Cassazione Civile, Sez. 3, 28 gennaio 2013, n. 1873 - Infortunio in un cantiere e responsabilità in caso di appalto di lavori


 


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Presidente -
Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso 4380-2010 proposto da:
M. IMPIANTISTICA DI M. SERGIO E SILVANO S.N.C.  (Omissis) in persona del legale rappresentante Sig. M. S., elettivamente domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato DORNA DIEGO con studio in 38122 TRENTO, VIA INAMA 8 giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro ME.MO. (Omissis), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell'avvocato COSSU BRUNO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CARTA ATTILIO giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 315/2009 della CORTE D'APPELLO di TRENTO, depositata il 21/12/2009, R.G.N. 324/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/2012 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l'Avvocato ATTILIO CARTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



Con sentenza del 21/12/2009 la Corte d'Appello di Trento, in riforma della pronunzia Trib. Trento n. 712/06, accoglieva la domanda originariamente proposta dal sig. Me.Mo. di nei confronti - per quanto ancora d'interesse in questa sede - della società M. Impiantistica s.n.c. di risarcimento dei danni sofferti in conseguenza delle lesioni riportate all'esito di caduta avvenuta il (Omissis), all'interno del cantiere appartenente alla società C. Costruzioni mentre espletava la propria attività lavorativa in favore della suindicata società M. Impiantistica s.n.c., allorquando inciampava lungo la rampa di scala sprovvista di parapetti, di tavole fermapiede di sicurezza e di illuminazione.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società M. Impiantistica s.n.c. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso il Me..

Diritto



Va preliminarmente rigettata l'eccezione, sollevata all'udienza dal difensore del controricorrente, d'inammissibilità della memoria ex art. 378 c.p.c. prodotta dal ricorrente, essendo la medesima tempestiva, in quanto pervenuta presso questa Corte il 9/11/2012, giusta attestazione della Cancelleria di questa Corte - Ufficio Protocollo prot. n. 17135.

Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente fondato la sua pronunzia sul D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3 bis, che non era vigente al momento della decisione.

Lamenta essersi erroneamente ritenuta ricorrere nel caso un'ipotesi di responsabilità solidale, laddove il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 all'epoca vigente rafforza e specifica il disposto dell'art. 2087 c.c., secondo il quale il datore di lavoro, indipendentemente dal dovere di altri soggetti, deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, accertandosi che i dipendenti adottino misure tese a ridurre al minimo i rischi connessi all'attività lavorativa specifica; e nel caso di affidamento in appalto di lavori, il committente (che nel caso di specie deve intendersi il primo committente, anche titolare del cantiere, ossia l'impresa edile C. Costruzioni spa) ha l'obbligo di porre in essere tutte le misure di prevenzione di ordine generale, volte a garantire l'incolumità non solo dei dipendenti del committente stesso, ma anche di quelli dell'appaltatore, mentre, per l'attuazione di quelle specificamente connesse all'esecuzione delle singole opere appaltate, risultano onerati i soli appaltatori - assuntori, come emerge dalle dichiarazioni dei testi T., Ma., F., C. e R. rese alle udienze 7 aprile e 21 maggio 2003 avanti al Tribunale.

Il motivo è sotto plurimi profili inammissibile.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il ricorso per cassazione richiede, per ogni motivo di cui si compone, la redazione di una rubrica, con la puntuale indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo - tra quelli espressamente previsti dall'art. 360 c.p.c. - è proposto.

E' altresì necessaria l'illustrazione del singolo motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno delle censure mosse alla sentenza impugnata e l'analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo quale espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421).

Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza di legittimità che i motivi posti a fondamento dell'invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza, e della riferibilità alla medesima, con - fra l'altro - l'esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo ove non venga precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con l'interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto luogo la violazione in cui si assume essere incorsa la pronunzia di merito.

Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dall'odierna ricorrente.

In violazione del disposto di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non vengono dalla medesima nemmeno indicate le norme di diritto asseritamente violate (cfr. Cass., 30/1/2012, n. 1305; Cass., 2/2/2010, n. 2338; Cass., 6/10/2010, n. 20747), inammissibilmente tardiva, risultando al riguardo l'indicazione contenuta nella memoria ex art. 378 c.p.c..

A tale stregua il motivo risulta genericamente formulato ed articolato, nell'indistinzione delle questioni di fatto e di diritto, secondo un modello difforme da quello normativamente delineato e invero sostanziantesi in meramente generiche ed apodittiche asserzioni (cfr. Cass., 13/7/2005, n. 14741), inammissibilmente rimettendosene l'individuazione all'attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione altresì violativa dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, laddove la ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito ( es., al ricorso 15.1.1999 ex art. 414 c.p.c., alla sua comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado, alla chiamata dei terzi, alla declaratoria di incompetenza del giudice del lavoro adito e alla successiva ripresa della trattazione della causa avanti l'A.G.O., alla documentazione e assunzione di prove testimoniali, alla ctu medico-legale, all'interruzione del processo, poi riassunto nei confronti del Fallimento C. Costruzioni s.p.a., alla sentenza del giudice di prime cure, all'atto di appello, alla costituzione i grado di appello della società Milano Assicurazioni s.p.a., rimasta contumace in primo grado) senza invero debitamente - per la parte d'interesse in questa sede - riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riportati, senza puntualmente ed esaustivamente indicare i dati necessari al reperimento in atti degli stessi (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279 e, da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157).

A tale stregua non pone invero questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della doglianza (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/8/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777), non essendo sufficienti affermazioni come nella specie apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, inidonee a porre questa Corte in grado di orientarsi tra le argomentazioni in cui si sostanziano le censure mosse alla pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Senza sottacersi che, dopo aver lamentato che sul D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3 bis, non fosse vigente al momento della decisione, la ricorrente ha poi mosso censura di relativa violazione e falsa applicazione. Dolendosi altresì (sembra) dell'erronea valutazione della prova testimoniale, senza invero nemmeno denunziare violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2013