza di funzionamento del coordinamento. Questo è il secondo punto critico che è già stato evidenziato. La mancanza del coordinamento fa sì che tutti i vari soggetti che operano a livello provinciale e territoriale non parlino la stessa lingua, che tra di loro si capiscano male, le banche dati non interagiscano, non utilizzino sistemi operativi che possono essere confrontati. I dati di cui dispone un’istituzione non sono consultabili dagli altri e per fare un raccordo tra due istituzioni ci vogliono magari due mesi, cosa che invece potrebbe essere superata e l’azione potrebbe essere efficace ed incisiva a fronte di un’iniziativa di coordinamento e di una dotazione di software a disposizione di tutti i soggetti (mi riferisco agli ispettori del lavoro, agli ispettori dell’INPS, di tutte le forze che operano nel territorio).
In Sardegna poi, come è stato abbondantemente detto, l’accordo che fu sottoscritto tempo fa, che prevedeva quattro milioni di euro a disposizione anche per questa esigenza di coordinamento, è rimasto inapplicato e non una lira è stata spesa in azioni positive. Quindi, è sfumata anche tutta l’iniziativa che si ricordava prima negli altri interventi di tavoli di concertazione, dove tutte le parti in gioco potevano fare sinergia e fare sistema. Questo manca e quindi ognuno sul territorio si muove per conto proprio e le azioni diventano inefficaci, fino ad arrivare all’assurdo che una singola azienda venga controllata sistematicamente da tutti quelli che in qualche modo hanno un ruolo.
Credo quindi che i due punti fondamentali siano quelli appena richiamati: la rappresentanza e il funzionamento del coordinamento. Soprattutto nelle aziende piccole, ma questo vale anche per lo Stato, per gli enti locali, per i piccoli Comuni, la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza diventa un fattore sconosciuto. La normativa in questo è carente; mi permetto di suggerire, ad esempio, che per quanto riguarda i Comuni potrebbe essere integrata una semplice norma che consenta, nelle unioni dei Comuni o comunque nei Comuni polvere, di mettersi assieme e di far agire con le agibilità, con i requisiti e le prerogative previste dalla legge, il rappresentante territoriale della sicurezza, anche nei Comuni.
Ritengo infatti che sia emerso chiaramente quanto importante sia il ruolo dello Stato e del pubblico nell’essere d’esempio nell’applicazione delle norme sulla sicurezza. Penso di poter dire che la normativa in materia in Italia sia una di quelle più all’avanguardia nel mondo ed occorre semplicemente che venga applicata, in modo che ci possa garantire un lavoro sicuro a norma di legge. Se però lo Stato, la Regione e gli enti locali sono i primi a non applicare la normativa sulla sicurezza, mi chiedo come sia possibile dialogare con soggetti terzi cercando di far applicare la legge. Ritengo quindi che il ruolo fondamentale del buon esempio, della buona prassi, debba essere svolto dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali. Mi permetto di dire che un’azione che non costerebbe nulla in tal senso sarebbe quella di fare in modo che (anche se la legge in realtà già lo prevede, ma di fatto non è svolto) Stato, Regioni ed enti locali rendano obbligatoria, nelle loro rispettive strutture, la pubblicazione trasparente dell’organizzazione aziendale della sicurezza sul lavoro, in modo che sia chiaro di chi sono le responsabilità, a chi compete fare cosa, in che modo e in che tempi. Questo non costerebbe nulla ma avrebbe un’azione efficace dalla Sicilia al Trentino, passando per la Sardegna e tutte le altre Regioni a statuto speciale.
Mi permetto di segnalare che nelle istituzioni dove è stato fatto, questo ha permesso di andare a certificare la qualità e la sicurezza sul lavoro e quindi di fare quella che si chiama cultura della sicurezza e agire in prevenzione. Se le istituzioni si confrontano alla pari, sapendo dare il buon esempio, è chiaro che sono credibili sul territorio. Se andiamo in un ispettorato del lavoro dove magari ci sono le scale ripide e un portatore di handicap non ci può salire, è chiaro che è difficile affermare che ci trasmettono il senso della cultura della sicurezza. Dai dati che abbiamo, questa azione non costerebbe praticamente nulla, si tratterebbe di rendere protagonisti i Ministeri, la Regione, i Comuni, i loro dirigenti, i loro responsabili e tutti quelli che svolgono un ruolo nella sicurezza sul lavoro. Sarebbe bello che un cittadino, entrando in Comune, alla Regione o nel Ministero potesse vedere che questo funziona, respirando così un’aria e un clima di sicurezza. Sarebbe stato opportuno, anche nell’aggiornamento del Piano sanitario regionale, prevedere una strategia regionale per la sicurezza sul lavoro collegando le azioni dei vari assessorati della Regione, ma qui siamo ancora (CGIL, CISL e UIL lo hanno detto anche nell’audizione presso il consiglio regionale) al fatto che gli associati tra di loro non dialogano.
Questo è un errore nel caso della sicurezza, perché tutti i soggetti interessati devono assolutamente dialogare tra loro e rendere comune il patrimonio di idee e proposte, anche se purtroppo però ciò non avviene. Quindi, là dove dovrebbe partire l’azione di protagonismo per la sicurezza sul lavoro si riscontra un’assoluta assenza di interventi concreti.

PRESIDENTE
La invito a concludere perché altrimenti non riusciamo a portare a termine le audizioni.

CALLEDDA
Per concludere, nei lavori del Consiglio regionale dell’economia e del lavoro (CREL) è emerso che la polizia municipale potrebbe svolgere, anche con gli altri ispettori, un ruolo di coordinamento mirato sul territorio; ciò potrebbe essere utile visto che in Sardegna vi è una carenza di ispettori a tutti i livelli.

PRESIDENTE
Inviterei ad evitare di ripetere temi ricorrenti nelle varie esposizioni, perché se si ripete tutto ogni volta diventa difficile procedere con le audizioni.

PILLERI
Signor Presidente, ringrazio la Commissione parlamentare per l’opportunità che ci è concessa; cercherò di non ripetere quanto è stato già detto dai colleghi delle altre organizzazioni, che hanno fatto una disamina molto articolata, limitandomi solo ad alcune osservazioni; quindi conterrò il mio intervento in tempi stretti.
Anche noi sollecitiamo l’intervento della Regione Sardegna per quanto riguarda l’attivazione del comitato regionale di coordinamento, che è stato costituito nel 2008, ma non ha proseguito la sua attività.
Concordo con le affermazioni fatte per quanto concerne le morti sul lavoro, perché abbiamo rilevato che per la maggior parte gli infortuni e le morti sul lavoro sono incidenti in itinere, quindi anche per questo è indispensabile e urgente intervenire sulle infrastrutture. Nel settore della grande industria (e non solo), dove sono presenti gli RLS, le misure per la sicurezza funzionano; laddove tali rappresentanti non ci sono (e mi sto riferendo alla gran parte delle aziende in appalto) non esiste sicurezza. Gran parte degli infortuni avviene proprio nelle ditte appaltatrici, che quindi devono essere chiamate a rispettare le stesse norme cui sono soggette le aziende appaltanti.
Un altro fenomeno specifico della Sardegna è il grande disastro ambientale dei poligoni militari, dove ci sono lavoratori che hanno contratto delle patologie; bisogna quindi far luce anche su quegli episodi e riconoscere gli operatori che hanno contratto malattie, alcuni dei quali sono deceduti. La Comunità europea propone di ridurre del 25 per cento le spese per la sicurezza in capo alle aziende; ovviamente l’organizzazione sindacale che rappresento è contraria.
In conclusione, per quanto riguarda l’edilizia, laddove le imprese devono presentare il documento unico di regolarità contributiva (DURC) c’è sicurezza; ritengo pertanto che tutte le aziende del settore debbano seguire questo approccio. In quel caso le casse edili hanno una funzione di controllo notevole che sicuramente ha dato i suoi frutti. Termino qui la mia esposizione, credendo di aver toccato questioni di grande rilievo in poco tempo.

DE GIUDICI MASSAZZA
Eviterò di toccare i temi già trattati dai colleghi in modo significativo ed esplicativo. Vorrei soltanto dire che questa riunione è molto importante e ne sarebbero state necessarie altre visto che in questo momento la crisi che investe la politica e il lavoro in Italia si ripercuote inevitabilmente anche sulla nostra isola. Viviamo infatti un momento in cui sorgono tanti dubbi e vengono a mancare determinati sostegni al mondo del lavoro, ma è necessario non ridurlo quasi a un premio per pochi. Il lavoro è alla base della nostra vita e come tale deve essere concesso a tutti. Tutta l’Italia adesso si trova in questa situazione di grande depressione del lavoro, così come altre nazioni europee e del mondo; credo però che un’isola come la Sardegna, che indubbiamente deve fare i conti con enormi spese di trasporto e con un certo depauperamento del proprio territorio, ne risenta in modo particolare. Tale situazione sfocia ad esempio in diversi fenomeni come la ribellione dei pastori laddove non possono più portare le proprie greggi e quindi vengono privati della possibilità di finanziarsi per sopravvivere; può portare alla chiusura di negozi e alla crisi in un settore come quello della scuola, importantissimo per la formazione di tutti gli uomini, in cui addirittura precari con dieci anni d’insegnamento vengono buttati sulla strada senza avere la possibilità di proseguire nel loro lavoro. Non si fanno concorsi, non si aiutano questi settori così delicati e sofferenti: ne so qualcosa perché lo SNALS, importantissimo sindacato della scuola, è tra le organizzazioni che rappresento. Tutto l’insieme ne viene a soffrire, specialmente in quest’isola che è così separata dal resto dell’Italia: spesso quest’ultimo elemento non è neanche preso in considerazione, ma è molto importante. Se la crisi c’è in tutta l’Italia, tanto che ogni giorno viviamo con il terrore (almeno dal punto di vista politico) di rischiare il nostro declassamento, dobbiamo pensare a cosa ciò potrebbe comportare in futuro per la Sardegna, che è un’isola tanto grande, ma molto poco abitata (solo 1,5 milioni di abitanti), e quindi offre meno possibilità di trovare lavoro.
Queste riunioni dovrebbero quindi svolgersi più spesso, dando ai sindacati che si interessano della materia la possibilità di conoscere tutte le informazioni e inserendo la discussione in un dibattito generale che coinvolge tutta la nazione. Oggi assistiamo a una situazione economica tremenda che sarà sempre più terribile se non si prendono decisioni molto chiare e soprattutto se questo Governo non comincia ad attivarsi non solo per questioni politiche, ma anche per tutto quello che può portare assistenza al mondo del lavoro. La Sardegna sta perdendo quota, forse più delle altre Regioni dell’Italia, perché è un’isola che vive la sua vita, forse non con molti legami con il resto dell’Italia.
In conclusione, chiederei di farci avere informazioni sulla condizione del mondo del lavoro in tutti i suoi aspetti, ma gradirei che si svolgessero riunioni più ravvicinate. Rinuncerò a parlare perché i colleghi delle altre organizzazioni hanno parlato troppo a lungo, ma avrei molto altro da dire.

PRESIDENTE
Lei non ha rinunciato a parlare, lei ha parlato.

MELONI Giacomo
Signor Presidente, accolgo l’invito del Presidente alla brevità e deposito agli atti il testo del mio intervento; vorrei però fare qualche sottolineatura. Dopo il decreto legislativo n. 81 del 2008 si è determinata una svolta a livello di attivazione e ad esempio la Regione Sardegna, con le delibere n. 60 del 2008 e n. 37 del 2009, ha dato indicazioni precise. Gli elementi legislativi ci sono tutti, il problema è che c’è lentezza nell’applicazione dei dispositivi. Ad esempio, gli sportelli informativi non sono stati attivati, invece è improcrastinabile l’attività d’informazione e di sensibilizzazione della popolazione lavorativa (e non) sui temi della sicurezza.
Per quanto riguarda la vigilanza nei cantieri edili è necessario attivare quanto prima il coordinamento territoriale al fine di garantire una più efficace attività di prevenzione ed evitando le sovrapposizioni degli enti. In ultimo, come hanno detto tutti i colleghi, va sottolineato che bisogna assolutamente ci sia coordinamento.
Si stigmatizza inoltre la mancata attivazione di un sistema territoriale, regionale o nazionale per l’acquisizione dei dati relativi alle violazioni riscontrate in sede ispettiva. Manca cioè lo strumento essenziale perché si possa imporre la sanzione. Voi sapete che se manca questo, poi risulta inutile avere la struttura, che noi condividiamo, rappresentata da tutte le sanzioni che devono essere operate.
Concludendo, un ultimo elemento è quello relativo alla dotazione degli organici. Bisogna assolutamente che le figure prevalenti ispettive del Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (SPRESAL) siano coperte; i tecnici delle ASL devono essere veri tecnici e non addetti ad altre funzioni, perché altrimenti non vi è corrispondenza neanche nei dati: secondo le tabelle regionali, infatti, le dotazioni organiche sono al completo, ma tale quadro non corrisponde al vero in quanto molti di questi svolgono attività diverse da quelle ispettive. Il concetto principale è questo; è inutile invocare altre leggi, perché ci sono.

MARAVENTANO
Potrebbe ripetere? Non ho capito cosa intende quando parla di controlli che vengono effettuati da parte delle ASL.

DERIU
Le deliberazioni regionali prevedono che all’interno di ogni ASL siano occupati almeno il 60 per cento dei tecnici della prevenzione, che fattivamente svolgono il ruolo di ispezione all’interno delle attività lavorative. Questa percentuale all’interno delle ASL non sempre viene rispettata in Sardegna. Dalla ricognizione organica, l’ASL di Cagliari prevede per esempio che questo gap venga colmato assumendo cinque tecnici della prevenzione. Di fatto questo non è successo anche in altre ASL. Sono state fatte assunzioni preferendo un ingegnere chimico, uno ambientale e un biologo. Mentre l’ingegnere chimico e il biologo possono avere un’utilità, l’ingegnere ambientale quando le ASL non si devono occupare d’ambiente è esagerato. In termini di efficacia sarebbe più opportuno assumere tecnici della prevenzione perché costano meno: con il costo di tre ingegneri o di due ingegneri e un biologo potremmo assumere cinque tecnici della prevenzione e potenziare ulteriormente l’attività di vigilanza. Nella dotazione organica, sempre a titolo esemplificativo, ma lo troverete nella relazione, i tecnici della prevenzione all’interno della ASL8 sono 28, ma sette non si occupano di vigilanza e si dedicano ad attività a pagamento ovvero di collaudo di impianto, di valvole, di apparecchi di sollevamento e a pressione, soprattutto per quanto riguarda l’industria. Sarebbe, quindi, opportuno che le dotazioni organiche venissero riviste. Levando queste sette persone dal computo totale, il raggiungimento del 60 per cento di tecnici della prevenzione è ancora di più disatteso. Ciò che il collega intendeva riferire – lo troverete al punto n. 8 della relazione che lasciamo – è che dovrebbe essere interdetta la possibilità di partecipare a gare pubbliche a chi ha violato le norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. Lo strumento normativo lo abbiamo perché è lo stesso articolo 14 del decreto legislativo n. 81 del 2008 a prevederlo: nel caso di reiterazione di reati, dobbiamo segnalare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il fatto che una data azienda ha violato più volte nell’arco di 5 anni la stessa norma e, di conseguenza, non le deve essere consentita la partecipazione agli appalti pubblici. Il problema sta nel fatto che non avendo un sistema di gestione dei dati o di catalogazione degli stessi questo non potrà mai avvenire. Non avviene neanche a livello territoriale e, quindi, neanche a livello regionale e nazionale. Sarebbe semplice organizzare un apposito data base nel quale far confluire tutti i dati in modo che tutti sappiano che in un determinato momento una certa azienda deve essere sospesa.

PRESIDENTE
L’azienda comunica perché poi c’è un discorso di certificazione per alcune attività che svolge in riferimento agli appalti cui si presenta. Comunque questo è un altro capitolo e, quindi, non va persa quella segnalazione.

MELONI Michele
Credo che la sfida reale che oggi ci aspetta sulla riduzione del numero degli infortuni sia una regola industriale e sociale fondamentale, perché ogni infortunio è oggettivamente una perdita sociale, sia in quanto non è giusto che una persona esca da casa sana e non sappia in che condizioni torna, sia perché, per il principio di mutualità, ogni persona che perde capacità lavorativa è un costo per la società dato che quella attività dovrà essere svolta da un altro a un costo doppio. Le categorie critiche in Sardegna sono i giovani, i soggetti con lavoro temporaneo, i lavoratori anziani – abbiamo avuto soprattutto un aumento di più del 40 per cento tra persone dai 55 ai 64 anni – e i migranti. I settori sono quelli delle costruzioni, l’agricoltura, l’industria manifatturiera, i trasporti e la sanità, ma i temi che oggi giorno dobbiamo affrontare più direttamente in relazione al problema dell’infortunistica e non dell’igiene industriale sono il cambiamento demografico e le nuove tendenze di impiego. Soprattutto in alcuni settori, il momento più critico è legato alla terziarizzazione, ai subappalti, all’aumento delle donne in ambiente lavorativo che, dobbiamo riconoscerlo, sono una categoria che potremmo definire «debole». Ritengo che l’informazione e la formazione siano elementi fondamentali e che, a questo punto, l’INAIL e l’ISPESL insieme possano svolgere questa azione positiva necessaria per l’informazione e la formazione. Spesso ci si ferma a questi due gradini, ma vi sono anche l’addestramento e la verifica dell’addestramento ricevuto, che forse sono ancora più fondanti di quanto non lo siano l’informazione e la formazione. Noi sicuramente siamo deficitari per quanto concerne l’incoraggiamento verso i cambiamenti soprattutto nei comportamenti e nelle attitudini dei lavoratori e nel cercare di adattare al lavoro soggetti che abbiano condizioni particolari anche di salute. L’elemento fondamentale è la misurazione dei risultati: noi dobbiamo essere capaci di dare un significato ai risultati, soprattutto quando citiamo dei numeri che, quando si riduce il numero delle ore lavorate, hanno un valore relativo che va commisurato su 100.000 ore lavorate. È un indice molto particolare che assume significati diversi in base ai settori lavorativi. INAIL e ISPESL giocano un ruolo fondamentale nella formazione, informazione, addestramento e verifica, nello sviluppo e implementazione di strategie nazionali e regionali che tendano a diffondere le migliori pratiche nell’identificazione del rischio, nello sviluppo di tecniche semplici che possano far identificare questi rischi nella propria mansione, nella diffusione di linee guida scritte in un linguaggio semplice, di buone pratiche operative a livello locale di cui in Sardegna siamo molto deficitari. Probabilmente bisogna cercare di migliorare la conoscenza delle varie aziende per poter arrivare nel modo più semplice e più efficace alla diffusione delle migliori pratiche grazie a questa nuova e, secondo me (parlo da medico del lavoro), positiva riunione delle due funzioni di informazione e formazione e miglioramento dei comportamenti tra INAIL e ISPESL.
La definizione di fondi strutturali dedicati in modo specifico alla prevenzione antinfortunistica deve essere un elemento permeante e fondante di qualsiasi iniziativa ministeriale. Penso che voi rappresentiate in questa sede chi prende decisioni operative e, pertanto, ci vuole uno sforzo a lungo termine e non bisogna fermarsi al risultato immediato credendo di poter fare come fanno i manager delle industrie moderne che, in tre anni di contratto, al primo tagliano le teste, al secondo risparmiano e al terzo se ne vanno con il margine e si prendono il premio di produzione. Bisogna fare sforzi a lungo termine con risultati stabili e duraturi, capaci di influire su comportamenti, attitudini e riduzioni di sprechi e perdite sociali e di produttività.

PRESIDENTE
È stato un momento molto importante di riflessione perché c’è stata un’ampia gamma di considerazioni. Purtroppo il tempo stringe, ma il quadro è stato delineato in maniera chiara.
Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane

Intervengono il presidente, dottor Alberto Scanu, e il direttore generale della Confindustria Sardegna, dottor Marco Santoru, il presidente del comitato paritetico territoriale dell’ANCE di Cagliari, geometra Valter Odoni, il presidente provinciale della CONFAPI di Cagliari, dottor Gianfrancesco Lecca, accompagnato dal responsabile ambiente e sicurezza, dottor Mario Tidu, il presidente dell’associazione provinciale COLDIRETTI Sardegna, dottor Davide Pilloni, accompagnato dal responsabile provinciale del patronato, signor Ignazio Pili, il presidente provinciale della CONFESERCENTI, dottor Roberto Bolognese, il presidente regionale della Lega nazionale cooperative e mutue (LEGACOOP), signor Antonio Carta, il responsabile dell’ufficio regionale ambiente e sicurezza della Confederazione nazionale dell’artigianato, dottor Giampaolo Maxia, il segretario interprovinciale della Confartigianato di Cagliari, dottor Pietro Paolo Spada, e il segretario provinciale della Casartigiani di Cagliari, dottor Ignazio Schirru.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti regionali delle principali organizzazioni datoriali e imprenditoriali dei vari settori cui cedo subito la parola.

SCANU
Signor Presidente, ci siamo già visto due anni fa nel 2009 e oggi ci rincontriamo. Vi ringraziamo per averci convocati. La sicurezza sul lavoro è un tema strategico a livello nazionale, ma anche a livello locale. Registriamo dei dati positivi. Come sapete, il dato nazionale è confermato anche a livello locale: il numero di sinistri ha avuto una contrazione del 4 per cento e gli incidenti mortali passano da 41 a 27. Noi sul territorio facciamo tre tipi d’azione: a livello politico proseguiamo sul territorio l’azione che facciamo a livello nazionale finalizzata alla semplificazione e alla delegificazione. A livello regionale e locale il sistema delle imprese ha ottime relazioni con l’INAIL, l’istituto deputato a seguire queste tematiche. Organizziamo azioni per la prevenzione e la formazione, molte delle quali sono anche autofinanziate. Ormai abbiamo fatto quel salto culturale per cui il tema della sicurezza non è un tema a parte nell’ambito dell’organizzazione delle nostre imprese, ma permea tutta la gestione manageriale delle imprese. Direi che il motto «formare per prevenire» si attaglia molto alla nostra attività che svolgiamo continuamente. Una terza azione è sulle intese e i progetti: a livello nazionale abbiamo il progetto «Sviluppo imprese in sicurezza» e dal maggio 2010 lo abbiamo inserito anche nelle attività della Sardegna. Abbiamo predisposto un progetto molto importante sulla componente soggettiva negli incidenti nel lavoro in collaborazione con l’INAIL e abbiamo adesso un progetto importante sull’area di Sarroch dove coinvolgiamo tre grandi imprese (Saras, Air Liquid e Polimeri Europa), dieci imprese del sistema degli appalti (che diventeranno 25) e 500 lavoratori. Stiamo cercando di metter a fattor comune con una piattaforma telematica tutto ciò che riguarda la casistica nell’ambito degli incidenti sul lavoro con l’obiettivo di prevenire e conoscere questa realtà. Spesso, al di là dei crudi numeri, bisognerebbe analizzare le motivazioni degli infortuni e cos’è possibile fare per prevenirli.
Per quanto riguarda il rapporto con le organizzazioni sindacali abbiamo un tavolo di governance e ci confrontiamo continuamente su questi temi e su tutti questi progetti. Vi consegniamo copia dell’ultimo progetto perché rimanga acquisito agli atti che mandiamo avanti con l’INAIL, ma anche in accordo con le organizzazioni sindacali.
Quindi, se dobbiamo sintetizzare, sicuramente il tema della sicurezza sul lavoro è un tema molto sentito, sul quale non ci stancheremo mai di impegnarci e penso che i primi risultati che si cominciano a vedere siano molto importanti, che non sia tutto e che sia necessario fare ancora tantissimo nell’ambito delle diverse sfaccettature che abbiamo ricordato prima e che ritengo possano contribuire a ridurre ulteriormente l’incidenza sia degli infortuni, sia degli incidenti mortali.

CARTA
Condivido quanto diceva prima di me il collega Scanu. A verificare gli indici costantemente pubblicati soprattutto dall’INAIL, mi pare di notare che la Sardegna sia sostanzialmente in linea con una diminuzione consistente del numero di infortuni sul lavoro. Credo quindi che lo sforzo che si sta facendo da parte di tutte le associazioni, compresa la nostra, nei confronti delle imprese per far sì che la sicurezza sul lavoro diventi un elemento costante delle imprese associate, stia ottenendo dei risultati che a me paiono significativi. La Lega nazionale delle cooperative, in particolare, svolge un’attività costante di formazione e di aggiornamento su tutto il territorio e per tutte le imprese associate, quindi non limitandosi a quelle maggiormente esposte al rischio di infortuni sul lavoro (dell’edilizia e dell’industria), ma per tutte le imprese e quindi in tutti i settori, perché comunque sono elementi che vanno tenuti presenti per la maggiore sicurezza dei soci delle cooperative.
Sottolineo peraltro che, nel sistema cooperativo, come ben sapete, il capitale predominante è quello umano, quindi credo che sia un impegno comunque imprescindibile per le cooperative quello di garantire la sicurezza dei soci, ma anche dei dipendenti, sul lavoro. Da qui il nostro sforzo sempre costante in questa direzione. Anche la nostra associazione può dire di mantenere con l’INAIL un ottimo rapporto di confronto e di continua e costante discussione su tutti i temi che ci riguardano, anche con una collaborazione per quanto riguarda le attività di formazione per la prevenzione degli infortuni.
Voglio tuttavia fare due ultime considerazioni: la prima, sempre molto attinente al sistema cooperativo, riguarda un problema a mio giudizio non secondario. Il mio ragionamento naturalmente è relativo solo alle imprese associate alle centrali cooperative, c’è però , accanto a quelle associate, un numero consistente di cooperative e di imprese cooperative non associate, che sono un problema per quanto ci riguarda, perché non fanno nulla (o fanno poco) da questo punto di vista e comunque condizionano in maniera negativa anche l’attività costante che noi svolgiamo, nel senso che è del tutto evidente che non facendo nessuna iniziativa dal punto di vista della formazione e non facendo nessuno sforzo in questa direzione, mettono in cattiva luce anche il sistema cooperativo, peraltro costituiscono per alcuni settori persino una indebita e sleale concorrenza nei confronti delle cooperative che invece, associate alle centrali, svolgono un’attività consistente in questo senso.
La seconda questione inerisce a un tema che credo sia già alla vostra attenzione, perché è stata sollevata soprattutto in ambito nazionale: credo che sia opportuno che in un ragionamento come questo, nell’ambito della vostra attività, si prenda veramente in considerazione quella che vorrei chiamare «patente a punti». Credo sia necessario che alle imprese che fanno uno sforzo importante nella direzione della prevenzione e che assicurano ai propri dipendenti, nel nostro caso ai propri soci, una vera vigilanza antinfortunistica, un’attività costante, venga riconosciuta una premialità (poi si potrà discutere quale possa essere) e chi invece queste buone prassi non le segue debba essere punito. Potremmo, ad esempio, ragionare sulla possibilità che le assicurazioni INAIL subiscano dei gravami o delle decurtazioni proprio in funzione e in relazione all’attività di prevenzione e dell’incidenza degli infortuni hanno sulle singole imprese. Credo su questo si possa aprire una discussione che c’è già a livello nazionale e credo si possa dare un segno importante in questa direzione anche dal punto di vista del riconoscimento dell’impegno che viene profuso.

ODONI
Il Comitato paritetico territoriale di Cagliari è il braccio operativo dell’ANCE Sardegna (l’Associazione nazionale costruttori edili) e fa parte di una rete, che credo conosciate, formata da 100 CPT in tutta Italia; in Sardegna ce ne sono quattro (nelle Province di Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro), abbiamo di recente anche costituito un coordinamento regionale per cercare di portare avanti le tematiche tutti insieme. Recentemente abbiamo avuto l’elezione del nuovo Presidente, che ha tenuto il convegno annuale a Lucca, dove abbiamo focalizzato la nostra problematica, che è quella di cercare di portare avanti le visite in cantiere, quindi i CPT devono focalizzare il loro lavoro sui cantieri, con visite specifiche, mentre bisogna cercare di portare la formazione nelle scuole edili, che sono enti bilaterali come i CPT, importanti per la nostra associazione.
Il CPT di Cagliari ha in essere in questo momento un progetto realizzato con l’INAIL della Regione Sardegna, denominato «Cantieri e salute», che coinvolge circa 1.000 operai, con visite mediche specifiche sull’alcolismo e sull’apparato muscoloscheletrico, abbiamo già realizzato 1.000 visite mediche sugli operai e stiamo andando ad elaborare dei dati, naturalmente in forma statistica e anonima, e con l’INAIL stiamo tirando fuori dei dati importanti per l’INAIL stesso.
A livello di ANCE stiamo portando avanti il discorso della patente a punti che riguarda tutto il sistema edile e stiamo anche cercando di mettere a punto una certificazione sulla gestione della qualità da proporre ai nostri associati per far sì che la sicurezza venga seguita passo passo dalle aziende. La difficoltà principale che incontriamo è che, come tutti sappiamo, le nostre imprese hanno un organico molto ristretto, quindi a mio parere bisognerebbe cercare di dare un aiuto alle imprese per far sì che giovani ingegneri magari possano entrare nel giro della sicurezza, creando una sorta di albo con la partecipazione sia dello Stato, con sgravi fiscali, sia dell’INAIL, con investimenti sulla sicurezza, e le imprese con quota parte, per avere l’aiuto di giovani ingegneri che darebbero un contributo fondamentale alla formazione sulla sicurezza

PILLONI
Porto a questa Commissione il saluto anche di tutti gli operatori agricoli in Sardegna. L’ultima lettura fatta dalla Coldiretti per quanto riguarda la Sardegna con riferimento anche all’ultimo censimento in agricoltura conta 22.000 aziende testate in Sardegna, quindi assicurate presso l’INPS: è una percentuale molto bassa rispetto ai 1.640.000 abitanti della Sardegna, ma rispetto all’ultimo censimento fatto nel settore dell’agricoltura, per cui sarebbero 60.000, questo 1,3 per cento salirebbe a circa il 4 per cento. Il nostro compito, nel settore dell’agricoltura, penso che sia in sintonia con quello che fanno le altre organizzazioni sindacali e professionali. Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto con l’INAIL che cura l’aspetto della sicurezza e della salute nel lavoro. Questa è una grossa realtà. Dobbiamo dire anche che con l’INAIL abbiamo collaborato ad un’iniziativa interessante un paio di anni fa, che credo debba essere ripetuta, in cui si era operato nell’informazione nel settore della scuola. Credo che la sicurezza nel lavoro debba incominciare proprio tra i banchi di scuola, e per questo credo che potremmo proporre ancora all’INAIL una iniziativa di questo genere e qualora ne scaturisse un programma veramente attendibile, sarà partecipato alla vostra Commissione e anche al Ministero.
Abbiamo dati relativi solo agli ultimi anni: nel 2009, rispetto alle aziende, gli infortuni sono abbastanza alti: su 22.000 operatori (o, se vogliamo estendere, 60.000 operatori), gli infortuni nel 2009 sono 2.541, di cui sei mortali. Credo che siano dati che devono far riflettere non soltanto noi che ci occupiamo di agricoltura, ma tutti i cittadini italiani che operano nei loro settori. Nel nostro campo non abbiamo mai dimenticato, per quanto riguarda i nostri soci, l’attenzione alla informazione, alla formazione e a tutti gli aspetti che scaturiscono dalle leggi che sono state continuamente rinnovate soprattutto per quanto riguarda il Testo unico. Nelle varie assemblee che svolgiamo sul territorio della Sardegna, portiamo immancabilmente queste note che riguardano l’incolumità dei lavoratori. Ringrazio di averci dato quest’occasione per portare il nostro piccolo contributo.

PRESIDENTE
Sull’agricoltura ci stiamo interessando in modo particolare anche a livello nazionale per cercare di contrastare le circa 160 morti l’anno, un problema serio a livello nazionale, che stiamo cercando di risolvere collaborando con i vari Ministri e con la Commissione europea, perché credo ci siano problemi che dovremmo affrontare seriamente: trattori obsoleti, operatori di ogni età, spesso pensionati, che rimangono vittime anche di infortuni mortali. Vi chiediamo un aiuto su questo fronte perché non possiamo consegnare, facendo finta di nulla, 160 morti all’anno; quindi, se c’è da fare un intervento anche impopolare sono dell’avviso di farlo, altrimenti c’è il rischio che questo numero continui a crescere.

SCHIRRU
Casartigiani, che fa parte di Rete Imprese Italia, vive la problematica in modo diverso, rispetto alle altre associazioni e presta molta attenzione alla sicurezza, soprattutto in un momento come questo, ma le aziende soffrono della spesa che devono sostenere per quanto riguarda la sicurezza. Da quando è entrato in vigore, tutte le imprese sono soggette ad applicare in modo abbastanza serio e concreto il decreto legislativo n. 81, che conoscete meglio di me, avendolo approvato.
Tuttavia, devono affrontare molti problemi, perché la spesa è talmente alta che molte volte, svolgendo un lavoro, non riescono a sostenere un’offerta inferiore perché non rientrano nelle spese per la sicurezza. È quindi necessario che intervenga un cambiamento per quanto concerne gli adempimenti burocratici dal momento che gli ispettori della ASL, dell’ispettorato e della direzione provinciale del lavoro, quando si presentano, chiedono una marea di carte che noi riteniamo servano a poco per l’incolumità dei lavoratori delle imprese artigiane. Serve meno burocrazia e più sostanza.
Logicamente, il Presidente sa che per chi non è in regola con gli adempimenti relativi alla sicurezza le sanzioni sono abbastanza alte, in particolare per le piccole imprese che noi di Rete Imprese Italia rappresentiamo. Chiediamo quindi una sostanziale modifica della legge per quanto concerne gli aspetti legati alla burocrazia e non alla sicurezza, che è sacra, perché il lavoratore deve essere tutelato. Io stesso sono lavoratore, atteso che anche noi titolari di imprese artigiane lo siamo, in particolare oggi nella situazione in cui ci troviamo.

PRESIDENTE
A volte siete il solo lavoratore.

SCHIRRU
Esattamente, per questo auspichiamo siano richieste meno incombenze burocratiche, che in effetti non servono a molto e che spesso l’impresa deve affrontare con dei professionisti. Le imprese artigiane e anche le piccole imprese che rappresentiamo hanno bisogno di meno burocrazia. A mio avviso, riducendo gli adempimenti burocratici, anche quelli previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, si possono ottenere maggiori risultati anche per la sicurezza dei lavoratori.

SPADA
Come è emerso dagli interventi dei colleghi, tutte le associazioni datoriali sono oramai impegnate nella promozione della cultura della sicurezza attraverso corsi, azioni di sensibilizzazione e iniziative assunte sia in autofinanziamento che in collaborazione con l’INAIL.
Stamattina prima di venire facevo un po’ di conti e rilevavo che negli ultimi due anni abbiamo svolto 50 corsi con il coinvolgimento di 300 imprese e di circa 700 lavoratori. Per le piccole imprese appartenenti al mondo dell’artigianato non è sempre semplice veicolare i contenuti relativi alla sicurezza, perché, come diceva il collega che mi ha preceduto, viene percepita come un costo e non sempre come un valore. Negli ultimi anni, però , l’atteggiamento è cambiato e posso anche aggiungere che, nonostante la grave crisi che ha colpito tutte le imprese, l’atteggiamento dei piccoli e medi imprenditori artigiani sta cambiando. Noi lavoriamo sull’impresa e cerchiamo di arrivare ai lavoratori in cantiere attraverso i nostri organismi paritetici; attraverso la collaborazione con i tutor aziendali, che sono espressione delle associazioni datoriali, e gli RLST, che sono rappresentanti territoriali dei lavoratori, si riescono congiuntamente ad effettuare delle azioni, anche misurabili, per l’accrescimento della cultura della sicurezza tra i lavoratori.
Accanto a questo, debbo anche io sottolineare il fatto che lo sforzo, anche a livello legislativo, si deve concentrare soprattutto sulla semplificazione; bisogna cioè attribuire maggior attenzione alla sostanza e sempre meno alla forma, che in certa misura deve però essere salvaguardata. Tuttavia, il messaggio che si riesce a veicolare più difficilmente è che alle questioni burocratiche va dedicata un’attenzione uguale e talvolta anche superiore rispetto a quella riservata alla sostanza della sicurezza.
In ultimo, a mio avviso occorrerebbe insistere sul coordinamento a livello regionale che, per quanto mi è dato conoscere, è assolutamente assente; ci sono infatti decine di enti che si occupano di temi come quello della sicurezza e dell’ambiente, che esulano dalla semplice produttività o da considerazioni soltanto economiche, non sempre con un atteggiamento univoco e coerente. A mio avviso è assolutamente necessario che funzioni un coordinamento tra i diversi enti con il coinvolgimento del mondo del lavoro.

PRESIDENTE
Su questo ultimo argomento noi siamo assolutamente d’accordo perché abbiamo puntato molto sul coordinamento regionale. Le notizie in mio possesso sono più positive di quelle che lei ha riferito ora, nel senso che il comitato regionale di coordinamento qui si è costituito nel 2009, poi si è ricostituito nel gennaio di quest’anno e una riunione è già convocata per il prossimo 25 luglio. Sono convinto che vi convocheranno, per lo meno parte di voi, atteso che del coordinamento fanno parte quattro esponenti del mondo che voi rappresentate. Vi ho quindi voluto dare questa informazione. Credo che anche voi possiate fare una lettera risoluta, in considerazione dell’importanza del tema.

LECCA
Anche Confapi ringrazia per l’invito e si associa a quanto detto dai nostri colleghi. Anche la nostra organizzazione, tramite numerosi corsi, sta sensibilizzando alla sicurezza le imprese che rappresenta: il vento sta cambiando e si riscontra una grande risposta. Il problema che le stesse aziende percepiscono – e rispetto al quale protestano – sono le offerte anomale al ribasso nelle gare d’appalto, che non rappresentano l’offerta più vantaggiosa, ma sfuggono ai controlli; per questo abbiamo realizzato e stiamo ponendo in essere degli osservatori e cercheremo di attuare una sensibilizzazione ancora maggiore affinché si effettuino dei controlli. È vero che la sicurezza è vista come un costo, ma tramite questi corsi noi stiamo cercando di farne comprendere ai nostri imprenditori i vantaggi e speriamo di procedere ancora in questa direzione.

PRESIDENTE
Questo fronte d’intervento credo interessi tutti. Stiamo cercando di fare una grande battaglia, ma non so se, come e quando riusciremo a ottenere qualche risultato. Mi riferisco al contrasto al massimo ribasso, che è fonte di larghissima parte dei problemi che abbiamo. Stiamo anche effettuando delle sollecitazioni, nei territori dove ci rechiamo, per arrivare ad avere stazioni appaltanti uniche, o perlomeno il più possibile accorpate in un’unica realtà, cui le amministrazioni aderiscono e di conseguenza sono rappresentate dalla stazione appaltante. Ritengo quindi che su questo tema dovremo agire insieme, voi sul territorio e noi per quel che ci riguarda, anche perché alla fine la scelta è in capo alla stazione appaltante. Stiamo anche valutando come rivedere la normativa con la Commissione europea, perché le istituzioni comunitarie stanno creando dei problemi su questo fronte in relazione alla tutela della libera concorrenza; non si può tuttavia parlare di libera concorrenza a fronte di un ribasso del 50 per cento, perché a tali condizioni quell’opera non sarà mai portata a termine. Da questo punto di vista siamo vostri alleati e quello che vi stiamo dicendo lo abbiamo messo per iscritto negli ultimi due atti d’indirizzo che abbiamo discusso nell’Aula del Senato. Visitando il nostro sito Internet potrete quindi verificare il nostro impegno su questo e su altri temi.
Del resto, la nostra azione punta a conoscere i problemi, a svolgere un’indagine e – dove è necessario – un’inchiesta, in base ai poteri che ci sono attribuiti; svolgiamo altresì un’operazione di sollecitazione nei confronti dei colleghi parlamentari e del Governo affinché siano assunte le iniziative che il territorio reclama. La nostra presenza di oggi a Cagliari rappresenta quindi un momento di vicinanza del Parlamento nei confronti di chi opera quotidianamente sul proprio fronte; non dico che in questo modo si può sentire più tutelato, ma c’è una sorta di vicinanza che non viene riferita dai giornali o da altri soggetti, tuttavia anche noi stiamo lavorando come voi per adottare alcune iniziative, sperando di recuperare in questo modo un po’ di vicinanza della politica.
Vi ringrazio tutti per essere intervenuti e dichiaro conclusa l’audizione. Essendo questa l’ultima audizione prevista, dichiaro conclusa anche l’intera procedura informativa.


Fonte: Senato della Repubblica