SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 27 giugno 2011

Audizioni svolte presso la prefettura di Napoli

Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del prefetto di Napoli
Audizione dell’assessore al lavoro, formazione e orientamento professionale e politiche dell’emigrazione e dell’immigrazione di Napoli
Audizione del procuratore generale facente funzioni presso la corte d’appello di Napoli e del procuratore generale presso la corte d’appello di Salerno
Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro
Audizione del comandante della legione dei carabinieri della Campania, del comandante del gruppo dei carabinieri per la tutela del lavoro di Napoli e del comandante regionale dei vigili del fuoco della Campania
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole


Audizione del prefetto di Napoli

Interviene il prefetto di Napoli, dottor Andrea De Martino.

PRESIDENTE
Buongiorno. Diamo inizio ai lavori della Commissione.
Nel porgere al signor prefetto i ringraziamenti per l’accoglienza in questa sede, gli do subito la parola per ascoltare le sue riflessioni su un tema così importante qual è quello della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.

DE MARTINO
Signor Presidente, in primo luogo do il benvenuto a lei e a tutti i componenti della Commissione presenti oggi a Napoli ed esprimo altresì tutta la mia gratitudine per l’attenzione che la Commissione ha voluto riservare ai problemi della sicurezza sul lavoro a Napoli, città colpita da questo fenomeno non meno di altri territori del nostro Paese, anche se qui con connotazioni davvero di particolare rilievo.
I dati dimostrano che gli incidenti sul lavoro, sia pure in diminuzione, continuano a colpire Napoli, la sua Provincia e la sua Regione. A tal riguardo, i dati che sono stati resi noti dall’INAIL evidenziano, anche in Campania, un calo degli incidenti e in particolare, con riferimento al triennio 2008-2010, una diminuzione del 10,45 per cento degli stessi a livello regionale e del 9,82 per cento a livello provinciale. I decessi diminuiscono a livello regionale, da 101 a 92, mentre a livello provinciale nell’ultimo anno, rispetto al 2008, salgono da 50 a 57. Le dimensioni del fenomeno appaiono quindi ancora allarmanti.
Al di là dell’aumento del numero dei decessi, va segnalato che 10.768 infortuni riconosciuti dall’INAIL nel 2010 a livello provinciale equivalgono a circa 29 infortunati al giorno, per non parlare degli incidenti non denunciati che si verificano in presenza di rapporti lavorativi irregolari, sui quali non esistono statistiche ufficiali. Si tratta di un’ulteriore emergenza, che va ad aggiungersi alle altre che il territorio esprime (la disoccupazione, i rifiuti, il nomadismo, l’assistenza, solo per citarne alcune). Su questa, come sulle altre, a mio avviso occorrerà che l’Ufficio territoriale del Governo continui ad intervenire, nei limiti delle proprie competenze e facendo leva su percorsi condivisi e sulle più ampie sinergie istituzionali, anche se va considerata da un lato la scarsità di risorse a disposizione (gli organici delle ASL e delle direzioni provinciali del lavoro registrano da tempo carenze di personale con funzioni ispettive) e dall’altro la complessità del sistema istituzionale di riferimento, articolato a livello centrale e periferico su una pluralità di livelli di competenza e di centri decisionali ben noti alla Commissione.
Allo stato, in Campania, il comitato regionale di coordinamento, istituito nel settembre 2008 dalla Giunta precedentemente in carica, ha svolto un’importante funzione programmatoria, soprattutto in materia di bonifica dell’amianto, ed è stato rinnovato con decreto presidenziale del 16 febbraio scorso. Gli organismi sanitari svolgono un’incisiva ed efficace azione di vigilanza. La sola ASL Napoli 1 Centro, punto di riferimento per Napoli, Anacapri, Capri e Portici (quindi solo per una quota del territorio, anche se significativa), nel triennio 2008-2010 ha effettuato ispezioni in 2.202 cantieri e in 4.736 aziende, elevando 3.000 verbali di contestazione e prescrizione; inoltre, ha predisposto oltre 1.250 piani di bonifica per l’amianto.
Altrettanto importante e proficua è l’attività svolta dagli organi periferici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che nel medesimo arco temporale hanno accertato complessivamente in Regione 10.760 violazioni nei cantieri edili ed oltre 400 irregolarità nella materia delle radiazioni ionizzanti.
Quanto al lavoro di questa prefettura, accanto alle attività svolte dagli organi istituzionalmente competenti di cui prima ho parlato brevemente, attesa la delicatezza del contesto territoriale, essa ha continuato a sviluppare la propria funzione generale di coordinamento dell’azione amministrativa degli uffici periferici dello Stato e degli enti pubblici a livello locale anche sul fronte della sicurezza sul lavoro. Partendo dal profilo ispettivo, con l’istituzione di una task force e di un piano straordinario, tale azione si è sviluppata, oltre che sul fronte più specificamente preventivo (con la sottoscrizione di protocolli per la sicurezza in area portuale e ferroviaria e l’istituzione di stazioni uniche appaltanti), anche sul fronte del supporto ai familiari delle vittime, con i riflessi positivi che in via immediata si riverbereranno sul fenomeno – almeno secondo il nostro auspicio – all’esito di ulteriori strategie di contrasto già avviate, quali quelle elaborate dal tavolo sulla contraffazione (un fenomeno, questo, particolarmente virulento anche a Napoli).
In particolare, sotto il profilo ispettivo, già a partire dalla metà degli anni Novanta è stata istituita una task force che riunisce personale ispettivo della direzione provinciale del lavoro, delle ASL, dell’INPS, dell’INAIL ed esponenti delle forze dell’ordine, i quali, coordinati da un funzionario prefettizio, sino al 2009 hanno effettuato accessi, oltre che nel settore dei lavori pubblici, anche su attività commerciali ed artigiane dell’area cittadina e dell’hinterland, per verificare il rispetto delle norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro e di tutela dei lavoratori.
Quanto al piano straordinario di vigilanza di cui parlavo, nato nel gennaio 2010 all’indomani dei fatti verificatisi a Rosarno, esso è rivolto, in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, a due specifici settori produttivi: l’edilizia e l’agricoltura. Le prefetture sono state individuate quali basi logistiche ottimali da cui far decollare i controlli ispettivi, che si sono conclusi nel dicembre dello stesso anno 2010 con il pieno raggiungimento degli obiettivi programmati: 6.314 aziende ispezionate sull’intero territorio regionale.
Forte dell’esperienza maturata nello scorso anno, anche per il 2011 la prefettura ha coordinato, in collaborazione con la direzione regionale del lavoro e con i vertici delle forze dell’ordine e degli enti previdenziali, un tavolo di lavoro per la predisposizione di un piano di interventi ispettivi da dispiegarsi sull’intero territorio regionale, con lo svolgimento di 1.186 operazioni in task force (era presente anche l’assessore regionale competente) su imprese appartenenti a settori economici sensibili al fenomeno del lavoro sommerso (in particolare l’agricoltura, l’edilizia, il turismo, il manifatturiero, il commercio, la ristorazione), non mancando altresì di prestare attenzione all’ambito degli appalti pubblici, con particolare riferimento ai servizi di pulizia.
Alle accennate operazioni vanno aggiungendosi quelle da effettuarsi in via autonoma da parte dei carabinieri del NIL e delle direzioni provinciali del lavoro, per un totale di 7.290 iniziative ispettive nell’anno corrente. Anche in questo caso le verifiche, seppur specificamente orientate all’emersione del sommerso, mireranno ad accertare altresì le ulteriori violazioni in materia di sicurezza sul lavoro che normalmente si accompagnano alla fenomenologia del lavoro irregolare.
Parlavo prima dei protocolli per la sicurezza in area portuale e ferroviaria. All’esito di eventi luttuosi verificatisi sia in ambito portuale che ferroviario, la prefettura si è adoperata per realizzare un meccanismo di rete volto a prevenire gli incidenti e a migliorare le condizioni di sicurezza. A tal fine, sono state sottoscritte intese in entrambe le aree impostate sulla centralità dei compiti affidati ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e sulla valorizzazione del ruolo delle imprese. Queste intese hanno condotto a costituire gruppi integrati, coordinati dalla ASL Napoli 1 Centro per il porto e dalla direzione regionale del lavoro per le ferrovie, che hanno monitorato costantemente le attività delle aziende operanti nelle rispettive aree ed hanno portato ad eleggere i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (ivi compresi quelli di sito produttivo) a copertura di tutte le imprese interessate, con il duplice compito di verificare costantemente, nell’ambito delle singole aziende, il rispetto delle condizioni di sicurezza e di interfacciarsi con il gruppo di coordinamento. Esse hanno inoltre condotto a creare, con oneri a carico delle imprese, il monte ore per la copertura finanziaria delle attività di vigilanza effettuate dagli RLS e a realizzare, in favore dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e del personale direttivo, percorsi formativi di secondo livello, specificamente orientati sui rischi presenti in quegli ambiti produttivi, con particolare riferimento alle interferenze operative nelle lavorazioni. Scaduto il triennio di efficacia del protocollo per l’area portuale, questa prefettura, soprattutto in considerazione dei risultati raggiunti (un abbattimento della percentuale del rischio pari a quasi il 24 per cento), si è nuovamente impegnata per ricomporre le sinergie che a suo tempo consentirono la stipula dell’intesa ed ha predisposto una nuova ipotesi di accordo attualmente all’esame delle parti, la quale, per il tramite del medesimo modulo integrato, estende l’ambito oggettivo dei controlli anche al settore della cantieristica. L’intesa in ambito ferroviario è scaduta nel mese di aprile scorso, ma, essendo ormai in fase di ultimazione i lavori della stazione ferroviaria, la direzione regionale del lavoro, d’intesa con le Ferrovie dello Stato, ha comunicato di ritenere ormai conclusa l’esperienza.
Quanto alle iniziative connesse all’istituzione di stazioni uniche appaltanti, ricordo a me stesso che, nell’ambito dell’attività posta in essere da codesta Commissione d’inchiesta, è emerso che uno dei fattori che più frequentemente si oppongono alla realizzazione di efficaci condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro è quello dei costi, in special modo nell’ambito degli appalti pubblici. Seppure le disposizioni vigenti impongono agli appaltatori di indicare chiaramente nei contratti i costi delle misure di sicurezza e stabiliscono che tali importi non possono essere soggetti a ribasso, pur tuttavia vengono segnalati aggiramenti di tali prescrizioni attraverso il macchinoso sistema dei subappalti e delle offerte anormalmente basse. Per fronteggiare tale situazione va rivelandosi utile lo strumento della stazione unica appaltante, che, seppure nato con finalità di prevenzione antimafia, si presta agevolmente ad assicurare un più efficace controllo sull’intera procedura di gara, ivi compresa la fase di aggiudicazione dell’appalto, nella quale rientra altresì l’esame delle giustificazioni sull’offerta anomala, da effettuarsi a cura della stazione appaltante. Tale strumento è stato attivato dalla prefettura nel 2009 per favorire migliori condizioni di legalità e sicurezza e rilanciare l’economia, a partire dall’area torrese e stabiese. Nel corrente anno esso ha conosciuto un grande sviluppo, in quanto hanno chiesto di aderirvi più di venti tra i Comuni appartenenti a questa Provincia, dei quali alcuni di notevoli dimensioni (Casoria, Torre Annunziata, Castellammare di Stabia ed altri). La convenzione che gli enti sottoscrivono in prefettura affida al provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Campania e Molise la funzione di centrale unica di committenza per gli appalti superiori ad una certa soglia, pari a 250.000 euro (200.000 euro per servizi e forniture), nonché, su richiesta dell’amministrazione aderente, anche eventuali ulteriori competenze per il coordinamento degli aspetti concernenti la sicurezza, sia in fase di progettazione che in fase di esecuzione. In tal modo, l’intervento di un organo tecnico terzo, particolarmente qualificato e avulso da logiche particolaristiche, riesce a garantire trasparenza e legalità nella gestione degli appalti pubblici, un controllo più competente e penetrante sulla capacità tecnico-economica del soggetto aggiudicatario, nonché, qualora l’ente aderente ne faccia espressa richiesta, un coordinamento diretto sugli aspetti della sicurezza, che, soprattutto nella fase di esecuzione, richiedono particolare esperienza ed attenzione.
Per quanto concerne poi la situazione dei familiari delle vittime di incidenti sul lavoro, su impulso della prefettura, nel corso del 2009 è stato elaborato un atto di impegno che coinvolge istituzioni ed enti locali nella costruzione di una rete di solidarietà in loro favore, per aiutarli ad accedere a tutte le prestazioni previdenziali ed assistenziali in modo più agevole ed immediato.
In attuazione degli impegni assunti, la prefettura, unitamente all’INAIL, ha curato la stampa di un opuscolo informativo delle prestazioni assistenziali e previdenziali messe in campo dalle diverse amministrazioni, e ne ha seguito la diffusione in tutti i Comuni aderenti al protocollo, pari a 67 sui 92 considerati.
La prefettura ha inoltre disegnato un percorso amministrativo, già in corso d’attuazione, che, nell’immediatezza dell’incidente, fissa a carico dell’istituto previdenziale l’onere di una tempestiva informazione nei confronti della Provincia e del Comune di residenza della vittima, per agevolare al massimo l’erogazione dei benefici di legge e favorire l’avvio di un percorso di sostegno, anche psicologico, in favore dei familiari.
Attualmente la prefettura sta lavorando, in collaborazione con la sede regionale INAIL e ANMIL, per estendere l’assistenza ed il supporto offerto con il citato protocollo anche alle fattispecie meno gravi, ma molto più numerose, costituite dagli infortuni non mortali. In particolare, è stata predisposta la bozza di un atto integrativo al citato protocollo che estende la portata applicativa di un progetto, già avviato e cofinanziato da INAIL e ANMIL, per l’attivazione in favore degli invalidi sul lavoro di interventi di informazione ed orientamento, di assistenza domiciliare e di accompagnamento, nonché di servizi di consulenza per la reinclusione in contesti lavorativi di pronto inserimento. La bozza è all’attenzione di tutte le parti che a suo tempo sottoscrissero il protocollo, ed è prevista a breve la formale sottoscrizione dell’accordo.
Un’ulteriore linea d’azione che, seppure in via mediata, si dimostra in grado di produrre effetti positivi sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro è costituita dalla strategia di contrasto al fenomeno dell’imprenditoria illegale (concorrenza sleale, marchi contraffatti e quant’altro). A tale riguardo, la prefettura di Napoli ha impostato un’attività di intelligence preventiva, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate, la camera di commercio e gli enti locali, per costituire, attraverso il confronto incrociato dei dati in possesso di ciascun ente, una piattaforma informativa che consenta di individuare le imprese che gestiscono attività illegali sulle quali convogliare gli accertamenti ispettivi.
Nei mesi di marzo e aprile scorsi, sia la camera di commercio sia l’agenzia delle entrate hanno trasmesso i primi dati concernenti le imprese nella titolarità dei cittadini stranieri (prevalentemente cinesi), ubicate in alcuni Comuni dell’hinterland vesuviano (San Giuseppe Vesuviano ed Ottaviano, in particolare), ed afferenti al settore della produzione e del commercio di abbigliamento, per un totale di 33 aziende nel Comune di San Giuseppe Vesuviano e 13 nel Comune di Ottaviano. I file sono stati trasmessi ai referenti delle amministrazioni comunali per il successivo incrocio con i dati registrati ai loro atti, al fine precipuo di verificare la coerenza tra le notizie comunicate dagli imprenditori alla camera di commercio ed all’agenzia delle entrate e quelle desumibili in via mediata dalle informazioni in possesso dei Comuni (ad esempio, i consumi delle utenze e la portata dei tributi).
All’esito del suddetto incrocio si procederà alla programmazione degli accessi ispettivi, che anche in questo caso spazieranno su una molteplicità di aspetti (urbanistici, sanitari, fiscali, sicurezza sul lavoro, retributivi) e, ove necessario, potranno essere realizzati attraverso gruppi operativi integrati con forze dell’ordine e personale ispettivo di DPL, INAIL e INPS. Quasi tutti questi interventi viaggiano sulla dorsale della sicurezza e, in maniera più o meno diretta, finiscono per interessare anche la sicurezza sul lavoro.
Da quanto esposto e dal testo che deposito, arricchito di ulteriori elementi conoscitivi, di cui solo per evidenti esigenze temporali ho omesso la lettura, emerge con chiarezza lo sforzo profuso da questo ufficio, ma anche e prevalentemente da tutti gli attori istituzionali presenti sul territorio per realizzare un maggiore coordinamento tra le rispettive attività.
Molto resta ancora da fare, soprattutto sul profilo culturale. La sicurezza sui luoghi di lavoro non può fare affidamento sulle sensibilità individuali, ma necessita di un sistema di lavoro e di impresa che consideri gli oneri per la sicurezza un investimento, e passi per l’impegno delle istituzioni e delle parti sociali. Solo se saremo in grado di ridurre in maniera significativa il numero di persone per le quali quotidianamente il lavoro diventa un rischio per la propria incolumità o determina addirittura la perdita della vita, potremo dirci veramente all’altezza di una società civile ed avanzata.

PRESIDENTE
Signor prefetto, la ringraziamo per la sua relazione. In modo particolare apprezziamo, considerato che quello degli appalti pubblici è uno dei grandi temi sui quali stiamo lavorando da anni, il riferimento alla stazione unica appaltante. Anche se da quanto ci ha comunicato vi è stata un’adesione da parte di circa 20 Comuni, mi auguro che ci sia una maggiore azione di coinvolgimento anche nei confronti degli altri Comuni. A parte la lotta e il contrasto alla malavita e alle organizzazioni mafiose, molti problemi nascono nell’ambito dei subappalti e quindi nella filiera orizzontale e verticale degli stessi, strettamente connessi ai problemi della sicurezza sul lavoro.
Poiché si tratta di un grande tema sul quale la Commissione si sta impegnando da tempo, ci auguriamo di poter lavorare insieme per trovare soluzioni condivise. In quest’ottica sarebbe pertanto auspicabile una maggiore adesione da parte di tutti i Comuni, non solo nell’ottica della stazione appaltante, ma anche della tipologia e della modalità di appalto. Un’azione di grande contrasto va infatti rivolta contro il massimo ribasso. Occorre iniziare ad educare i soggetti appaltanti (da questo punto di vista, la stazione unica appaltante potrebbe funzionare molto bene) ad adoperare procedure e formule di appalto che non inneschino meccanismi suscettibili di diventare perversi. È una grande lotta che condividiamo ed assecondiamo.

Audizione dell’assessore regionale al lavoro, formazione e politiche dell’immigrazione

Interviene l’assessore al lavoro, formazione e politiche dell’immigrazione, avvocato Severino Nappi.

PRESIDENTE
Desidero salutare l’assessore regionale al lavoro, formazione e politiche dell’immigrazione, avvocato Severino Nappi, e ringraziarlo per la sua presenza. Per noi sarebbe importante interloquire anche con l’assessore alla sanità o in ogni caso con coloro che hanno una delega per occuparsi di questioni attinenti alla sicurezza sul lavoro. In ogni caso, prendo atto del fatto che oggi, a differenza di quanto si immaginava, non sono presenti altri rappresentanti della Regione.
Dottor Nappi, vorremmo che ci fornisse un quadro della situazione, anche in riferimento – è uno dei temi sui quali stiamo lavorando – all’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, in relazione alle competenze specifiche assegnate alle Regioni.

NAPPI
Signor Presidente, anch’io in premessa desidero ringraziare la Commissione e portare i saluti del presidente Caldoro che, pur desiderando essere presente questa mattina, ha dovuto delegare, per una serie di concomitanti impegni, collegati anche alle difficoltà del momento, il sottoscritto in sua rappresentanza. Ad ogni modo, il presidente Caldoro esprime piena disponibilità ad incontrare, anche in un momento successivo, la Commissione per approfondire temi di competenza regionale.
In generale, la Regione Campania, in questi 12 mesi di governo regionale, ha iniziato a focalizzare seriamente l’attenzione sul terreno delle politiche di prevenzione, che in realtà si innestano complessivamente in una problematica più ampia, visto che il tema della sicurezza sul lavoro nasce e si congiunge con quello più ampio delle politiche del lavoro. Specie nella nostra Regione, il dato oggettivo è collegato al fatto che molto spesso la sicurezza viene messa in discussione perché ad essere in discussione è la qualità stessa del lavoro, che si traduce nel lavoro irregolare ed in nero. Dal contesto complessivo di una fetta non irrilevante di economia sommersa derivano, infatti, sul piano delle politiche del lavoro, rischi concreti sul terreno della prevenzione e della tutela della salute dei lavoratori.
In tale prospettiva, abbiamo ritenuto di considerare il tema della sicurezza del lavoro come parte complessiva delle politiche del lavoro della Regione Campania. Abbiamo avviato un piano di azione per il lavoro che tende sostanzialmente a sostenere e far emergere l’occupazione regolare, soprattutto quella contrattualizzata (nello specifico i contratti di lavoro subordinato), nel cui contesto rientra automaticamente la tutela delle condizioni di lavoro attraverso il sostegno allo sviluppo di quella che una volta si definiva la buona e sana occupazione.
Su questo versante, nel piano d’azione per il lavoro sono previste misure specifiche a tutela della sicurezza, che riteniamo di poter attuare già con una iniziale misura amministrativa prima dell’estate. Mettiamo in campo risorse, in parte ministeriali e in parte regionali, per trasmettere, in linea con la filosofia del decreto legislativo n. 81 del 2008, il senso dell’utilità per l’impresa, e quindi per il tessuto sociale, delle politiche per la sicurezza. Sosteniamo in tal modo le imprese che attueranno politiche premianti sul piano del lavoro attraverso misure studiate direttamente per incentivare non la mera conoscenza di dati generali collegati alla sicurezza del lavoro, quindi i dati preliminari (che in realtà fanno parte del complesso di tutte le misure che noi introduciamo sul piano della formazione), ma quelle forme di tutela del lavoro mirate a specifiche competenze professionali. Ciò in conformità con le previsioni del decreto legge n. 81 del 2008, che accorda sotto forma di sgravi INAIL ulteriori provvidenze per le imprese, nell’ipotesi che si ottemperi a determinati strumenti.
Abbiamo poi attuato e dato vita all’osservatorio previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, che si è regolarmente costituito nella Regione Campania.

PRESIDENTE
Si riferisce al comitato regionale di coordinamento?

NAPPI
Esattamente, come previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e dalla legge regionale n. 14 del 2009. L’abbiamo costituito un mese e mezzo fa operando una riorganizzazione che si era resa necessaria per una mancata attuazione precedente.
Abbiamo inoltre attuato una serie di politiche di confronto con il sistema produttivo, in particolare con le reti e le organizzazioni datoriali e sindacali, per affrontare i temi relativi alle politiche sulla sicurezza del lavoro, soprattutto attorno al versante della costruzione di una qualità condivisa del lavoro come strumento di sviluppo dell’intera economia.
Infine, stiamo per organizzare, in linea con una logica di sistema, l’unica che può servire specie in questo contesto, una forma di intesa quadro con l’INAIL regionale per dare luogo a misure che siano coordinate, quindi senza sovrapposizioni con gli strumenti già esistenti.

PRESIDENTE
Raccomandiamo in modo particolare di concentrarvi sull’attività del comitato regionale di coordinamento, dal momento che, come legislatori, abbiamo investito davvero molto sulla competenza di questo organismo: come ben sa il nostro audito, su questo tema c’è competenza concorrente tra Stato e Regioni. A quanto ci risulta, quest’attività di coordinamento era già stato avviata dalla passata amministrazione regionale per cui credo che l’attuale amministrazione abbia provveduto solo ad una sua riformulazione, considerato che di fatto i soggetti partecipanti sono già stati indicati specificamente.
Dunque, la Commissione ritiene importante che ci si concentri sull’attuazione di questo fondamentale strumento e le chiede di fare da tramite nei confronti del Presidente della Regione e dell’assessore regionale alla sanità spiegando che esso permette agli organismi competenti di dotarsi di una strategia, di specificare i compiti di ogni soggetto e di definire anche un ufficio operativo, composto dai soggetti vigilanti, prevedendo una strategia di sussidiarietà tra gli stessi.
Questa è dunque la richiesta che vi rivolgiamo auspicando di svolgere quanto prima una riunione, che coinvolga gli assessori alla sanità di tutte le Regioni italiane, per fare il punto su questo tema. Ciò vi consentirà di vedervi in modo continuativo, di assumere una strategia comune e di relazionare ai Ministeri di riferimento. Se manca questo anello, la materia concorrente rimane separata, perché ogni soggetto si muove per conto proprio: questo è purtroppo ciò che stiamo verificando. Probabilmente non si sta dando la giusta importanza ad uno strumento grazie al quale è possibile comprendere meglio, in un’ottica di collaborazione, la situazione.
I dati che emergono – e di cui anche il nostro audito è in possesso – non sono confortanti, anche se negli ultimi cinque anni il trend è stato parzialmente positivo. In effetti, anche se dal 2009 al 2010 il numero degli infortuni mortali è passato da 67 a 72, si sono comunque verificati cinque infortuni in meno rispetto al 2006. Occorrerebbe poi esaminare un altro dato ad esso collegato, che non abbiamo a disposizione, relativo alle ore lavorate. Calcolando, infatti, il numero di ore in cui gli operatori sono stati impegnati – la questione non riguarda solo la Campania, ma è un fatto nazionale – non si evidenzia assolutamente una contrazione significativa. Non abbiamo ancora a disposizione i dati dei primi mesi del 2011, ma sembra che il trend a livello nazionale sia in crescita, in termini esponenziali. Non mi riferisco tanto agli infortuni in generale, quanto, in modo particolare, agli infortuni mortali. Desidero dunque richiamare l’attenzione di tutte le istituzioni ad una maggiore operatività su questo problema, che non riusciamo a sconfiggere. Ciò rappresenta dunque una sconfitta per noi tutti, per noi e per voi. La richiesta che rivolgo alle istituzioni locali, anche a nome dei colleghi della Commissione – i quali potranno esprimere le proprie valutazioni in merito – è quella di incontrarci e di parlare, magari chiedendo voi stessi un’audizione ad hoc. Sarebbe infatti auspicabile un confronto continuo, prima tra gli organismi politici e poi, magari, delegando il compito agli organismi tecnici. Questo confronto è però necessario, perché, onestamente, da questo punto di vista ancora arranchiamo.

DE LUCA
Vorrei rivolgere due domande all’assessore Nappi e, in un’ottica di collaborazione, dare anche un suggerimento. Credo infatti che l’idea del Presidente sia assolutamente da raccogliere. Possiamo organizzare un incontro e richiedere un’audizione, da svolgersi anche a Roma, con il Presidente della Regione e con l’assessore alla sanità, tenuto conto che la Campania, benché si sia registrato un miglioramento, paga ancora un prezzo altissimo in materia di infortuni, anche mortali.
Desidero rivolgere al nostro audito due domande alle quali potrà, se lo ritiene, rispondere anche per iscritto in un momento successivo. Vorrei in primo luogo sapere in generale che impegno viene profuso nella formazione in materia di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, con specifico riferimento all’utilizzo delle risorse messe appositamente a disposizione a livello europeo. Mi riferisco in particolare ai corsi di formazione che vengono messi in campo a livello edile e sanitario. Mi sembra questo il primo livello su cui impegnarsi, tenuto conto che tutti coloro che vengono auditi sottolineano un problema culturale riguardo alla formazione. Poiché si tratta di una materia concorrente, la formazione va realizzata a livello territoriale, considerato che anche nell’ambito dell’attività del legislatore nazionale, in occasione della relazione intermedia della Commissione, sono stati indicati in modo unitario alcuni indirizzi.
Mi piacerebbe avere una risposta, anche in un secondo momento, a proposito del fatto che nel 2007 è stata approvata una legge regionale sui lavori pubblici che, oltre a prevedere incentivi alle imprese, introduceva un sistema premiale. Ricordo che interventi analoghi sono previsti anche nell’ambito della relazione intermedia della Commissione. La Regione Campania ha dunque appostato uno stanziamento di 10 milioni di euro per le imprese che assicurino il massimo grado di sicurezza in questo settore anche nell’ottica di eliminare i problemi legati agli appalti e subappalti. Vorrei sapere dunque se le suddette risorse sono state impegnate e se gli imprenditori le hanno utilizzate per ridurre la competizione nelle gare d’appalto e le questioni relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Desidero porre infine la questione del comitato regionale di coordinamento, che è già stato organizzato. A tal proposito vorrei sapere se esiste un coordinamento con gli enti locali e in particolare con le Province.

NAPPI
Mi riservo di farvi avere delle indicazioni più dettagliate e puntuali su tutte le questioni poste: questa mattina mi limiterò a tracciare delle linee generali. Per quel che riguarda la formazione, segnalo incidentalmente che nel piano per il lavoro abbiamo integrato una misura specifica sulla sicurezza che va in quella direzione e che cerca di andare oltre la mera sicurezza del lavoro di base, essendo soprattutto «tagliata» sulle specificità dei contesti professionali. In linea generale posso parlare delle misure formative che sono state attivate e che si stanno attivando in Regione: abbiamo infatti dovuto cambiare la «filosofia» della formazione, per vicende di tipo diverso e stiamo dunque costruendo delle politiche della formazione più integrate con il sistema produttivo. Facevamo infatti troppa formazione iniziale, non allineata con il mercato del lavoro. In tutte le attività formative di base è trasversalmente prevista un’attività formativa di questo genere. Stiamo avviando anche un’attività di formazione per gli imprenditori oltre ad organizzare un sistema sperimentale insieme alla camera di commercio di Napoli, che assorbe circa la metà del tessuto produttivo regionale, per introdurre attraverso un percorso di formazione degli imprenditori uno specifico modulo riguardante la sicurezza sul lavoro.
Ritengo condivisibile – e accolgo pertanto l’indirizzo del Presidente – l’idea di lavorare seriamente con un’attenzione specifica a questo versante, intimamente connesso allo sviluppo del tessuto produttivo della Regione. C’è una chiara percezione della necessità di intervenire su questo terreno.
Per quanto riguarda gli strumenti specifici, trattandosi di una competenza dell’assessorato ai lavori pubblici, riferirò in un momento successivo e nel dettaglio sul fondo citato dal senatore De Luca. In generale posso dire, a tal proposito, che abbiamo un deficit di bilancio particolarmente significativo e che dunque c’è stata una complessiva restrizione delle disponibilità. Certamente non è un fondo che è stato rifinanziato.

DE LUCA
Conosco benissimo il problema della restrizione finanziaria. Vorrei solo sapere se tale strumento, finalizzato ad un’attività di prevenzione, è stato poi effettivamente utilizzato. Era inserito in una legge, concordata a livello regionale e nazionale con l’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), votata all’unanimità in Parlamento. Spesso ci si lamenta di una carenza di strumenti legislativi e di risorse, ma è anche vero che talvolta non si utilizzano neanche le risorse a disposizione. Ecco perché ci interessa conoscere questo dato.

NAPPI
Nella passata consiliatura si è attuata una misura generale, che credo fosse relativa al capitolo dell’informazione e della divulgazione. Non ho però dati ulteriori sull’utilizzo delle risorse.
Per quel che riguarda l’attività di coordinamento, che è stata avviata, abbiamo coinvolto tutti i soggetti istituzionali previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e dalla legge regionale che in parte lo richiama. Il coordinamento assolve dunque a queste funzioni. L’organismo tecnico istituito presso l’assessorato alla sanità dovrebbe individuare, entro la pausa estiva, un percorso preliminare collegato all’attuazione delle prime misure in materia di sicurezza sul lavoro e alle competenze del coordinamento. Sto dunque attendendo che ciò accada.

PARAVIA
Credo che la formazione sia una componente essenziale per superare il gap di cui si parlava in precedenza e a cui ha accennato anche il senatore De Luca, a proposito della scarsa cultura della sicurezza. L’assessore Nappi ha ereditato certamente una situazione difficile perché la formazione in Campania, fino ad oggi, è stata sempre utilizzata per portare vantaggi ai formatori e non ai formandi. Da questo punto di vista, vorrei parlare del coinvolgimento delle associazioni sindacali e datoriali, cui l’assessore ha fatto riferimento, che a mio avviso potrebbero svolgere una funzione molto importante, da un lato di stimolo, dall’altro di partecipazione ad un coordinamento delle attività formative sulla sicurezza.
Chiedo dunque al nostro audito, che è già in carica da un anno, e dunque ha avuto il tempo per comprendere la situazione, di spiegarci un po’ meglio quando la pianificazione di queste attività troverà una sua realizzazione.

NAPPI
Abbiamo dovuto seguire un percorso che ci ha consentito di mettere ordine nell’ambito della legislazione regionale, che prevedeva piani generali per il lavoro al cui interno era contenuto anche questo genere di misure, e di far partire uno specifico piano per il lavoro. In tale contesto si è parallelamente avviato il sistema di relazioni con il tessuto produttivo e in particolare con le rappresentanze, che ha prodotto – specie con l’ANCE e con le associazioni del cabotaggio marittimo – una serie di intese di carattere preliminare per intervenire anche sul versante della sicurezza sul lavoro. Stiamo dunque lavorando per predisporre misure concordate su questo terreno, che utilizzino come strumenti di riferimento i fondi europei, perché il trasferimento derivante dai fondi nazionali servirà essenzialmente a cofinanziare la misura di cui ho parlato in precedenza.
La scelta di muoverci concordemente al sistema produttivo è stata resa possibile proprio per il fatto di non aver ereditato una programmazione e quindi di aver avuto la possibilità di cominciare a costruire regole di confronto in un’ottica di collaborazione con le prefetture della Regione Campania – e in particolare con quella di Napoli – che nell’anno in corso hanno messo in piedi una serie di tavoli di confronto. Si sta operando proprio allo scopo di costruire una rete di relazioni organiche.
In un anno difficile, con risorse limitate, tenuto conto anche di una situazione complicata dallo sforamento del patto di stabilità, abbiamo evitato di adottare misure astratte cercando piuttosto di operare d’intesa con il sistema produttivo. Ciò comporta ovviamente dei tempi di realizzazione che necessitano di una pianificazione organica, anche se nella seconda metà del 2011 partiranno sicuramente delle misure sotto questo versante.

PARAVIA
Vorrei chiederle una piccola specificazione su questo tema, assessore Nappi. Lei ha citato l’Associazione nazionale costruttori edili, i sindacati ed altre associazioni. Io credo però che debbano essere maggiormente coinvolte le componenti relative all’agricoltura. In Campania una parte rilevante degli infortuni mortali si verifica in campo agricolo, dove operano pochissime medie imprese. Vi sono coinvolte soprattutto piccolissime imprese agricole, che vedono la presenza del solo titolare dell’impresa o al massimo di qualche parente dello stesso. Da questo punto di vista, mi rendo conto che l’attività formativa è alquanto complessa da realizzare. Vorrei tuttavia sapere qual è il tasso di partecipazione delle componenti associative e sindacali dell’agricoltura. Credo infatti che Coldiretti, Confagricoltura ed altre associazioni di settore, conoscendo bene questa fenomenologia, potrebbero immaginare anche qualche ipotesi progettuale.

NAPPI
Su questo terreno e, più in generale, sul tema del controllo nel settore del lavoro ci siamo confrontati nell’ambito della commissione regionale sull’agricoltura, insieme con l’INPS, al fine di realizzare una mappatura, che è già stata avviata. Nel 2010 l’INPS e il commissario del lavoro hanno infatti effettuato una serie di controlli sul lavoro irregolare. In questo contesto, ci siamo confrontati qualche mese fa per avere un reciproco scambio di informazioni. Siamo in attesa di indicazioni da parte del tessuto produttivo, anche se abbiamo già cominciato a ragionare con l’assessore all’agricoltura di strumenti di sostegno volti a garantire la qualità del lavoro agricolo.
Con il Ministero del lavoro, viceversa, abbiamo cominciato a ragionare per individuare forme di sostegno in Campania che consentano di far emergere il lavoro in agricoltura, cercando di sviluppare anzitutto i voucher, uno strumento che consente la mappatura dell’effettivo impegno profuso nel lavoro agricolo, seppure in una forma non strutturata di relazione. Sotto questo versante, quindi, abbiamo ancora una volta cercato di integrare le politiche del lavoro con quelle della sicurezza.

PRESIDENTE
La ringraziamo per il suo contributo, assessore Nappi, e le saremmo grati se ci volesse fornire i dati relativi alle richieste formulate dal senatore De Luca. Le rinnoviamo inoltre l’invito ad una maggiore dinamicità nei confronti del coordinamento regionale, ad impegnarvi su questo fronte. Ormai sono passati tre anni dall’emanazione del decreto legislativo n. 81 e non è detto che, con il cambiamento del governo regionale, sia necessario modificare anche l’assetto interno di tale organismo, rappresentato da soggetti ben definiti.

Audizione del procuratore generale facente funzioni presso la corte d’appello di Napoli e del procuratore generale presso la corte d’appello di Salerno

Intervengono il procuratore generale della Repubblica facente funzioni presso la corte d’appello di Napoli, dottor Luigi Mastrominico e il procuratore generale presso la corte d’appello di Salerno, dottor Lucio Di Pietro.

PRESIDENTE
È prevista ora l’audizione del dottor Luigi Mastrominico, procuratore generale facente funzioni presso la procura generale di Napoli, e del dottor Lucio Di Pietro, procuratore generale presso la corte d’appello di Salerno, che ringrazio per la loro presenza.
Noi vorremmo anzitutto specificare che la nostra venuta a Napoli non nasce da particolari esigenze o da particolari situazioni cogenti, ma piuttosto dal fatto che, come Commissione, stiamo verificando in che modo la nuova legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro del decreto legislativo n. 81 del 2008 (che viene indicato con il titolo generico di testo unico) viene recepita ed almeno in parte attuata a livello regionale. Il nostro confronto intende svilupparsi soprattutto con le Regioni, atteso che queste rappresentano una realtà di coordinamento funzionale per l’interscambio di notizie e per il collegamento con i Ministri di riferimento. Non stiamo notando una grande accelerazione su questo specifico tema, al quale invece noi attribuiamo una particolare importanza, che permette alle competenze regionali e alle competenze statuali di mettersi a confronto in una materia concorrente. In quest’ottica, non ci sembra di poter verificare ancora elementi edificanti.
Mi permetto di offrirvi questo quadro, per significare sia le nostre aspettative che le difficoltà che incontriamo come Commissione parlamentare di inchiesta nel conoscere queste relazioni, questi rapporti. Vorremmo cercare di comprendere grazie alla vostra presenza come si muove la giustizia in quest’ambito e quali attenzioni particolari vengono poste in essere, non soltanto laddove si svolgono indagini a seguito del verificarsi di un evento (soprattutto se di carattere luttuoso), ma anche a carattere preventivo, rispetto alle quali tutti noi dobbiamo orientarci e concorrere. Questi sono, sinteticamente, i motivi della nostra presenza a Napoli. Vi ringraziamo per la collaborazione che potrete offrire al nostro lavoro.

MASTROMINICO
Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziare la Commissione parlamentare d’inchiesta per la sua presenza a Napoli, dal momento che l’attività collaborativa e l’interesse per questa materia è presente a tutti i livelli nell’ambito del distretto di Napoli e, come mi è noto, anche nell’ambito del distretto di Salerno. In realtà, l’attività della procura generale in questo campo è duplice, perché si svolge e si è svolta, nel caso della procura generale di Napoli, seguendo due filoni. Il primo riguarda il monitoraggio continuo delle attività e lo svolgimento delle inchieste, anche attraverso il momento del dibattimento, in modo da assicurare che i procedimenti non subiscano ritardi particolari, magari arrivando anche alla prescrizione degli stessi; in questi termini, le procure del distretto hanno fornito ampia collaborazione.
Il secondo filone è più strettamente giudiziario. Sotto questo aspetto, l’interesse per gli incidenti e gli infortuni sul lavoro è stato forte, non soltanto a livello centrale, attraverso un’opera di impulso e un’attività di controllo, ma anche attraverso l’attività diretta svolta dai singoli uffici.
La procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, proprio nell’ottica cui lei faceva appello, signor Presidente, si è inserita con un protocollo d’intesa per la gestione delle emergenze in materia di infortuni sul lavoro. Questo protocollo d’intesa è stato stipulato con la ASL di Caserta e con il servizio di emergenza sanitaria offerto dal 118 della Provincia di Caserta. Conseguentemente, ne sono scaturiti collegamenti, indagini ed attività che hanno consentito sia di individuare molto più velocemente eventuali responsabili, sia di migliorare l’attività operativa interna.
Ogni qual volta la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha avuto conoscenza dell’esistenza di un infortunio sul lavoro, ha fatto in modo che l’attività di coloro che intervenivano direttamente sul posto non fosse di intralcio all’indagine, ma che anzi l’indagine stessa, parallelamente all’attività medica di soccorso (che non doveva essere in alcun modo rallentata), potesse essere volta all’accertamento rapido delle responsabilità, tenuto conto delle attività che devono essere svolte da parte dell’autorità giudiziaria. Se la Commissione lo desidera, posso consegnare agli atti questo protocollo d’intesa.

PRESIDENTE
La ringrazio, dottor Mastrominico. Le comunico anche, per sua conoscenza e per correttezza nei suoi confronti, che noi abbiamo già avuto modo di apprezzare questo impegno da parte della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, incontrando il procuratore in riferimento ad una particolare situazione drammatica che si era colà determinata.

MASTROMINICO
Passo ora all’attività della procura generale di Napoli che, secondo i desideri e le aspirazioni ma anche le sottolineature del Presidente della Repubblica, si è mossa in questo senso, stipulando a sua volta un protocollo d’intesa con l’assessorato alla sanità della Regione Campania (che allora era rappresentato dall’assessore Mario Santangelo), per la formazione di coloro che sarebbero stati coinvolti in prima persona (gli ispettori dell’INAIL e delle ASL) negli interventi per gli accertamenti delle responsabilità. Questo protocollo d’intesa è stato stipulato a conclusione di un convegno che si è svolto a Napoli nel 2009 e che riguardava la sicurezza e la sinergia istituzionale. Consegno agli atti della Commissione la documentazione relativa agli interventi di tale convegno, insieme ad una pubblicazione, realizzata con l’ausilio della Regione Campania, che riguarda sia il decreto legislativo n. 81 del 2008, sia le modifiche apportate con il decreto legislativo n. 106 del 2009. In quest’ottica, la procura ha stipulato un protocollo d’intesa per la formazione del personale e per la realizzazione degli scopi connessi all’attività dei funzionari dell’INAIL. La procura generale e l’assessorato hanno concordato di seguire un percorso comune che si è sostanziato in una serie di seminari tenuti sia da docenti che da magistrati, soprattutto delle procure del distretto.
Ora si è passati ad una seconda fase: quella della creazione di un software e di una banca dati che possano raccogliere, in tempo quasi reale, tutti gli incidenti in materia di infortuni sul lavoro relativi al distretto di Napoli. L’implementazione della banca dati deve essere realizzata in base ai piani e ai fondi che la Regione, come mi è stato assicurato, è in grado di mettere a disposizione.
Recentemente, se non sbaglio nel maggio scorso, ho sollecitato anche un incontro con l’assessore Nappi per procedere alla fase di configurazione del suddetto software, da realizzare attraverso la procura ma con il contributo regionale o per lo meno degli organi regionali.
A quale scopo risponde tale software e qual è la funzione che deve svolgere la banca dati? L’obiettivo è quello di disporre non solo di un quadro degli infortuni sul territorio, ma anche di dare la possibilità al magistrato di conoscere in tempo reale, al momento delle indagini, se una determinata impresa o ditta o struttura è incorsa in infortuni dello stesso tipo, in situazioni analoghe. Si potrà così lumeggiare, non solo ai fini dell’indagine in sé (che potrebbe anche essere irrilevante), ma anche in prospettiva, la personalità dell’imprenditore e capire come vengono effettuate le attività; nello stesso tempo, tali dati serviranno sul piano giudiziario quando dovrà essere dato un giudizio nel caso di affermazioni di responsabilità.
Ripeto, siamo in contatto con la Regione, per cui spero che si possa definire il protocollo e la seconda parte del piano attuativo.

DI PIETRO
Signor Presidente, sono il dottor Lucio Di Pietro, procuratore generale della Repubblica di Salerno. Non ripeterò quanto già esposto dal collega Mastrominico in ordine alle azioni di carattere regionale. Tratterò più specificamente la situazione della Provincia di Salerno. Come sapete, la procura generale ha la vigilanza su quattro procure della Repubblica: Salerno, Sala Consilina, Vallo della Lucania e Nocera Inferiore. Tale vigilanza è di tipo collaborativo, nel senso che, nel corso di una riunione appositamente tenuta, è stata sottolineata l’importanza della prevenzione in materia di infortuni sul lavoro e, contemporaneamente, una velocizzazione delle eventuali procedure in caso di violazioni di carattere penale. Sottolineo che la collaborazione dei procuratori è stata assolutamente positiva: a tale proposito vi fornirò nel prosieguo del mio intervento le cifre a mia disposizione.
Vorrei fare una premessa di carattere generale. Da quanto ho potuto riscontrare, dal 2002 ad oggi vi è stata una flessione, tenue ma costante, degli infortuni sul lavoro in Provincia di Salerno derivante dalla specializzazione che progressivamente ha caratterizzato sia l’azione dell’INAIL, da un lato, sia quella della direzione provinciale del lavoro, dall’altro, attraverso un’attività di educazione delle imprese e dei datori di lavoro in generale nonché nelle scuole. È da considerare inoltre il fatto che tale problematica è stata sempre più avvertita nel tempo come una questione di primaria importanza.
Il 29 settembre 2010 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con ricadute sulle singole Province, ha stipulato una convenzione con il Ministero della difesa (essenzialmente con i carabinieri), per la cooperazione tra comandi provinciali dell’Arma dei carabinieri e le direzioni provinciali del lavoro per il contrasto del fenomeno della criminalità connessa allo sfruttamento del lavoro e l’occupazione illegale. I carabinieri, a loro volta, hanno formato delle squadre miste con la polizia di Stato e con la guardia di finanza, ed hanno proceduto, insieme alla direzione provinciale del lavoro – riferirò solo i dati più interessanti dell’ultimo periodo – a circa 400 ispezioni nei vari settori produttivi, nel solo periodo che va dal settembre 2010 al giugno 2011. Le risultanze sono le seguenti: le aziende controllate nel periodo di riferimento sono 280, con la constatazione di 13 ditte irregolari; su un totale di 797 lavoratori italiani controllati, sono risultate 27 posizioni irregolari. L’andamento decrescente degli infortuni sul lavoro si riflette su un’attività di controllo e sul fatto che le imprese hanno percepito e stanno continuando a percepire nel tempo l’importanza della questione. I numeri dimostrano che, tutto sommato, le irregolarità sono basse rispetto al numero delle aziende controllate.
Abbiamo considerato tutti le tipologie di impresa, ma quelle che producono il maggior numero di incidenti sul lavoro sono nell’edilizia e nell’agricoltura (quest’ultimo settore di particolare rilievo nel salernitano). Per quanto riguarda i cittadini extracomunitari, sul totale dei controllati ne sono risultati irregolari 59, mentre sono stati denunciati solo otto cittadini extracomunitari perché non in regola con le leggi del nostro Stato, nell’ambito di un controllo più generale di 252 opifici e cantieri. Soprattutto in materia di edilizia e agricoltura, sono state contestate 140 violazioni e sono stati denunciati 76 datori di lavoro. Le ammende contestate sono state 89, per un importo di 176.082 euro. Vorrei ripetere la mia considerazione di carattere generale: c’è un andamento lento ma decrescente nel tempo, dal 2002 fino ad oggi.
Un altro aspetto che riguarda l’attività giudiziaria è stato un riscontro che in questi giorni ho effettuato in relazione agli ultimi tre anni. Riferirò prima i dati delle singole procure e poi le cifre totali. Dal 1º gennaio 2007 al 30 giugno 2008 si è verificato, nell’ambito del territorio della Repubblica di Salerno, un solo omicidio colposo causato da infortunio sul lavoro. Nel periodo 2008-2009, cinque omicidi colposi; nel 2009-2010, due omicidi colposi; dal giugno 2010 al giugno 2011, due omicidi colposi. Inoltre, si è proceduto per 18 casi di lesioni colpose (articolo 590, comma 3, con l’aggravante della violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro), più 260 iscrizioni al modello 45, ossia il registro della procura su fatti non costituenti reato. Si tratta di infortuni veri e propri sui quali si dà una lettura per verificare se ci siano eventuali indizi di reato, passando eventualmente al cosiddetto modello 21, cioè ai fatti costituenti notizie di reato. Riassumendo, a Salerno gli omicidi colposi sono stati dieci in tre anni.
A Vallo Della Lucania, nel 2007-2008, ci sono stati nove procedimenti contro imputati indagati noti per lesioni colpose e nessun omicidio colposo; dal 2008 al 2009, tre omicidi colposi; dal 2009 al 2010, tre omicidi colposi; dal giugno 2010 al giugno 2011, un solo omicidio colposo. Il totale è di sette omicidi colposi in tre anni. Ovviamente, anche un solo omicidio colposo costituisce un fatto grave, perché significa la perdita della vita di un lavoratore; tuttavia, considerando i grandi numeri, la quantità di fatti reato costituenti omicidio colposo è abbastanza bassa.
A Sala Consilina, non vi è stato alcun omicidio colposo nel periodo 2007-2009; nel 2009-2010, si sono registrati invece un omicidio colposo e nove procedimenti per lesioni colpose; dal 2010 ad oggi, infine, tre omicidi colposi e 12 procedimenti per lesioni colpose. Anche in questo caso il dato è abbastanza basso, perché il totale è di quattro omicidi colposi.
A Nocera Inferiore, nell’ultimo periodo (2010-2011) non vi è stato alcun omicidio colposo e solamente due procedimenti per lesioni colpose.
I dati esposti confermano pienamente quanto ho riferito in premessa, ossia che l’attenzione e soprattutto la prevenzione hanno generato pochi fatti costituenti reato. Dopo aver effettuato uno screening dei fatti costituenti reato, mi sono confrontato con i rapporti dell’INAIL, del Ministero del lavoro e delle direzioni provinciali del lavoro, che hanno confermato quanto ho rilevato ed appena riferito.
Vorrei fare un’ultima considerazione: i dati statistici – al di là degli omicidi colposi, che sono facilmente riscontrabili – non possono mai essere precisi per quel che riguarda le lesioni. Vi ho letto il dato delle 260 iscrizioni a modello 45, ovvero nel registro degli atti non costituenti notizia di reato, fatte dalla procura di Salerno. Quando giunge alla procura la notizia dell’infortunio, non si può sapere se il fatto deriva da una colpa o da una accidentalità – come diciamo nel mondo giudiziario – ovvero se la colpa sia attribuibile al lavoratore stesso o se ci sia stata una violazione delle norme antinfortunistiche. Altre volte iscriviamo i procedimenti a modello 44, ovvero nel registro delle notizie di reato a carico di persone ignote, perché non riusciamo a sapere subito chi sia il responsabile, all’interno dell’azienda in cui è avvenuto l’incidente. Si tratta di dati oscillanti e dunque, tra queste 260 iscrizioni a modello 45, qualche atto potrebbe transitare nel registro delle notizie a carico di indagati noti.
Ho dunque voluto offrirvi una stima relativa agli ultimi tre anni, nell’ambito delle diverse procure. Se andiamo a fare una somma, vediamo che si sono registrati 21 omicidi colposi in una Provincia in cui purtroppo l’abusivismo edilizio è presente e in cui il settore dell’agricoltura vede impegnata una considerevole quantità di persone. Naturalmente non posso riferire sul lavoro nero: c’è sicuramente una quantità di incidenti non stimabile, almeno dal punto di vista giudiziario, che non vengono assolutamente denunciati. Tutte le procure osservano le disposizioni relative alle comunicazioni all’INAIL, per consentire di arrivare ad un quadro complessivo della situazione degli infortuni. Osservo inoltre che l’azione di prevenzione, oltre che sugli infortuni sul lavoro, si è concentrata anche sul tema della salute all’interno dei luoghi di lavoro. Questo è il quadro di sintesi che posso offrire alla Commissione, che spero risulti sufficientemente chiaro ed esaustivo.

MASTROMINICO
Mi riallaccio a quanto è stato detto dal collega Di Pietro fornendo, se di interesse della Commissione, altre due notazioni. La prima riguarda il sistema organizzativo delle Procure che – lo ribadisco anche per il distretto di Napoli – prevede negli uffici più grandi delle sezioni specializzate, come a Napoli, Santa Maria Capua Vetere o Avellino. Ciò non accade però a Benevento, Torre Annunziata, Nola, Ariano Irpino o Sant’Angelo dei Lombardi, che hanno un organico più ridotto e dunque non possono sopportare una specializzazione così intensa e particolareggiata.
Per quanto riguarda i dati che non ho potuto fornire alla Commissione, si tratta di dati inviati direttamente dalle singole procure e dunque già a disposizione della Commissione attraverso gli uffici della prefettura: tramite la procura generale di Napoli, le singole procure hanno risposto ad una richiesta formulata dal prefetto partenopeo, nell’ambito del piano straordinario di vigilanza per l’agricoltura e l’edilizia nelle Regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Il collega Di Pietro ha ricordato il problema relativo all’iscrizione delle notizie che pervengono alle singole procure. L’interesse della procura generale si è rivolto alla procura di Napoli, l’ufficio più grande del distretto se non addirittura in Italia. Il sistema dell’iscrizione influisce non solo sull’organizzazione, ma anche sul numero degli addetti e sulla quantità degli apparenti «fatti reato». La procura della Repubblica di Napoli seguiva un sistema particolare e iscriveva a modello 21, ovvero nel registro delle notizie di reato a carico di persone note, tutti i fatti comunicati in seguito ad infortuni sul lavoro. Se la Commissione deve conoscere questi aspetti è opportuno che lo sottolinei. Ciò accadeva sia che i fatti fossero collegati a una querela, sia che fossero procedibili d’ufficio e anche, nei casi più gravi, qualora vi fossero omicidi sul lavoro o casi di infortunio che avrebbero successivamente comportato un’accusa di omicidio colposo.
Nell’ambito del potere di vigilanza cui faceva riferimento il procuratore Di Pietro, c’è stato un accordo e una riorganizzazione della sezione alla quale fanno capo le indagini sugli infortuni sul lavoro. In un primo momento i fatti che, ictu oculi, hanno una limitata rilevanza penale o che non ne hanno alcuna, vengono iscritti a modello 45. Essi vengono iscritti a modello 21 solo quando vi è una trasmigrazione, ovvero quando il fatto viene chiarito e passa da un fatto apparentemente irrilevante ad un fatto costituente reato. Ovviamente sono iscritti «a modello 21» anche i fatti che fin dall’inizio sembrano costituire un reato. In pratica, ciò non soltanto ha comportato un ridimensionamento delle pendenze dell’ufficio, ma anche una riorganizzazione – recentemente effettuata dal procuratore – a seguito della quale è stato ridotto il numero degli addetti, che appariva pletorico rispetto al numero dei fatti reato.

PRESIDENTE
Anche dai dati dell’INAIL emerge il trend di cui ha parlato il dottor Di Pietro, relativamente al numero complessivo degli infortuni. Nella Provincia di Salerno si registra però una crescita degli infortuni mortali. Siamo in possesso dei medesimi dati, che segnalano la presenza di 21 infortuni mortali nel 2010, 18 nel 2009, 19 nel 2008, 20 nel 2007 e 18 nel 2006. Questa è la situazione che emerge dalla tabella fornita dall’INAIL.
Nei cinque anni analizzati, per quel che riguarda le cinque Province campane, possiamo riscontrare che il dato di Avellino si mantiene più o meno costante, che a Benevento c’è stato un significativo calo di tali infortuni, pari al 50 per cento – bisogna però considerare che i numeri sono piccoli e che dunque ogni piccola variazione ha un’incidenza percentuale notevole – che a Caserta i dati si mantengono costanti, mentre a Napoli c’è una significativa diminuzione dei decessi, specie negli ultimi tre anni: se ne sono infatti registrati 34 nel 2008, 31 nel 2009 e 23 nel 2010. A Salerno i decessi sono invece aumentati del 16,7 per cento negli ultimi cinque anni: bisogna però ricordare che parliamo sempre di numeri limitati e che quindi la consistenza della variazione percentuale non deve impressionare.
Non abbiamo ancora il dato relativo ai settori in cui si sono verificati questi decessi, ma lo avremo in seguito; è però verosimile che il settore agricolo possa aver avuto una forte incidenza. A tale proposito vorrei concludere il mio intervento ricordando che la Commissione ha scritto a tutte le procure generali d’Italia, chiedendo la cortesia di prestare particolare attenzione – laddove non vi fosse – alla scena degli infortuni, con riferimento soprattutto agli infortuni stradali. Mi permetto di richiamare quella dipende da voi, ma da chi compie i primi accertamenti – nel ricostruire le dinamiche, quegli incidenti vengono liquidati come infortuni stradali, anche se si tratta di infortuni sul lavoro. Noi mi riferisco agli infortuni in itinere, ma agli infortuni sul lavoro in senso stretto, ovvero ai casi in cui il lavoratore muore durante lo svolgimento della propria specifica attività lavorativa, che si svolge con mezzi in movimento. Vorrei chiedere dunque di prestare particolare attenzione a tale fattispecie, per consentirci di capire meglio di cosa si parla, quando ci si riferisce agli infortuni stradali. Sottolineo ancora una volta che non mi riferisco a quelli in itinere, ma a quelli che coinvolgono i soggetti mentre lavorano su macchine in movimento.
Infine, ritengo sia molto importante l’ultima specificazione che il procuratore generale di Napoli ci ha voluto fornire, perché laddove c’è una specializzazione, c’è anche maggiore consapevolezza, visto che ciascuno di noi è portato ad approfondire al meglio le materie connesse al proprio specifico ruolo. Credo sia altrettanto importante serrare le iniziative di prevenzione, perché ancora «non ci siamo», sebbene, come ricordava il dottor Di Pietro, anche a livello nazionale il trend è positivo. Su quei dati bisogna però fare una «tara», nel senso di considerare la diminuzione delle ore lavorate negli ultimi anni. Anche al netto di questo dato, il trend positivo indica comunque una diminuzione degli infortuni pari al 4-5 per cento.
Ognuno di noi sta cercando di fare al meglio il proprio lavoro, ma nonostante l’impegno e l’attenzione di tutte le istituzioni, il fenomeno non viene davvero contrastato sino in fondo e continua ad avere dimensioni pesanti, anche se complessivamente il numero degli infortuni è diminuito. Purtroppo, per quel che riguarda la variazione del dato nazionale degli infortuni mortali registratosi dal 2010 al 2011, non abbiamo buone notizie. Per quanto riguarda gli incidenti mortali – i nostri auditi lo sanno meglio di me, per la professione che svolgono – c’è un meccanismo di accertamento, che non consente di far coincidere precisamente il dato statistico con gli incidenti effettivamente accaduti nel corso dell’anno solare, come anche i nostri auditi hanno affermato in precedenza. La stessa INAIL si riserva di fornire i dati di un anno solo sei mesi dopo, a fine giugno o a luglio, nella speranza che nel frattempo si siano definiti gli eventi avvenuti nell’anno precedente.

DI PIETRO
Desidero chiarire un concetto: ho già accennato alla difficoltà di fornire una statistica dei fatti in questo specifico settore. Leggendo i dati dell’INAIL, cui il Presidente ha fatto riferimento, il totale dei lavoratori infortunati nel 2010 è pari a 6.061, compresi 20 incidenti mortali. Il mio parametro si riferiva agli omicidi colposi.

PRESIDENTE
Stiamo dicendo la stessa cosa: sono parametri diversi.

DI PIETRO
Esatto, ci sono parametri diversi. Pertanto mi sono premurato di fare il raffronto, da cui è emerso lo stesso dato cui ha fatto riferimento il Presidente.
In riferimento a Salerno, risulta una situazione analoga a quella riferita dal collega Mastrominico. La procura di Salerno è la più grande e si è potuta pertanto permettere di istituire una sezione apposita, con magistrati specificamente preparati sulla materia; questo non è possibile nel caso delle altre procure, dove ci sono solo due o tre sostituti procuratori, che devono occuparsi di tutto. Con riferimento a quanto testé affermato, vorrei anche aggiungere che proprio il 25 febbraio 2011 si è svolta un’importante riunione presso la procura di Salerno, cui hanno partecipato funzionari che si occupano di tutela della salute negli ambienti di lavoro, funzionari ASL e magistrati della sezione specializzata antinfortunistica; in tale occasione si è provveduto ad instaurare un rapporto diretto sul piano operativo, sulle metodologie di indagine, sugli interventi e sulle comunicazioni, in modo da assicurare, fin dalle prime indagini, l’intervento sul posto di personale qualificato. Hanno partecipato un po’ tutti i magistrati della procura, al di là della specializzazione, perché con il tempo si può passare ad altro ufficio o chiedere un trasferimento; in tal modo, quindi, si trovano persone già preparate e pronte a sostituire i loro colleghi, come ha detto il dottor Mastrominico in riferimento alla procura di Napoli.

MARAVENTANO
Vorrei sapere se disponete di dati relativi allo sfruttamento dei minori o se avete riscontrato qualcosa in merito in questi anni. Ci avete presentato un ottimo schema per quanto riguarda i controlli effettuati negli ultimi periodi, nel quale, effettivamente, non ci sono numeri relativi ai minori; questa è un’ottima cosa. Vorrei tuttavia capire se in questi anni avete riscontrato sfruttamento minorile nei vari settori e, in caso affermativo, vorrei sapere in quali settori.

MASTROMINICO
Devo dire che in realtà è in atto uno specifico monitoraggio sul punto, che ci è stato richiesto dalla procura generale della cassazione. Gli ultimi dati non sono ancora ostensibili, nel senso che non sono stati ancora raccolti tutti e quindi non sono omogenei. Per quanto riguarda invece l’altro aspetto della sua domanda, le devo dire che la presenza o meno di minori al momento dell’incidente investe soprattutto l’aspetto investigativo. Soprattutto nell’ambito della procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che abbraccia per larga parte tutto il litorale domizio fino al confine con il Lazio e che si estende all’interno verso Quarto, Giuliano ed altri paesi in cui il lavoro degli extra-comunitari in certi casi è addirittura preponderante, l’esistenza di un infortunio sul lavoro che coinvolge un minore diventa di più difficile accertamento. Per un extracomunitario, infatti, la determinazione dell’età può essere effettuata soltanto in caso di incidente mortale, quando si fa l’autopsia, naturalmente con dei margini particolari per accertare se si tratta in quanto non può essere stabilito esattamente il momento della nascita, dato che noi non conosciamo.

MARAVENTANO
Io non parlavo solo degli extracomunitari.

MASTROMINICO
Questa difficoltà si prospetta soprattutto per gli extracomunitari. Per quanto riguarda invece il minore, il ragazzo che fa l’apprendista oppure l’aiutante, soprattutto nell’ambito dell’edilizia, opera nell’ambito di un’attività che nella maggior parte dei casi è illegale. Del resto, è noto a tutti quante costruzioni abusive vi siano in Campania e quanta edilizia illegittima venga realizzata in questi tempi. Questa attività edilizia viene realizzata con manodopera al nero, utilizzando, in molti casi, sia extracomunitari, sia cittadini comunitari che provengono da Paesi economicamente più svantaggiati rispetto all’Italia. L’individuazione del minore in questo caso diventa difficile.
Per quanto riguarda invece i non extracomunitari, le posso dire che nell’ambito del lavoro minorile gli infortuni sul lavoro, quando si tratta di attività svolta illegalmente (e in larga parte in questo settore purtroppo è così), vengono camuffati: il minore si presenta in ospedale e fornisce una versione del fatto assolutamente diversa rispetto al reale svolgimento del fatto stesso. Conseguentemente, la statistica è certamente fallace e non può essere completata se non per difetto. In questo caso possiamo fare delle proiezioni, che tuttavia non rispondono alla realtà; allora dare dei numeri significa letteralmente «dare dei numeri» e questo non è un costume che può essere seriamente utilizzato. Il dato minorile è quasi inesistente per queste ragioni: difficoltà di individuazione e difficoltà di contestualizzare il fatto.

MARAVENTANO
Quindi, secondo lei, in Campania e nelle altre Regioni può esistere un fenomeno di sfruttamento minorile di cui però è molto difficile l’individuazione.

MASTROMINICO
Il fenomeno certamente esiste e dunque la mia risposta è positiva. È necessario però capire entro quali termini, cioè se il fenomeno è assolutamente allarmante (e forse lo è), ovvero se i dati che ci vengono forniti e dai quali possiamo partire sono sostanzialmente fasulli.

DI PIETRO
Credo che voi abbiate tra le vostre carte il rapporto annuale regionale del 2009. Il collega Mastrominico parlava giustamente della fallacità delle statistiche. Se andiamo a riscontrare i dati, vediamo che a Salerno, tra il 2008 e il 2009, gli infortuni totali sono diminuiti del 6,7 per cento. Pur essendomi applicato in questa settimana sulle statistiche (sin dal momento in cui sono stato avvertito di questo incontro), anch’io trovo difficoltà a procedere in valutazioni di carattere generale. Il dottor Mastrominico ha già riferito che, sempre in base all’articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2009, il procuratore generale della cassazione vigila sull’attività delle procure generali, così come noi vigiliamo su quella delle procure della Repubblica. Al momento, secondo la richiesta pervenuta dal procuratore generale della cassazione, siamo in attesa di sviluppare i dati riferiti proprio ai minori, che sarà nostra cura trasmettere anche alla Commissione. Siccome proprio sui minori i dati sono molto scarsi (anche se può sembrare una boutade), vorrei chiedervi se è stata mai fatta una comparazione tra l’evasione scolastica ed il lavoro minorile. Ritengo infatti che, laddove il fenomeno dell’evasione scolastica è più evidente, si possa anche individuarne il motivo. Ciò avviene soprattutto nell’agricoltura e nel terziario, piuttosto che nell’edilizia; penso, ad esempio, ai ragazzi dei bar che portano il caffè. Questo fenomeno è notevolmente in calo rispetto agli anni passati; però, nel settore dell’agricoltura e in alcuni settori del terziario (fattorini, ragazzini che trasportano merce), io farei questa semplice comparazione.

MARAVENTANO
È già in corso.

DI PIETRO
Benissimo. Io credo infatti che il maggiore polmone di informazione sia proprio l’evasione scolastica.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per i dati, per la collaborazione e per le notizie che ci avete fornito. Questa nostra presenza sul territorio è soprattutto un’occasione di incontro e di scambio tra rappresentanti delle istituzioni, fondamentale non solo per ciò che concerne l’aspetto umano, ma anche per la volontà di dare un’immagine precisa di uno Stato che c’è, è presente, viene sul territorio e si confronta a livello locale con altre istituzioni che operano per gli stessi obiettivi.

Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro

Intervengono il direttore regionale dell’INAIL, dottor Emidio Silenzi, e il direttore regionale del lavoro, dottor Nicola Agosta.

PRESIDENTE
Nel salutare i nostri ospiti, ricordo loro che la nostra Commissione sta effettuando un monitoraggio su tutto il territorio nazionale, Regione per Regione, per capire come ci si sta organizzando ed attrezzando a livello locale, soprattutto a seguito dell’emanazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni. Pertanto, vorremmo conoscere il quadro della situazione a livello regionale e l’impegno nel contrasto agli infortuni e alle malattie professionali, un tema di cui spesso si parla poco, ma che invece risulta drammaticamente in crescita e va dunque affrontato seriamente.

AGOSTA
Signor Presidente, sono Nicola Agosta, direttore generale dell’ufficio regionale del lavoro. Gli uffici territoriali del Ministero del lavoro (quindi anche quelli della Campania) hanno una competenza, sebbene limitata, anche in materia di controllo sulla sicurezza del lavoro.
Tale competenza è limitata perché, come lei già saprà, con la legge di riforma del Servizio sanitario nazionale, gli organi di vigilanza sul territorio sono diventate le ASL. Ciò nonostante, per quanto riguarda la Regione Campania, per circa un ventennio (dal 1978 al 1997), le ASL non hanno funzionato granché dal punto di vista della vigilanza sulle condizioni di lavoro nelle aziende, per cui gli uffici territoriali del Ministero e gli ispettori del lavoro hanno esercitato una funzione suppletiva, intervenendo laddove vi fossero delle richieste di intervento, sia qualificato e quindi proveniente dalla magistratura, sia nel caso di una richiesta di intervento da parte di un’organizzazione sindacale o di singoli lavoratori che lamentino carenze dal punto di vista della sicurezza e dell’igiene nelle condizioni di lavoro delle aziende.
L’articolo 23 del decreto legislativo n. 626 del 1994 prevedeva che gli ispettori del lavoro avessero competenza per i cosiddetti grandi rischi, da individuarsi con un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Nel dicembre 1997 fu emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 412, che individuò sostanzialmente due ambiti di competenza.

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo, ma noi saremmo particolarmente interessati a capire cosa si sta facendo adesso. Preferiremmo entrare subito nel vivo della questione.

AGOSTA
Gli ambiti di competenza sono le attività nel settore delle costruzioni edili e la vigilanza in materia di radiazioni ionizzanti. Rispondo subito alla sua domanda, signor Presidente. Innanzitutto, vi è una direttiva specifica dell’amministrazione centrale. In caso di intervento presso i cantieri edili, all’attività di vigilanza ordinaria deve essere altresì associata una vigilanza tecnica che consiste nel verificare che il cantiere sia a norma, ossia che siano state poste in essere tutte le misure per la prevenzione dei rischi di caduta dall’alto o per la movimentazione all’interno dei cantieri, predisponendo opportuni mezzi di protezione individuale.
L’anno scorso, quando è stato predisposto il piano straordinario governativo di vigilanza per l’agricoltura e l’edilizia, sono state comminate circa 4.800 sanzioni: ciò ha rappresentato un grande balzo in avanti perché, assicurando una vigilanza precipua sulle condizioni di sicurezza nei cantieri, è stato privilegiato il settore dell’edilizia. Il grande progresso ha riguardato le prescrizioni e gli accertamenti delle violazioni in materia di sicurezza.
Attualmente, l’obiettivo ministeriale rispetto al settore dell’edilizia è rivolto alla lotta al sommerso. Il ministro Sacconi ha chiesto agli uffici territoriali del Ministero di perseguire la lotta al sommerso in tutti i settori di attività. Gli accertamenti sul lavoro sommerso da eseguire sono circa 81.300 ed interessano principalmente tre settori: il turismo, il commercio e l’agricoltura.
È evidente, signor Presidente, che quando è necessario concentrarsi su alcune specifiche attività, si finisce per doversi astenere dallo svolgere attività inerenti la materia della sicurezza sul lavoro. Non sto affermando che la vigilanza in settori diversi dall’edilizia, come nel caso dei controlli sulle radiazioni ionizzanti, non venga svolta, ma che ha luogo soltanto su richiesta dei magistrati, nell’ambito della nostra attività di ufficiali di polizia giudiziaria. Pertanto, laddove vi sia una specifica richiesta del magistrato, noi eseguiamo la nostra attività di verifica, specie a seguito di infortuni sul lavoro, anche in settori diversi dall’edilizia. Diversamente, andremmo ad invadere ambiti di competenza non nostri, come nel caso delle misure di polizia preventiva ed amministrativa per le quali, lo ripeto, sono competenti le ASL.

PRESIDENTE
Quindi lei sta dicendo che, in base alle direttive ministeriali, non si stanno facendo attività di prevenzione infortunistica. Ho capito bene?

AGOSTA
Le attività di prevenzione continuano, soprattutto nei settori di competenza, ossia in edilizia.

PRESIDENTE
Non potete farle in altri settori, a meno che non vi sia una richiesta. Quindi non si può affermare che il Ministro abbia detto di non farle.

AGOSTA
Assolutamente. Chiedo scusa se mi sono espresso male.

PRESIDENTE
Mi sembrava di aver capito che non vi fosse disponibilità di personale per continuare a svolgere attività di ispezione, prevenzione e sanzione nell’ambito delle vostre competenze specifiche. Ma ora ci siamo chiariti.

SILENZI
Signor Presidente, sono Emidio Silenzi, direttore regionale dell’INAIL. In tema di prevenzione e sicurezza, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro svolge attività di informazione, formazione e consulenza, in base a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 81 del 2008, poi integrato dal decreto legislativo n. 106 del 2009.
Nel corso degli ultimi cinque anni (fino al 2010), l’andamento infortunistico ha mostrato una tendenza ad una costante diminuzione del numero degli infortuni. Abbiamo avuto difficoltà ad acquisire i dati relativi al 2010, anche perché il prossimo 5 luglio presso la Camera avrà luogo la presentazione dei nostri dati da parte del Presidente dell’Istituto.
A fronte di una sostanziale diminuzione del numero degli infortuni, aumentano in controtendenza le malattie professionali, che per loro natura si manifestano a volte decine di anni dopo il momento in cui sono state contratte. Da poco è iniziata la lotta a tali malattie, ma il fatto che si manifestino dopo tanti anni rende per certi versi vana l’attività di prevenzione che invece sarebbe stata necessaria alla fine degli anni Settanta. Molto nota è la questione relativa all’amianto, un materiale a cui si è fatto ricorso soprattutto negli anni Settanta e rispetto al quale soltanto nel 1992-1993 ci si è resi conto della pericolosità. Oggi stiamo pagando le conseguenze dell’ignoranza che c’era in quegli anni circa le potenziali patologie derivanti dall’utilizzo di quel minerale.

PRESIDENTE
In realtà si sapeva fin dagli anni Quaranta che l’amianto era nocivo, tanto è vero che, insieme alla silicosi, tra le malattie tabellate era indicata anche l’asbestosi. Quindi non è esatto ciò che lei ha dichiarato. Pur sapendo che tale minerale fosse dannoso per la salute, perché – lo ripeto – tale malattia era già tabellata, ne è stato fatto un uso smodato in tutti i settori. Penso che certe precisazioni siano utili perché la società deve assumersi la responsabilità per ciò che è stato fatto. Addirittura, i primi studi sull’amianto risalgono agli inizi del Novecento, quando veniva già indicato come materiale pericoloso, tanto che negli anni Quaranta fu di fatto inserito nell’elenco delle malattie tabellate.
Vorrei sapere se vi siete mai riuniti in sede di comitato regionale di coordinamento. Che cosa sta succedendo, che cosa sta accadendo?

SILENZI
Da quando ricopro la carica di direttore generale dell’INAIL ci siamo incontrati una sola volta in due anni. Siamo stati convocati dall’assessore al lavoro della Regione Campania, professor Severino Nappi, per essere ascoltati sulle iniziative da mettere in campo.

PRESIDENTE
Questo quando è avvenuto?

SILENZI
Due mesi fa. L’INAIL, che come ho già precisato svolge attività di informazione, formazione e consulenza, ha messo a disposizione 1,2 milioni di euro l’anno per la prevenzione. Tale cifra viene costantemente impegnata, per scelta strategica della direzione regionale dell’INAIL, soprattutto sul versante della cultura, a partire dalle scuole elementari fino alla fascia postuniversitaria, finanziando specifici master presso le università più importanti di Napoli.
Abbiamo voluto fare questa scelta perché avrebbe poco senso intervenire sui ragazzi delle scuole superiori, senza aver prima preparato il campo. Anche se interveniamo comunque nell’ambito degli istituti tecnici e nelle scuole superiori in generale, parlare di cultura della sicurezza a ragazzi di dodici o tredici anni non ha senso, se non c’è stata una preparazione preventiva. Ecco il motivo per cui si è deciso di iniziare la nostra attività formativa a partire dalle scuole elementari. A tal proposito, proprio alle ore 12 di oggi alcuni colleghi dell’INAIL parteciperanno alla presentazione del prossimo «Giffoni film festival». Nel corso delle giornate dedicate al festival, l’INAIL incontrerà oltre 100.000 ragazzi, disporrà di uno stand e, soprattutto, aprirà una sezione dedicata alle scuole elementari: agli allievi di 2500 scuole elementari verranno consegnati dei kit grazie ai quali, con il supporto di personale esperto potranno, seguendo determinate indicazioni, preparare uno spot di 30 secondi. I ragazzi non parleranno soltanto di sicurezza sul lavoro, ma verranno aiutati ad individuare un soggetto cinematografico: i primi tre soggetti saranno premiati e le prime dieci scuole classificate saranno invitate a Giffoni, nel marzo successivo, per le premiazioni. Non è escluso che da questi lavori possano venir fuori dei prodotti da «spendere» a livello nazionale: ciò sarebbe molto importante. La direzione nazionale dell’INAIL ha accolto questa impostazione e noi stiamo andando avanti così.
Oltre a tali attività, sono stati attivati dei master sui sistemi di gestione per la sicurezza dei luoghi di lavoro e sulla sicurezza stradale. Abbiamo notato infatti il peso rilevante degli incidenti stradali, nel caso di lavori che prevedono l’utilizzo dell’automobile o in seguito ad incidenti cosiddetti in itinere. Oltre a prevedere una serie di iniziative di questo tipo, intendiamo anche costruire una «rete». Per quanto possibile, vorremmo infatti mettere a disposizione queste somme – e già lo stiamo facendo – per creare una sinergia con gli altri enti, organizzazioni e organismi che operano in materia di prevenzione e sicurezza, anche in un rapporto di sussidiarietà con la Regione Campania. Quest’ultima avrebbe dovuto dare maggiore impulso e agire in maniera più incisiva per la costituzione del comitato regionale di coordinamento per la sicurezza nei luoghi di lavoro, cosa che per vari motivi ha avuto difficoltà a realizzare. Noi possiamo senz’altro supportare tale attività, tenuto anche conto dell’ottimo rapporto di lavoro che mantengo con l’assessore al lavoro della Regione Campania, Severino Nappi.

PRESIDENTE
Su questo argomento l’assessore al lavoro c’entra ben poco, perché è il Presidente della Regione che può delegare questo compito all’assessore al lavoro o a quello alla sanità, che molto spesso è il membro della giunta maggiormente coinvolto da queste problematiche. Vi chiedo dunque di sollecitare l’attività inerente a questo coordinamento, che risulta fondamentale anche alla luce di quello che ci sta dicendo.

DE LUCA
Vorrei cogliere l’occasione per formulare una domanda e avere una vostra valutazione, ai fini dell’attività legislativa che la Commissione sta portando avanti intensamente, anche attraverso l’approvazione delle relazioni intermedie. Innanzitutto vorrei chiedervi – avete già accennato all’argomento, ma vorrei una risposta più precisa – a che punto sono i rapporti e il coordinamento con i livelli istituzionali, con il mondo scientifico e con la scuola. Sia l’INAIL che l’ufficio regionale del lavoro potrebbero infatti spingere nella prospettiva dell’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 e dei successivi decreti delegati.
Nonostante che in Parlamento fosse stato espresso un voto all’unanimità riguardo ai costi, non è stato possibile modificare il riferimento ai subappalti che intervengono nell’ambito delle gare d’appalto, a seguito dei quali si determina il venir meno delle condizioni di sicurezza sul lavoro, con le conseguenti tragedie che ben conosciamo. In Campania, ad esempio, si sono verificati 72 decessi sul lavoro: non è certo un segnale di civiltà, anche perché si tratta del dato più alto tra tutte le Regioni del Paese. Qual è la vostra opinione a proposito della proposta di eliminare dalla normativa in materia di appalti il riferimento ai subappalti, che poi di fatto determinano un abbassamento delle condizioni di sicurezza nello svolgimento del lavoro? Il Parlamento si è già espresso al riguardo, ma siccome si tratta di una materia di competenza concorrente, è importante che in quest’ottica operino anche le Regioni e gli organi specificamente preposti, in particolare l’INAIL.
Anche se è un tema sul quale al momento non è stata ancora interessata la Commissione, vorrei sapere qual è la situazione della ricerca scientifica, anche in seguito al trasferimento in capo all’INAIL delle competenze prima attribuite all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL). Mi riferisco ovviamente alle conseguenze sul piano regionale, non a quelle a livello nazionale. So che di questo argomento si è discusso molto, anche se valuto questa tensione in positivo. A seguito di tutte le azioni che sono state poste in essere, è possibile immaginare di costruire anche un rapporto più stretto con il mondo della scienza e dell’innovazione.

AGOSTA
Il Comune di Napoli ha istituito l’osservatorio «Napoli città sicura», che ha costituito un’esperienza molto interessante, perché è diventato il luogo d’incontro in cui tutte le istituzioni del territorio hanno potuto parlare di sicurezza. Sono state organizzati degli eventi e delle giornate dedicate a questo tema, tanto che quella che si è svolta il 5 marzo a Napoli è stata proclamata «Giornata cittadina per la sicurezza nei luoghi di lavoro». Questa attività è stata svolta rivolgendo un occhio particolare al mondo della scuola e ricordo che sia l’Ufficio regionale del lavoro sia l’INAIL, che ha organizzato anche degli stand, erano parte attiva dell’osservatorio. Dunque, nell’ambito della «Mostra d’Oltremare», è stato organizzato uno stand dedicato ai ragazzi, in cui è stato simulato un cantiere, per consentire loro di toccare effettivamente con mano i pericoli per la sicurezza dei lavoratori che operano in un cantiere edile.
Vogliamo dunque sottolineare l’importanza di queste iniziative, di cui diamo atto alla precedente amministrazione. Non so però se l’attività di questo osservatorio continuerà; esso si sarebbe dovuto trasformare in una fondazione, che però non è stata più realizzata. Non so se la nuova amministrazione del Comune di Napoli continuerà questa esperienza, che ritengo sia stata molto interessante e che ha facilitato l’INAIL – di cui parlerà il dottor Silenzi – e il Ministero del lavoro nell’opera di informazione, di divulgazione e di promozione delle condizioni di scurezza a cui siamo tenuti, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 124 del 2004.

SILENZI
Il senatore De Luca ha posto una domanda a proposito dell’integrazione istituzionale con l’ISPESL e l’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Si sta procedendo sulla base delle linee guida indicate dalla direzione generale, che ha ovviamente preso in esame il problema. A livello locale, però, non esiste un problema di integrazione con l’ISPESL. Noi dell’INAIL ci rechiamo infatti a tutti gli incontri e a tutti i convegni organizzati dall’ISPESL e loro fanno altrettanto rispetto agli incontri e ai convegni che sta preparando e mettendo in campo l’INAIL. C’è dunque uno scambio culturale, che risulta particolarmente importante alla luce delle profonde differenze tra i due istituti: i colleghi dell’ISPESL sono più preparati dal punto di vista scientifico e noi lo siamo un po’ di più dal punto di vista amministrativo e politico. Attraverso questa sinergia, i due istituti stanno svolgendo delle attività interessanti, perché abbiamo sommato gli interventi e non li abbiamo ricondotti a uno.
I tecnici dell’ISPESL sono molto preparati: in Campania ci sono 55 persone che lavorano per tale istituto – 35 a Napoli e 20 ad Avellino – con le quali abbiamo operato molto bene. Con l’IPSEMA stiamo facendo altrettanto e, anzi, tramite l’aiuto di tale istituto stiamo risolvendo un problema relativo all’ISPESL che ha necessità di «traslocare» nello stabile dell’IPSEMA i 35 colleghi dell’ISPESL di Napoli, la cui attuale sede, situata nella zona di Riviera di Chiaia, risulta abbastanza disagiata in termini abitativi e poco funzionale. In seguito al programma che abbiamo stabilito, questi colleghi si trasferiranno nei locali dell’IPSEMA entro il novembre del 2012, realizzando anche un risparmio dal punto di vista finanziario. Questo è dunque un esempio di integrazione, che comunque lascia intatta l’autonomia funzionale degli enti. Chiaramente anche l’IPSEMA è dotata di personale molto preparato, ma tali enti sono sempre organizzati in maniera diversa l’uno dall’altro ed è dunque molto difficile e molto importante creare le giuste condizioni per la loro integrazione. Altrimenti si rischia una sopraffazione da parte nostra, che non abbiamo alcun interesse a compiere, mettendo gli altri enti in una condizione di disagio. Credo però che in Campania non ci siano problemi del genere.

DE LUCA
Desideriamo darvi un’informazione, affinché ci possiate dare una mano. La Commissione d’inchiesta ha raggiunto un importante risultato attraverso l’approvazione di una norma che ora però va attuata volta a far sì che nel formulare la propria proposta in una gara d’appalto, specialmente per quel che riguarda i cantieri edili, sia sottratta all’imprenditore la possibilità di incidere sui costi per la sicurezza sui luoghi di lavoro per evitare che si cerchi sempre di risparmiare su questa voce. Siccome a volte non tutti sono a conoscenza delle decisioni assunte in Parlamento, mi sembrava l’occasione giusta per mettervi a conoscenza di questa novità.

PRESIDENTE
Ringrazio il dottor Silenzi e il dottor Agosta per il loro contributo.

Audizione del comandante della legione dei Carabinieri della Campania, del comandante del gruppo dei Carabinieri per la tutela del lavoro di Napoli e del direttore regionale dei Vigili del fuoco della Campania

Intervengono il comandante della Legione dei carabinieri della Campania, generale Carmine Adinolfi, il comandante del gruppo carabinieri per la tutela del lavoro, tenente colonnello Gaetano Restelli, e il Comandante regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Guido Parisi.

PRESIDENTE
Diamo il benvenuto ai nostri ospiti, che ringraziamo per la loro presenza.

ADINOLFI
Se può essere utile, insieme ai colleghi del comando dei carabinieri per la tutela del lavoro abbiamo preparato due documenti. Il primo riguarda l’azione di tale comando e l’altro riepiloga i dati ottenuti dall’Arma territoriale, in stretta collaborazione con i colleghi del comando per la tutela del lavoro, riferiti agli infortuni e agli interventi praticati, con un raffronto tra il 2010 e il 2001. Da questi documenti è possibile ricavare tutti i dati di interesse.
Come dicevo prima, abbiamo preparato un resoconto facendo un quadro della situazione che riguarda tutta la Regione e sottolineando che il lavoro in materia di tutela del lavoro viene svolto in stretta simbiosi tra il comando carabinieri per la tutela del lavoro e in particolare, nell’area campana, dal gruppo carabinieri per la tutela del lavoro di Napoli, dal quale dipendono i cinque NIL a livello provinciale, ovviamente in stretta sinergia con l’Arma territoriale. Questo è l’elemento più significativo che va sottolineato: il comando infatti ha una specifica competenza tecnica in materia di interventi, mentre l’Arma territoriale è una sorta di occhio sul territorio. Come legione, noi abbiamo cinque comandi provinciali, tre comandi di gruppo (a Napoli, Castello di Cisterna e Torre Annunziata), due reparti territoriali (ad Aversa e Nocera), 42 compagnie, 12 tenenze e 349 stazioni. Si tratta di un’articolazione capillare sul territorio, che ci consente di monitorare tutta l’area della Campania e di dare quegli input che devono essere dati di volta in volta ai colleghi che operano nel settore. Tutto ciò è importante, perché all’azione e all’iniziativa pianificata dai colleghi si unisce quotidianamente un’azione molto diffusa sul territorio, in relazione a denunce o ad altre situazioni che comunque vengono rilevate (c’è un’attivazione, a seguito della quale si interviene). Si realizza quindi, da un lato un’azione di contrasto, laddove si renda necessaria, e dall’altro anche e soprattutto un’azione di prevenzione. È inoltre importante la convenzione stipulata tra il Ministero della difesa e il Ministero del lavoro, che va proprio a sottolineare questo rapporto operativo che c’è e ci deve essere tra i carabinieri della territoriale e la direzione provinciale del lavoro, oltre ai colleghi che operano nel settore.
I dati che sono stati riportati sono un po’ diversificati, perché si evidenzia da una parte l’azione svolta da tutti i reparti territoriali e, dall’altra, l’azione più specifica svolta dai colleghi dell’ispettorato del lavoro. C’è un’azione esclusiva in materia di edilizia, dove vi sono delle competenze ben precise, e c’è una competenza residuale negli altri settori; questo non vuol dire che poi non vi sia un intervento da parte delle unità dell’Arma in relazione a situazioni particolari, in base al contenuto dell’articolo 33 della legge n. 183 del 2010, che attribuisce un potere di carattere generale di intervento se si determinano situazioni che devono essere oggetto di attenzione. Abbiamo riportato delle considerazioni per quanto riguarda il settore degli infortuni, dove l’Arma non ha una competenza esclusiva, ma c’è una competenza più diretta dei commissariati, delle ASL e dell’INAIL; ciò non toglie che anche i NIL possano effettuare degli interventi all’occorrenza. Sono stati riportati dei dati riassuntivi, con una rappresentazione grafica, rispetto ai quali si evidenzia il tipo di intervento attuato in ogni settore dai NIL in ambito regionale. Il lavoro che è stato preparato riporta anche dei suggerimenti e delle proposte avanzate dal comando carabinieri per la tutela del lavoro, soprattutto nella parte finale della relazione, dove si parla tra l’altro di una sensibilizzazione in materia di cultura della sicurezza. Viene inoltre rivolta particolare attenzione all’obbligo di trasmissione preventiva dei piani di sicurezza e coordinamento; si propone infatti che questi piani, relativi ad opere la cui durata presunta sia superiore a 1000 uomini al giorno, debbano essere obbligatoriamente trasmessi almeno 30 giorni prima della data di inizio dei lavori indicata nella notifica preliminare. Si parla anche di responsabilizzazione dei datori di lavoro attraverso una maggiore qualificazione e ulteriori strumenti di incentivo economico per chi cura la formazione, sulla stessa linea della riduzione dei premi INAIL disposta dal testo unico per chi è in regola con la dichiarazione unica di regolarità contributiva. Si propone inoltre la creazione di una sorta di patente a punti del datore di lavoro per gli infortuni e le malattie sul proprio cantiere. Per i datori di lavoro più volte risultati inadempienti si propone la non applicazione dei benefici di cui alla legge n. 758 del 1994 (riduzione ad un quarto dell’importo dell’ammenda). Si propone infine una certificazione della qualifica dei lavoratori e un inasprimento delle pene a carico del committente e/o del responsabile del lavoro. Si tratta di proposte che il comando avanza e che vogliono rappresentare una sorta di suggerimento, che può essere oggetto di studio, di approfondimento e di eventuale riflessione.
Per quanto riguarda i dati operativi, mi soffermo brevemente sugli infortuni sul lavoro a livello della Regione Campania. Nell’altro opuscolo che abbiamo portato si può vedere un raffronto tra i vari settori (agricoltura, edilizia, industria e commercio) nel 2010 e nel 2011. Nel 2010 si sono verificati 47 infortuni, di cui 26 mortali, mentre nel 2011 c’è invece un calo dei morti, in quanto ci risultano 7 morti e 39 feriti. Questi dati vengono esplicitati a livello provinciale e sono riportati in dettaglio nelle pagine successive per ogni Provincia. Questi dati sono riferiti all’Arma territoriale e devono essere integrati con quelli riportati nell’altro opuscolo per quanto riguarda il comando carabinieri per la tutela del lavoro.
Ci tengo a sottolineare che questa materia viene seguita con particolare attenzione dall’Arma e che quest’ultima più che mai, grazie alla sua capillarità, può monitorare la situazione ed intervenire in modo capillare su tutto il territorio; questo aspetto viene registrato puntualmente. È chiaro infatti che in sede locale, anche nelle contrade più remote, se succede qualcosa la prima chiamata viene fatta alla stazione dei carabinieri. Personalmente io sono più che mai convinto dell’importanza delle stazioni dei carabinieri sul territorio, con riferimento non solo al settore del lavoro, ma a tutti i settori. Sappiamo infatti che i cittadini, quando succede qualcosa, hanno come primo riferimento la stazione dei carabinieri. Credo che questo aspetto sia da tenere presente nella valutazione del dispositivo dell’Arma, tenuto conto della necessità di non far venir meno, anche per questi settori speciali, come quello importantissimo della tutela del lavoro, questo supporto conoscitivo e di intervento che riguarda tutto il territorio, non solo della Campania, ma anche delle altre Regioni. Sono a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti, fermo restando che il collega che rappresenta il comando del gruppo di Napoli è in grado di fornire dettagli più tecnici sulla materia.

RESTELLI
Signor Presidente, credo che il generale Adinolfi abbia detto tutto. Vorrei solo precisare che i comandi di gruppo sono nati da circa un anno. A livello ministeriale del comando generale si è cercato di dare una nuova articolazione al comando per la tutela del lavoro, per renderlo più aderente alle realtà locali per cui, dal 26 aprile 2010, operano quattro gruppi a livello nazionale. Il gruppo di Napoli, che io comando, ha giurisdizione su sei Regioni, dall’Abruzzo fino alla Calabria. Non ho altro da aggiungere a quanto è stato detto dal generale Adinolfi.

ADINOLFI
Forse c’è da aggiungere un altro aspetto importante, che riguarda proprio l’articolazione del comando. Infatti è stato istituito, con competenza interregionale, anche un nucleo operativo.

RESTELLI
Il gruppo ha alle sue dipendenze un nucleo operativo, composto da undici unità, che ha compiti sia di polizia giudiziaria classica, sia di supporto alle attività di prevenzione dei NIL. L’attività viene svolta sulla base di una programmazione trimestrale concordata con il Ministero. Proprio in questo mese di giugno abbiamo svolto la nostra attività nella Regione Abruzzo, per i problemi relativi alla ricostruzione post terremoto. La Campania viene di fatto attenzionata tutti i giorni, dal momento che il nostro Gruppo ha sede a Napoli (anche se poi si reca in tutte e cinque le Regioni). Abbiamo in corso attività investigative anche nel campo della sicurezza, per quanto riguarda il problema dei corsi fantasma che vengono svolti in materia di prevenzione.

PRESIDENTE
Noi conosciamo ed abbiamo apprezzato l’evoluzione da parte dell’Arma, che è passata da un’unica gestione nazionale ad una suddivisione territoriale in tre aree (Nord, Centro e Sud Italia), con un generale che coordina tale attività. Abbiamo apprezzato anche il protocollo d’intesa da poco stipulato presso il Ministero del lavoro. Sono elementi che, per quel che ci riguarda, rappresentano una grande valenza ai fini del contrasto degli infortuni sul lavoro. Nella vostra poliedrica funzione, si innesta poi un quadro conoscitivo molto più ampio e più funzionale agli obiettivi che ci riguardano, anche in riferimento all’incontro di questa mattina. Da questo punto di vista, noi abbiamo salutato con favore questa evoluzione e questa maggiore collaborazione tra il Ministero del lavoro e l’Arma dei carabinieri. Vorrei sapere se vi è collaborazione anche con le altre istituzioni e se avete luoghi dove scambiarvi le vostre riflessioni e mettere a punto un quadro operativo comune, affinché le rispettive attività siano sussidiarie e non sovrapponibili o infruttuose.

ADINOLFI
Per quanto riguarda la collaborazione con gli altri enti che in qualche modo seguono il settore (non mi riferisco solo alle forze di polizia), non ci sono stati e non ci sono assolutamente problemi. Ci siamo resi conto, non solo nel settore del lavoro, ma anche in altri settori che riguardano comparti speciali che seguiamo sul territorio (come la sanità), che la scelta migliore è proprio raccordarsi per impiegare al meglio le risorse disponibili. C’è un discorso di fondo e di base che ci porta a coordinarci molto bene nell’ambito dei comitati provinciali, dove l’azione dei prefetti è sempre molto attenta; questo è fondamentale. Devo dire che problemi di coordinamento non ci sono mai stati e non ce ne sono, non solo per una questione di coordinamento tecnico, ma anche e soprattutto in virtù di un rapporto interpersonale, che c’è ed è eccezionale, con tutti i colleghi. Questo avviene con tutte le amministrazioni.
Tornando al discorso di prima, relativo all’importanza di disporre di una struttura capillare come quella dell’Arma, da parte di tutti c’è la consapevolezza che l’Arma può sempre intervenire ovunque e in qualunque momento, di notte e di giorno, sopperendo anche a momentanee assenze di operatori di altri settori. Questo aspetto va ancor più a rafforzare quel rapporto che c’è e che ci deve essere tra i carabinieri e le altre istituzioni.
Sulla base dell’esperienza maturata in Campania come comandante di legione (ma altrettanto vale per i circa tre anni trascorsi in Sardegna), posso dire che non solo non abbiamo problemi, ma il rapporto che abbiamo con gli altri enti e le istituzioni preposte al settore è sempre molto positivo.

PRESIDENTE
Ingegner Parisi, in qualità di comandante regionale dei vigili del fuoco, lei è parte integrante del coordinamento regionale. Vorremmo conoscere la sua opinione su tale organismo, che sembra essere ancora in una fase di avvio. Non solo in Campania, ma un po’ dappertutto, sono in funzione i coordinamenti presso le prefetture, consolidati da tempo, mentre stenta a decollare il coordinamento regionale previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Questo è uno dei motivi della nostra presenza sui territori e non solo qui a Napoli, perché è un discorso che stiamo facendo in tutta Italia. Intendiamo capire se le norme che ci siamo dati vengono utilizzate o meno.

PARISI
Signor Presidente, le riporto la mia esperienza personale. Prima di arrivare in Campania, sono stato in Calabria dove, di fatto, non si è mai riunito il comitato di coordinamento regionale. Sono qui da un anno e si è tenuta una riunione di tale comitato nell’ambito della Regione, che si è proposto di elaborare delle strategie comuni per quanto riguarda l’attività di ispezione e verifica sul campo. Effettivamente, è un istituto che stenta a decollare e ciò si ripercuote sui coordinamenti provinciali. La difficoltà a rendere operativa questa struttura quindi esiste.
Conoscete le competenze dei vigili del fuoco. Siamo in una fase di riordino anche per quanto riguarda i nostri controlli, che vengono eseguiti su tre livelli: i cosiddetti controlli obbligatori, che riguardano le attività cosiddette a maggior rischio di incendio e che necessitano di un parere preventivo; il sopralluogo per il rilascio del certificato di prevenzione; i cosiddetti controlli a campione o di settore. In questo caso specifico, la nostra amministrazione centrale ha dato, negli ultimi anni, degli impulsi su settori specifici: attività commerciali, strutture alberghiere, ospedali, scuole. In Campania, nel 2010, sono stati eseguiti 317 controlli a campione, che hanno portato all’avvio dell’iter previsto dal decreto legislativo n. 758 del 1994 in 29 casi. Negli altri 11.000 controlli, quelli cosiddetti obbligatori in cui è il richiedente a chiedere il parere di conformità, abbiamo avuto un totale di 115 casi di avvio del suddetto iter.
Il dato significativo è che il numero degli incendi in Italia, come sapete, nelle aziende è uno tra i più bassi nel mondo. Ciò significa che il modello basato sui controlli obbligatori, avendo individuato una serie di casistiche, ha funzionato in Italia. Sapete che ora è in corso una certa semplificazione dell’attività dei controlli obbligatori e che si andrà verso l’autocertificazione, perché con l’avvio dello sportello unico per le attività produttive e con l’attivazione della certificazione di inizio attività si tende alla responsabilizzazione dei liberi professionisti per quanto riguarda le attività a rischio minore. C’è una proposta in questo senso, per cui vi sarà una suddivisione in tre fasce di pericolosità, e nella fascia che forse includerà il 50 per cento delle attività che allo stato attuale controlliamo noi, saranno i liberi professionisti esterni a certificare il rispetto di alcune regole tecniche, come avviene anche in altri settori: ad esempio, nel campo della sicurezza elettrica.
Un’altra novità nella nostra attività concerne l’ufficio di assistenza, ossia i nuclei specialistici regionali dei vigili del fuoco di assistenza in materia di sicurezza antincendio, che va di pari passo con il procedimento che ho appena illustrato. Tali nuclei sono in attesa di un decreto che ne disciplini il funzionamento a livello territoriale.
Personalmente, in Campania ho attivato dei protocolli d’intesa con alcuni enti pubblici, a partire dall’unione industriale, perché crediamo molto non solo nell’attività di repressione, ma anche nella diffusione della cultura della sicurezza, responsabilizzando gli imprenditori. In un’ottica di questo tipo stiamo attivando dei protocolli d’intesa per dare il segno di una maggiore vicinanza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco all’imprenditoria.
Un discorso analogo lo stiamo facendo con le strutture sanitarie e con gli ordini professionali, dove puntiamo a una migliore formazione degli iscritti agli ordini, perché saranno loro che dovranno certificare il rispetto di certe regole tecniche per quanto riguarda la sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro. Devo dire che in Campania è molto attiva la collaborazione con gli ordini professionali di Avellino, Salerno, Caserta, Napoli e un po’ meno con quello di Benevento, anche se dai dati statistici risulta che quella di Benevento è l’area con meno problemi dal punto di vista degli interventi.
Un altro dato significativo è che in Campania anche il numero degli interventi di soccorso a seguito di infortunio o di incendio è abbastanza limitato. Ciò è forse anche il risultato della crisi economica, che ha portato alla riduzione delle attività. Ad ogni modo, possiamo ritenere che la prevenzione degli incendi ha dato risultati positivi, con l’eccezione del caso particolare di Caserta, dove si sono verificati degli incidenti mortali, a causa però di un’attività non tanto legata a una prevenzione incendi, quanto ad un altro tipo di gestione della sicurezza.
Ogni anno svolgiamo 11.000 controlli per la prevenzione degli incendi, sia per i pareri di conformità che per i sopralluoghi per il rilascio del certificato prevenzione incendi. Sarebbe ad ogni modo importante dare maggiore concretezza ai coordinamenti regionali. Devo però sottolineare che anche quando ero comandante dei vigili del fuoco a Roma, non si è attivato tale coordinamento. A Roma il coordinamento regionale era previsto e pertanto avrebbe dovuto dare dei risultati.

Audizione di rappresentati delle organizzazioni sindacali

Intervengono la signora Enza Sanseverino, componente della segreteria regionale della CGIL Campania, il dottor Pietro Ciotti, componente della segreteria regionale della CISL Campania, i signori Luciana Del Fico e Catello Agretti, componenti della segreteria regionale della UIL Campania, i signori Mario Carnevale e Vincenzo Schiavo, componenti della segreteria regionale della UGL Campania.

PRESIDENTE
Noi vorremmo conoscere dai rappresentanti dei lavoratori il loro punto di vista sulle iniziative e sulle azioni di contrasto avviate nei confronti degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Vorremmo altresì conoscere la vostra valutazione sull’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, soprattutto per la parte operativa, perché, come sapete, ci sono delle deleghe che non vengono ancora definite.

SANSEVERINO
Signor Presidente, innanzitutto la ringrazio per averci invitati. Per quanto riguarda la situazione degli infortuni sul lavoro in Campania, dai dati contenuti nel rapporto dell’INAIL emerge un dato che dovrebbe far piacere, ossia un decremento degli infortuni e soprattutto delle morti. Tuttavia, ritengo che questa sia solo una parte della lettura dei dati, perché occorre considerare il forte impatto della crisi economica e sociale che sta vivendo il nostro Paese, e la nostra Regione in modo particolare. La cassa integrazione è aumentata in modo esponenziale e ciò significa una fuoriuscita dei lavoratori. Siamo poi a conoscenza di una serie di drammi nel dramma: ad esempio, l’aumento del lavoro nero, sia nell’edilizia sia in agricoltura. La fetta di lavoro nero che si allarga è completamente esclusa dai dati ufficiali.
Un altro elemento da sottolineare riguarda l’occupazione di genere, e quindi parliamo dei rischi legati all’occupazione. In Campania, all’interno del dato macroscopico della disoccupazione, le fasce più colpite sono le donne e i giovani. In tali fasce sappiamo che aumentano gli infortuni sul lavoro (anche quelli gravi), ma che non vengono denunciati: la crisi ha aumentato questo fattore. Si registra quindi, da una parte, la fuoriuscita di migliaia di lavoratori in cassa integrazione e le aziende che chiudono e, dall’altra parte, la crisi economica ha allargato la torta del lavoro nero.
Questi sono i dati che dovrebbero essere considerati per una lettura corretta di ciò che accade. È stato recentemente pubblicato un bellissimo libro sugli infortuni di genere, scritto da una sociologa per conto dell’INAIL, in cui si evidenzia l’aumento degli infortuni cosiddetti in itinere che coinvolgono le donne. Ovviamente le donne si occupano di lavori diversi rispetto agli uomini ed è stata rilevata un’incidenza maggiore degli infortuni che avvengono durante il tragitto tra casa e lavoro. Questi dati sono connessi ad una serie di fattori, che andrebbero rivisti in un ambito più ampio e che riguardano i tempi di vita, di lavoro e di procreazione.
Nel decreto legislativo n. 81 del 2008 sono contenute delle previsioni che le organizzazioni sindacali hanno molto apprezzato. Non possiamo però sottacere il fatto che esso ha ristretto gli ambiti della denuncia: i tempi per effettuare la denuncia sono stati ridotti e ora determinati adempimenti non sono più obbligatori. Dunque, il decreto legislativo presenta sia luci che ombre: esso presenta sicuramente degli aspetti positivi, ma il cambiamento dei tempi e il fatto di aver cambiato il destinatario della denuncia rappresentano delle ombre del provvedimento.

CIOTTI
Intervengo a nome della CISL Campania e desidero ringraziare la Commissione per l’odierno approfondimento sul tema della sicurezza sul lavoro nella provincia di Napoli e nella nostra regione. È infatti importante che venga ripresa l’attenzione su questi temi, senza aspettare il riproporsi di altri tristi eventi. Generalmente si parla di sicurezza in occasione di incidenti gravi, mentre l’incontro odierno avviene in un momento di relativa pace, dal punto di vista delle morti sul lavoro.
La rappresentante della CGIL ha fatto riferimento al rapporto dell’INAIL. Alcuni dati in esso contenuti sono contrastanti: è vero che c’è stata una diminuzione degli incidenti mortali – e ciò fa piacere a tutti – ma manca la comparazione tra il dato relativo al livello dell’attività produttiva e alla forza lavoro impegnata e quello degli incidenti mortali registrati. Abbiamo chiesto all’INAIL di rendere noto tale raffronto e quest’ultimo ci ha promesso che nel prossimo rapporto sarà contenuta anche questa essenziale comparazione. Non si possono infatti considerare i dati in modo avulso dalla realtà produttiva, perché ciò potrebbe portare a letture inesatte.
Da una parte si è registrata la diminuzione degli incidenti mortali, ma dall’altra si è anche registrato un aumento degli infortuni in generale e viene inoltre segnalato un aumento esponenziale delle malattie professionali. Ciò ci ha portato ad investire maggiormente sul ruolo dell’INAIL, che una volta era un semplice istituto assicurativo, ma che oggi ha la possibilità di effettuare grandi interventi, anche in materia di formazione e di informazione. Fin dall’approvazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, e poi anche in seguito alle sue modificazioni, la Regione Campania aveva approfondito tale argomento – in particolare durante la passata consiliatura – riscontrando la necessità di avere uno spaccato di riferimento più preciso e più attento alle condizioni di lavoro in Campania (caratterizzate dalla precarietà di cui ha parlato in precedenza la collega della CGIL), senza fermarsi a considerare i soli dispositivi legislativi approvati, che sono stati accolti positivamente.
Sappiamo però che molte volte anche i buoni disposti normativi non riescono ad essere applicati e a tradursi in fatti concreti, perché c’è bisogno che essi penetrino nel tessuto produttivo e culturale delle varie realtà territoriali. È stato fatto un lungo lavoro, durato quasi due anni, per arrivare a definire il testo di una legge regionale attinente alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, alla luce delle competenze della Regione, che ha anche la possibilità di incentivare le imprese e a cui compete una parte della tassazione a livello locale. Occorreva dunque coordinare le azioni messe in campo territorialmente dalla Regione alle gravi condizioni del lavoro in Campania, in cui si registravano continuamente incidenti, anche mortali. Fu dunque elaborato un testo, che però non è stato approvato prima della fine della consiliatura regionale. Il testo è stato ripresentato nella nuova consiliatura e se la Commissione lo desidera possiamo depositarne una copia. Siamo in attesa delle audizioni da parte della Commissione regionale competente, per un approfondimento di merito.
A tal proposito riteniamo essenziale costituire un sistema informativo regionale in cui registrare le condizioni di lavoro e la situazione degli infortuni della nostra realtà. Non tutto passa attraverso l’INAIL: molte volte i lavoratori sono indotti a non denunciare gli infortuni sui luoghi di lavoro, perché le aziende li sollecitano a rivolgersi ad altri istituti, come l’INPS, per avere trattamenti diversi da quelli infortunistici. C’era dunque – e c’è tuttora – la necessità di intervenire nel merito delle iniziative compiute, che negli ultimi tempi non sono state moltissime.
Riscontriamo frequentemente che le ispezioni e i controlli vengono compiuti sempre presso le stesse aziende. Questo è un dato che è emerso con chiarezza e che risuona pesantemente anche all’interno della proposta di legge regionale. Alcune aziende sono continuamente vessate – molte volte si arriva anche a questo – mentre tante altre realtà non vengono nemmeno individuate. Basterebbe incrociare i dati delle varie utenze per capire dove sono le realtà produttive. Molte volte delle aziende con 15, 20 o addirittura 50 dipendenti – non mi riferisco dunque a quelle con due o tre dipendenti – non vengono neanche lambite dai controlli e dalle verifiche. Un sistema informativo regionale ci metterebbe dunque nelle condizioni di interloquire con quello nazionale e di andare a guardare anche in quelle aziende in cui non si è mai entrati. Mi riferisco soprattutto ad alcuni settori particolarmente esposti, come quelli dell’agricoltura e dell’edilizia. Quello agricolo è un settore che non viene mai toccato: in particolare, nel caso delle colture protette, i lavori vengono effettuati con le stesse modalità degli anni Cinquanta e Sessanta, senza protezioni o utilizzando in modo inadeguato i trattamenti antiparassitari. Sappiamo tutti che nel settore dell’agricoltura l’80 per cento della forza lavoro è composta da immigrati e spesso vengono impiegati anche immigrati clandestini, senza alcun tipo di protezione e di tutela. I livelli di sicurezza, rispetto agli anni precedenti, sono abbastanza aumentati, anche se abbiamo dei dati difficilissimi da commentare. Negli ultimi mesi però il livello di guardia si è davvero molto abbassato: questa è la cosa che più ci preoccupa.
Nel testo che abbiamo preparato e che posso consegnare agli uffici della Commissione, viene riposta un’attenzione particolare ai lavori dati in appalto e in subappalto ad altri soggetti e demandati non si sa a chi. Ciò non riguarda più soltanto l’edilizia, anche se in questo settore il fenomeno si registra in modo evidente, con numerosi incidenti mortali, che sono spesso legati ai doppi e ai tripli turni effettuati continuamente, quando ci si trova a lavorare in condizioni di urgenza. Questo fenomeno – ripeto – non riguarda più soltanto l’edilizia, ma anche, ad esempio, gli appalti delle pulizie. Si vincono le gare e poi si subappalta il lavoro, che magari viene ulteriormente subappaltato ad un altro soggetto ancora, senza che vi sia una minima tracciabilità e una responsabilità dell’azienda che vince l’appalto. Le condizioni di lavoro sono penose, legate a salari irrisori e ad una quasi totale assenza delle condizioni di sicurezza, che non riguarda più soltanto il grave fenomeno degli incidenti mortali. Attualmente è infatti molto grave anche il fenomeno delle malattie professionali, in cui si incorre lavorando in luoghi di lavoro non salubri.
Serve grande attenzione, al fine di intervenire in modo anche duro laddove ci siano delle omissioni nell’applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Occorre però anche creare un sistema che possa mettere in condizione le aziende virtuose di «portare a casa» dei risultati. Le aziende sane e socialmente responsabili, dunque, devono avere un riscontro diretto, ad esempio per quel che riguarda il pagamento di alcune imposte regionali come l’IRAP. Avevamo chiesto un abbattimento di tale imposta per le aziende virtuose, che non facendo registrare incidenti mortali e malattie professionali consentono un risparmio per il bilancio sanitario della Regione. Quindi, da una parte chiediamo che vi sia grande attenzione nel far rispettare la legge e dall’altra chiediamo che sia consentito alle aziende virtuose, che rispettano la normativa, e che vengono costantemente messe sotto osservazione, di conseguire dei risultati concreti, anche al fine di realizzare, eventualmente, ulteriori investimenti in materia di sicurezza.

DE LUCA
Vorrei fare una considerazione e una domanda su quanto ci hanno appena detto i nostri auditi. La tragedia delle morti e degli incidenti sul lavoro è un problema di cultura: mi permetto però di offrire una riflessione, attraverso un brevissimo preambolo. Siamo una Commissione d’inchiesta e io sono un rappresentante dell’opposizione, ma devo dire che la Commissione – e in primis il suo Presidente – e tutto il Parlamento stanno svolgendo un’attività molto intensa. Ritengo dunque che, anche nella riforma del decreto legislativo n. 81 del 2008 e nell’emanazione dei relativi decreti delegati, le forze sociali ci potrebbero offrire un aiuto maggiore, anche con riferimento alla relazione intermedia approvata anche quest’anno dalla Commissione.
Per quel che riguarda il sistema del massimo ribasso nelle gare d’appalto abbiamo fatto una proposta e abbiamo addirittura tentato di impegnare l’Unione europea a rivedere la classificazione di alcune aree del nostro Paese. Proprio a causa dei risparmi delle imprese in materia di sicurezza, connessi al sistema dei subappalti, possono derivare le tragedie che conosciamo. Dunque, è giusto che la Commissione ascolti i nostri auditi, ma è anche giusto che essi ci ascoltino, in considerazione del ruolo che ricopriamo: per questo motivo ho fatto riferimento alla mia collocazione politica all’opposizione.
Farò poi una domanda specifica relativa al territorio della Regione Campania: mi sarei però aspettato una maggiore attenzione anche da parte di chi recepisce l’attività legislativa prodotta dalla Commissione e dal Parlamento.
Spesso nelle vostre rappresentanze, sia territoriali che nazionali, questa produzione legislativa, anche quando se ne è a conoscenza, viene accolta quasi con un po’ di indifferenza, in qualche caso anche con una certa mancanza di stile. Noi lo facciamo per ricevere un contributo, non tanto per fare. Sarebbe opportuno cambiare questo atteggiamento; lo dico come sollecitazione ad affrontare la questione. Noi infatti non stiamo consumando un rito, ma tentando di dare una risposta ad un problema che non è degno di un Paese civile (che ancora oggi deve fare i conti con mille morti all’anno). E nessuno può dire che non lo sapeva; è successo anche che qualche rappresentante istituzionale non sapesse dell’esistenza di una Commissione di inchiesta che sta operando sul piano legislativo. La mia domanda è, allo stesso tempo, una sollecitazione e una richiesta di informazioni. Sul massimo ribasso c’è una legge del 2007 (che la Regione dovrebbe applicare, come tutte le leggi), nella quale addirittura, d’accordo con l’imprenditore e con la Confindustria, si prevede un appostamento di 10 milioni di euro su un capitolo relativo alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Vorrei sapere da voi se questo capitolo è stato utilizzato dagli imprenditori della Regione Campania con riferimento agli appalti e alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Altrimenti ognuno fa riferimento alla propria attività mentre invece il Parlamento ha deciso di istituire una Commissione monocamerale per raggiungere determinati risultati. Noi allora vi chiediamo anzitutto una risposta specifica e poi vi invitiamo ad una maggiore presenza e sollecitazione, nella certezza della piena disponibilità da parte nostra. Alcune volte non viene data nessuna risposta, anche rispetto alla norma. Poi – come ha detto il rappresentante della CISL – quando si verifica una tragedia c’è una reazione emotiva e c’è anche una presa di posizione un po’ ridicola, secondo cui la colpa è della politica. Ma questa è un’affermazione astratta, perché la politica siamo tutti. Ho voluto fare questa premessa proprio per sottolineare il fatto che noi abbiamo a cuore questa attività; non c’è settimana che noi non svolgiamo audizioni o altre attività. Se ci dessimo maggiormente una mano, potremmo raggiungere un risultato migliore.

SANSEVERINO
La ringrazio per questa sua sollecitazione, senatore De Luca. Per quanto riguarda la mia parte, solleciterò sicuramente i rappresentanti nazionali ad essere più attenti.
Per quanto riguarda la sua domanda, molto pertinente, le posso dire quanto segue. Il collega della CISL le ha giustamente rappresentato la proposta di legge che la precedente Giunta non era riuscita ad approvare per mancanza di tempo. Noi ci siamo riconvocati, con tutte le forze politiche e sociali, ed abbiamo rimesso all’ordine del giorno tale proposta di legge; speriamo ora che questo provvedimento, concordato con tutti gli attori, possa trovare attuazione nel più breve tempo possibile. Venendo alla sua domanda, io non credo, con tutti i limiti della mia conoscenza, che la Confindustria di questa Regione abbia usufruito di questo budget. Il dato importante che voglio sottoporre all’attenzione di tutti è che la tragedia delle morti e degli infortuni gravi sul lavoro ci colpisce solo quando si verifica l’evento, come onda emotiva, ma il giorno dopo l’abbiamo già quasi dimenticata; possiamo anche dire che evidentemente ci confrontiamo giorno per giorno con tante e tali povertà che forse ci siamo cinicamente abituati a parlare delle morti e degli incidenti sul lavoro. Quello che manca – come parti sociali l’abbiamo denunciato insieme – è una sinergia tra le parti sociali, le parti datoriali e gli istituti di previdenza. È necessario istituire un tavolo dove sia possibile discutere della prevenzione; noi abbiamo chiesto a più riprese, anche in altri contesti, l’esercizio della formazione alla sicurezza sui luoghi di lavoro, potendo mettere insieme l’RSU (rappresentante sindacale unitario) e l’RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) e facendoci anche carico, per quello che ci competeva come forze sociali, di corsi ad hoc di aggiornamento per queste figure. Queste ultime, quando funzionano, rappresentano veramente un trait d’union importante tra le esigenze dell’azienda e la formazione e la sicurezza dei lavoratori. Noi richiediamo con forza che ci sia un grande impegno di formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro per RLS e RSU. Siccome gli RLS non sono presenti su tutti i luoghi di lavoro, noi chiediamo con forza la loro elezione nei luoghi dove non sono presenti.

CARNEVALE
Signor Presidente, intervengo in rappresentanza dell’UGL Campania. Vorrei partire dalla riflessione svolta dal senatore De Luca sul massimo ribasso. Per le gare d’appalto che si svolgono nei Comuni, il comparto economico che prevede la sicurezza esula dal contratto di gara. Il problema è che l’ente non svolge dei controlli sotto questo aspetto, mentre la ditta che fa l’offerta al massimo ribasso, per avere maggiori margini di guadagno, pecca sulla questione della sicurezza. Questo avviene nella stragrande maggioranza dei Comuni. Il Comune dovrebbe essere l’ente preposto ad effettuare i controlli, visto che per legge è responsabile dell’appalto anche per quanto riguarda la sicurezza; ma questi controlli non vengono effettuati.
Un altro aspetto che ha suscitato la mia attenzione è la questione della cultura, di cui si parlava prima. Noi, come sigla sindacale, abbiamo presentato una raccolta di firme in Campania per far sì che la sicurezza venga insegnata anche nelle scuole elementari, medie e superiori, proprio perché crediamo nel valore della sicurezza come cultura. La cultura della sicurezza deve assumere un valore bivalente tra il lavoratore e l’imprenditore, a difesa l’uno dell’altro. Lo stesso valore della sicurezza sul lavoro per l’imprenditore è competitività a livello nazionale ed internazionale, in questo momento di globalizzazione mondiale dell’attività economica e lavorativa.
Un altro aspetto interessante è rappresentato dalla necessità che la Regione assuma un coordinamento tra le diverse attività ispettive in materia di sicurezza. Oggi gli ispettori partono dal Ministero, dall’INPS, dall’INAIL e dalle ASL; ci deve essere maggiore confronto e raccordo tra le parti, altrimenti si disperdono troppe energie. Un documento della stessa Regione in materia di sicurezza sul lavoro preannunciava questo aspetto, che tuttavia non è mai stato applicato. Su questa materia sia la Regione che il Ministero potrebbero fare qualcosa in più . Le due commissioni competenti, regionale e ministeriale, si sono riunite una sola volta nell’ultimo anno. È necessario un maggiore e più attento confronto con le parti sociali da parte delle stesse istituzioni; questa è la richiesta che, a voce alta, fanno i sindacati. Tali incontri non devono consistere semplicemente in un rapporto numerico sugli infortuni e sulle morti; è infatti necessario sollecitare un confronto sempre più aperto e più aspro sulle limature della legge.

PRESIDENTE
Ma questo dipende da voi, cioè dipende dal territorio.

CARNEVALE
Io intendevo dire che gli enti devono essere più solleciti.

PRESIDENTE
Ma anche voi siete chiamati in causa.

CARNEVALE
Sicuramente. Tuttavia, se l’obiettivo di questa Commissione d’inchiesta è anche quello di migliorare alcuni aspetti della legge, tutto ciò potrebbe rappresentare per voi un campanello d’allarme. L’ente istituzionale si dovrebbe preoccupare di essere più presente su questo punto.

PRESIDENTE
Chiedo scusa, ma vorrei chiarire un aspetto. Nel coordinamento ci siete anche voi. Pertanto questo discorso non dovete farlo a noi, ma dovete farlo a chi deve attivare le riunioni, almeno trimestrali, del coordinamento; poi c’è anche un riverbero sui coordinamenti provinciali. Annualmente deve essere presentata una relazione ai Ministeri preposti, del lavoro e della salute. Noi ci siamo impegnati molto per l’emanazione di questo decreto; ci siamo impegnati trasversalmente. Mi permetto di ricordare che, quando è stato espresso il parere delle Commissioni lavoro della Camera e del Senato sullo schema del decreto legislativo n. 81, le Camere erano sciolte. Noi ci impegnammo allora ad essere presenti con il ministro Damiano (lo dico anche personalmente), affinché non si vanificasse questo tentativo e non si rinviasse tutto a causa dello scioglimento delle Camere. Io credo che ciascuno di noi dovrebbe, in ogni luogo, assumersi le proprie responsabilità. Il decreto legislativo n. 81 è in vigore ormai da tre anni. Ci è stato detto che nella passata consiliatura c’è stata una riunione o, comunque, c’è stata una riunione un paio di mesi fa. Il «basta» va rivolto a chi vi fa dire «basta»; ecco il senso di quello che diceva prima il senatore De Luca. Noi dobbiamo creare elementi dinamici secondo le nostre competenze. Se l’organo si è costituito un mese fa, ciò significa che tutti i soggetti che avrebbero dovuto farne parte, e che ne fanno parte dopo la costituzione (comprese le quattro organizzazioni dei lavoratori e le quattro organizzazioni dei datori di lavoro), probabilmente nel settembre dell’anno scorso avrebbero dovuto sollecitare questa costituzione. Questo lo diciamo per aiutarci, perché noi ci dobbiamo aiutare. L’attenzione sta scemando. I dati dell’INAIL – su questo concordo con i commenti della dottoressa Sanseverino – indicano una parziale diminuzione degli infortuni; tuttavia ci troviamo di fronte ad una congiuntura economica particolare, con un frequente ricorso agli ammortizzatori sociali. Ciò significa che il problema rimane urgentissimo. Noi abbiamo detto anche all’assessore regionale di fare in modo che si avvii il processo di funzionamento del coordinamento regionale, visto che ormai esso è stato costituito. Io credo che tutti abbiamo interesse a che i meccanismi funzionino, ma in modo particolare voi, che siete direttamente i rappresentanti dei lavoratori. In genere, tranne alcune eccezioni nelle piccole e piccolissime aziende (dove spesso muoiono insieme il datore di lavoro e il lavoratore), chi sta sul fronte è proprio il lavoratore. Ecco il motivo della nostra presenza su tutto il territorio nazionale. Noi non siamo venuti in Campania per particolari motivi, ma stiamo svolgendo un monitoraggio di tutte le Regioni italiane, cercando di incontrare tutte le forze coinvolte per lavorare insieme e per cercare di colmare tutte le lacune. Ecco il motivo per cui dicevo che dobbiamo darci da fare tutti quanti.
Da un ragionamento del genere possono derivare attività di formazione anche più specifiche; l’INAIL, da parte sua, è pronta ad intervenire. Stiamo discutendo con l’Unione europea per fare in modo che in Italia passi un disegno di legge secondo il quale, ad esempio, i contributi che dovessero essere erogati per migliorare le condizioni delle macchine ai fini della sicurezza non si cumulino con gli altri contributi, altrimenti c’è il rischio che le imprese non chiedano i contributi finalizzati a mettere in sicurezza le macchine per ottenere gli altri contributi. Sembra che con la Commissione europea siamo a buon punto: abbiamo «limato» il disegno di legge e forse la spunteremo. Vi riporto tale circostanza per farvi capire che c’è la massima disponibilità a concentrare l’attenzione sul problema non solo quando si manifesta in modo drammatico, ma in un’ottica quotidiana.

CARNEVALE
Signor Presidente, il mio intervento procedeva nella stessa direzione, sottolineando la necessità di essere compartecipativi nelle azioni e nelle responsabilità. Nessuno intende colpevolizzare l’altra parte, ma solo cercare l’aiuto delle istituzioni nazionali su una tematica così importante.
Sulla questione della formazione occorre un maggiore sollecito sull’articolo 11 del decreto legislativo n. 81 del 2008, per coinvolgere maggiormente le parti sociali in campagne annue o mensili di formazione: è questo l’aspetto essenziale che ci interessa sottolineare. È stato poi già ricordato che le piccole aziende sono sprovviste di sindacato, per cui non sono tutelate. Questi sono alcuni temi che devono essere approfonditi dagli organi di competenza regionale. Il nostro impegno, come segreteria regionale, sarà rivolto a far sì che la Regione organizzi un coordinamento tra le parti per valorizzare il capitolo che sottolineava il senatore De Luca sulla questione del massimo ribasso.

CIOTTI
Signor Presidente, sentir dire che i sindacati sono un po’ distanti dal lavoro sia della Commissione che sull’impegno della sicurezza nei luoghi di lavoro è un po’ problematico.

PRESIDENTE
Questo chi l’ha detto?

CIOTTI
Il senatore De Luca prima ha affermato che, a valle del lavoro che fa la Commissione, dovremmo essere un po’ più vicini e consapevoli del lavoro che si produce e dare un maggior apporto e una maggiore forza alle iniziative. Credo che la legislazione che è stata prodotta, a partire dal decreto legislativo n. 81 del 2008 – lei, Presidente, ha ricordato il contesto in cui tale provvedimento è nato – sia veramente un grande faro.
Noi abbiamo voluto aggiungere al decreto legislativo n. 81 del 2008 delle specificità che riguardassero un territorio come quello della Campania. Aspettiamo che la proposta di legge regionale venga riammessa in consiglio regionale. Abbiamo lavorato due anni su tale progetto e credo che tale opportunità non debba essere sprecata. Il coordinamento regionale, benché l’abbiamo sollecitato, è stato costituito qualche mese fa, ma ci si è limitati a questo. All’interno del coordinamento regionale sono presenti tutte le figure che fanno parte anche del coordinamento nazionale e, di riflesso, in quello regionale. È un lavoro che si potrebbe avviare, ma molte volte ciò non attiene alla nostra azione. Non sto facendo un discorso difensivo, ma crediamo che la sensibilità deve essere alta e riguardare tutti. Molte volte abbiamo bisogno di accompagnare determinati processi con le nostre specificità.
Di formazione se ne fa molta e spesso ci sono anche le risorse per poterla fare. Sarebbe però opportuno occuparsi anche del lavoratore che è al primo impatto con il luogo di lavoro: molte volte i lavoratori arrivano nei luoghi di lavoro e non conoscono neanche gli ambienti. Prima di iniziare l’attività lavorativa bisognerebbe assicurare loro una settimana di formazione dedicata alla conoscenza dei luoghi di lavoro e alla sicurezza. A tale riguardo esiste un’intesa tra le associazioni e le organizzazioni datoriali per organizzare (tre giorni a carico delle imprese e tre giorni a carico della Regione) un’attività di formazione che possa consentire di evitare il rischio della non conoscenza del luogo di lavoro.
Per quanto riguarda le piccole imprese, siamo ancora in una fase iniziale per la realizzazione di un sistema di RLST sul territorio che possa garantire tutte le piccole imprese. In questa direzione stiamo lavorando di concerto tra le organizzazioni sindacali e le forze imprenditoriali, ma c’è l’esigenza che questa materia venga affrontata a livello istituzionale. La suddetta legge regionale è stata riproposta l’anno scorso: ormai è passato un anno. Noi non abbiamo la possibilità di coartare il consiglio regionale per riaprire una discussione seria in questa direzione.

PRESIDENTE
Chi l’ha riproposta?

CIOTTI
Gli stessi soggetti che l’avevano preparata con il precedente consiglio regionale. Mi rendo conto che vi sono due schieramenti, ma se il decreto legislativo n. 81 del 2008 è stato approvato in modo bipartisan, potrebbe accadere lo stesso per la suddetta legge regionale. Credo che occorrerebbe partire da tale punto, perché c’è anche un sistema di regolazione dei flussi economici e finanziari e di contributi alle imprese; contestualmente, sono previsti anche degli interventi forti per arginare il fenomeno promuovendo la cultura della sicurezza.
I colleghi hanno parlato della formazione nelle sedi dedicate all’istruzione: anche questo è un fattore importante che è stato contemplato, prendendo in considerazione dei percorsi di formazione sia nelle scuole medie superiori che nelle università. Bisognerebbe fare in modo che i nuovi ingegneri abbiano seguito un percorso in tema di salute e sicurezza, approfondendo tali questioni. Non intendo dire che bisognerebbe farne una materia vera e propria, ma che almeno esista un percorso formativo in questa direzione.
Non conosco i dati a vostra disposizione, ma credo che gli interventi degli ispettori in termini di controlli eseguiti non siano aumentati negli ultimi anni. Sappiamo tutti della crisi che c’è in giro, ma il numero degli ispettori del lavoro e di operatori dell’INPS e delle ASL non è aumentato. Oltre a ciò, la frammentazione tra tutti questi soggetti è veramente qualcosa di incomprensibile.

PRESIDENTE
C’è un coordinamento.

CIOTTI
Ma è incomprensibile che nell’ambito di una stessa azienda vadano gli operatori dell’ASL, dell’INPS, gli ispettori del lavoro, i carabinieri, l’intendenza di finanza.

PRESIDENTE
Siamo d’accordo. Stiamo proponendo le stesse argomentazioni. Bisogna cercare di realizzare sul territorio tutto ciò che è necessario fare.

AGRETTI
Signor Presidente, ritengo che la legislazione in vigore sia adeguata e che non ci sia bisogno di aggiungerne altra. Il problema riguarda il funzionamento. Il coordinamento dovrebbe essere già in atto: ho partecipato a una riunione con la partecipazione dei rappresentati dell’INPS, dell’INAIL, i carabinieri e quant’altro, per stabilire un coordinamento negli interventi ed evitare che le stesse aziende vengano controllate più volte. Purtroppo, non si sono tenute altre riunioni, per cui non sappiamo ancora come sta funzionando il coordinamento.
Il collega Ciotti ha già sottolineato diverse questioni, pertanto eviterò di dilungarmi su di esse. Ad esempio, ci sono degli aspetti nel settore artigianato che dobbiamo ancora rodare e mettere a sistema. L’aspetto che mi preme sottolineare è che oggi abbiamo un problema in più nella nostra area. La crisi che attraversa le aziende di produzione nel nostro territorio da un lato dovrebbe ridurre di per sé le occasioni di infortunio, perché si lavora meno. Dall’altro lato però accade questo: lo confesso, da parte degli stessi operatori del sindacato o degli stessi rappresentanti della sicurezza, anche nelle grandi aziende, c’è grande paura di perdere il posto di lavoro, per cui non si chiude solo un occhio, ma spesso si chiudono entrambi. C’è talmente tanto terrore di perdere il mezzo di sostentamento della famiglia, che spesso si viene meno al controllo sulle misure di sicurezza. Si pensa solamente a fare presto e a fare bene il prodotto mettendo a rischio purtroppo la salute. Ciò, come ho già detto, accade anche nelle grandi aziende: non sto qui a dire quali, ma potrei anche farlo.

PRESIDENTE
Noi vi ringraziamo per il vostro contributo. Credo che il nostro obiettivo di arrivare ad una collaborazione reciproca risulti chiaro. Siamo qui proprio per testimoniare la nostra volontà, così come voi avete testimoniato la vostra. Cerchiamo di lavorare al meglio delle nostre capacità.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole

Intervengono l’avvocato dottor Mario Esti, segretario generale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Napoli, il dottor Bruno Scuotto, presidente del Gruppo piccola industria Campania e vice presidente della Confindustria Campania, il commendator Emilio Alfano, presidente della Confapi Campania, accompagnato dal ragioniere Angelo Soprano commesse, l’architetto Giuseppe Oliviero, presidente provinciale Confederazione Nazionale Artigianato, il dottor Giuseppe Pellegrino su delega del presidente di Confartigianato Campania, la signora Rosaria Pellecchia, su delega del presidente della Confederazione italiana agricoltori Campania, il dottor Michele Pannullo, presidente Confagricoltura Campania e il dottor Alessandro Brini, funzionario della Federazione regionale Coldiretti.

PRESIDENTE
La nostra Commissione è venuta in Campania non perché in tale Regione vi siano particolari problemi che hanno richiamato la nostra attenzione. Del resto, quando non vi sono particolari problemi, noi siamo felici perché ciò significa che non ci sono drammi in atto. La nostra presenza risponde alla volontà di fare un monitoraggio in tutte le Regioni italiane a tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2008. Intendiamo pertanto comprendere in che modo si sta gestendo, anche a fronte della nuova normativa, l’argomento che ci riguarda, ossia la tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. A tale scopo, procediamo ad ascoltare i vari soggetti coinvolti in questo processo, per avere un confronto sul territorio e testimoniare quanto più possibile la vicinanza dello Stato.
Vogliamo dunque ascoltare direttamente le vostre valutazioni e le vostre riflessioni su questo tema. Abbiamo notato che anche in Campania si registra un trend positivo, visto che il numero degli infortuni tende a diminuire. Si registrano però ancora molti infortuni gravi e molti decessi sul lavoro: gli ultimi dati a nostra disposizione, anche se non sono ancora ufficiali, riguardano il 2010. Come sapete bene, bisogna anche tener conto degli effetti della crisi economica che stiamo attraversando, della diminuzione delle ore lavorate e dell’utilizzo, in molti casi massiccio, degli ammortizzatori sociali. Il quadro generale ci allarma ancora e quindi credo che si debba fare, tutti insieme, qualcosa in più.
Ho voluto fare questa brevissima premessa, per chiarire gli obiettivi che la Commissione parlamentare si prefigge, anche attraverso l’odierna missione in Campania, all’interno del più generale obiettivo di conoscere la situazione in materia di infortuni nelle Regioni italiane.

SCUOTTO
Intervengo come vice presidente della Confindustria Campania e come presidente del settore della piccola industria. Desidero sottolineare un primo aspetto, che certamente sarà richiamato anche dagli altri auditi. La Campania è un territorio «fertile» per quel che riguarda il problema del lavoro sommerso, da cui deriva l’impossibilità di effettuare una serie di controlli. Desidero dunque citare in primo luogo la questione dei controlli, che credo interessi anche tutti gli auditi che interverranno dopo di me. Tutte le nostre organizzazioni, infatti – a cominciare da quella che rappresento – auspicano che i controlli siano sempre puntuali e che siano univoci, visto che la normativa vigente si presta a diverse interpretazioni. Questa posizione è condivisa dalla parte sana dell’imprenditoria, che non lavora in nero e le cui attività vengono controllate anche quotidianamente. È infatti questa l’altra faccia della medaglia: visto che c’è una buona parte di imprese che lavora in nero e che sfugge al «setaccio» dei controlli, la parte che invece non sfugge a tale «setaccio» viene controllata in modo copioso. I nostri associati condividono pienamente questo ragionamento: nessuno di loro ha mai chiesto di fare in modo che i controlli siano periodici, ma meno pressanti di quelli attuali.
Dunque consideriamo positivo il fatto che i controlli ci siano, ma desideriamo che essi siano univoci. Dicendo ciò vogliamo evidenziare il fatto che la normativa è spesso sottoposta a diverse interpretazioni e, pertanto, un giorno si viene controllati da un soggetto, che interpreta la normativa in un certo modo, e magari il giorno successivo – non sto estremizzando – si viene nuovamente controllati da un altro soggetto, che potrebbe far modificare le documentazioni richieste, creando delle difficoltà legate a cavilli burocratici. Questa è una premessa generale, che credo valga per tutti gli auditi. Noi premiamo molto affinché i controlli vengano effettuati e siano estesi anche a tutto il mondo del lavoro nero e del sommerso, che attualmente sfugge alla vista delle autorità. In tale settore, infatti, i problemi riguardanti la sicurezza sono sfacciati e non hanno alcun limite.
Desidero inoltre sottolineare due aspetti, il primo legato ai tempi e il secondo ai costi. Per quel che riguarda i tempi, le aziende vincitrici dei bandi di gara – senza che sia colpa di nessuno o per colpa degli iter burocratici, che sono davvero molto lunghi – arrivano spesso ad iniziare le lavorazioni a ridosso della data di scadenza: mi riferisco a qualsiasi tipo di lavorazione, dai cantieri edili, alla produzione in fabbrica, alle varie attività che si svolgono all’esterno. La fretta non è mai stata d’aiuto alla sicurezza sul lavoro: troppo spesso nelle varie attività si lavora in fretta, le scadenze sono pressanti ed inderogabili e si applicano delle penali per chi non consegna il lavoro entro i termini previsti. Spesso le imprese si trovano bloccate per un periodo di tempo, per cause di natura amministrativa o finanziaria, ad esempio per la mancanza dei fondi. Quando i lavori vengono sbloccati, i termini vengono rivisti, ma senza la necessaria elasticità, e da ciò deriva una compressione dei tempi e l’aumento della fretta, che costituisce un problema per la sicurezza sul lavoro.
Il secondo aspetto che voglio evidenziare riguarda il controllo dei costi. La Confindustria Campania – e in primo luogo il settore della piccola industria – insieme all’osservatorio sulla camorra, circa cinque mesi fa ha organizzato un tavolo, una commissione, per controllare i ribassi anomali, che soprattutto in questa Regione costituiscono un fenomeno quotidiano: ci sono infatti dei ribassi che superano il 50 per cento del costo iniziale.
È facile comprendere perché questa iniziativa sia stata organizzata insieme all’osservatorio sulla camorra. Molto spesso gli unici in grado di effettuare ribassi di questo tipo sono i soggetti che recuperano i fondi in maniera diversa da noi, che sviluppiamo i nostri ricavi in azienda. Assicurarsi un buon lavoro, anche con un ribasso enorme, è comunque un modo per pulire il denaro, utilizzando somme guadagnate in maniera illecita attraverso un’attività ufficiale e lecita. Nella peggiore delle ipotesi questi ribassi hanno l’origine che ho descritto; nella migliore delle ipotesi si tratta invece di aziende disperate, che pur di prendere il lavoro, tagliano le voci di costo relative alla sicurezza.
Tutti i presenti hanno la presunzione di rappresentare le aziende migliori e più sane, quelle culturalmente più evolute, che sono sul mercato da tanti anni, ma la rete delle aziende è immensa e ne fanno parte anche imprenditori che, per la loro cultura, tagliano i costi cominciando proprio dalle voci di spesa relative alla sicurezza. Sarebbe un eufemismo dire che si tratta di un comportamento tenuto in buona fede, ma è comunque un processo mentale che sfugge al controllo dell’imprenditore. Non è che l’imprenditore, «su carta», decide di tagliare i costi per la sicurezza, ma si comincia a non entrare per nulla in certe determinazioni, a considerare alcuni aspetti più banali e meno importanti di quanto siano effettivamente e si diffonde così la deleteria cultura della disattenzione a queste problematiche, che rappresenta il vero volano per tali atteggiamenti, talvolta con effetti irreversibili.
Occorre dunque porre molta attenzione all’aspetto del controllo dei costi. Le aziende che rappresento partecipano spesso alle gare indette da enti come l’INPS e l’INAIL, in cui vengono effettuati dei ribassi, in ragione dei quali vengono chiesti i «famosi» giustificativi. Con tale richiesta, però, ci si limita a chiedere come fa l’azienda a pagare la manodopera – ad esempio – 18 euro l’ora e l’azienda stessa può rispondere semplicemente con un documento firmato, in cui attesta che è quella la cifra che viene effettivamente pagata. Posso capire che le implicazioni di un documento del genere potrebbero non essere comprese da parte di enti lontani da questa problematica, ma ciò non dovrebbe accadere per l’INPS o per l’INAIL: ho fatto un esempio ma potrebbe non essere l’unico. Bisognerebbe dunque accendere i riflettori sul controllo dei ribassi o quantomeno sul controllo dei giustificativi relativi al costo della mano d’opera.

PANNULLO
Parlerò a nome della di Confagricoltura Campania, per ribadire quanto ha appena affermato l’ingegner Scuotto. Desidero solo aggiungere che nessuna delle nostre aziende desidera che non vengano eseguiti i controlli, ma chiediamo di approntare una check list, affinché, qualora tramite un controllo vengano verificati alcuni requisiti dell’impresa, essi non possano essere nuovamente richiesti nel corso di un ulteriore controllo, effettuato magari la settimana successiva. Durante il giorno le imprese devono lavorare: non è che non vogliamo i controlli, ma ci teniamo al fatto che ci sia una semplificazione, per quel che riguarda questo aspetto.
Mi associo all’intervento precedente anche per quel che riguarda la concorrenza sleale di chi, per essere competitivo sul mercato, non affronta i costi per la sicurezza, non paga i contributi, paga poco la manodopera e di conseguenza spinge fuori dal mercato le nostre aziende sane, che pagano i dipendenti e i fornitori e che rispettano le norme sulla sicurezza.

PRESIDENTE
In entrambi gli interventi è stata evidenziata la massima disponibilità delle aziende a sottostare ai controlli, chiedendo però che essi siano razionali. Uno dei motivi per cui la Commissione parlamentare d’inchiesta si reca in missione nelle varie Regioni è quello di propagandare – se posso usare un termine un po’ consumistico – l’attivazione e il corretto funzionamento del comitato regionale di coordinamento per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, specialmente in quelle Regioni, come la Campania, in cui esso non è stato ancora attivato. Tutto dipende dal funzionamento di tale organismo. Caldeggio dunque un’iniziativa anche da parte dei nostri auditi, che sono chiamati a far parte del comitato regionale di coordinamento, per fare in modo che ci si possa incontrare e parlare, come ho detto anche agli altri auditi intervenuti in precedenza. In questo modo si possono risolvere i problemi, ottenendo migliori risultati per tutti.

OLIVIERO
Rappresento il mondo delle piccole imprese e della micro impresa, che sui temi della sicurezza ha fatto scuola nel Paese, grazie agli enti bilaterali, gli organismi paritetici territoriali (OPTA) e ai responsabili di bacino. In questo modo abbiamo tentato di arginare una mancanza, che nel nostro mondo si è sempre verificata. Riscontriamo però delle difficoltà oggettive e dunque degli incontri come questo possono offrire un impulso importante alle amministrazioni locali, per risolvere i problemi connessi ai luoghi di lavoro. Ad esempio, in via di San Gregorio Armeno, a Napoli, i laboratori artigiani possono lavorare solo grazie alle concessioni in deroga, perché non hanno alcuna possibilità di essere messi a norma. Che piaccia o meno, bisogna comprendere che ciò richiama automaticamente il lavoro nero: al piano terra di questi laboratori magari si fabbrica la statuina del presepe, mentre al piano superiore ci sono dei forni che raggiungono temperature superiori ai 600 gradi centigradi. Occorrono dunque degli impulsi e una politica che consenta di localizzare nei centri storici delle attività adatte. Ad esempio, in via Monteoliveto, alle spalle della facoltà di architettura, ci sono quattro autocarrozzerie, che però è difficile spostare da lì, facendo chiudere le imprese, perché manca la cultura della delocalizzazione di attività che ormai non sono più compatibili con il centro storico. Questo aspetto richiama già di per se´ il problema del lavoro irregolare.
Ci sono dunque vari tipi di irregolarità, a vari livelli: ci sono imprese che tentano di rimanere sul mercato e di continuare la loro attività e che non hanno possibilità di fare altrimenti e poi c’è tutto il mondo del lavoro sommerso, cui vorrei venisse dedicata particolare attenzione. Rappresentiamo infatti un mondo imprenditoriale in cui sono le aziende titolari dei grandi marchi ad indurre le altre aziende all’illegalità. Ciò accade ad esempio quando un grande marchio di moda chiede di realizzare per 80 o 90 euro un giubbino di pelle, che poi viene venduto a 1.200 o 1.300 euro. Si pone dunque un problema serio se si vuole continuare a lavorare per quell’impresa, che magari monopolizza il mercato. Mi riferisco anche ai grandi produttori di elettrodomestici, che abbassano i prezzi ogni anno, perché detengono il monopolio del mercato. Mi aspetto dunque un’iniziativa politica che guardi a 360 gradi al problema del lavoro nero e dell’irregolarità. Spesso sono le aziende, specialmente quelle più piccole, a subire tale situazione. Lo stesso vale per il meccanismo del massimo ribasso.
Noi da anni ci battiamo per gare d’appalto che guardino ad una miglioria dei progetti e non al massimo ribasso. Spesso i subappalti ricadono sul mondo che noi rappresentiamo, quello delle microimprese e delle attività di servizi, che stanno sui cantieri con dei prezzi assolutamente impossibili per poter mantenere un’impresa regolarmente aperta. Salutiamo pertanto con entusiasmo questa iniziativa e speriamo che essa rappresenti uno stimolo per le altre istituzioni, affinché si riaprano dei tavoli funzionali. In Campania stiamo aspettando una legge sull’artigianato. Non abbiamo un osservatorio sul mondo che rappresentiamo, eppure il 96 per cento delle imprese in Campania sono piccole imprese artigiane. Se questo è uno stimolo per rilanciare attività ed iniziative anche dal punto di vista politico, noi saremo sempre pronti a fare la nostra parte.

PELLECCHIA
Signor Presidente, intervengo in rappresentanza della Confederazione italiana agricoltori e colgo l’occasione per portare i saluti del mio presidente, che stamattina aveva già un impegno e mi ha pertanto delegata ad essere qui presente. Ovviamente, anche noi condividiamo e plaudiamo a questa iniziativa, che è stata definita come un momento di ascolto e come un’iniziativa che tende in qualche modo a dare stimolo a tematiche così delicate. Ribadisco anch’io quanto è stato detto a proposito dell’opportunità di una maggiore omogeneità dei controlli. C’è infatti la massima attenzione ed un’assoluta disponibilità ad accogliere i controlli in azienda, ma in una maniera meno impattante rispetto ai carichi di impegni dei nostri imprenditori; le ripetizioni degli stessi controlli risultano infatti essere devianti e poco funzionali ai fini delle loro attività.
Visto che si parla di ascolto e di volontà di rilanciare le attività di coordinamento, credo che sia molto interessante ed importante un’iniziativa che stiamo conducendo in forma di buona prassi sperimentale nelle aree del salernitano, in collaborazione con l’INAIL e con le ASL territoriali: stiamo monitorando e mettendo sotto indagine una fascia di agricoltura molto intensiva, quella della Piana del Sele, e molto interessata dagli impatti sull’uso delle sostanze antiparassitarie. Tale attività viene svolta in accordo anche con la CGIL; si tratta di una sorta di buona prassi, di network di sistema. Credo, infatti, che la parola d’ordine, insieme al concetto di coordinamento, sia proprio «sistema». Molto spesso infatti una mano non sa quello che sta facendo l’altra, mentre invece insieme si può riuscire ad incidere sulle tematiche in maniera più forte. Questo lavoro, che abbiamo appena presentato e che sarà avviato a settembre, ci candida, insieme alla CGIL, come soggetti che indagano e che accompagnano le loro imprese in un’azione di formazione, per quanto riguarda i lavoratori autonomi e i nostri imprenditori, ma anche di coinvolgimento e di monitoraggio di un gruppo di immigrati presenti sul territorio, da parte del soggetto della CGIL, per fornire loro indicazioni su un uso più corretto delle sostanze e sui rischi impattanti, legati soprattutto al rischio chimico. Si tratta di un’iniziativa sperimentale, che vorrebbe essere di buon esempio. Siamo partiti dai risultati dello stesso rapporto INAIL del 2011, che indica una prevalenza di malattie come l’osteoporosi, che è credibile fino ad un certo punto; all’analisi epidemiologica probabilmente sfuggono alcune altre criticità, che invece hanno bisogno di essere indagate. Per noi è importante farlo non da soli, ma in sinergia; una volta raccolti i buoni frutti di tale iniziativa, volta a promuovere la sicurezza in ambito agricolo, si dovranno individuare i canali attraverso i quali trasferire questo format e diffonderlo anche su esperienze territoriali diverse. Abbiamo svolto quest’azione partendo da una realtà circoscritta, ma il nostro intento è di andare oltre. Quindi è sicuramente importante il ruolo del coordinamento, in quanto vi è la necessità di un’azione sinergica da parte di tutti i soggetti e di tutti gli attori della sicurezza. Questo è il nostro auspicio; ben vengano momenti di questo tipo, in cui c’è un ascolto e durante i quali possiamo dire queste cose.

ALFANO
Signor Presidente, intervengo in qualità di presidente della Confapi Campania; la Confapi è la confederazione che raggruppa le associazioni territoriali dette Api. Premetto una considerazione molto importante, che riguarda la Campania e il Mezzogiorno. I parlamentari meridionali sanno sicuramente cosa significa fare impresa al Sud. Un’indagine della camera di commercio di Napoli, in questi anni, ha fatto emergere un dato allarmante: fare impresa al Sud costa il 20-25 per cento in più rispetto alle altre aree del Paese. Già questo è un dato negativissimo ed è uno dei tanti valori negativi che chiaramente incidono sulla sicurezza in azienda. In secondo luogo, l’amico Scuotto e l’amico Panullo hanno fatto riferimento al sistema degli appalti pubblici; al Sud la pubblica amministrazione concorre al PIL per il 70 per cento, mentre il manifatturiero concorre per il 30 per cento. Al Nord il dato è esattamente l’opposto: il 30 per cento è rappresentato dalla pubblica amministrazione e il 70 per cento dal manifatturiero. Proprio nel settore della pubblica amministrazione (in quel mercato) avvengono la maggior parte degli incidenti. Un altro dato negativo, che si aggiunge a quelli illustrati dagli amici hanno parlato in precedenza, è costituito dai ritardi di pagamento (tutto questo ovviamente contribuisce al quel 20-25 per cento di maggiori costi per il Meridione). Al Sud alcune amministrazioni pubbliche, a cominciare da questa Regione, pagano con una tempistica di oltre due anni. Stiamo parlando di 48 mesi; pensate che al Nord si parla di ritardo di pagamento quando questo eccede i 180 giorni. Se mettiamo insieme tutte queste negatività che incidono sulle imprese, capirete che chi ne paga le conseguenze è in qualche modo la sicurezza nell’azienda. Però, essendo il nostro sistema composto per il 99 per cento di piccole, medie o microimprese, c’è una cultura, all’interno delle stesse imprese, basata su una maggiore relazione e un maggiore contatto con le proprie maestranze. I nostri datori di lavoro non vogliono che al proprio dipendente possa accadere qualche infortunio. I lavoratori rappresentano delle risorse all’interno dell’azienda; se uno di essi viene meno, non si sa come sostituirlo. Quindi il datore di lavoro fa in modo che all’interno di azienda siano messe in atto, anche se con modalità «fai da te», le procedure più idonee affinché la sicurezza dei propri lavoratori sia salvaguardata. C’è un dato che sfugge a tutti: la maggior parte degli infortuni sul lavoro avviene ai danni dei datori di lavoro o dei loro familiari; però non ne abbiamo contezza, perché non vengono denunciati. Nelle aziende la maggior parte degli incidenti avviene ai danni del datore di lavoro; tuttavia essi vengono denunciati come incidenti diversi, non come infortuni sul lavoro. Di questo siamo convinti; da alcune informazioni ricevute, sappiamo che il dato che coinvolge maggiormente le imprese è costituito proprio dall’infortunio ai danni del titolare o di un suo familiare. In questi ultimi periodi, la direzione regionale l’INAIL si sta attivando molto, sta frequentando le associazioni di categoria e sta partecipando a convegni per promuovere ed informare sui rischi ed immettere la cultura della sicurezza nelle imprese, attraverso le associazioni. Si diceva prima che il dato degli infortuni sul lavoro in Campania è diminuito; questo è vero, perché stiamo facendo molto, come associazioni, per inculcare la cultura della salvaguardia del proprio lavoratore e della sicurezza all’interno dell’azienda. Penso però che la cosa migliore sia rendere i lavoratori consapevoli del fatto che, nel momento in cui accade un infortunio, anche loro hanno una parte di responsabilità, perché c’è un concorso di colpa. Anche se mancano gli strumenti per garantire al massimo la sicurezza, di solito manca anche l’attenzione da parte del lavoratore. Per quanto riguarda in special modo i cantieri edili, posso dire che la maggior parte degli infortuni è dovuta proprio a questo; sfido infatti a verificare se nei nostri cantieri tutti i lavoratori indossano le protezioni di sicurezza. Mi riferisco alle scarpe, che chiaramente sono delle scarpe particolari antinfortunistiche che danno fastidio ai piedi (quindi molti lavoratori preferiscono non utilizzarle), e al casco di protezione, che nel periodo estivo viene indossato da pochi nei cantieri; questi sono tutti fatti che possono provocare un infortunio o un incidente sul lavoro, il più delle volte anche grave. Questo poi va a danno dell’impresa e del datore di lavoro, che ne è responsabile, anche se in quel momento non era presente in cantiere. Il più delle volte il datore di lavoro non è responsabile, perché ha delegato i responsabili della sicurezza all’accertamento dell’utilizzo degli strumenti di sicurezza; passa l’attimo, succede qualcosa e chi ne paga le conseguenze è, oltre al lavoratore (che chiaramente ci può rimettere anche la vita), anche il datore di lavoro, che è perseguibile per aver commesso un reato. Noi promuoviamo pertanto una sensibilizzazione degli organi. La nostra proposta è di utilizzare il comitato consultivo provinciale INAIL per fare in modo che si vada a verificare (con modalità collaborative e non da inquisitore) quali sono i rischi all’interno delle aziende e dei cantieri, in modo che in questi luoghi si adottino delle procedure di sicurezza quanto più reali rispetto alle loro esigenze. Le procedure previste inizialmente dalla normativa non hanno fatto altro che replicare e fotocopiare procedure di utilizzo di strumenti di sicurezza che chiaramente non erano corrispondenti al reale fabbisogno all’interno del cantiere o dell’azienda. È quindi opportuno fare in modo che tutti siano informati del fatto che esiste la possibilità di adottare delle procedure che salvaguardino il lavoratore. È poi necessario che questo organismo collabori con le imprese attraverso il sistema delle associazioni, in modo da visitare queste aziende, radiografare i rischi e fare in modo che, internamente alle aziende, si svolga un processo di informazione sui rischi che possono occorrere ai propri dipendenti e un percorso di formazione affinché i lavoratori siano coscienti dei rischi che corrono in ogni fase di produzione, se non adottano gli strumenti e le procedure per la loro salvaguardia.

BRINI
Signor Presidente, intervengo in rappresentanza della Coldiretti Campania. È doveroso recare anzitutto le scuse e il saluto del presidente Masiello, che, anche in ragione della sua carica di vice presidente nazionale, stamattina è impegnato a Roma e non ha potuto partecipare all’incontro odierno. Condivido appieno i punti che sono stati già esposti dai colleghi. Per non ripetermi, cercherò di illustrare tre punti di debolezza del decreto legislativo n. 81, che noi riscontriamo nel comparto napoletano; illustrerò quindi le nostre proposte e le azioni che Coldiretti Campania ha messo in essere per cercare di dare un contributo.
La normativa presenta alcuni punti deboli: ad esempio, privilegia più la finalità repressiva che quella preventiva. Ciò ha determinato un giro di vite che ha consentito il superamento degli illeciti formali, ma non di quelli sostanziali. La situazione sociale, in particolare quella di Napoli e della sua Provincia, è preoccupante perché è caratterizzata dal moltiplicarsi, anche in agricoltura, di casi di furto di mezzi ed attrezzature agricole, di estorsioni e ricatti anche sotto forma di imposizione di manodopera extracomunitaria e trasporti.
Oltre ai grandi problemi che mettono a rischio la sicurezza dei cittadini-consumatori per quanto concerne il nostro prodotto, occorre ricordare che nel primo semestre del 2011 ci sono stati dei problemi con dei nomadi che sono stati sgombrati da una baraccopoli, ma non si è proceduto alla loro sistemazione, e la situazione preoccupa le nostre aziende perché i nomadi vanno alla ricerca di terreni disponibili per insediarsi.
Per quanto riguarda le proposte, è necessario che tutte le azioni poste in essere non vengano perseguite esclusivamente tramite l’appesantito apparato sanzionatorio, ma piuttosto con la diffusione di una cultura della sicurezza che deve penetrare ancora di più tra gli attori del rapporto di lavoro. Inoltre, proponiamo un’intensificazione dell’azione preventiva attraverso gli strumenti della formazione e informazione proattiva, maggiore semplificazione amministrativa e supporto finanziario.
La Coldiretti, attraverso il proprio ufficio per le azioni sindacali, ha previsto dei percorsi di formazione e informazione ai lavoratori e ai datori di lavoro, in sinergia con società esperte nel settore; attraverso l’area organizzazione e servizi, attraverso le nostre imprese verdi, ha messo in campo un’attività di consulenza e supporto operativo per la fase di start up e consolidamento aziendale. È ovvio che siamo disponibili a dare il nostro contributo in tutti i modi, anche perché le nostre aziende sono piccole (spesso sono microaziende) ed hanno delle difficoltà in più rispetto alle altre aziende.
Ci riserviamo ad ogni modo di inviarvi un documento più dettagliato per approfondire alcune specifiche questioni.

PELLEGRINO
Signor Presidente, sono il dottor Giuseppe Pellegrino della Confartigianato. Vorrei riprendere solo tre punti che i miei colleghi hanno già hanno trattato. È stato detto che manca un criterio di equità nei controlli effettuati. Da questo punto di vista, suggerirei di utilizzare al meglio i CPT (comitati paritetici territoriali), che sono enti bilaterali. Purtroppo, nonostante ci siano verifiche e controlli da parte dei CPT, puntualmente le stesse aziende vengono visitate dall’ispettorato del lavoro, dalla ASL e quant’altri, realizzando in tal modo delle sovrapposizioni che potrebbero essere evitate, dedicando più tempo ad ulteriori controlli. Proponiamo pertanto di attuare una più efficace organizzazione dei controlli prendendo maggiormente in considerazione l’attività dei CPT che, secondo il mio parere, controllano effettivamente i cantieri dando utili consigli e tutte le istruzioni necessarie al fine di mettere i cantieri in sicurezza.
Per quanto riguarda gli appalti e il discorso degli oneri per la sicurezza, abbiamo verificato che molto spesso nei progetti banditi il costo della sicurezza rappresenta solamente un calcolo matematico: non c’è un ragionamento puntuale su quali sono le lavorazioni effettive che potrebbero presentare delle percentuali diverse rispetto ad altri tipi di lavorazione. Tale meccanismo andrebbe rivisto. In un lavoro di poche centinaia di migliaia di euro non si può stabilire una percentuale fissa, ad esempio del 5 per cento, da dedicare agli oneri per la sicurezza, prescindendo dalla possibilità che vengano effettuate delle lavorazioni particolari. Quanto meno si dovrebbe garantire la possibilità che, anche in corso d’opera, su segnalazione delle imprese o del direttore dei lavori, ci possano essere delle modifiche sui costi della sicurezza.
L’ultimo suggerimento è quello di promuovere anche a livello scolastico dei corsi mirati per fornire un minimo di educazione alla sicurezza. In Campania manca un discorso formativo per i giovani su tali problematiche.

PRESIDENTE
Intervengo brevemente solo per precisare che nelle scuole pubbliche è stato già posto in essere un protocollo d’intesa con il ministro Gelmini affinché siano previsti dei moduli di formazione alla cultura della sicurezza nelle attività scolastiche.

ESTI
Signor Presidente, sono il segretario generale della camera di commercio e porgo alla Commissione il saluto del presidente Maddaloni, il quale, per un contestuale impegno, oggi non ha potuto essere presente. In rappresentanza del mondo delle imprese, condivido pienamente quanto affermato dai rappresentanti delle categorie. Come camera di commercio abbiamo aderito a un protocollo d’intesa tra il Comune di Napoli ed altri soggetti pubblici, che ha portato alla costituzione dell’osservatorio permanente sulla sicurezza nella Provincia di Napoli. Oltre a tale piccolo contributo riguardante la nostra Provincia, vi è già una serie di attività di coordinamento istituzionale tra i vari enti: abbiamo coinvolto le università, i sindacati e tutte le rappresentanze che hanno sottoscritto tale protocollo. Sarebbe auspicabile un allargamento di tale iniziativa realizzando un coordinamento regionale dell’intervento.
Condivido in pieno il discorso dell’adeguamento. Nel protocollo abbiamo previsto, tra l’altro, la possibilità di studiare un adeguamento delle tariffe per l’esecuzione di opere e cessioni a favore degli enti pubblici. Abbiamo pertanto già una traccia su cui operare. Occorre inoltre sviluppare una strategia di collaborazione tra le istituzioni, le scuole e le parti sociali.
Nell’ultimo triennio, la camera di commercio ha partecipato all’osservatorio permanente «Napoli città sicura» e alla presentazione del premio «Impresa sicura», iniziativa in cui vengono premiate simbolicamente una o più aziende che si siano distinte per l’eccellenza nel campo della sicurezza sul lavoro. Si tratta di un piccolo contributo che potrebbe essere esteso nelle altre Province e a livello regionale per il coordinamento necessario tra gli enti interessati, ossia i Comuni, le Province, le Regioni e le camere di commercio che rappresentano 220.000 imprese.

PRESIDENTE
Al di là di tutte le iniziative collaterali richiamate, che sono sicuramente importanti, noi puntiamo principalmente sul discorso del coordinamento regionale. Tutto ciò che sollecita una maggiore attenzione e consapevolezza del problema è apprezzabile, cercando però di dare sempre corpo, anche attraverso le norme in vigore, a risposte adeguate.
Un altro elemento che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione è la richiesta al consiglio regionale della Campania affinché si arrivi alla definizione di una legge regionale, che è già in itinere, ma che purtroppo non è stata portata a compimento. Non è una questione che rientra nelle nostre competenze ma, stando a quanto abbiamo ascoltato questa mattina, è da ritenersi un’iniziativa abbastanza condivisa e bipartisan, potendo contare su una grande apertura da parte di tutte le forze politiche e sociali. Da parte nostra, realizzeremo una memoria per il Presidente Caldoro su questo tema.

DE LUCA
Signor Presidente, molti aspetti sono stati sottolineati nei contributi rilevanti – non lo dico per semplice cortesia – che abbiamo ascoltato. Il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha segnato senza dubbio un risultato positivo, perché ha permesso al nostro Paese di fare dei progressi. Nelle relazioni di questa Commissione che ogni anno il Parlamento approva, sono contemplate tutte le argomentazioni oggi affrontate. Quel che è spesso necessario è un maggior sostegno da parte del mondo imprenditoriale o delle forze sociali e politiche.
Vorrei soffermarmi su un punto piuttosto emblematico, in Campania come un po’ in tutto il Mezzogiorno. Vengono spesso invocate delle normative adeguate, ma quando poi queste ultime vengono realizzate manca la loro applicazione, anche perché molti non le conoscono, come è confermato da alcune cose che abbiamo ascoltato. Ad esempio, rispetto alla questione del taglio relativo ai costi della sicurezza nei luoghi di lavoro, noi abbiamo già affrontato tale questione ed abbiamo anche espresso un voto unanime, sia lo scorso anno sia all’inizio del corrente anno, in Parlamento. Trattandosi di una materia di competenza anche europea, per il tramite del Governo stiamo chiedendo a Bruxelles di rivolgere maggiore rispetto a quella che rappresenta un’autentica tragedia, altrimenti non l’elimineremo mai.
Faccio un altro esempio. All’inizio di quest’anno abbiamo predisposto una misura sull’utilizzo di sedi abbandonate per bonificarle, ma spesso norme del genere dopo pochi mesi vengono dimenticate da tutti. Poi noi ne riparliamo, ed appare sempre una novità.
Come ha già sottolineato il presidente Tofani, stiamo svolgendo un monitoraggio sul piano nazionale, in tutte le Regioni. La mia sollecitazione è quella di rivolgere maggiore attenzione alle richieste che si avanzano, perché spesso gli strumenti che si invocano sono già previsti a livello legislativo. Il problema, se mai, è capire come attuarli e realizzarli in una materia che è a legislazione concorrente. Nel ringraziarvi, vorrei ricordare che abbiamo realizzato notevoli passi avanti, che necessitano però di una maggiore attuazione e dell’affermazione di una nuova cultura.

PRESIDENTE
Desidero dunque ringraziare i nostri auditi a nome di tutta la Commissione. Vorrei solo ricordare l’importanza del problema relativo alle stazioni appaltanti: su alcuni temi ci stiamo infatti accanendo da anni, come veniva ricordato dal senatore De Luca. Tale questione rappresenta la cruna dell’ago, necessaria per cominciare a cucire: se il filo non passa dalla cruna, cucire diventa impossibile. Abbiamo notizia del fatto che, in provincia di Napoli, molti Comuni hanno aderito ad un’unica stazione appaltante e il signor Prefetto, nella sua audizione, lo ha specificato in modo dettagliato. Credo che dobbiamo continuare a lavorare su questo fronte. Il problema della stazione appaltante riguarda la tipologia, ma è connesso anche a quanto detto in precedenza dai nostri auditi: occorre infatti verificare qual è il percorso, qual è l’iter che viene seguito, sia nel momento della gara, sia successivamente ad essa. Da parte nostra c’è dunque grande accanimento.
Stiamo cercando di smuovere anche l’Unione europea, che ci sta creando dei problemi seri, senza i quali avremmo già sbloccato tale questione, perché c’era e c’è un consenso unanime a livello politico. Non affronto però il discorso relativo all’Unione europea, che ci porterebbe lontano. Spero dunque che l’incontro odierno abbia consentito un maggiore avvicinamento con le istituzioni. Anche noi siamo fatti di carne e ossa, viviamo e soffriamo per questi problemi, li conosciamo e lottiamo, anche se a volte senza riuscire a sfondare le resistenze. Questo però non ci ferma, perché continueremo a lottare.
Vi ringrazio ancora per la collaborazione.


Fonte: Senato della Repubblica