Tribunale di Tolmezzo, GUP Massarelli, 03.02.2012 (ud. 23.01.2012), n. 18 “Guida alla lettura” a cura di Romina Allegrezza |
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SOMMARIO: FATTI DI CAUSA - QUESTIONI DI DIRITTO - SOLUZIONE ADOTTATA - RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI - ESSENZIALI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI |
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Un dipendente di una società, con mansioni di capo montatore, subiva lesioni personali gravissime per folgorazione per le quali veniva ricoverato in stato di coma irreversibile. Dopo un paio di anni, a seguito di aggravamento del quadro clinico, il lavoratore decedeva per shock settico associato ad insufficienza multiorgano, in conseguenza dello stato di coma vegetativo permanente da encefalopatia post-anossica nel quale versava successivamente alla sindrome da folgorazione con arresto cardiorespiratorio. Dell’accaduto venivano ritenuti responsabili un datore di lavoro e un dirigente per aver cagionato, in cooperazione colposa fra loro e in violazione della normativa antinfortunistica, la morte del dipendente. Veniva altresì ritenuta responsabile la società per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies, secondo comma, del D.Lgs. n. 231/2001. Il p.m., infatti, ritenendo che l’ente avrebbe tratto interesse o vantaggio dal delitto previsto e punito dagli artt. 40 cpv, 113 e 589 c.p., commesso con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, ne richiedeva il rinvio a giudizio. Il Gup, separato il procedimento a carico della società da quello a carico delle persone fisiche - per le quali disponeva il rinvio a giudizio -, si pronunciava nei confronti del reato contestato all’ente. |
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Con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 25-septies del D.Lgs. n. 231/01, la responsabilità amministrativa degli enti richiede, oltre al perfezionamento degli elementi costitutivi del fatto-reato da cui scaturisce, che lo stesso reato sia stato commesso da uno dei soggetti qualificati di cui all’art. 5 del medesimo decreto (soggetti apicali o sottoposti) nell’interesse o vantaggio dell’ente (ritenendosi, il primo riferito alla tensione soggettiva della condotta verso un risultato favorevole, il secondo al risultato oggettivamente conseguito). Nel caso de quo, per l’accusa, l’interesse sociale della società sarebbe consistito nell’aver omesso di adottare ed efficacemente attuare un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire il reato contestato “beneficiando del risparmio di spesa a ciò conseguente”. Sul punto significativo è l’argomentare del Giudicante, il quale, partendo dal presupposto che “è difficile individuare una finalità di vantaggio o di interesse in capo all’agente in caso di commissione di un reato colposo, sia pure di evento”, ha evidenziato come non sia l’evento tragico a portare un vantaggio al datore di lavoro, ma la condotta violativa delle disposizioni della sicurezza sul lavoro; se non altro sul piano dei costi connessi, che si può altrimenti essere indotti a risparmiare. Cosicché, non solo possono darsi casi di responsabilità pur senza che l’ente abbia tratto vantaggio effettivo dall’evento, ma anche ipotesi in cui tale responsabilità sussiste perché la sola condotta in sé (a prescindere dall’evento) è stata tenuta nell’interesse dell’ente. Al contrario, ha proseguito il Gup, “non è invece sufficiente una semplice imperizia” per determinare l’anzidetta responsabilità, così come non è sufficiente la mancata adozione di un modello organizzativo idoneo a prevenire il reato, considerata la non obbligatorietà del medesimo e il suo “limitato” valore di esimente. Nella fattispecie in esame, tra l’altro, l’individuazione di un interesse concreto della società appariva ancor più difficoltosa per il fatto che, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, “esistevano in loco procedure di sicurezza e sistemi protettivi, in base a valutazioni ex ante del tutto adeguate”. |
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Ai sensi dell’art. 61 del D.Lgs. n. 231/2001, secondo cui il giudice dell’udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi di estinzione o di improcedibilità della sanzione amministrativa, ovvero quando l’illecito stesso non sussista o gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere in giudizio la responsabilità dell’ente, il Gup del Tribunale di Tolmezzo ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti della società incolpata, ritenendo non sussistente l’illecito ascrittole. Precisamente, il medesimo Giudicante ha ritenuto non possibile individuare un interesse concreto dell’ente nella fattispecie de qua. Infatti, posto che non può esserci alcun automatismo tra la mancata adozione di un modello organizzativo e l’addebito della responsabilità in capo all’ente, essendo detta mancanza sufficiente a costituire la “rimproverabilità” posta a fondamento della fattispecie sanzionatoria solo in presenza di tutti presupposti oggettivi e soggettivi, l’accusa avrebbe dovuto individuare quale interesse sociale gli agenti avessero perseguito nella violazione della normativa antinfortunistica. Del resto, “non è vero che ad ogni delitto di omicidio e lesioni colpose segua necessariamente ed immancabilmente la responsabilità amministrativa dell’ente per cui il reo operava”. |
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La sentenza ribadisce la portata ed i limiti dei concetti di interesse e vantaggio in materia di reati colposi, aspetti già ben espressi in altre recenti sentenze di merito, tra cui si annoverano: |
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Per un approfondimento sul tema dei requisiti dell’interesse e vantaggio previsti dall’art. 5 del d.lgs. n. 231/2001 si rinvia a: |