SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 7 novembre 2011

Audizioni svolte presso la prefettura di Barletta

Presidenza del presidente TOFANI
Indi del vice presidente NEROZZI

Audizione del prefetto e del sindaco di Barletta
Audizione del procuratore capo della Repubblica e del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trani
Audizione del comandante provinciale dei Carabinieri di Bari, del comandante del nucleo tutela del lavoro dei Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del comandante provinciale dei Vigili del fuoco
Audizione del direttore provinciale dell’INPS e del direttore provinciale dell’INAIL
Audizione del direttore provinciale del lavoro di Bari
Audizione del direttore generale, del dirigente medico e dell’ispettore SPESAL dell’ASL della Provincia di Barletta-Andria-Trani
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane


Audizione del prefetto e del sindaco di Barletta

Intervengono il prefetto di Barletta, dottor Carlo Sessa, ed il sindaco di Barletta, dottor Nicola Maffei.

PRESIDENTE
Buongiorno. Diamo inizio ai lavori della Commissione. Do anzitutto il benvenuto al signor prefetto, che ringrazio in modo particolare per l’accoglienza e per l’ospitalità, e al signor sindaco. La Commissione che ho il piacere di presiedere è qui oggi a Barletta in riferimento al grave dramma che si è determinato un mese fa, con la morte di cinque persone. Il nostro obiettivo è essenzialmente quello di comprendere come si sia determinato l’evento e, più in generale, di capire lo stato di salute dei luoghi di lavoro e di fare azione, in sinergia con le istituzioni locali (questo è il motivo della presenza del signor sindaco), per fare in modo che venga posta maggiore attenzione, qualora ve ne fosse il caso, su questo tipo di fenomeno, che non sembra essere un fenomeno isolato, per lo meno sulla base delle notizie giornalistiche, televisive e mediatiche. Vorremmo quindi capire in che modo i soggetti istituzionali presenti sul territorio, sulla base delle loro specifiche competenze, intendono armonicamente muoversi per poter fare in modo che non si verifichino più fatti e fenomeni come quelli che si sono determinati.
Del resto, noi siamo andati or ora a vedere i luoghi dove si è verificato il disastro. Avremo modo di parlarne anche con i tecnici, per capire come si è proceduto nei lavori edilizi precedenti, considerato il fatto che è stata tolta una parte centrale di un edificio in un corpo più ampio, con le conseguenze drammatiche nel collasso della parte di cui parliamo oggi, ma anche con gravi problemi sull’altro lato di una parte di un palazzo che è rimasto in piedi. Abbiamo avuto anche occasione di vedere un’altra struttura nelle vicinanze, perché un signore ci ha chiesto di vederla; del resto la nostra presenza, come la vostra, ha lo scopo di essere vicina ai problemi che si pongono. Egli ha fatto delle rimostranze; lei, signor sindaco, avrà notizia più dettagliata di questo fatto da parte dei vigili urbani che erano presenti. In effetti, tale signore ci descriveva un fenomeno: egli abita in una casa accanto ad un’altra che è collassata già dal tetto, quindi da più di un anno è un rudere ed è stata transennata. Quindi, anche nel quadro dell’allarme che ha destato questo fatto, egli giustamente si è posto il problema e, in qualche modo, rivendicava delle risposte. Sarà sicuramente cura dell’amministrazione dare ora le risposte del caso. Noi non abbiamo le competenze per venire a visionare il patrimonio edilizio pubblico e privato di questa città. Ci siamo però permessi di sentire un cittadino; del resto, la nostra presenza è anche la presenza del Parlamento e delle amministrazioni centrali sul territorio, quindi non potevamo non ascoltare un cittadino.
Per quanto ci riguarda, noi vorremmo capire se questo fenomeno è circoscritto o meno e quali iniziative tutti i soggetti che stamani ascolteremo hanno in mente di affrontare e di intraprendere. Poi c’è tutto un discorso legato all’inchiesta della magistratura ordinaria, che sta andando avanti e che farà il suo corso.

SESSA
Signor Presidente, do il benvenuto alla Commissione in questa prefettura, che, come avete potuto vedere, è in fase di avvio nelle sue attività. Siamo prefettura dal 25 marzo di quest’anno e i lavori di organizzazione dell’edificio sono ancora in corso. La ristrutturazione di questo convento, il cui corpo iniziale risale al Seicento, è stata completata per i due terzi; tuttavia mancano ancora degli interventi strutturali, perché la parte riattata rispetta la normativa antisismica (Barletta incidentalmente è in zona 3), mentre la parte che dobbiamo ancora completare deve essere rinforzata ed ha bisogno di lavori di consolidamento per essere perfettamente in regola. Incidentalmente, noi riteniamo che, a lavori completati, questo purtroppo sarà forse l’unico edificio che rispetti complessivamente la normativa antisismica, tra gli edifici sensibili.
L’episodio del 3 ottobre scorso, per come si è determinato e per il giusto clamore che ha riportato, deve essere secondo me affrontato sotto più aspetti. Il collasso dell’edificio è un discorso, il lavoro che si svolgeva nello stesso edificio (che esso fosse regolare o irregolare) è un altro punto specifico da affrontare e le modalità generali di lavoro degli imprenditori locali in Barletta e negli altri Comuni della zona è un terzo punto di attenzione.
Sul collasso dell’edificio, che ha causato purtroppo queste cinque vittime, è in corso un’indagine della magistratura; molto probabilmente non è stato un crollo del tutto spontaneo, ma ci devono essere state delle concause di carattere umano. I soccorsi al momento del crollo sono stati immediati e complessivamente ben gestiti; essi hanno portato a risultati purtroppo non del tutto positivi, anche se effettivamente due persone sono state salvate, con qualche ferita non grave.
Il lavoro che si svolgeva in quell’edificio era un lavoro non regolare. Questo rientra nei vari casi di lavoro non regolare che gli organi ispettivi competenti seguivano da tempo e che continuano e continueranno a seguire. L’anno scorso sono state effettuate, soltanto da parte della Guardia di finanza, dieci verifiche che hanno accertato ipotesi di lavoro irregolare. Nei primi sei mesi di quest’anno ne sono state effettuate altre sei o sette; anch’esse hanno portato a questo tipo di accertamento. In alcuni casi le aziende si sono messe a posto; in altri casi si è proceduto secondo quanto prevede la norma. C’è sempre stata una certa attenzione degli organi ispettivi nei riguardi di questa ipotesi di lavoro. Secondo me, però , non dobbiamo commettere l’errore di associare le due situazioni, il crollo e il lavoro non regolare. Il crollo è avvenuto e le indagini della magistratura ce ne spiegheranno i motivi. Il lavoro irregolare esiste a Barletta (c’è stata una levata di scudi nella città), così come esiste in tutta Italia. Contro il lavoro irregolare gli organi ispettivi stanno procedendo, hanno proceduto e continueranno a farlo. Secondo me, come ho già detto, questo fenomeno va analizzato separatamente dall’episodio del 3 ottobre scorso, perché si tratta di una coincidenza del tutto casuale.
Il cittadino che si è rivolto a lei, signor Presidente, chiedendo l’intervento dell’amministrazione o lamentando determinati inadempimenti, rientra in una situazione che adesso si è venuta a determinare in Barletta (e non solo in Barletta). Stiamo infatti assistendo ad un proliferare di situazioni critiche sotto il profilo delle strutture degli edifici. L’amministrazione comunale, da un mese a questa parte, ha emanato non so quante decine di ordinanze di intervento, dalla messa in sicurezza alle ristrutturazioni, fino allo sgombero degli edifici stessi. Siamo infatti di fronte a centri abitati che hanno la loro età e la cui parte storica sicuramente risente della vecchiaia e della tecnica di costruzione degli edifici. Ciò è avvenuto anche ad Andria, a Bisceglie e in altre zone, come del resto risulta abbastanza normale. Non so su quale settore in particolare la Commissione desidera porre maggiore attenzione. Il quadro generale è questo; come ho già detto, si tratta di un episodio in cui secondo me vanno esaminati separatamente il profilo strutturale relativo al crollo e il profilo del lavoro non regolare.

PRESIDENTE
Signor prefetto, da un punto di vista teorico il suo ragionamento è molto interessante. Però fa parte tutto di uno stesso scenario; non penso che si possano scindere i due aspetti. Sicuramente il crollo non è stato determinato dall’attività manifatturiera che si svolgeva lì dentro; questo è ovvio. Però bisogna capire se l’attività di manifattura che era dentro doveva starci e se ricorrevano le condizioni per poter svolgere quel lavoro. Qualora infatti dovesse emergere che non ricorrevano tali condizioni, ci sarebbe uno scenario unico di degrado. Noi dobbiamo approfondire questo tema; esso va coniugato, sia pure nelle rispettive specificità e competenze, perché ovviamente si tratta di due cose diverse. Se invece dovesse risultare che la situazione era a norma (come si suol dire), è chiaro che i due aspetti si separano. Abbiamo visto e ci è stato indicato che c’era un magazzino anche nell’interrato, con un tavolo da taglio; quindi verosimilmente non era solo un magazzino, ma, essendoci un tavolo da taglio, probabilmente era anche un luogo di lavoro. Poi chiederemo quando queste ed altre strutture sono state visitate dagli organi competenti per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro e che cosa essi hanno rilevato. Case antiche o case vecchie sono dappertutto, considerato il fatto che noi non siamo gli Stati Uniti d’America o il Canada, ma abbiamo qualche decennio in più di vita. Se noi dovessimo immaginare che il crollo è fisiologico, allora immaginiamo male. Ci sono delle situazioni che devono essere affrontate e, ovviamente, ci sono le competenze specifiche per affrontarle.
Vorrei essere chiaro fin dall’inizio. Noi non vogliamo venire qui a creare degli elementi di maggiore difficoltà all’economia di questo territorio; però dobbiamo aiutare queste persone, qualora ve ne dovessero essere altre, a mettersi in una condizione di regolarità. Dobbiamo fare in modo, se è il caso, di creare degli incubatori per le attività artigianali di questo tipo.
Vi sono fenomeni in molte Regioni d’Italia dove sono stati costruiti questi incubatori che diventano anche un luogo di lavoro sicuro per queste microaziende, creando anche dei vantaggi per la rete. A noi interessa dare un nostro contributo in questo senso, quindi la missione della nostra Commissione qui a Barletta è finalizzata a questo, ma per raggiungere l’obiettivo dobbiamo dirci tutti in modo molto chiaro quali sono le problematiche e quali sono le competenze. Le responsabilità, se ci saranno, le stabilirà chi di dovere, ma a noi interessa guardare avanti, non guardare indietro, perché c’è chi per noi lo sta facendo. Se lei mi dice, e non ho motivo di non crederle, che prima sono state chiuse dieci attività, poi in quest’ultimo periodo altre sette, bisogna capire ad esempio quante attività sono state verificate, perché se ne sono state verificate 300 è un conto, se ne sono state verificate 30 è un altro conto. Sono tutti aspetti sui quali dobbiamo lavorare.
Sono convinto che questa serie di atti amministrativi che il signor sindaco, per le sue competenze, ha posto in essere in quest’ultimo mese siano un elemento teso a salvaguardare il territorio. Questa attenzione dobbiamo continuare a mantenerla, lo dico a me stesso, perché spesso capita che l’evento accenda il riflettore, poi mano a mano che si allontana la data dell’evento, scema anche la luminosità del riflettore. Noi siamo convinti che questo non debba e non possa accadere.

NEROZZI
Sono totalmente d’accordo con l’impostazione del Presidente. Vorrei specificare un aspetto. A noi interessano la sicurezza sui luoghi di lavoro e le condizioni dei lavoratori. Nel sito di cui ci stiamo occupando, si svolgevano due attività: l’attività di demolizione in un edificio adiacente e l’attività di produzione tessile nell’edificio che è crollato. Lo chiederemo anche al magistrato, ma non so se anche nell’attività di demolizione tutte le norme erano rispettate: per quanto abbiamo visto, temo di no e non so neanche se erano state tolte le imbracature. Questo è un prima problema. Il fatto che poi non vi siano state vittime fra chi demoliva, non vuol dire che fossero regolari e già la metratura del locale in cui si trovavano i cinque lavoratori accertati, quattro più il datore di lavoro (essendo in nero non sappiamo in realtà quanti fossero, potrebbero essercene stati anche di più) non corrispondeva alle regole necessarie. Il lavoro nero ha tre dimensioni, lei lo sa meglio di me: c’è la dimensione del lavoro grigio e nero di società semi-illegali, c’è tutta una parte illegale, c’è una parte sommersa. Tralasciando quella illegale, che rientra in un altro ambito, e tralasciando anche quella semi-illegale, perché lì bisogna intervenire e correggere le cose che non funzionano, se quella sommersa ha queste dimensioni, capisco il malessere sia degli imprenditori, sia dei lavoratori, di cui sono a conoscenza per aver letto i giornali ed aver sentito le reazioni. Alla lunga, ma anche nel breve periodo, un sistema di questo genere non è nemmeno competitivo, tant’è vero che il volume produttivo della Puglia nel settore tessile e calzaturiero negli ultimi dieci anni è diminuito in maniera pesante. Mi riferisco sempre al lavoro semi-illegale, che poi però ha un rapporto con il sommerso, mentre l’illegale, cioè quello su base criminale, lo lascio da parte perché rientra in un’altra tipologia. Se questa contrazione produttiva c’è stata, bisognerebbe far capire che continuando così non si riesce a reggere, ma ci si estingue.

SPADONI URBANI
Volevo chiedere in primo luogo al sindaco se prima che venisse data la concessione edilizia e di seguito il permesso di iniziare i lavori, è stato fatto un sopralluogo nelle case adiacenti per verificare il loro stato di sicurezza, prima che fossero soggette ai traumi che una demolizione può causare. Quello che però soprattutto interessa la nostra Commissione è se facendo questi sopralluoghi non si sia potuta accertare la natura della destinazione degli edifici vicini a quello che doveva essere demolito. Perché nessuno si è accorto che lì si svolgeva una certa attività all’interno della quale operavano persone che lavoravano in nero?
In secondo luogo, poiché la nostra è una Commissione ufficiale, e quel signore che abbiamo incontrato ci ha chiaramente detto che abita da solo in una casa per il resto disabitata e che potrebbe essere pericolante, credo, avendo anche fatto il sindaco, sia necessario agire subito. In caso contrario, se dovesse succedere qualcosa, mi sentirei corresponsabile del fatto che non si è prevenuto un altro incidente. Credo che bisognerà accertare se quel signore è un visionario o se ha ragione e in tal caso agire di conseguenza, cioè con un’ordinanza di sgombero immediato.

MAFFEI
Saluto l’intera Commissione e la ringrazio per l’attenzione che dedica alla complessità dei problemi che purtroppo dal 3 ottobre scorso hanno caratterizzato i luoghi del crollo e anche delle morti conseguenti. Devo premettere che questa città, negli anni 70-’80, ha vissuto momenti di splendore economico per il mondo del tessile, abbigliamento e calzaturiero (il cosiddetto TAC), con centinaia di stabilimenti e di attività che coinvolgevano una massa notevole di dipendenti e quindi offrivano posti di lavoro in quantità significativa, anche se ogni attività aveva un numero di dipendenti tra i 10 e i 15. La concorrenza, purtroppo, legata all’apertura delle frontiere, alla delocalizzazione, che è arrivata però successivamente, ma soprattutto ai costi di produzione che oltre confine facevano diventare meno competitivi i nostri prodotti, ha ridimensionato drasticamente questa realtà produttiva. Vi è un’intera zona industriale per un buon 80-90 per cento praticamente deserta, senza più macchine né attività lavorativa, con un incremento di disoccupazione che raggiunge anche le 17-18.000 unità lavorative, quindi con una ricaduta anche sociale preoccupante, in quanto molte famiglie di operai, ma anche di impiegati, non sono state più in grado di fronteggiare i costi legati alla gestione famigliare, all’istruzione dei figli, in alcuni casi al mutuo, anche con un preoccupante fenomeno di crescita degli sfratti per morosità. Fatta questa premessa, sicuramente a valle di questa mancanza di opportunità di lavoro, qualcuno ha cercato lavoro fuori, qualcun altro probabilmente ha attivato procedure se non per poter vivere in condizioni di serenità, probabilmente almeno per sbarcare il lunario.
Tornando nello specifico all’attività lavorativa, anche quella che è stata riscontrata a valle del crollo in quei locali, i nostri uffici delle unità produttive registrano che a carico del titolare di quella attività c’era solo denuncia di attività di commercio su aree pubbliche, non c’era denuncia per attività produttiva, come la scoperta del laboratorio poi ha consentito di cogliere. Occorre anche tenere presente che mentre nel passato la competenza per l’attivazione, la soppressione e la modificazione di attività produttive di questo tipo ricadeva sui Comuni, con le variazioni conseguenti alla legge regionale, tale competenza è passata in capo alla commissione provinciale, che diventa destinataria delle denunce di inizio attività o di modificazione della stessa.
Passando alle domande che sono state poste sull’intervento edilizio, il permesso di costruire per quell’intervento di recupero edilizio risale ad alcuni anni fa, con una proposta che il Consiglio comunale ha vagliato di un intervento che non ha interessato l’intero isolato, potendo l’intervento di recupero essere realizzato e conseguito anche per singoli fabbricati. A fronte del permesso di costituire, è partita l’attività di demolizione del fabbricato intermedio, quello che poi ha determinato conseguenze sia sul lato sinistro che sui due lati adiacenti. Non viene fatta in genere un’attività di controllo su quello che si svolge nell’isolato, nei sottani o nei piani abitativi dei fabbricati adiacenti, perché su questo tipo di interventi si segue la richiesta che viene fatta dall’imprenditore o dal proprietario del fabbricato che viene chiesto di demolire e di ricostruire nel rispetto delle leggi vigenti. Effettuata la demolizione, vi sono state segnalazioni su quel fabbricato, quello che risulta un po’ ingabbiato con delle catene e da quelle strutture metalliche che si vedono sul fronte stradale, in quanto l’edificio era pericolante e i proprietari di quel fabbricato, pur intentando azioni in danno dell’impresa che stava costruendo, hanno proceduto a mettere in sicurezza quel fabbricato. Sul lato fabbricato, quello che poi è stato oggetto del crollo, non sono mai arrivate indicazioni di preoccupazione, di lesione o di altro da parte dei proprietari. Soltanto nell’ultima settimana precedente al crollo c’è stata un’attività, all’interno del cantiere che era ormai fermo da vari anni: per effetto di un’ordinanza comunale, si è infatti proceduto a rimuovere alcune situazioni che erano state lamentate di assenza di condizioni igienico-sanitarie (c’erano rifiuti, sterpaglia e probabilmente anche ratti) e quindi, anche a seguito delle azioni di sollecitazione da parte di confinanti o cittadini, l’ordinanza ha invitato a bonificare il sito. Pare però , e questo è competenza della magistratura accertarlo, che insieme alla rimozione di rifiuti o altro siano stati eseguiti interventi sulle strutture residuali conseguenti alla demolizione del fabbricato oggetto dell’intervento edilizio. Soltanto una settimana prima c’erano state queste sollecitazioni.
Il giorno precedente al crollo, quindi il giorno 30, tecnici comunali, Vigili del fuoco e tecnici dei proprietari hanno effettuato un sopralluogo e non hanno dato immediatamente seguito a provvedimenti che facessero presagire una situazione di grave pericolosità. Anche questo aspetto sarà oggetto d’indagine della magistratura. A detta di molti sembra che anche il lunedì le operazioni in quel cantiere siano continuate; la preoccupazione dei proprietari ha scatenato nuove reazioni, poi attorno alle 12,30 c’è stato il collasso della struttura. La ricostruzione di questa dinamica, con competenze, addebiti e responsabilità, sarà il risultato dell’azione dei periti e del magistrato competente.
Sicuramente abbiamo un patrimonio edilizio abbastanza vetusto, distribuito nelle varie zone dei centri storici e anche al di fuori degli stessi, in condizioni legate a tecniche costruttive che un tempo erano consolidate, ma che oggi sono incapaci di reggere il peso di una situazione anche appesantita dal riconoscimento dal 1980 di zona sismica, con le conseguenze che ne derivano. A seguito del crollo è nata tutta una psicosi, in parte giustificata, per cui anche la piccola filatura su una parete ha ingenerato preoccupazioni. Io ho firmato circa 170 ordinanze in cui si è data notifica ai proprietari di mettere in sicurezza quei fabbricati entro un margine di tempo adeguato con un tecnico dell’impresa; tuttavia abbiamo compiuto anche una decina di azioni di sgombero in quei fabbricati dove era stato accertato che il livello di pericolosità era a rischio, quindi abbiamo proceduto in questo senso. Chiaramente questa attività di intervento immediato non è esaustiva, perché nei prossimi giorni si procederà alla creazione di un tavolo tecnico interistituzionale, composto anche di docenti universitari, che ci accompagnerà in un percorso di monitoraggio, censimento, valutazione e soprattutto di responsabilizzazione dei proprietari a salvaguardare l’immobile di proprietà e a non lasciarlo in uno stato di degrado, che ovviamente comporta, anche per i fabbricati viciniori, infiltrazioni, preoccupazioni, rischi o pericoli.
In ordine alle iniziative relative al lavoro nero o a lavori non denunciati o svolti in locali inidonei, insieme ad altre attività di educazione alla sicurezza che come amministrazione abbiamo posto in essere in questi anni, abbiamo promosso 7 corsi coinvolgendo 210 operatori nel mondo dell’agricoltura e 6 corsi con 90 operatori del commercio; con Confindustria abbiamo attivato procedure per invitare al rispetto delle norme; è stato prodotto anche un cortometraggio nell’ambito del progetto denominato «Working safely – Lavoro sicuro...o sicuri al lavoro» proprio per arginare i fenomeni che portano a eludere il rispetto delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro. In questa direzione, a breve, con una concertazione che coinvolga la Provincia, la Regione e le associazioni dei settori tessile e manifatturiero, cercheremo di mettere in campo iniziative di riemersione legalizzata del lavoro in nero, tentando di aiutare economicamente questi produttori; oggi, infatti, in un mondo del lavoro che non consente di essere competitivi quando si fanno commesse all’estero con prezzi anche di un decimo rispetto a quello nazionale, i costi della sicurezza diventano proibitivi e quindi rendono inutile ogni tentativo in questo senso.
In ordine alla considerazione sugli incubatori che è stata fatta, noi abbiamo presentato un progetto per un incubatore d’impresa finanziato con i fondi europei; è stato già aggiudicato l’appalto, i lavori partiranno tra breve e nell’arco di due anni avremo una struttura che sicuramente potrà contribuire a far crescere le capacità sul piano professionale e di rispetto normativo nei giovani o negli imprenditori che intendono cimentarsi in un’attività che dalle nostre parti, diversamente da quanto succedeva 25 o 30 anni fa in questa città, è diventata rara.
È chiaro che precauzioni o attività di controllo non sono mai troppe. Nell’arco degli ultimi anni, grazie alle attività di controllo, sono state accertate situazioni non rispondenti alla norma e sono state prodotte le azioni di diffida; qualcuno si è adeguato, qualcun’altro per effetto dell’ordinanza ha dovuto cessare l’attività e qualcun’altro, quando non si è adoperato per il rispetto della norma, è stato denunziato all’autorità giudiziaria per le azioni di competenza.

DE LUCA
Signor sindaco, essendo totalmente d’accordo con l’impostazione degli interventi del Presidente e dei colleghi, vorrei fare una sola domanda.
Vorrei precisare che noi ci riferiamo esclusivamente ai profili relativi alla sicurezza sul lavoro in un ambiente che con un eufemismo si potrebbe definire inidoneo allo svolgimento di attività lavorative. Mentre stavamo svolgendo un sopralluogo dove si è purtroppo verificata la tragedia, qualcuno ci ha detto che più di una volta erano stati denunciati i rischi di lesione o di crisi strutturale del fabbricato, aggravati dal fatto che la costruzione dell’impresa a fianco (cosa che può aver compromesso ulteriormente la situazione) aveva creato ulteriori preoccupazioni. Proprio nel momento in cui c’è stato il crollo, un coinquilino di quel palazzo (non so se era addirittura uno dei parenti che lavoravano in quel laboratorio) stava denunciando ai Carabinieri una situazione che da giorni era stata sottoposta all’attenzione degli organi tecnici, proprio per il lavoro dell’impresa a fianco, e non aveva ottenuto risposta. Mentre stava effettuando questa denuncia lo hanno chiamato e gli hanno detto che era crollato un palazzo. Mi sembra che il riferimento fosse a via Roma e al palazzo in questione.
Vorrei dunque sapere se ciò risponde al vero e se c’erano state delle denunce preventive. A noi interessa che quei lavoratori, sia pure irregolari, come hanno detto il Presidente e il Vice Presidente, si trovavano in luoghi assolutamente inidonei a svolgere attività lavorative ed è strano che al centro della città gli organi deputati al controllo non conoscessero una situazione del genere. Risulta vero quanto ci è stato detto mentre eravamo sul posto?

NEROZZI
Ci è stato detto che il giorno prima i Vigili del fuoco, i tecnici del Comune, i tecnici della palazzina demolita e i tecnici di parte civile (cioè della palazzina denunciante che poi è crollata) erano andati a fare un sopralluogo e avevano detto che tutto andava bene. Questo è quello che risulta.

SPADONI URBANI
Voi non potete non aver fatto dei sopralluoghi per stabilire se gli edifici adiacenti non erano stabili. Nel compiere questa verifica non è possibile che nessuno si sia accorto della loro destinazione d’uso, quindi che al loro interno c’era un laboratorio.

MAFFEI
L’ufficio edilizia, che è preposto al rilascio dei permessi di costruire, non indaga sul tipo di attività svolta nei fabbricati adiacenti, quindi non credo che abbiano fatto un’indagine in questo senso.

SPADONI URBANI
Mi riferisco a indagini sulla stabilità.

MAFFEI
Il sindaco non interviene sulla stabilità. Salvo che non ci siano particolari situazioni di degrado specifico, i dirigenti preposti al rilascio dei permessi di costruire rispondono dell’intervento che viene reso oggetto di richiesta di edificazione o di rilascio dei permessi di competenza, quindi non credo siano state fatte analisi approfondite. Sicuramente, lo stato dei luoghi viene verificato di persona. Non si risponde solo sulla base dell’analisi di un pezzo di carta sulla scrivania, ma si va ad esperire un sopralluogo sulla zona.
Per quanto riguarda le considerazioni fatte in ordine all’allarme che era stato evidenziato, se il venerdì 30 settembre il sopralluogo fatto dai Vigili del fuoco, dai tecnici comunali, dal tecnico dell’impresa e da altri presenti all’interno di quella costruzione in quel momento non ha evidenziato situazioni di pericolosità, debbo presumere che probabilmente non sono state avvertite situazioni di rischio tale da chiedere lo sgombero dell’immobile. Peraltro, i sopralluoghi fatti dai tecnici comunali in genere si traducono in una relazione in cui si afferma che non ci sono problemi o che ci sono ma non sussistono condizioni di pericolosità; a fronte di tale documento viene emanata un’ordinanza che mette in mora i proprietari affinché, nell’ambito dello spazio temporale di due, tre o quattro giorni, nominino un tecnico e procedano a mettere l’immobile in sicurezza. Se ci sono situazioni di pericolosità, a parte l’allarme immediato che viene dato, a valle si produce un’ordinanza di sgombero dell’immobile.

PRESIDENTE
È sorto qualche piccolo dubbio sulle competenze specifiche del Comune, in primo luogo, in ordine alla destinazione d’uso di quei locali; in secondo luogo ci si domanda se è stata chiesta una concessione o una licenza per un’attività commerciale.

MAFFEI
Non risulta agli atti nessuna istanza.

PRESIDENTE
Lei ha parlato di un’attività commerciale e non manifatturiera.

MAFFEI
Ho detto che su quel locale da parte del titolare dell’attività non risulta alcuna richiesta o comunicazione.

PRESIDENTE
I vigili che girano per la città non vedono che c’era un laboratorio? Come funziona? Vorrei capirlo, perché in questa vicenda emergono gravi responsabilità, probabilmente non tutte enormi, ma che nell’insieme hanno determinato quell’enorme evento che si è prodotto. Vedremo come quei tecnici cui lei faceva riferimento hanno stabilito di dare il via libera il venerdì precedente al crollo. C’era un cantiere aperto o no?

MAFFEI
Il cantiere era stato aperto con la demolizione, poi i lavori si erano fermati; quindi il cantiere era chiuso.

PRESIDENTE
Però i lavori sono ripresi.

MAFFEI
Un attimo. A seguito di un’ordinanza per la bonifica dei luoghi, cioè per la rimozione di rifiuti e per l’azione di derattizzazione, il cantiere è stato riaperto. Se in concomitanza sono state fatte azioni di demolizione di ulteriori strutture residuate dalla prima parte dell’intervento di demolizione, questo pare sia stato fatto o dichiarato da alcuni testimoni proprio in quei giorni che hanno preceduto il crollo, quindi probabilmente giovedì 29 o venerdì 30.
Qualcuno ha detto addirittura – lo hanno detto anche coloro che si sono salvati – che la mattina del giorno di lunedì 3 c’era una pala meccanica che stava intervenendo nella zona di cantiere al confine con il fabbricato crollato. Ora, cosa sia successo per effetto di questi lavori non autorizzati... Noi abbiamo soltanto intimato ai titolari del cantiere di procedere a creare delle condizioni igienico-sanitarie accettabili all’interno del cantiere, poiché queste avevano riverbero all’esterno. I magistrati hanno chiesto ai tecnici di appurare anche se, nell’ambito delle iniziative dell’impresa o dell’operatore sul mezzo meccanico, siano state compiute delle azioni che hanno creato una condizione di collasso della struttura. Probabilmente potrebbe essere così; chi è andato dai Carabinieri a denunciare una situazione di pericolo incombente, senza vedere un’azione conseguente, probabilmente conferma questa ipotesi. Tutto questo oggi a noi risulta per effetto di testimonianze o di indicazioni date alla stampa o in televisione ed è pertanto oggetto di attenta valutazione da parte del magistrato.

Audizione del procuratore capo della Repubblica e del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trani

Intervengono il procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Trani, dottor Carlo Maria Corrado Capristo, e il sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trani, dottor Giuseppe Maralfa.

PRESIDENTE
Buongiorno signori procuratori e grazie per essere presenti. Come Commissione, siamo qui (in tempi non immediati rispetto all’evento drammatico che si è verificato) per ricevere e per fornirvi degli elementi e per iniziare a raccogliere dei dati nell’ambito delle vostre indagini. Se lo ritenete opportuno, possiamo segretare la vostra audizione.

CAPRISTO
Signor Presidente, io e il mio collega non abbiamo nessuna difficoltà a riferire tutto alla Commissione, perché si tratta di una Commissione di inchiesta. Forse però è preferibile segretare l’audizione.


I lavori proseguono in seduta segreta


Audizione del comandante provinciale dei Carabinieri di Bari, del comandante del nucleo per la tutela del lavoro dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di finanza e del direttore provinciale dei Vigili del fuoco

Intervengono il comandante provinciale dei Carabinieri di Bari, colonnello Aldo Iacobelli, accompagnato dal comandante del nucleo dei Carabinieri per la tutela del lavoro di Bari, luogotenente Salvatore Bianco, il comandante provinciale della Guardia di finanza di Bari, generale di brigata Vito Straziota, accompagnato dal comandante del gruppo della Guardia di finanza di Barletta, colonnello Giuseppe Cardellicchio, e il direttore provinciale dei Vigili del fuoco di Bari, ingegner Cesare Gaspari.


I lavori riprendono in seduta pubblica

Audizione del direttore provinciale dell’INPS e del direttore provinciale dell’INAIL

Intervengono il direttore provinciale dell’INPS di Bari, dottor Roberto Bianco, e il direttore provinciale dell’INAIL di Barletta, dottor Lorenzo Ieva.

PRESIDENTE
Buongiorno e grazie per la vostra presenza. Vorremmo ricevere da voi un quadro, oltre che sull’incidente che si è determinato (su cui credo che ci sia molto poco da dire, atteso che siamo di fronte ad una realtà completamente in nero), anche e soprattutto sulla situazione di questo territorio, nell’ambito delle vostre attività di ispezione e di conoscenza. Vorremmo inoltre sapere se anche per voi, come per altri, l’azienda Cinquepalmi era sconosciuta.

IEVA
Signor Presidente, come INAIL ci siamo attivati subito, dovendo erogare verosimilmente delle prestazioni, trattandosi di incidente sul luogo di lavoro. Il giorno dopo abbiamo pertanto avviato degli accertamenti, che sono stati soprattutto di carattere documentale, avendo ricevuto soltanto nella giornata di venerdì l’autorizzazione dalla procura a poter sentire la lavoratrice sopravvissuta. Stiamo cercando di delineare un quadro preciso della situazione, tenendo conto del fatto che si tratta di un’iniziativa produttiva del tutto al nero. La ditta comunque non è completamente sconosciuta; essa è registrata alla Camera di commercio, e quindi al registro delle imprese, in qualità di ditta individuale. In base all’archivio INAIL che abbiamo a disposizione, sul quale andiamo poi a calcolare il tasso di premio, ci risulta come impresa artigiana di fatto senza dipendenti.
Nel territorio di Barletta, come molto probabilmente avrete saputo anche dagli altri organi istituzionali che avete sentito, esiste un fenomeno di attività manifatturiera legata al mondo delle confezioni, che viene svolta prettamente al nero. Sono aziende che lavorano per conto terzi, le cosiddette «fasoniste». Essenzialmente, esiste un’azienda madre di grandi dimensioni che affida a questi appaltatori...

PRESIDENTE
Chiedo scusa se la interrompo, dottor Ieva. Noi conosciamo la storia dei fasonisti e dei terzocontisti. Vorremmo tuttavia sapere da lei e dal rappresentante dell’INPS come vi muovete e come vi organizzate dal punto di vista ispettivo.

IEVA
Per il 2010 – come ho già avuto modo di dire alla prefettura – l’INAIL ha avuto un solo ispettore in forza per tutta la Provincia. Nel 2010 abbiamo ispezionato 141 aziende, di cui 135 hanno presentato irregolarità amministrative o contributive. Nel primo semestre del 2011, su 103 aziende ispezionate ben 91 hanno presentato irregolarità amministrative o contributive, per quanto riguarda le finalità dell’INAIL.

SPADONI URBANI
Voi che fate?

IEVA
Ci sono delle sanzioni.

PRESIDENTE
Di fronte a queste incidenze elevate, le irregolarità che avete riscontrato sono totali o parziali? Avete una gamma di queste irregolarità, per capire meglio il quadro di grigio, oltre al quadro di nero?

IEVA
L’INAIL, come target ispettivo, ha quello di appurare la correttezza del rischio assicurato; questa è la sua funzione istituzionale. Il focus è sulla verifica della correttezza del rischio assicurato. Ovviamente, quando l’ispettore si imbatte in situazioni di lavoro nero, le evince nel verbale...

PRESIDENTE
Voglio essere più chiaro, forse non lo sono stato a sufficienza. Atteso che conosciamo il vostro ruolo come INAIL, lei ci ha fornito dei dati secondo i quali di fatto, al 90 per cento circa, ci troviamo di fronte a situazioni che comunque presentano dei problemi. Sarebbe interessante capire la tipologia di questi problemi. Per intenderci, se andate in un’azienda dove ci sono dieci lavoratori, ne trovate tre o sette che sono in nero? Vorremmo capire meglio il grado di distacco dalle norme.

IEVA
Le situazioni sono le più varie. Tenendo conto del fatto che molto spesso capita di non trovare neanche un lavoratore al nero, perché il nostro focus è sulla verifica del rischio assicurato, c’è una situazione al 50 per cento; ci sono anche realtà totalmente al nero.

PRESIDENTE
Sarebbe interessante se lei, con comodo, entrasse nel dettaglio dei numeri che ci ha riferito, magari inviandoci della documentazione in seguito. In tal modo, ci farebbe comprendere meglio ciò che lei ha definito come problematiche di tipo amministrativo. Avete fatto 100 verifiche e in 90 casi avete trovato delle irregolarità; sarebbe interessante capire la portata di queste irregolarità.

IEVA
Le violazioni rilevate si riferiscono a 188 lavoratori accertati irregolari, di cui 24 lavoratori cosiddetti in nero, cioè totalmente sconosciuti alla pubblica amministrazione. Gli altri presentano delle irregolarità di varia natura; possiamo senz’altro dettagliare meglio e in modo più analitico questo dato.

SPADONI URBANI
Le posso chiedere, dottor Ieva, di distinguere se si tratta di lavoratori italiani o stranieri?

IEVA
Sì, possiamo indicare questo dato.

SPADONI URBANI
C’è il fenomeno degli stranieri senza permesso di soggiorno?

IEVA
Nel territorio capita anche di incontrare...

SPADONI URBANI
Capita o è routine? Ci sono più italiani o più stranieri che lavorano in nero?

IEVA
Dipende dal settore; sono dati che possiamo individuare e comunicarvi in seguito. La situazione è abbastanza variegata; su questo punto forse il collega dell’INPS è più informato.

BIANCO
Ho assunto la titolarità della funzione temporanea di direzione della sede INPS di Barletta-Andria-Trani dallo scorso giovedì.

PRESIDENTE
Le facciamo i nostri auguri per la sua attività.

BIANCO
Vi ringrazio. Peraltro, sono dirigente dell’area che gestisce anche la vigilanza ispettiva nella direzione di Bari, quindi ho un minimo di esperienza in questo tipo di settore. Non voglio annoiarvi con dei numeri, sicuramente vi inoltrerò in tempi rapidissimi un report sulla base di quanto avrete chiesto. Mi scuso se non lo ho già presentato, ma potendo estrapolare i dati in varia maniera ritenevo più funzionale capire prima con precisione quali dati vi servissero per poi inviarveli.
La direzione dell’INPS di Barletta-Andria-Trani dispone di un corpo ispettivo formato da 10 ispettori di vigilanza. Può essere utile, per capire la settorialità dell’attività ispettiva INPS, evidenziare che quattro di questi 10 ispettori sono costantemente impegnati in attività ispettiva in agricoltura. Sostanzialmente, la Regione Puglia, come altre Regioni del Sud d’Italia, ha una vera e propria task force di personale ispettivo che si occupa esclusivamente di aziende agricole con e senza dipendenti, per cui una fetta stimabile intorno al 35-40 per cento della risorsa ispettiva in Puglia e anche in questa Provincia, è volta in maniera specifica ed esclusiva a questo tipo di attività. C’è quindi questa prima summa divisio tra settore agricolo e settore non agricolo.
Entrando nel merito delle tipologie di irregolarità riscontrate, le osservazioni fatte dal collega dell’INAIL mi trovano sostanzialmente d’accordo quando si parla di quadro molto eterogeneo. L’INPS va a cercare, nel quadro dell’attività ispettiva, tanto il lavoratore in nero, quanto l’irregolarità di tipo contributivo. Il peso dei contributi versati all’INPS è la quota maggiore del carico che il datore di lavoro versa alle casse dello Stato, per cui l’omissione contributiva totale o parziale incide pesantemente sulle casse dello Stato ed è la prima mission del personale ispettivo dell’Istituto nel momento in cui viene mandato in ispezione.

PRESIDENTE
Incide anche e soprattutto sulla pensione che deve maturare il lavoratore.

BIANCO
Incide anche su quello. Le dirò di più , perché questo suo inciso, che è corretto, mi costringe ad ampliare il discorso. La tutela del trattamento pensionistico del lavoratore è qualcosa che possiamo fare e che facciamo anche in via amministrativa. Ad esempio, in virtù del principio della automaticità della prestazione, già la denuncia del lavoratore ci consente, in sede amministrativa, di interrompere i termini prescrizionali e di iniziare una serie di azioni di recupero che possono essere anche solo amministrative, cioè una quota parte dell’azione di contrasto al sommerso, che questo sia nero o che sia grigio, può essere fatta e viene fatta dal personale amministrativo, questo ci tengo a precisarlo. C’è un’intera area delle strutture dell’Istituto, l’area manageriale controllo flussi, che è dedicata a svolgere questo tipo di attività, che quindi non è svolta solo dagli ispettori di vigilanza.
L’ispettore di vigilanza chiaramente, recandosi sul luogo di lavoro, può fare un certo tipo di attività che l’amministrativo non potrebbe fare, né materialmente, né per competenza. Ciò detto, un buon 80 per cento degli accessi ispettivi è un accesso a 360 gradi: l’ispettore di vigilanza si reca nell’azienda a verificare non solo l’eventuale presenza di lavoro nero, ma il rispetto di tutti gli obblighi contributivi nei confronti dell’Istituto. La nostra è una Regione meridionale, una delle poche Regioni italiane in cui si può usufruire in maniera abbastanza allargata di sgravi contributivi e di agevolazioni, per cui quella è una delle sacche di maggiore interesse. Aggiungo peraltro che effettivamente è abbastanza raro, nella nostra attività ispettiva, trovare personale totalmente in nero. Questo accade generalmente solo in alcuni settori che vengono attenzionati con attività ispettiva ad hoc (penso ai pubblici esercizi nel periodo estivo). Esiste una nostra normativa interna, che utilizziamo spesso, che consente di disporre accessi ispettivi d’intesa con il direttore regionale, volti al solo accertamento del lavoro nero e questa è una cosa che facciamo in maniera sistematica individuando alcuni settori ben precisi. Ad esempio, nel periodo estivo del 2010 e in quello del 2011 si è fatta una campagna di contrasto al lavoro nero nei confronti dei pubblici esercizi.
Per quanto riguarda peraltro l’attività legata alle aziende produttrici di confezioni, proprio a seguito del tragico incidente per il quale ci stiamo incontrando in questo momento, il mio predecessore nella sede di Andria aveva disposto congiuntamente con la direzione provinciale del lavoro una serie di accessi ispettivi. Per farvi rendere conto dell’impatto del fenomeno, vi darò alcune cifre: nelle giornate del 27 e del 28 ottobre scorsi, gli accessi sono stati effettuati nei Comuni di Bisceglie e Trani, 11 aziende sono state visitate, 65 lavoratori individuati, di questi otto erano al nero. Nei giorni 3 e 4 novembre, attività analoga si è svolta nei Comuni di Andria e Minervino per un totale di 10 aziende visitate, 59 lavoratori individuati di cui 10 al nero. Le situazioni di irregolarità nei confronti dell’INPS sono molto variegate a seconda della tipologia di attività che andiamo ad ispezionare, questo è il motivo per cui segmentiamo molto le ispezioni. Nelle aziende industriali classiche di media grandezza adesso è abbastanza raro riuscire a trovare il lavoro nero, quello che si individua abbastanza facilmente è il cosiddetto lavoro grigio, le situazioni di parziale e anche molto rilevante violazione della normativa.

PRESIDENTE
I dati che ci ha appena citato riguardano esclusivamente aziende manifatturiere del settore tessile?

BIANCO
Sì, questo studio è stato fatto ad hoc. Per quanto riguarda l’agricoltura, l’attività ispettiva è gestita direttamente dalla direzione regionale, ma se c’è interesse per avere in maniera specifica i dati relativi a questa Provincia, non ho assolutamente problemi a fornirli. Devo anche aggiungere, per completezza informativa, che il trend dell’attività ispettiva nel 2011 è stato fisiologicamente rallentato dalla problematica del verbale unico in conseguenza del cosiddetto collegato lavoro, legge n. 138 del 2010. A onore del merito della direzione regionale, devo dire che siamo riusciti a non interrompere totalmente l’attività ispettiva concentrando l’attività, nei primi mesi dell’anno, con un grosso sforzo, su quelle situazioni in cui si riteneva non avremmo trovato illeciti amministrativi per irrogare i quali avremmo dovuto servirci del verbale unico, che è stato rilasciato dalle competenti direzioni generali soltanto tra il mese di aprile e il mese di maggio. Se ritenete, posso fornirvi i dati relativi sia al 2010, sia al 2011, così potete fare un confronto per la Provincia.

NEROZZI
Anche regionale.

SPADONI URBANI
Questo è molto interessante: lei vuol dire che il verbale unico ha rallentato l’attività?

BIANCO
Non il verbale unico, ma il fatto che il collegato lavoro abbia previsto un verbale unico per l’attività ispettiva ha richiesto, a far data dall’entrata in vigore dello stesso collegato lavoro, la presenza fisica, materiale di questo modello, per la redazione del quale le competenti direzioni del Ministero del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL hanno dovuto chiaramente impiegare un po’ di tempo per il rilascio, come per qualunque nuova procedura, e questo ha rallentato l’attività ispettiva, perché qualunque tipo di verbale fosse stato notificato dopo l’entrata in vigore della legge n. 183 del 2010, contenendo illeciti amministrativi, senza le formalità previste dal verbale unico sarebbe stato nullo per vizio di forma.

PRESIDENTE
Diciamo che è stato necessario un momento per la messa a regime.

BIANCO
Sì, credo un periodo oggettivamente fisiologico.

IEVA
È stato un periodo transitorio, magari sarebbe stato opportuno prevedere un periodo transitorio un po’ più lungo, magari con un’entrata in vigore posticipata.

PRESIDENTE
Penso che lo abbiate superato, ormai. In realtà è stato fatto per agevolarvi, altrimenti non facciamo più nulla.

BIANCO
Stavo dicendo appunto questo: oltre ad averlo superato, lo abbiamo anche aggirato nella fase transitoria concentrando l’attività ispettiva in quelle situazioni in cui fondatamente sapevamo che non avremmo potuto e dovuto riscontrare illeciti amministrativi.

SPADONI URBANI
Adesso comunque il verbale unico c’è, da quanto tempo?

BIANCO
È stato rilasciato dal mese di aprile. In ogni caso, l’attività non si è bloccata, semplicemente è stata orientata in maniera diversa.

SPADONI URBANI
Chi vi ha fornito il modulo?

BIANCO
L’intera attività ispettiva, nel nostro ordinamento, è direttamente governata dalla competente Direzione generale del Ministero del lavoro, infatti gli ispettori INPS e INAIL hanno il direttore centrale della Direzione generale vigilanza ispettiva del Ministero del lavoro come loro primo referente.

PRESIDENTE
Ringraziamo i nostri interlocutori per la collaborazione. L’audizione è così terminata.

Audizione del direttore provinciale del lavoro di Bari

Interviene il direttore provinciale del lavoro di Bari, dottoressa Antonella Cangiano, accompagnata dal responsabile provinciale del servizio ispettivo di Bari, ingegner Giovanni Attolico.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del direttore provinciale del lavoro di Bari, dottoressa Antonella Cangiano, accompagnata dal responsabile provinciale del servizio ispettivo di Bari, ingegner Giovanni Attolico.
Ai nostri ospiti è noto il motivo per cui questa Commissione è qui a Barletta. Vorremmo avere da loro delle notizie non tanto e non solo sul dramma che si è consumato, perché abbiamo contezza e conferma della totale irregolarità di quei lavoratori che sono morti, così come della lavoratrice che si è salvata, quindi c’è poco da ragionare su questo. A noi interesserebbe ascoltare una loro riflessione sulle azioni che hanno in essere per capire ed aiutare ad affrontare questo fenomeno, perché sembra esserci questo fenomeno di zone nere e grigie del lavoro soprattutto nel settore del tessile e del manifatturiero. Vorremmo capire quale strategia si è data la direzione provinciale del lavoro di Bari e cosa sta facendo.

CANGIANO
Una premessa che ritengo possa essere opportuna è considerare appunto la consistenza del fenomeno del lavoro nero e la diffusione e l’ascesa che purtroppo sta avendo nell’ambito della Regione Puglia, che emerge dai dati aggregati a nostra disposizione, che sono riferiti all’intero territorio regionale (in questa sede sarà magari possibile addentrarci più nello specifico nella realtà della BAT). Il riferimento ai dati del 2009 e del 2010 consente di evidenziare, rispetto ad un incremento delle aziende ispezionate del 3 per cento, un incremento del fenomeno dell’irregolarità in tutte le sue valenze di circa il 24 per cento e del 28 per cento del lavoro nero. Questa realtà purtroppo interessa sia la Provincia di Bari che la Provincia di Foggia. Una digressione che ritengo opportuna è che quando parliamo di Provincia di Bari intendiamo il dato aggregato anche della BAT, perché per la nostra struttura territoriale, per l’ufficio, per il Ministero del lavoro, la competenza è ancora estesa ai Comuni che prima facevano parte della Provincia di Bari, quindi non comprende le tre realtà municipali che prima invece rientravano nell’ambito della Provincia di Foggia. Il fenomeno quindi è in drammatica ascesa ed opportunamente il legislatore, per fronteggiarlo, con il collegato lavoro ha coinvolto nell’attività di contestazione tutti gli organi di vigilanza.
Quindi, se prima era una prerogativa esclusiva degli ispettori del lavoro e dunque delle direzioni territoriali del lavoro, adesso si può e si deve mettere in campo un’azione a largo raggio che però , visto che dal novembre 2010 INPS, INAIL e forze dell’ordine possono contestare la maxisanzione, presuppone un problema di competenza e di formazione. La problematica di fondo è nella professionalità e nella competenza che deve evidentemente crescere. Come ufficio, soprattutto in sinergia con la Guardia di finanza, abbiamo tenuto degli incontri di formazione mirati prevalentemente presso i comandi di stazione; si auspica di fare altrettanto soprattutto con i commissariati di pubblica sicurezza, ma meno con i Carabinieri perché, essendo presente all’interno del nostro ufficio il nucleo per la tutela del lavoro, c’è un canale privilegiato e preferenziale per la definizione delle varie problematiche proprio per un’attività consulenziale di formazione ai comandanti dei presidi territoriali. Questo è senz’altro molto importante.
Un altro strumento è la implementazione di indicatori e di parametri che ci consentano di individuare il lavoro nero, per intenderci quello totalmente sconosciuto alla pubblica amministrazione. Ad esempio, infatti, la ditta Cinquepalmi era sconosciuta alla pubblica amministrazione, non era censita alla Camera di commercio, e risultava essere un laboratorio artigianale che di fatto non aveva personale alle proprie dipendenze, pertanto anche un’azione di individuazione dell’obiettivo non sarebbe stata chiaramente esperibile.

PRESIDENTE
Oggi questa considerazione è emersa più volte; io mi sono riservato di poter fare una domanda al direttore dell’ufficio provinciale del lavoro, quindi ora la rivolgo a lei. Questa ditta risultava non avere dipendenti, però era iscritta alla Camera di commercio.

CANGIANO
No.

PRESIDENTE
Sì, questo è il punto. Risultava iscritta ma non aveva dipendenti assunti; vi era solo il titolare dell’azienda. Io parto dal presupposto che risultasse iscritta alla Camera di commercio.

MARAVENTANO
Risulta iscritta come ditta individuale.

CANGIANO
Risulta come ditta individuale, quindi parliamo di un artigiano.

PRESIDENTE
Siamo tutti d’accordo che risultava iscritta come attività individuale e si presuppone che l’artigiano sia il titolare della ditta. Non pensate che quello di risultare come ditta individuale senza esserlo sia un fenomeno diffuso? In tal caso, non sarebbe anche opportuno capire chi sono queste ditte individuali? Io sono convinto che anche chi dovesse essere completamente o parzialmente al nero, comunque deve iscrivere la propria attività alla Camera di commercio; non può non farlo, anche perché dovendo fare il terzocontista passa anche parte della produzione in chiaro e se lo fa c’è un motivo per farlo. Questa potrebbe quindi essere una chiave di lettura, non per fare un’operazione poliziesca, perché io sono dell’avviso che queste imprese vadano aiutate nel passaggio di emersione e ci saranno i soggetti idonei a farlo, che non siete voi.
È un fenomeno strano: stiamo parlando di un laboratorio situato nel cuore del centro di Barletta, dove ci sono cinque o sei lavoratori (forse anche qualcuno in più ), nove macchine che lavorano, magari non sempre tutte accese, una serranda e una vetrina. Possibile che nessuno si sia reso conto che lì dentro c’era un laboratorio? I vigili urbani, la forza dell’ordine che assicura una presenza più capillare sulle strade, la polizia, i Carabinieri, la Guardia di finanza, nessuno se ne è reso conto, come mai? Dallo scenario tratteggiato dalla stampa si evince che tali realtà produttive si trovano in luoghi non idonei al lavoro. A questo riguardo dobbiamo affrontare un discorso per quanto concerne la salute e la prevenzione di infortuni e malattie professionali. A mio avviso dobbiamo riflettere su questo quadro.

CANGIANO
Anche grazie all’agenzia tecnica del Ministero del lavoro, Italia Lavoro, si stanno affinando strumenti e indicatori che consentano all’ufficio di acquisire delle check list di ditte che, in un lasso temporale abbastanza ravvicinato, abbiano proceduto a un drastico ridimensionamento della forza lavoro, perché quello potrebbe essere indicativo, se c’è una prosecuzione dell’attività, di un ricorso al lavoro nero. Questi strumenti si stanno affinando, ovviamente non sono ancora perfezionati e a disposizione dell’ufficio, ma ritengo che in un futuro prossimo ravvicinato ci potremo giovare anche di questi ausili.
Un altro problema di fondo è la creazione di una banca dati.

PRESIDENTE
Stiamo lottando anche noi.

CANGIANO
Lo so. Effettivamente forse l’elemento prioritario è proprio la creazione di una banca dati realmente condivisa. Solo l’anno scorso la direzione generale per l’attività ispettiva, con le convenzioni sottoscritte con INPS e INAIL, ha consentito l’accesso agli uffici e alle loro banche dati, ma tenete conto che fino all’anno scorso questa via non era ancora percorribile e abbiamo addirittura banche dati separate per la Guardia di finanza o per il nucleo Carabinieri. Pensate che all’interno dello stesso ufficio, quindi della DTL, i Carabinieri del NIL utilizzano un sistema operativo di gestione delle ispezioni differente da quello in uso presso gli ispettori tecnici e del lavoro. Pertanto, è evidente che tutto questo non semplifica l’attività degli uffici sotto il profilo della messa in rete, della condivisione, dei dati, dunque è fondamentale implementare la creazione della banca dati oltre che di una professionalità, cioè della competenza in materia di contestazione del lavoro nero, che deve effettivamente diventare condivisa e praticata anche dalle forze dell’ordine in modo da avere un’azione di penetrazione più capillare sul territorio.

PRESIDENTE
Questo è l’augurio che tutti noi formuliamo sperando di fare la nostra parte e sono convinto che voi farete la vostra.

CANGIANO
Assolutamente sì. L’attenzione è massima; stiamo mettendo in campo sul territorio un’azione investigativa più puntuale; in questo senso ci siamo prefissi proprio l’obiettivo di essere più presenti e quindi di incrementare il già consistente numero di ispezioni che vengono perfezionate sul territorio della Provincia BAT; voi comprendete tuttavia che la forza d’urto che l’ufficio può mettere in campo, per esempio in materia di contrasto al fenomeno del lavoro nero e anche a quello non meno importante della sicurezza sul lavoro, è limitato. Gli ispettori tecnici dell’ufficio sono una compagine assolutamente professionalizzata, ma sono solo dieci unità e devono espletare l’attività sul territorio.

PRESIDENTE
Noi stiamo facendo uno sforzo (con questa riflessione auguriamo un buon lavoro a tutti quanti), tuttavia è importante ottimizzare tutte le risorse sul territorio, perché quelle di ogni singolo settore possono essere poche, ma se vengono unite non sono più poche; possono comunque non essere sufficienti, ma stiamo parlando di una realtà più ampia. È importante un’azione di implementazione e di coordinamento. Ringrazio lei e il suo collaboratore per la disponibilità, e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del direttore generale, del dirigente medico e dell’ispettore SPESAL dell’ASL della Provincia di Barletta-Andria-Trani

Intervengono per l’ASL della Provincia di Barletta-Andria-Trani il direttore generale, dottor Giovanni Gorgoni, il dirigente medico del servizio di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, dottoressa Gigliola De Nichilo, e l’ispettore del medesimo servizio, dottor Pasquale Napoletano.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione dei rappresentanti dello SPESAL (Servizio di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro) dell’ASL della Provincia di Barletta-Andria-Trani. Sono presenti il direttore generale, dottor Giovanni Gorgoni, il dirigente medico, dottoressa Gigliola De Nichilo, e l’ispettore del medesimo servizio, dottor Pasquale Napoletano, che ringrazio per essere intervenuti.
La nostra Commissione ha deciso di audire voi, oltre che altri soggetti e istituzioni, in riferimento al tragico incidente avvenuto a Barletta e, più in generale, per conoscere le attività in campo per quanto riguarda il fenomeno del lavoro in nero o del lavoro in grigio. Si tratta, infatti, di situazioni che destano preoccupazione, perché è vero che lo stabile in questione non è caduto per via delle macchine taglia e cuci presenti al suo interno, ma quel laboratorio si inseriva in un ambiente di degrado, quindi bisogna riflettere sul quadro generale. Notizie di stampa riferiscono che sono o dovrebbero essere diffusi sul territorio laboratori di questo tipo o presunti tali, spesso anche in scantinati; vorremmo dunque capire come si è svolta e come si sta svolgendo l’attività d’indagine di vostra competenza.

GORGONI
Signor Presidente, gli eventi dell’ottobre scorso relativi al crollo in via Roma hanno coinvolto l’azienda al di là degli aspetti di emergenza immediatamente successivi all’accaduto. Relativamente invece all’incidente in se´ stesso o ai suoi prodromi, è singolare il fatto che in realtà siamo venuti a conoscenza della vicenda in quel momento: formalmente, ne siamo stati investiti il giorno del crollo. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, in seguito al sopralluogo presso l’area dell’incidente da parte delle figure professionali coinvolte della ASL, quelle di emergenza, ma anche degli ufficiali di polizia giudiziaria del dipartimento di prevenzione, in quella sede abbiamo acquisito spontaneamente da un dirimpettaio, un geometra, materiale multimediale (fotografico e filmati) che è stato consegnato in procura e di cui è stata anche accertata la datazione, che è risultata essere precedente.

PRESIDENTE
Abbiamo la documentazione.

GORGONI
Per quanto riguarda il crollo, la cognizione del fatto l’abbiamo avuta in quel giorno.
Sull’attività dell’opificio, la maggior parte delle informazioni le abbiamo ricevute nei giorni successivi, a seguito dell’attivazione di una nostra inchiesta interna, ascoltando anche i sopravvissuti. Si tratta di un insediamento e di un’attività produttiva che, per grandezza, per tipologia e per come viene svolta, normalmente sfugge all’attività di monitoraggio della ASL. L’attività del dipartimento di prevenzione, con le risorse umane che attualmente abbiamo disposizione, si concentra sugli insediamenti produttivi a più alto rischio e a più alta intensità sia tecnologica che di capitale umano e di rischio. In questo caso, anche se quell’attività fosse stata ufficializzata e si fosse svolta alla luce del sole, da un punto di vista realistico difficilmente sarebbe rientrata, come tante altre, negli interventi di monitoraggio svolti con le risorse attuali.
Dalle indagini svolte, che penso vi siano state ampiamente illustrate in precedenza, è risultato che l’attività produttiva veniva svolta al piano terreno. Paradossalmente, in relazione alla vicenda del crollo, il seminterrato sarebbe stato anche più sicuro.

MARAVENTANO
Infatti è rimasto integro.

GORGONI
Queste sono le notizie che abbiamo al riguardo. Diversamente, in altre situazioni, per numero di dipendenti, modalità di svolgimento, tessuto sociale e priorità strategiche dell’azienda (relativamente a situazioni molto più complicate o più rischiose), tale attività sarebbe sfuggita sicuramente.

Presidenza del vice presidente NEROZZI

PRESIDENTE
Vorrei porle una domanda, dottor Gorgoni. Rispetto a casi simili di lavoro nero, ricevete delle denunce da parte dei cittadini?

GORGONI
Direttamente no.

PRESIDENTE
Dunque, sostanzialmente, c’è un quadro di copertura.

GORGONI
Sì. Le denunce sono di più ampia ed eterogenea tipologia; ma sulla parte di lavoro nero...

PRESIDENTE
Non ci sono neanche casi di cittadini che sentono il rumore delle macchine sotto casa e che si lamentano per il fastidio, cioè dei casi indiretti?

GORGONI
No.

PRESIDENTE
È interessante quello che lei ha detto, perché ci conferma una cosa che avevamo intuito: in realtà, sia il seminterrato che il piano terra erano utilizzati.

DE NICHILO
Il seminterrato non era utilizzato dalle operaie tessili: era il piano terra ad essere utilizzato, laddove sono state anche rinvenute le cucitrici. Il seminterrato era sicuramente accessibile, ma c’era solo un tavolo da taglio e non vi veniva svolta alcuna attività lavorativa.

Presidenza del presidente TOFANI


NAPOLETANO
L’interrato è stato scoperto il giorno 27, quando si è avuta la possibilità di accedervi attraverso una bocca di lupo, dal momento che ovviamente le macerie coprivano la scala di accesso. Si può dire che l’interrato veniva utilizzato come deposito, dove venivano stoccati materiali e macchine cucitrici vetuste e non più utilizzabili; questo ci è stato confermato dalla superstite. Per quanto riguarda il tavolo da taglio, si può presumere una pregressa attività all’interno di quella maglieria, dal momento che ormai non venivano più effettuati tagli; l’azienda infatti assemblava semplicemente i componenti delle maglie (colletti, polsini e così via). Quindi nessuna attività lavorativa veniva svolta nell’interrato; esso veniva utilizzato semplicemente come deposito e luogo di stoccaggio (c’era di tutto, anche delle biciclette vecchie). L’interrato non è ha subito alcun danno strutturale ed è rimasto integro. Si dice che è pericoloso lavorare negli interrati; ma paradossalmente, se le operaie fossero state tutte a lavorare nell’interrato, oggi sarebbero tutte salve, perché non è stato praticamente toccato ed ha retto al peso. Questa è stata la situazione, tant’è che al momento del crollo sono state trovate tutte in prossimità dell’ingresso del laboratorio a piano terra.

SPADONI URBANI
Dunque sotto non ci siete ancora andati?

NAPOLETANO
Sì, ci siamo andati dopo alcuni giorni, esattamente il giorno 27. Il 25 sono iniziate le operazioni peritali e il 27, attraverso una bocca di lupo, si è riusciti ad accedere all’interno di questo interrato. La nostra preoccupazione era di verificare se il lavoro veniva svolto nell’interrato, perché in quel caso sarebbe stata necessaria un’autorizzazione da parte dello SPESAL, che ispeziona i luoghi, verifica i requisiti di sicurezza e stabilisce se quel luogo può essere utilizzato o meno per un’attività lavorativa.

SPADONI URBANI
Invece la parte che è crollata aveva l’autorizzazione da parte della ASL?

NAPOLETANO
Non aveva nessuna autorizzazione; non è necessaria, per quanto riguarda lo SPESAL, una sorta di autorizzazione ad esercitare un’attività lavorativa. L’omissione, da parte del datore di lavoro, è stata quella di non notificare alla ASL questo insediamento; c’è infatti l’obbligo di notificarne l’esistenza, quando si hanno più di tre dipendenti.

PRESIDENTE
Così come voi avete l’obbligo di andare a verificare se un determinato luogo di lavoro è in regola.

NAPOLETANO
Una volta che ne siamo venuti a conoscenza, possiamo verificare; non abbiamo però un obbligo.

PRESIDENTE
Mi riferivo alla possibilità di ispezione. Non avete l’obbligo di andare in quel determinato luogo; però esso rientra nella rete di soggetti che possono essere sottoposti ad ispezione.

NAPOLETANO
Normalmente, quando ci vengono notificati dei nuovi insediamenti produttivi, noi ci andiamo. Quello infatti è il momento preventivo più importante.

SPADONI URBANI
Alla ASL risultava questa attività?

NAPOLETANO
No.

PRESIDENTE
Speriamo ci sia una maggiore sinergia con gli altri soggetti, perché il problema e il fenomeno vanno inquadrati meglio, dal momento che essi non terminano lì dove è successa la tragedia. Come dicevo all’inizio, vanno create le condizioni per favorire l’emersione di queste realtà, laddove esse sono presenti, anche per la salute e per la sicurezza dei lavoratori. Il vostro ruolo è quindi centrale sotto questo aspetto; è importante che, insieme con gli altri soggetti coinvolti, riusciate a realizzare questa mappa. Mi auguro che in futuro vengano effettuate delle verifiche anche laddove non c’è una specifica attività denunciata, ma sono presenti però dei soggetti che risultano «artigiani» (chiamiamoli in questo modo) e che sono iscritti alla Camera di commercio; è vero che ciò non rientra tra i vostri compiti e le vostre mansioni, ma è anche vero che tali realtà potrebbero celare una situazione completamente diversa.

NAPOLETANO
In realtà, ciò rientra tra i nostri compiti. Ne abbiamo scoperte molte di queste situazioni, congiuntamente con la Guardia di finanza.

PRESIDENTE
Quindi confermate la bontà di questo ragionamento. Non è tanto un fatto di accanimento; già prima abbiamo cercato di evidenziare questo aspetto. Da un punto di vista sociologico, noi dobbiamo capire il problema e la drammaticità della situazione; ma non possiamo permetterla e non possiamo far finta di nulla, se qualcuno è fuori dalle regole. Dobbiamo portare tali realtà all’interno delle regole; saranno poi le istituzioni ad aiutarle in questo processo, con dei percorsi particolarmente attivi. Le istituzioni debbono comunque porsi questo problema, perché esso esiste; la soluzione non può essere costituita solo dalla repressione, ma è necessario far emergere e correggere questa proiezione che si sono dati. Da questo punto di vista, penso che dovremmo essere tutti d’accordo su questa linea.

GORGONI
Il rischio, come ha accennato qualcuno nelle settimane precedenti, è quello di farci solamente la fama dei persecutori nei casi in cui interveniamo (il nostro SPESAL purtroppo spesso ha fama di «giannizzeria», cioè di essere insistente o eccessivamente legato alle regole), dal momento che la situazione è così diffusa ed è così connaturata ad una particolare realtà socio-economica. È vero infatti che noi abbiamo il dovere di far emergere la necessità di tutelare la salute. Il problema però , in alcuni tessuti sociali degradati o comunque disagiati, è capire qual è il concetto di salute cui alcune famiglie tengono. Quale salute tuteliamo? È chiaro che la salute che dobbiamo tutelare come istituzioni è quella che noi condividiamo qua dentro. La cosa di cui sinceramente sono obbligato a parlare, per una mia deformazione, è che sono un po’ scettico sul fatto che si riesca a condividere dall’altra parte il nostro concetto di salute istituzionale, che è sacrosanto, in condizioni in cui l’accezione di salute è invece quella di riuscire a sbarcare il lunario con i lavori in nero (che non vanno mai giustificati). Noi abbiamo l’obbligo di tutelare un solo tipo di salute.

PRESIDENTE
Noi siamo consapevoli del fatto che questo è il nostro grande avversario; per questo motivo parlavamo prima di non accanimento.

NAPOLETANO
A me è capitato di mettere sotto sequestro un’azienda dove lavoravano 13 persone, tutte regolarmente assunte, quindi non c’erano problemi di lavoro in nero, ma la struttura era talmente fatiscente, le macchine erano talmente pericolose che non si poteva fare a meno di procedere al sequestro. Erano state contestate sanzioni per 120.000 euro, non si trattava di una piccola, ma di una grossa azienda e per metterla a norma ci sarebbe voluto un milione di euro, ma gli operai si rendevano conto che era una cifra che l’imprenditore non avrebbe mai pagato, perché aveva altri interessi. L’aspetto doloroso è stato che quel giorno 13 famiglie hanno perso il proprio reddito, gli operai si avvicinavano a me pregandomi di non far chiudere l’azienda. Non potevo far altro che rispondere che non era nelle mie possibilità garantire redditi, ma solo garantire la loro sicurezza.
Non c’è mai un accanimento, ma ci sono situazioni che impongono decisioni del genere: non potevo andare via da quel posto sapendo che c’era una situazione tale che si poteva morire non lavorando, ma anche solo entrando in quell’ambiente. Non siamo così cattivi come ci vogliono dipingere, ma le situazioni vanno affrontate.

PRESIDENTE
Siamo convinti di questo. Vi auguriamo buon lavoro e vi ringraziamo per il vostro contributo. L’audizione è così conclusa.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario generale della CGIL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, signor Luigi Antonucci, il segretario generale della CISL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, signor Antonio Di Gioia, il segretario generale della UIL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, signor Vincenzo Posa, il segretario territoriale della UGL di Bari, signor Vincenzo Abbrescia, accompagnato dal coordinatore territoriale della UGL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, dottor Sabino Cannone.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Sono presenti il segretario generale della CGIL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, signor Luigi Antonucci, il segretario generale della CISL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, signor Antonio Di Gioia, il segretario generale della UIL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, signor Vincenzo Posa, il segretario territoriale della UGL di Bari, signor Vincenzo Abbrescia, accompagnato dal coordinatore territoriale della UGL della Provincia di Barletta-Andria-Trani, dottor Sabino Cannone, cui diamo il benvenuto.
Ci scusiamo per il ritardo che abbiamo accumulato sulla tabella di marcia: la nostra intenzione è sempre di rispettare gli orari, ma a volte i temi trattati ci portano ad andare oltre.
I motivi per i quali la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni e sulle morti sul lavoro è qui oggi sono sicuramente legati a quel grave episodio che si è determinato poco più di un mese fa, in cui sono morte cinque persone. Vorremmo parlarne in modo più ampio con voi in quanto rappresentanti delle forze sociali e con i rappresentanti dei datori lavoro, che sentiremo subito dopo di voi, per avere un quadro di questa situazione più in generale e per capire come muoversi e come agire per fare in modo che situazioni come questa, al di là della drammaticità del fatto, in cui si lavora completamente o parzialmente in nero, o in ambienti non salubri, non si ripetano, tenendo conto però ovviamente della problematicità del territorio, di come nascono queste realtà, di chi sono figlie queste piccole aziende spesso a conduzione famigliare. Per noi è quindi molto importante sapere come le forze sociali interpretano questa situazione.

ANTONUCCI
Signor Presidente, mi sia permesso di salutare in primo luogo il senatore Nerozzi che è stato mio segretario generale quando ero segretario della funzione pubblica. Lei ha detto assolutamente bene: molte di queste aziende sono figlie delle grandi aziende che fino a 15 anni fa trainavano l’economia di questo territorio. Il tessile, abbigliamento e calzaturiero fino a una quindicina di anni fa aveva quasi 20.000 dipendenti, poi con l’andare del tempo, tra la crisi economica e anche la crisi di idee e di innovazione, queste grandi aziende sono praticamente sparite e i lavoratori, magari quelli più specializzati, che vi lavoravano hanno tentato di continuare il lavoro che svolgevano aprendo queste piccole aziende. Queste naturalmente hanno dovuto scontrarsi con il mercato. Le grandi aziende della moda arrivavano qui e chiedevano a questi piccoli laboratori di lavorare al prezzo più basso possibile, perché altrimenti per loro era assolutamente semplice andare all’epoca in Albania, adesso in Cina, a far lavorare i prodotti per poi apporvi il proprio marchio. Naturalmente in una situazione come questa, quando c’è bisogno di risparmiare, quando bisogna incidere sul costo del lavoro, la cosa più semplice è cominciare a risparmiare sulla sicurezza, sulla previdenza e sul salario. Quello che è successo a Barletta il 3 ottobre è naturalmente conseguenza di una situazione di questo genere, anche se sono due cose distinte il crollo del palazzo, per il quale vi è una serie di responsabilità che la magistratura sta verificando, e il fatto che sono morte quattro operaie e, dal punto di vista delle organizzazioni sindacali, quattro operaie donne, in nero, sono il massimo della debolezza nel mercato del lavoro. Là sotto le operaie non dovevano esserci, perché era un palazzo che aveva dei problemi, quindi quella situazione è un fatto indotto.
La questione della sicurezza e degli infortuni sul lavoro, però , è legata proprio al mercato, alla compressione del costo del lavoro e, come ho detto prima, la cosa più semplice per i datori di lavoro è cominciare a risparmiare sulla sicurezza e naturalmente quando si fa questo poi gli infortuni diventano quasi fisiologici, perché se si continua a lavorare a ritmi alti e senza avere le misure di sicurezza necessarie, è chiaro che poi si determinano questi problemi che danno luogo ad infortuni come questo.

PRESIDENTE
Vorrei chiederle se possibile anche una riflessione su come uscirne.

ANTONUCCI
La riflessione la stiamo facendo e siamo convinti che la repressione in sé stessa non possa essere la soluzione. Dobbiamo fare, e l’abbiamo già iniziata, una discussione in merito e stiamo per aprire un tavolo che vorremmo diventasse permanente, con i datori di lavoro per capire insieme prima di tutto se c’è la volontà di uscire allo scoperto, perché questo è il problema, e di trovare insieme a noi le modalità per poter fare in modo che i problemi che causano gli infortuni possano essere superati. Insieme stiamo immaginando e pensando a quelle che erano le norme già esistenti: i contratti di gradualità, i contratti di emersione e altre norme della Regione Puglia, in cui sono previsti anche dei fondi, per partire insieme e tentare di mettersi insieme, perché uno degli aspetti che sicuramente colpisce è che naturalmente la piccola azienda, il piccolo laboratorio, nei confronti dell’azienda che commissiona il lavoro, non ha un potere contrattuale tale da poter chiedere corrispettivi più alti. Se riusciamo ad unirci e magari ad immaginare di creare un marchio «Barletta» per il lavoro che viene fatto, questo meccanismo può aumentare il potere contrattuale nei confronti delle aziende che commissionano per tentare anche di alzare il livello di salario, di contribuzione e di sicurezza nei confronti dei lavoratori.
Noi, come organizzazioni sindacali, stiamo immaginando un’ipotesi del genere nella convinzione che possa essere la via per tentare di risolvere, nel nostro piccolo, questo problema.

POSA
Lei ha posto una domanda che è il centro della discussione su questi eventi. Queste situazioni, questi accadimenti sono figli del bisogno, sono figli dell’arte di arrangiarsi, quindi dello spontaneismo, quello più raffazzonato che si possa intendere, che invade il nostro territorio. La nostra Provincia è la più disastrata e continua a rimanere tale, perché evidentemente ci sono delle cose che non vanno, delle cose che non vengono fatte e allora si continua a languire in uno stato di crisi perenne, perché la crisi ultima, quella di carattere mondiale, ci ha messi completamente a terra, ma noi veniamo da periodi di crisi dovuti anche all’estrema concorrenzialità dei Paesi che citava il mio collega, quindi la Cina, l’India e i Paesi dei Balcani. Ovviamente, siccome qui non c’è il lavoro, la gente si inventa delle cose. Noi definiamo queste persone che non vengono seguite da nessuno, gli «invisibili». Si deve provare ad immaginare cosa succede in una famiglia monoreddito in cui si perde quell’unico reddito, o a una donna che rimane sola con due o tre figli. Certamente dobbiamo parlare di legalità (guai a far venire meno questo punto centrale, perché ci sarebbe l’anarchia e il nostro non sarebbe un Paese civile), ma abbiamo anche l’esigenza di dare delle risposte a queste persone: non basta dire di rispettare le leggi, perché 350 fra operai e operaie che lavoravano al nero, in seguito al dramma di Barletta e per una paura che si è estesa in tutti questi laboratori con manodopera irregolare, che senz’altro sono tanti, non sono stati licenziati, ma sono stati messi tutti fuori, in circa un mese sono stati estromessi da questo basso salario, da questo sfruttamento, dal racket delle braccia.
Abbiamo tenuto delle riunioni in cui abbiamo cercato di calmare gli animi di questi lavoratori che dall’oggi al domani non hanno più nulla, neanche quelle elemosine che venivano loro riconosciute. Alla fine hanno capito le ragioni per le quali vanno rispettate le leggi, ci danno ragione, ma ci chiedono quali sono le alternative che la politica intende dare, che non siano tra un mese, ma immediate, perché le necessità primarie non possono attendere. Noi abbiamo l’esigenza di dare delle risposte, lei dice che occorre trovare delle soluzioni, perché i problemi li conosciamo. Gli invisibili non sono solo quelli dei laboratori, ma sono anche quei cassintegrati che al terzo anno hanno visto, per la normativa vigente, defalcare la loro cassa integrazione del 40 per cento. Tutti sappiamo che la soglia di povertà, come indicata dall’ISTAT, è intorno ai 920-960 euro e questi cassintegrati percepiscono intorno ai 520-540 euro, quindi se hanno un mutuo hanno problemi gravi, se non ce l’hanno hanno problemi gravi per l’affitto, oltre a tutte le altre necessità che sappiamo esservi in una famiglia.
Il primo elemento risolutivo di certe situazioni è nella creazione di occasioni di lavoro: in questo territorio non ve ne sono. Il secondo elemento è relativo all’ispettorato del lavoro rispetto al quale la politica ha scelto di non far nascere nella BAT un nucleo per la tutela del lavoro.
L’ispettorato del lavoro ha poco personale e scarsi mezzi; una volta disponeva dei fondi per le missioni, ma ora non ci sono più . Il numero degli ispettori è talmente esiguo che a nostro avviso ci vorranno 12 o 13 anni prima che un ispettore possa fisiologicamente tornare a controllare un’azienda verificata quest’anno, a meno che non vengano fatte delle denunce mirate. Noi le facciamo, però in un cantiere edile ci sono le fasi lavorative: prima che arrivi l’ispettore, visto che avrà altre denunce, passano tre o quattro mesi, quindi nel momento in cui viene compiuta la verifica la fase lavorativa è finita e non si trova nessuno. Ancora peggiore è lo scenario in agricoltura, dove le fasi della raccolta durano dai 10 ai 20 giorni: si fa la denuncia, arrivano gli ispettori e non trovano nessuno.
Se manca il controllo principe di queste situazioni, mi chiedo come se ne possa venire a capo. Il sindacato può fare delle denunce e lo fa, ma solo nelle aziende dove la legge gli consente di entrare e magari di eleggere le proprie rappresentanze. A Barletta in molte aziende le condizioni di lavoro sono veramente disastrose; la gente viene sfruttata, e dai giornali avrete appreso che qualche volta vengono scoperti nei sottoscala dei cinesi che non escono mai di giorno, ma vengono fatti uscire un’ora o due la notte. Ora, sapendo che non ci sono controlli di notte, si è presa l’abitudine di far lavorare la gente nei tuguri di notte ed è difficile individuare queste situazioni, pur sapendo che esistono.
Il sindacato non può nemmeno avvicinarsi ad aziende che hanno meno di 15 dipendenti e magari una vicenda la si conosce quando il lavoratore viene a fare la vertenza perché non ha avuto le spettanze, oppure da lavoratori che subiscono un infortunio. Inoltre, considerate che gli infortuni denunciati all’INAIL non sono la totalità, perché dove si lavora a nero si fa di tutto per tenere nascosti questi fatti, intervenendo sul lavoratore e sulla sua famiglia e con la tecnica del passaparola: queste persone, se si permettono di denunciare un infortunio sul lavoro, successivamente rischiano di non poter andare da nessuna parte. Queste sono le realtà che esistono in questo territorio.
Per concludere vi dico che in quest’area il 98 per cento circa delle imprese sono di piccole e piccolissime dimensioni, molte delle quali a livello familiare. Non scopriamo niente se diciamo che queste aziende ovviamente lavorano a nero, ma le due questioni centrali che possono aiutare a risolvere queste problematiche nella Provincia BAT e in altre aree del Meridione sono la possibilità di creare buone occasioni di lavoro e dei controlli assidui, serrati, altrimenti non ne usciamo.

ABBRESCIA
Nel salutare il Presidente e la Commissione, vorrei esprimere il nostro ringraziamento per l’opportunità che oggi viene data all’organizzazione sindacale che rappresento, perché, come il Presidente stesso diceva, senza voler peccare di presunzione, forse siamo le parti che possono dare maggiori indicazioni, se non anche proporre soluzioni al dramma di cui noi oggi parliamo.
Il collega da ultimo parlava della difficoltà che incontra il sindacato nel poter svolgere la sua attività. Ciò significa che in un contesto dominato dalla piccola impresa, che rappresenta il 90 per cento del panorama imprenditoriale locale, ove una lavoratrice dovesse fare la legittima scelta di iscriversi al sindacato, tale organizzazione rappresentativa non avrebbe accesso nell’azienda, perché quella lavoratrice sarebbe allontanata. Dico questo perché ben diversa è la condizione di un’azienda più ampia e sindacalizzata che permette di poter esercitare a pieno le prerogative sindacali. Questo dato è di per se´ sconfortante e io uscirei anche dall’ambito di cui oggi stiamo parlando, mi riferisco al tessile, perché si riscontra analogo problema nell’edilizia, nelle campagne, cioè nell’agricoltura, e nel terziario. Chiaramente nell’area di Barletta è un dato fortemente significativo, perché le percentuali evidenziano una dilagante, se non esclusiva, attività imprenditoriale che poggia sulle regole richiamate dai colleghi, vale a dire un concetto di solidarietà secondo cui il datore di lavoro ha bisogno di essere aiutato e tale condizione porta ad accettare amaramente le risultanze di questo rapporto di lavoro. Tornando al tessile, ma la situazione è la stessa nell’agricoltura, secondo i dati in nostro possesso in tale comparto ci sono retribuzioni da tre o quattro euro l’ora. Questo dato dà la misura, in tutta la sua dimensione, della necessità che talvolta significa non avere neanche la possibilità di muoversi da casa e quindi di far fronte alle spese vive che il lavoratore ha.
Dovendo indicare le eventuali soluzioni, sono assolutamente d’accordo con quanto è stato detto, ma oggi la parte sindacale deve rappresentare la propria difficoltà a intervenire: vorremmo poter contribuire alla soluzione di questo problema radicato, ma non ci è assolutamente concesso. Lo facciamo in una condizione terminale della prestazione lavorativa, quando il lavoratore si rivolge alle nostre strutture per un’assistenza di tipo vertenziale. Credo invece che una soluzione quanto mai necessaria coinvolga l’ispettorato del lavoro, ma non in una condizione repressiva.
È chiaro che oggi il fenomeno Barletta ha portato tout court all’allontanamento dei lavoratori dai vari sedimi di lavoro; dato che gli imprenditori hanno reagito allontanando i lavoratori, non voglio immaginare cosa accadrà se una determinazione della Commissione o di chi interverrà si tradurrà in un eventuale controllo a tappeto: questa non sarà assolutamente la soluzione, perché i lavoratori non saranno trovati, quindi bisognerà vigilare costantemente sul luogo di lavoro. Ritengo invece che la soluzione debba essere soltanto formativa e mai repressiva; del resto, lo stesso spirito della legislazione in materia, che noi conosciamo, riconosce che tanti infortuni sul lavoro possono facilmente essere evitati dove c’è un minimo di formazione per il lavoratore.
Chiaramente, come abbiamo detto, con le attuali condizioni di assoluta precarietà, il datore di lavoro considera l’adempimento alle norme in materia di sicurezza sul lavoro come un costo; è assolutamente assente la cultura del ritenere che invece bisogna intervenire, non dico in maniera puntuale perché l’adempimento alla variegata legislazione in materia produce di per se´ costi altissimi, anche a livello minimo (si pensi all’estintore, alle cuffie o ai guanti) per determinare perlomeno una condizione di maggior tranquillità rispetto al problema di cui parliamo. Per quanto riguarda gli ispettori, mi piacerebbe pensare che il controllo in azienda sia finalizzato a tornare con tempestività a fare interventi sanzionatori, però mettendo il datore di lavoro nelle condizioni di poter adempiere al minimo che si richiede.
Sempre nell’ambito dell’intervento primario che ritengo si debba fare in termini ispettivi, considero opportuno un chiarimento, sulla base delle legislazioni, quindi dei decreti legislativi n. 626 del 1994 e n. 81 del 2008, rispetto agli organismi deputati al controllo. Talvolta la nostra organizzazione ha incontrato difficoltà a individuare i soggetti competenti, ancora di più se ci spostiamo nell’ambito dell’industria o dei marittimi, perché talvolta le competenze fuoriescono dall’ispettorato del lavoro e magari dobbiamo dialogare con la ASL, talvolta con lo SPESAL, altre volte con i Ministeri di riferimento. Credo quindi che, come è stato più volte rappresentato dalla parte sindacale, oggi sia quanto mai necessario un coordinamento in ambito legislativo per individuare attentamente le competenze dei soggetti che devono intervenire al fine di salvaguardare il diritto alla salute di cui oggi parliamo.

PRESIDENTE
Vorrei dare una risposta a questo e anche agli altri interventi. In particolare, vorrei precisare che le leggi ci sono già, anche quelle che controllano il coordinamento. Noi ci siamo sforzati e impegnati anche in modo trasversale per fare in modo che il Testo unico (il decreto legislativo n. 81 del 2008) fosse approvato. La Regione ha uno specifico ruolo di coordinamento con regole precise, di conseguenza ci sono ricadute anche per quanto riguarda le Province, quindi non dobbiamo inventare nulla, altrimenti rischiamo di non utilizzare le norme che ci servono nel momento in cui sono disponibili. Se ci sono dei rallentamenti, come può accadere, anche voi vi attivate per intervenire, anche perché, tra l’altro, siete componenti permanenti di questo comitato di coordinamento, che è molto importante.
Ritengo che il sindacato possa fare molto; capisco la congiuntura perché la vivo come voi, ma, come diceva prima il rappresentante della CGIL, bisogna lavorare sulla possibilità di creare un tavolo permanente. C’è un problema che va al di là del dramma che si è consumato; mi sembra che lo abbiate detto tutti in modo chiaro. Qui la politica, alla quale lei faceva riferimento prima, deve dare risposta. Spesso è importante avere dei sollecitatori e credo che il sindacato, per la sua funzione, lo sia e sono convinto che troverà sensibilità intorno a sé. Dobbiamo farlo perché non possiamo ipotizzare che il lavoro debba essere portato da qualcuno. Il lavoro non lo porta nessuno; magari arrivasse.

NEROZZI
Noi abbiamo già fatto un incontro con la Regione Puglia dal quale è emerso che il coordinamento non c’è, ma nell’audizione che hanno avuto con noi i sindacati non si sono lamentati di tale mancanza, quindi dovete darvi da fare. Ve lo dico brutalmente. Si solleva il problema che non c’è il coordinamento previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, la Regione sostiene che non c’è ancora, ma i sindacati stanno zitti e dicono che va bene così. Svegliatevi. Lo dico a tutti e quattro, perché c’erano tutti e quattro ed erano tutti e quattro dormienti rispetto alla Regione, che dorme anche lei. Questo non va bene.
Per quanto riguarda la seconda questione, penso anch’io che la strada da seguire sia la costituzione di un tavolo. È stato detto che gli imprenditori, se si interviene in modo repressivo, spariscono. Ma poi cosa fanno? Si tratta di imprenditori che sono segnalati, che però non pagano le tasse e che hanno un reddito. Ci sono operai che prendono 3 euro, come è stato detto; ma ci sono anche situazioni in cui gli imprenditori sono considerati dei benefattori, come nel caso di un operaio che percepisce una pensione di invalidità e, al contempo, prende uno stipendio al nero che è pari a quello previsto dai contratti, come nel caso suddetto che stiamo esaminando. Così non va bene. C’è una questione più generale su cui bisognerebbe intervenire meglio e, soprattutto, bisognerebbe capire quali sono le produzioni di livello su cui si può insistere. Se non si arriva a mettere insieme lavoratori ed imprenditori con un certo modello di produzione, è difficile che si riesca mettere insieme quelli che usano i cinesi, perché con quelli purtroppo non ce la si farà mai. Il tavolo va bene, l’iniziativa della politica va bene; ma voi dovete sollecitare gli organismi. Il compito del sindacato è sollecitare ed intervenire. Le leggi ci sono e prevedono anche queste forme di coordinamento regionale, con riunioni in un periodo standard fissato dalla legge.

PRESIDENTE
Si devono riunire ogni tre mesi e addirittura inviare ogni anno una relazione al Ministro della salute e al Ministro del lavoro, per creare questo collegamento tra Regioni e Stato. Noi del resto stiamo conducendo un’indagine in tutte le Regioni italiane; quindi non c’è solo il caso della Puglia, ma ce ne sono anche altri.

ANTONUCCI
Avete assolutamente ragione nel dire che le leggi ci sono, che il coordinamento doveva essere realizzato e che ciò invece non è ancora avvenuto. La nostra funzione è anche quella di proporre, di esercitare una propulsione affinché alcune cose vengano fatte. Il problema però è che molte volte, quando parliamo e quando gridiamo che stanno succedendo certe cose, dall’altra parte non ci sono molte orecchie che ci stanno ad ascoltare. Purtroppo, com’è successo in questo caso, ci deve essere il fatto per fare in modo che alla fine qualcuno ci ascolti. Ma intanto il fatto è già successo. L’ho detto anche ai giornalisti che il 4 e il 5 ottobre hanno praticamente invaso Barletta; questi, quando hanno visto che ero un sindacalista, mi hanno rincorso perché volevano una dichiarazione. Io allora gli ho chiesto dove erano loro quando noi abbiamo gridato contro il lavoro nero e contro gli infortuni. Dovevamo aspettare che morissero quattro operaie? È questo il problema. Molte volte noi parliamo e tentiamo di essere quel movimento di propulsione che è uno dei nostri compiti, ma il problema è trovare orecchie che ci ascoltino dall’altra parte, da tutte le parti.

DI GIOIA
Signor Presidente, io ritengo che l’eco che ha avuto questa vicenda sul palcoscenico nazionale dovrebbe rappresentare lo spunto per capire finalmente cosa vogliamo fare di questo sommerso, che, al di là della sua illegalità, rappresenta comunque un pezzo dell’economia.
Negli anni Ottanta la Puglia è stata la promotrice, soprattutto per il settore tessile e dell’abbigliamento, di quelli che furono chiamati gli accordi gradino, che dovevano servire a recuperare il sommerso attuando con gradualità l’applicazione dei contratti e che, per un certo periodo di tempo, hanno garantito il recupero di molte aziende grigie (non del tutto al nero), nelle quali spesso conviveva una parte di lavoro emerso, di contribuzione e quant’altro insieme ad una parte di sommerso peggiore. È necessario recuperare in tutti i sensi questo pezzo di economia, che potrebbe essere importante e che molto spesso è importante per i nostri territori. Non guardiamo solo a Barletta; dobbiamo avere una visione complessiva sul territorio. Ci sono pezzi di territorio che non hanno quella capacità imprenditoriale che a Barletta si è sempre dimostrata piuttosto vivace. Sono necessarie pertanto politiche che possano in qualche modo aiutare l’emersione dal nero, con agevolazioni nei confronti di chi si propone di venirne fuori, con una certa gradualità. Se stiamo parlando di aziende che applicano salari di 3-4 euro all’ora, siamo al di sotto del 50 per cento, con tutti gli altri oneri che poi si andrebbero ad aggiungere a queste retribuzioni. Prima di andare esclusivamente a reprimere, bisogna pensare a politiche che possano favorire il recupero di pezzi importanti dell’economia. Molto spesso i piccoli imprenditori sono sottoposti al ricatto dei committenti. Il sommerso è composto quasi esclusivamente da fasonisti, i quali dipendono dalle commesse che acquisiscono; molto spesso essi non hanno la capacità contrattuale di stabilire il prezzo della commessa, che viene loro imposto, perché il parametro di riferimento è l’Albania, la Romania o addirittura la Cina. Credo che sia importante agevolare politiche che vadano in questa direzione, insieme ad altre politiche di controllo, di vigilanza e di sicurezza; oltre al salario, infatti, dobbiamo anche parlare della sicurezza dell’ambiente di lavoro.


Presidenza del vice presidente NEROZZI

POSA
Certamente ci sono delle inadempienze nelle varie pieghe di ciascuna istituzione e di ciascun lavoro. Vorrei far notare però che noi con la Regione ci siamo incontrati diverse volte sul piano dell’intervento per il contrasto e l’emersione del lavoro nero e così via. Insieme all’INAIL abbiamo organizzato dei corsi di formazione ed abbiamo realizzato un’iniziativa, il «Camper per la sicurezza», che andava nelle piccole e piccolissime aziende; con gli imprenditori abbiamo realizzato invece il comitato paritetico territoriale per il settore dell’edilizia.

PRESIDENTE
Il problema che poneva il suo collega, un problema reale, è che bisogna mettere insieme ASL, Ministero del lavoro e tutto l’insieme dello Stato, nelle sue articolazioni nazionali e locali. A questo scopo è stata istituita la Commissione. Poi vanno benissimo gli accordi sindacali, ma se noi vogliamo il coordinamento delle strutture che operano nel settore della sicurezza (ispettorato del lavoro, INAIL, carabinieri, guardia di finanza, eccetera), dobbiamo metterle tutte insieme. Adesso non stanno ancora insieme.

POSA
Volevo sottolineare che l’attenzione sul discorso della sicurezza è molto elevata, perché 1.100 morti ogni anno fanno tremare le vene. Allora io mi chiedo: noi facciamo le commissioni e facciamo gli incontri al tavolo, ma, se nella Provincia BAT, così come ci è stato detto, l’ispettorato del lavoro non ha ragion d’essere, in virtù della celerità degli interventi in alcuni momenti (che noi non abbiamo), come risolviamo la faccenda? Facciamolo il tavolo.

PRESIDENTE
Noi abbiamo incontrato l’ufficio del lavoro, che si è installato da poche settimane, così come altre strutture. Il comitato regionale di coordinamento si deve articolare in comitati provinciali; questo è il senso. Ma, se non si parte mai, non ci sarà mai la possibilità di verificare a livello provinciale se manca un pezzo o se un pezzo non è adempiente o se i Vigili del fuoco non ci sono. Per questo motivo bisogna iniziare; per arrivare alla BAT, bisogna che partiamo. Poi alla BAT si riunisce chi c’è e si vede chi manca; la legge è precisissima su chi ci deve essere, ivi compreso l’ufficio del lavoro. Ma, se non si parte mai, non si arriverà mai alle Province; questo vale per tutte le Province, non solo per la BAT, che è nata da poco. Se il problema è il coordinamento, allora partiamo e facciamolo, regionalmente, provincialmente e con un rapporto nazionale. Finalmente si è riusciti, dopo un periodo complicato, a mettere insieme le Regioni e il Governo; dovrebbe funzionare anche lì. Come fate a capire chi manca, se non vi riunite mai? La vostra osservazione è giusta, però bisogna iniziare. Capisco che questo urti tutte le varie dirigenze (conosco il pubblico impiego). I dirigenti saranno anche vostri iscritti; però, rispetto al problema che abbiamo di fronte, urtiamoli un po’ di più qualche volta.

Presidenza del presidente TOFANI

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la vostra presenza e per il contributo offerto ai lavori della Commissione.


Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane

Intervengono il presidente della Confindustria per la zona Barletta-Andria-Trani, architetto Cosma Damiano Santoro, il vice presidente della Confapi delle Province di Bari e Barletta-Andria-Trani, avvocato Salvatore Liso, il presidente di Confartigianato della Provincia Barletta-Andria-Trani, ragionie Domenico Triminì, il vice presidente vicario della Confcooperative delle Province di Bari e Barletta-Andria-Trani, ingegner Andrea Pugliese, e il responsabile del centro di assistenza fiscale della CNA della Provincia Barletta-Andria-Trani, dottoressa Sabrina Cafagna.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane. Sono presenti in questa occasione il presidente della Confindustria per la zona Barletta-Andria-Trani, architetto Cosma Damiano Santoro, il vice presidente della Confapi delle Province di Bari e Barletta-Andria-Trani, avvocato Salvatore Liso, il presidente di Confartigianato della Provincia Barletta-Andria-Trani, ragionie Domenico Triminì, il vice presidente vicario della Confcooperative delle Province di Bari e Barletta-Andria-Trani, ingegner Andrea Pugliese, e il responsabile del centro di assistenza fiscale della CNA della Provincia Barletta-Andria-Trani, dottoressa Sabrina Cafagna, cui diamo il benvenuto.
La presenza della Commissione qui a Barletta oggi sicuramente è legata al dramma che si è determinato il 3 ottobre, ma in modo particolare alla necessità di una maggiore conoscenza di temi e problemi che riguardano il lavoro in questo territorio e quindi vorremmo parlarne. È molto complesso parlare con voi della situazione relativa alle procedure che si sono determinate in questa azienda, innanzitutto perché c’è stato un crollo, poi perché questa azienda in effetti risultava gestita da una sola persona, atteso il fatto che i dipendenti (quattro sono morti ed una donna ferita si è fortunatamente salvata) non risultavano assunti da questa azienda che pure esisteva. Con voi, però , è necessario parlare del problema, quindi cercare di individuare anche dal vostro punto di vista, che è centrale, dei percorsi che comunque bisognerà tentare di seguire. È stata manifestata disponibilità in questo senso da parte di tutti e anche questa Commissione, come soggetto istituzionale che si interessa al tema della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, inevitabilmente deve immaginare che fondamentale sia il luogo di lavoro e che cioè ci sia il lavoro e non invece situazioni come questa che purtroppo, anche se non ci sono stati morti direttamente legati alle attività di «taglia e cuci» svolte nell’azienda, offre però lo spaccato di una situazione di degrado, e quindi di una problematica che può essere stata all’origine dell’evento del crollo (rispetto al quale la magistratura sta accertando responsabilità, circostanze e situazioni) e vi potevano anche essere altre situazioni che magari avrebbero potuto dar luogo ad un altro tipo di infortunio, atteso che anche nel piano sottoterra c’erano locali dove non si è capito bene se si lavorava ancora o se si era lavorato prima.
Poiché questa situazione non risulta purtroppo unica, ma da notizie che abbiamo avuto attraverso la stampa e la televisione emerge che vi sono realtà di questo tipo su tutto il territorio, è chiaro che bisogna fare qualcosa e questo è il motivo, in estrema sintesi, della nostra presenza qui, volutamente lontano dai clamori delle giornate in cui si è determinato il dramma, come in genere è nostra abitudine.

SANTORO
Rappresento le imprese edili della Confindustria provinciale ed in questo caso mi permetto di dire, visto che ho come interlocutore il Senato, che se anche questo avvenimento può insegnarci qualcosa, è opportuno che la stessa proposta di legge che è stata approvata dalla Camera, che disciplina l’attività dei costruttori, sia approvata anche dal Senato. Ritengo infatti che l’approvazione di questa legge sia uno strumento indispensabile per far sì che vi sia una maggiore sicurezza e che vi sia un contesto che ponga a monte in maniera preventiva le condizioni per cui l’attività e la professione siano svolte con le garanzie anche professionali e di competenza più specifiche richieste da certe tipologie di lavoro.
Cercherò di entrare nel merito del tema della sicurezza legato all’edilizia. In questo caso c’è anche a monte un difetto storico, perché l’area in cui è avvenuto il crollo è un’area di centro storico, come documentato anche da piante del 1700 che ancora descrivono la cinta muraria della città. Purtroppo chi ha redatto il piano regolatore di Barletta nel 1971 non conosceva forse bene la storia della città (allora ancora non c’era questo approccio storico) e non considerò quell’area come facente parte del centro storico: se ci fosse stata una normativa più specifica, che prevedesse maggiori controlli quando si opera in questi tessuti, che hanno caratteristiche costruttive più specifiche ed anche procedure amministrative diverse, già a monte ci sarebbero state attenzioni particolari.
Alcune città hanno tentato di prevedere per ogni fabbricato del centro storico una verifica strutturale (il cosiddetto fascicolo del fabbricato): ritengo che questo tipo di procedura, almeno per i centri storici che hanno condizioni statiche diverse da quelle che pratichiamo tutti i giorni, debba essere obbligatoria, o comunque finanziata anche dal pubblico, perché stiamo parlando di un bene comune della città che secondo me dovrebbe essere in qualche modo garantito anche con il sostegno pubblico. Mi permetto quindi di suggerire che sarebbe importante avere una sorta di archivio delle condizioni statiche dei fabbricati dei centri storici, finanziato con fondi pubblici per le città, perché spesso il proprietario dell’immobile probabilmente non può permettersi tale spesa. Ritengo che sul tema della sicurezza sul lavoro si possa fare ancora di più se le associazioni datoriali si attivassero con i sindacati creando una rete di conoscenza e di collaborazione più diffusa. Credo che il tema del lavoro nero sia un tema che emerga più facilmente quando c’è un contesto in cui vi è collaborazione continua tra le associazioni e gli enti pubblici, che garantisce anche quel minimo di scambio reciproco di informazioni: credo che questa sia la condizione pregiudiziale perché in qualche modo chi lavora nell’irregolarità non solo non abbia maggiore spazio per continuare, ma possa anche essere soccorso qualora si possa dare un contributo perché emerga da questa condizione. Personalmente mi sono già fatto promotore con la Confindustria della costituzione di una rete per la sicurezza, perché oltretutto Barletta ha una vera e propria specializzazione economica sui dispositivi di sicurezza (siamo i primi in Europa nella produzione di calzature di sicurezza), per cui questa città non ha solo ombre, ma ha anche delle forti luci in questo settore.
Abbiamo anche già collaborato con l’amministrazione di Barletta con la consulenza del professor Viesti, che ci ha suggerito di specializzarci di più in questo settore, anche per dare sostegno agli imprenditori che già in qualche modo operano nel comparto dell’abbigliamento per la sicurezza sul lavoro, ma soprattutto perché la ricerca sui dispositivi stessi di sicurezza (abbiamo le tecnologie per fare anche delle verifiche a monte sulle strutture) venga in qualche modo sviluppata. Insisto nel dire che non ho conoscenze dirette sulle cause del crollo, o sulle cause che poi segnano certe scelte di lavoro nero irregolare, a volte dovute a motivi economici; ritengo però che possiamo fare molto di più per creare almeno un contesto più favorevole per un clima di legalità diffusa.
Concludo dicendo che la costituzione della rete per la sicurezza è una proposta che non solo ho già fatto all’amministrazione, ma che voglio fare anche alle altre associazioni, per mettere insieme enti pubblici della sicurezza sul lavoro con associazioni di categoria e con i sindacati, perché si faccia più ricerca sui dispositivi per la sicurezza, che sono la garanzia perché sul posto di lavoro vi sia un maggiore controllo e prevenzione degli infortuni sul lavoro.

TRIMINÌ
Occorre evidenziare due aspetti essenziali. Il primo è che il territorio è caratterizzato da insediamenti produttivi principalmente del TAC (tessile, abbigliamento e calzaturiero) che stanno soffrendo una crisi congiunturale che si somma a quella a livello nazionale ed internazionale e anche a livello locale. Questo va sostanzialmente a discapito degli investimenti, perché vi sono molti imprenditori onesti che lavorano con molte difficoltà ma rispettando le leggi. A fronte di questo, c’è poi tutto un sommerso che è difficile far emergere in virtù del fatto che si tratta di figure non prettamente imprenditoriali che, per cause di forza maggiore, decidono di lavorare in condizioni veramente precarie.
Questo fenomeno esiste e va a discapito della concorrenzialità delle imprese che con molti sacrifici tentano di mantenersi nella legalità, in settori che subiscono inevitabilmente l’influenza dei mercati asiatici. La situazione è abbastanza compromessa, basti pensare a cosa avviene a livello di iscrizione alla Camera di commercio: il saldo tra le imprese che nascono e le imprese che cessano risulta negativo, cosa che da anni non si verificava. Ciò significa che a fronte di imprese che nascono, ce ne sono molte di più che cessano l’attività. Non sempre, però , queste imprese cessano effettivamente l’attività, perché non sono sostenute da un sistema creditizio tale che permetta loro di poter fronteggiare le spese quotidiane, né tanto meno sono inserite in un contesto internazionale di esportazioni tale da garantire loro competitività con le imprese asiatiche.
In questo quadro chiaramente ci rimette l’imprenditore stesso, ma anche il lavoratore che si trova ancora oggi, per alcuni aspetti, a dover fronteggiare un’emergenza sicurezza negli ambienti di lavoro tale per cui c’è perplessità su come possa accadere quanto è successo il 3 ottobre a Barletta. Dico questo perché nel frattempo anche le istituzioni non si sono adeguate con una politica di insediamento produttivo appropriato e non hanno offerto agli imprenditori la possibilità di potersi adeguare.
Il timore che la nostra organizzazione sindacale ha è che si passi da un eccesso all’altro. Mentre c’è stata disponibilità e accondiscendenza affinché alcuni fenomeni rimanessero immutati nel tempo, è auspicabile che oggi non si passi a una verifica a tappeto che colpirebbe solo le imprese che con molta difficoltà sono sul territorio e cercano di sbarcare il lunario. Infatti, l’imprenditore ignoto al fisco, alla Camera di commercio e agli organi previdenziali come l’INPS difficilmente lo si riesce a scovare, proprio perché per insediare le proprie imprese utilizza luoghi non idonei e più facilmente occultabili. Ribadisco che questi non sono i veri imprenditori, i quali invece pretendono che a un certo livello di prelievo fiscale e tributario corrisponda una parità di servizi da parte dello Stato e quindi mantengono inalterato il loro modo di agire all’interno di un quadro legale. Per chi invece è dedito all’abusivismo diventerà molto difficile operare se non c’è un intervento concordato tra i vari presupposti istituzionali affinché si compia veramente un’azione civile di persuasione laddove è possibile farlo. Immaginate che laddove c’è abusivismo l’alternativa non è altro che la vera fame, perché contrariamente a quello che si dice in questi giorni circa il fatto che i ristoranti sono pieni, effettivamente una parte di popolazione soffre per la mancanza di un tessuto produttivo sul territorio che possa rispondere alle esigenze di un mercato internazionale che è ormai compromesso. Pertanto, io spero veramente che non si proceda ancora ad aggravare ulteriormente la condizione dell’impresa che invece con molti sacrifici tenta di portare avanti la propria attività.

PUGLIESE
La Confcooperative delle province di Bari e BAT è una organizzazione di categoria leader nel territorio per alcuni settori produttivi, non specificamente nel tessile, ma nel comparto del facility management e nell’agroalimentare, e la visita di una Commissione talmente autorevole mi consente di fare diverse valutazioni.
A mio avviso, l’evento che si è determinato offre a ciascuno di noi due spunti di riflessione. Non dobbiamo occuparci solo di garantire un lavoro alle persone; deve essere un lavoro di qualità e quindi dobbiamo fare in modo che si rispettino i contratti collettivi, perché così si innescano altri meccanismi virtuosi di pace sociale e soprattutto si determina una qualità degli ambienti di lavoro. Da questo punto di vista credo che nel nostro territorio si possa e si debba fare molto e a tal proposito vorrei fare una breve valutazione.
In questa città, a fronte di una ampia presenza di laboratori artigianali situati in ambienti più o meno idonei, nelle zone industriali ci sono numerosissimi capannoni vuoti.

NEROZZI
L’80 per cento.

PUGLIESE
Ciò fa sì che se in questa valutazione mettiamo il lavoratore al centro delle nostre valutazioni economiche, non si può non tener conto del fatto che dobbiamo compiere dei percorsi di accompagnamento affinché quelle imprese trovino all’interno di quei capannoni una collocazione più idonea e degna rispetto a quella in cui sono adesso.
Dico questo con la consapevolezza di rappresentare un’organizzazione che ha delle problematicità interne, ad esempio sulla sicurezza del mondo del lavoro in agricoltura, dove stiamo cercando di fare dei passi in avanti, o nel settore delle costruzioni dove, come diceva l’architetto Santoro, siamo in attesa di un provvedimento che dovrebbe rendere ancora più sicuro il mercato del lavoro. Vorrei però sottoporre alla vostra autorevole valutazione il concetto fondamentale che ci sono alcuni settori produttivi dove il delta tra costi e ricavi è talmente basso ed il mercato del lavoro e delle imprese è talmente competitivo, che qualunque economia si faccia sui costi incide sulla vita del lavoratore.
Da questo punto di vista ripeto che la cassa di risonanza che avranno la vostra visita, le vostre valutazioni e i vostri documenti può essere assolutamente fonte di valutazione e investimento per ciascuna organizzazione per rendere tutti i posti di lavoro, non solo quelli del tessile, più sicuri e degni di una società civile.

LISO
Oltre a rappresentare la Confapi, di cui presiedo la sezione BAT, oggi rappresento anche la Camera di commercio, sostituendo il presidente Ambrosi che è impossibilitato a prendere parte alla presente audizione. Vorrei sottolineare degli aspetti che sono stati già ampiamente enunciati, ma mi corre l’obbligo di accendere i riflettori su di essi.
La nostra associazione ha tra i propri associati anche aziende che operano nel tessile, nell’abbigliamento e nel calzaturiero. La Provincia BAT ha circa 40.000 aziende iscritte, quindi sicuramente è presente un tessuto produttivo che ha le sue connotazioni. È stato detto poc’anzi che il delta tra le aziende iscritte e quelle cessate già nel primo trimestre è sicuramente deficitario e si badi bene che mi riferisco al tasso di cessazione su richiesta, quindi ad aziende che liberamente decidono di spegnere l’interruttore.
Se invece analizziamo la specificità del settore tessile e consideriamo le sigle ATECO, la città di Barletta conta circa 470 aziende operanti nel comparto, tuttavia questo numero è sicuramente al ribasso perché già cinque anni fa era quasi raddoppiato. Lo stesso ragionamento vale per il numero delle procedure fallimentari, che è aumentato, e oggi nei primi tre trimestri (quindi fino al 30 settembre) abbiamo circa 590 procedure concorsuali e circa 1.070 scioglimenti e conseguenti liquidazioni delle società.
Come diceva poc’anzi il Presidente, sicuramente in questo ultimo periodo, a seguito della tragedia del 3 ottobre, i media hanno descritto questa città come se fosse quasi all’apoteosi dell’illegalità, puntando l’attenzione sul lavoro nero e sullo sfruttamento della manodopera. A mio parere questa visione è distorta e corre il rischio di mortificare una realtà industriale che in alcuni casi esiste già in terza generazione, perché il settore tessile non è certo nato ieri; quindi descrivere una città ai limiti della illegalità mi è sembrato esagerato, visto che si è parlato di una realtà quasi arretrata economicamente e caratterizzata da un’assoluta mancanza di rispetto di regole. Il collega Triminì diceva che le aziende serie che lavorano applicando i contratti collettivi nazionali (che quindi non corrispondono alle cifre date) sono numerose e sicuramente subiscono una concorrenza sleale da una serie di piccole realtà che inevitabilmente, in quanto presenti sul territorio, creano turbative di mercato e problemi che si aggiungono a quelli già esistenti.
Vorrei solo fare un passo indietro. Questa Provincia è nata perché è caratterizzata da una serie di realtà imprenditoriali laboriose, cioè perché era un territorio produttivo e laborioso all’interno della Regione Puglia. È normale che questo dato vada attualizzato con quanto sta succedendo in termini di visione economica che non è propria soltanto del nostro territorio, ma appartiene all’Italia intera e anche all’Europa. Pertanto, in un momento di crisi determinata anche dal fenomeno della globalizzazione, abbiamo assistito alla scomparsa di una miriade di microaziende e al ridimensionamento di aziende medie che sono inevitabilmente costrette a far fuoriuscire dal lavoro regolare un numero abbastanza rilevante di persone. Questa è la causa scatenante del fenomeno, soprattutto se si considera che il settore tessile è sempre stato predominante nell’economia del territorio, ma è stato particolarmente mortificato. Si è assistito a una vera e propria trasformazione industriale, nel senso che si è passati da una fase di produzione in territorio a una di delocalizzazione, quindi di produzione nei Paesi asiatici, per poi reimportare prodotti e manufatti e destinarli a mercati italiani ed europei. Questo è successo nel settore tessile, abbigliamento e calzaturiero non soltanto nel nostro territorio, ma sta accadendo in tutte le zone caratterizzate da un’alta percentuale di manifatturiero leggero, quindi non è prerogativa del Sud, della Puglia o di Barletta.
È normale che questa situazione di fuoriuscita (si calcolano circa 7.000 persone fuoriuscite dal mondo del lavoro regolare negli ultimi anni) abbia creato una nuova crescita virulenta di lavoratori border line, che non lavorano con l’applicazione dei contratti collettivi e inevitabilmente non rispettano le norme di sicurezza negli ambiti di lavoro. Non si tratta però di una caratteristica di questo territorio. Vi prego di credermi: è la eccezionalità e non costituisce la regola, come invece si evince dal quadro che è stato descritto e nonostante l’Italia abbia cominciato a riflettere e ad accendere i riflettori sulla nostra città connotandola in questa maniera, anche se è fuori discussione che in cui alcuni laboratori si operi in questa situazione.
Ora, ci tengo a precisare che a nostro parere la causa della sciagura di via Roma non va confusa con il lavoro nero, come diceva poc’anzi il rappresentante di Confindustria. La morte è stata determinata dal crollo di un palazzo che era in pieno centro, era sotto gli occhi di tutti e fino a qualche giorno prima era sempre stato ritenuto agibile. Ritengo quindi che se lo stesso dramma fosse accaduto di notte, quando le povere lavoratrici non lavoravano, magari oggi non saremmo stati qui a parlare di lavoro nero. Quindi, sono convinto che i due problemi vadano assolutamente distinti. La tragedia ha sicuramente altre cause, tra cui probabilmente anche la burocrazia lenta che non è tipica della nostra città, ma della nostra nazione. Infatti, forse quel palazzo doveva essere attenzionato e messo in sicurezza già da parecchio tempo; quell’immobile non è crollato in una zona degradata della città, ma a qualche centinaio di metri dal palazzo di città. Si tratta, dunque, di due problemi completamente diversi.
Concludendo, mi auguro che il lavoro che andrete a svolgere, le conclusioni che tirerete da quest’audizione parlamentare, ridiano dignità alla nostra città che è stata particolarmente martoriata. Il ruolo che le associazioni stanno già assolvendo, ma che continueranno a svolgere, è dare assistenza alle aziende in termini di informazione e formazione, ma soprattutto per quanto riguarda la sicurezza nell’ambito lavorativo. Poc’anzi si diceva anche questo: il momento è particolarmente difficile e gli imprenditori che operano sotto la luce del sole lo fanno con estrema difficoltà.
In un momento cui l’accesso al credito è praticamente negato, i costi che gli imprenditori devono sostenere, anche per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, molto spesso diventano inaccessibili. Per questo motivo le associazioni di categoria cercano di trovare delle soluzioni, quali ad esempio i fondi di formazione delle associazioni o anche la bilateralità; si tratta di strumenti che possono offrire una contribuzione, degli aiuti e delle agevolazioni alle aziende, nel momento in cui si faccia formazione e prevenzione per la sicurezza negli ambiti di lavoro. In questa partita ciascuno deve fare la sua parte: i rappresentanti delle associazioni di categoria devono fare la loro e gli imprenditori altrettanto. Una responsabilità importante e una chiamata in causa riguardano anche i politici del territorio che sono presenti nelle istituzioni, in quanto in assenza di infrastrutture è normale che il sistema impresa possa accentuare maggiormente le proprie criticità.

PRESIDENTE
Vorrei aggiungere due considerazioni. In primo luogo, nessuno di noi pensa che questi siano una città e un territorio fuori controllo, ma solo che è necessario affrontare alcuni problemi, come del resto avviene in molte altre parti. Anche altre persone che abbiamo audito questa mattina hanno proposto una netta separazione tra le motivazioni che hanno prodotto le vittime e il lavoro nero. Sicuramente si tratta di due cose diverse; esse però rientrano in una stessa cornice. È stata fatta una riflessione: probabilmente non sono quelle persone che vogliono fare impresa che cercano lo scantinato. Però questi due aspetti non vanno visti separatamente. Sicuramente è vero che, se non ci fosse stato il crollo, noi oggi non saremmo qui; da questo punto di vista, la riflessione che è stata svolta è corretta. Però , indubbiamente, una serie di soggetti non credo sia circoscritta soltanto alla piccola azienda dove si è determinato il dramma; dalle notizie di cui disponiamo e che abbiamo assunto oggi durante le audizioni con i vari rappresentanti che si sono succeduti, risulta che tale situazione ha una sua diffusione e che non si limita a pochissimi casi. Poiché la situazione ha queste caratteristiche, io credo che noi dobbiamo lavorare per far riprendere il percorso dell’emersione; non abbiamo altra possibilità. La nostra presenza qui serve anche a questo. Per quelle che sono le competenze dello Stato, ci sono ancora delle norme volte a favorire l’emersione. Non so se ci saranno i crediti d’imposta preannunciati per le Regioni del Mezzogiorno; immagino di sì, altrimenti è difficile pensare a qualsiasi altra formula di ripresa. Oltre a questo, ci saranno anche delle norme e delle leggi regionali volte ad aiutare questo processo. Noi questo dobbiamo fare. Non siamo venuti qui con il solo scopo di focalizzare la nostra attenzione sul crollo dell’edificio, che ha determinato la morte di cinque persone, di cui una è la figlioletta di questo poveretto, che ha vissuto il dramma in prima persona e a cui non possiamo non essere vicini da un punto di vista umano. Noi siamo venuti qui anzitutto per conoscere meglio la situazione; e si conosce meglio la situazione solo quando si va sul territorio, si parla con i rappresentanti e si instaura con loro un confronto diretto, paritetico e libero, in cui ognuno è libero di dire le proprie idee e di affermare le proprie convinzioni. In secondo luogo, siamo venuti perché c’è un ritorno; infatti non si muovono solamente i mass media per dare un’immagine negativa di questa antica città, ma anche le istituzioni per dare un’immagine di reazione. E dove c’è reazione c’è forza, c’è proposta, c’è superamento del problema. Vi invito pertanto a vedere la nostra presenza qui solamente e soltanto con questo taglio. Non a caso, siamo venuti dopo un certo tempo rispetto all’evento luttuoso, proprio per evitare i fragori e i fari che si accendono dappertutto (per poi spegnersi dappertutto) e per poter ragionare con più serenità e con più tranquillità. Parlando con i sindacati, che sicuramente vedo come soggetti importantissimi in questa vicenda, ho notato che essi sono disposti a portare avanti un discorso congiuntamente e insieme a voi, come peraltro voi stessi avete evocato. Credo che questo «tavolo» – ormai da tanto tempo va di moda questo termine – possa servire per mettere sotto osservazione talune carenze che ci sono e per aiutare ad uscire da questa vicenda. Ovviamente non dobbiamo uscirne massacrando un tessuto debole, ma rinforzandolo.
Vi ringrazio per la vostra partecipazione e per il contributo fornito ai lavori della Commissione.