Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 22 gennaio 2013, n. 3278 - Trattore agricolo cingolato e mancanza di requisiti di sicurezza


 

 

 

Responsabilità di un datore di lavoro per la morte di un lavoratore mentre eseguiva lavori di aratura con un trattore cingolato: era accaduto infatti che il trattore, privo dei requisiti di legge, andasse a finire in una scarpata schiacciando la vittima e causandone il decesso.

Condannato, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

"Nel caso di specie, i giudici di merito hanno fornito una corretta ricomposizione del fatto, fondata su un'adeguata acquisizione ed interpretazione degli elementi probatori disponibili ed un'esaustiva analisi complessiva di essi sulla base di canoni logici e coerenti."

E' da rilevare che anche ad accedere alla versione dei fatti offerta dal ricorrente, non ne conseguirebbe l'esenzione di responsabilità dello stesso, ravvisandosi la posizione di garanzia rispetto al verificarsi di infortuni in chi affida a terzi un mezzo di per sè atto a determinare situazioni di pericolo senza sorvegliare adeguatamente circa il suo corretto utilizzo.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. CIAMPI Francesco M. - Consigliere

Dott. ESPOSITO Antonio - rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 4418/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del 19/09/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Baglione Tondari che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



Con sentenza del 19/9/2011 la Corte d'Appello di Palermo confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, aveva dichiarato (Omissis) colpevole del reato di cui all'articolo 589 c.p., comma 2, in relazione all'articolo 2087 c.c., all'articolo 36, comma 8 bis e al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera b), commesso il (Omissis). All'imputato, nella qualità di datore di lavoro di (Omissis), era stato contestato di avere cagionato la morte del predetto lavoratore per colpa consistita in imprudenza, negligenza e nella violazione delle norme contestate, omettendo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica del prestatore di lavoro, non adeguando il trattore agricolo cingolato di cui era proprietario, munito di aratro, messo a disposizione per effettuare lavori di aratura del proprio fondo, ai requisiti di legge e astenendosi dall'aggiornare tutte le misure di protezione e di prevenzione dal rischio da ribaltamento e schiacciamento, in particolare non provvedendo a dotare il suddetto trattore di sistemi antiribaltamento e di sistemi di ritenzione del conducente.

In fatto era accaduto che mentre il (Omissis) stava eseguendo con il suddetto trattore lavori di aratura per conto del (Omissis) sul terreno di proprietà di quest'ultimo, andava a finire con il mezzo, dal quale veniva schiacciato, in una scarpata, riportando un gravissimo trauma che ne cagionava il decesso. I giudici del merito, ritenuta provata l'esistenza di un rapporto di lavoro tra il (Omissis), datore, e la vittima, prestatore, posto in essere quanto meno per facta concludentia, ritenevano che sul (Omissis) gravasse l'obbligo di vigilanza sull'attuazione delle misure di sicurezza atte a salvaguardare l'integrità fisica del lavoratore, nonchè di verifica della rispondenza dei macchinai utilizzati alle prescrizioni di legge, anche in relazione alle condizioni atmosferiche e di quelle del suolo, sì da prevenire eventi tali da compromettere l'incolumità del lavoratore.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato rilevando, con unico motivo, l'erroneità della sentenza in punto di violazione e falsa applicazione di norme, oltre all'insufficienza della motivazione con riferimento alla ritenuta qualità di datore di lavoro in capo al (Omissis) al momento del sinistro. Osserva che dalle risultanze in atti emergeva che l'attività svolta dal (Omissis) sul terreno del (Omissis) era da ricondurre a uno scambio di favori tra i due (prestito del trattore in cambio di lavoro sul terreno del proprietario del mezzo).

 

Diritto



Va rilevato che le doglianze mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono più che in censure di violazione di legge o vizi della motivazione, in apprezzamenti di merito che tendono ad una diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità.

Va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonchè l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

D'altro canto, nel caso di specie, i giudici di merito hanno fornito una corretta ricomposizione del fatto, fondata su un'adeguata acquisizione ed interpretazione degli elementi probatori disponibili ed un'esaustiva analisi complessiva di essi sulla base di canoni logici e coerenti.

è da rilevare, infine, che anche ad accedere alla versione dei fatti offerta dal ricorrente, non ne conseguirebbe l'esenzione di responsabilità dello stesso, ravvisandosi la posizione di garanzia rispetto al verificarsi di infortuni in chi affida a terzi un mezzo di per sè atto a determinare situazioni di pericolo senza sorvegliare adeguatamente circa il suo corretto utilizzo.

L'inammissibilità del ricorso, perchè esulante dai motivi che possono farsi valere in sede di legittimità, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, anche al versamento della sanzione pecuniaria ex articolo 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma si euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.