SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»


Lunedì 12 novembre 2012

 

Audizioni svolte presso la prefettura di Genova


Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del prefetto di Genova
Audizione degli assessori alla salute e al lavoro della Regione Liguria
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Genova, del comandante regionale dell’Arma dei Carabinieri e del direttore regionale dei Vigili del fuoco
Audizione del direttore regionale dell’INAIL, del direttore regionale del lavoro, del presidente dell’autorità portuale e del comandante della capitaneria di porto di Genova
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione del console della Compagnia unica lavoratori merci varie e del vice presidente della Compagnia portuale Pietro Chiesa
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigiane


Audizione del prefetto di Genova

Interviene il prefetto di Genova, dottor Giovanni Balsamo.

PRESIDENTE
Rivolgo innanzi tutto i saluti della Commissione al prefetto Balsamo. Siamo a Genova e, come lei sa, per i contatti già intercorsi tra i nostri uffici e quelli della prefettura, stiamo ultimando un’indagine, svolta in tutte le Regioni italiane, finalizzata a capire meglio in che modo, a livello locale, sono state recepite le norme sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008.
Il nostro obiettivo è individuare eventuali vuoti normativi o difficoltà di applicazione, visto che le Regioni in questo ambito, sotto il profilo organizzativo, hanno un ruolo centrale che consente loro di interloquire con i soggetti preposti alla prevenzione al fine di alzare il livello di contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro, ancora fortemente presente, al di là di qualche punto percentuale in meno registrato sia con riferimento al numero degli infortuni in generale che al numero dei morti in particolare. La Commissione sta esaminando anche la crescita, piuttosto significativa, delle malattie professionali, sia quelle tabellate che le nuove malattie professionali che si affacciano sul fronte del lavoro.
Pertanto, tenendo presente che lei è il prefetto di Genova, vorremmo sapere qual è il quadro della situazione nella Regione e chiederle di fornirci elementi di analisi o suggerimenti.

BALSAMO
Signor Presidente, innanzi tutto esprimo il mio benvenuto a tutta la Commissione. La prefettura di Genova, ma credo tutta la città, è onorata di questa presenza e attenzione. Siamo a disposizione della Commissione. L’augurio è che si possa svolgere un lavoro proficuo com’è nelle intenzioni di questa Commissione parlamentare.
Desidero precisare che sono prefetto di Genova da una settimana e quindi la mia è inevitabilmente una conoscenza d’insieme. D’altra parte, come lei affermava, signor Presidente, il mio ruolo mi consente di fornire un quadro generale. Saranno poi gli operatori settoriali ad approfondire le singole tematiche.
Per fornire questo quadro generale partirei dalla tendenza nazionale al decremento degli infortuni, che ha visto in 10 anni una diminuzione del 29 per cento degli incidenti sul lavoro; tendenza sostanzialmente confermata anche in Liguria. Nel 2001 le denunce per incidenti sul lavoro sono state 35.000 e nel 2011 sono scese a 25.500, con una riduzione pari al 28 per cento. Mentre il dato della Liguria rappresenta il 3,5 per cento del totale nazionale delle denunce, la consistenza degli occupanti in Liguria è del 3 per cento, con una divergenza nei due rapporti pari allo 0,5 per cento.
Anche l’andamento degli infortuni mortali registra una tendenza analoga, sia pure altalenante. L’ultimo dato del 2011 segnala 17 infortuni mortali.
I settori di maggior incidenza degli infortuni sono le costruzioni e i trasporti. Il dato dell’incidenza infortunistica è sicuramente interessante, perché consente di cogliere la caratterizzazione di questo territorio. Si rileva al riguardo un dato importante: in Italia il dato nazionale evidenzia che la percentuale degli infortuni su 1000 addetti è passata, dal 2000 al 2009, dal 31,5 al 23,7 per cento con una diminuzione del 24,8 per cento.
In Liguria il dato di partenza, notevolmente superiore (42,9 per cento), si è attestato nel 2009 al 31,8 per cento. È importante sottolineare che la percentuale di riduzione della Liguria, che si attesta al 25,9 per cento, è di oltre un punto superiore al dato nazionale.
In sostanza, in questi nove anni c’è stato un processo di avvicinamento della Liguria al dato nazionale e quindi un processo di riduzione del distacco negativo dell’incidenza infortunistica nella Regione.
Questo miglioramento nasce certamente dall’azione di prevenzione svolta, ma un ruolo fondamentale è attribuibile all’evoluzione del quadro economico-occupazionale della Regione; un’evoluzione che emerge emblematicamente da alcuni dati. Cito solo quelli relativi al biennio 2010- 2011. In questo biennio abbiamo avuto una riduzione del 7,1 per cento degli occupati in agricoltura e pesca, dell’1,3 per cento degli occupati nell’industria in senso stretto ed un incremento dell’1,6 per cento degli occupati nel settore dei servizi. È quindi chiara l’evoluzione verso una riduzione dei settori economici a più alta incidenza infortunistica (industria e agricoltura) a favore dei settori con minore incidenza infortunistica.
Questo dato, tuttavia, va considerato anche in relazione ad un elemento registrato nell’ultimo anno: un incremento complessivo dell’occupazione dello 0,9 per cento; dato in controtendenza sia rispetto al dato nazionale che a quello del Nord-Ovest, che evidenzia un’inversione di tendenza rispetto al biennio 2008-2009 in cui anche in Liguria si era determinata una riduzione dell’occupazione. Questo dato, confermato anche dal saldo positivo tra le imprese iscritte e quelle cancellate, dimostra ancora più plasticamente la tendenza evolutiva dell’assetto economico della Regione. Infatti, i settori in cui c’è stata maggiore crescita nelle iscrizioni delle imprese sono quelli inerenti le attività immobiliari, finanziarie e assicurative mentre nelle attività manifatturiere si è continuato a registrare una pesante riduzione delle iscrizioni.
In sostanza, la distribuzione dell’occupazione nei vari settori produttivi è la seguente. Solo il 2 per cento della popolazione ligure è occupata in agricoltura. Esiste ancora un consistente settore industriale, espresso dal 20,2 per cento di occupati, e comunque in riduzione, e infine il settore dei servizi che, con il suo 78,8 per cento, rappresenta la parte prevalente.
Un dato interessante è quello relativo all’andamento della cassa integrazione guadagni che, nel biennio 2010-2011, a fronte di una generalizzata riduzione del ricorso ad essa in tutto il Paese (riduzione pari al 20,8 per cento), ha fatto registrare in Liguria un incremento dell’11,5 per cento. Addirittura triplicato risulta il ricorso a quella straordinaria per effetto della pesante crisi dei settori industriale, metalmeccanico, metallurgico e chimico, che hanno assorbito quasi integralmente la cassa integrazione straordinaria.
Sinteticamente possiamo affermare che la Regione, partita da una situazione di maggior incidenza infortunistica, è andata riducendo progressivamente e lentamente il divario rispetto al dato nazionale. Tale riduzione è da attribuire all’evoluzione del sistema economico occupazionale della Regione e si mantiene nonostante una crescita dell’occupazione in controtendenza rispetto al dato nazionale nell’ultimo biennio.
Le ragioni del decremento vanno ricercate sicuramente in una più diffusa percezione del rischio. In questo, come si vedrà nel corso dell’audizione, giocano un ruolo fondamentale anche le politiche di prevenzione poste in essere dalla Regione su vari fronti: informazione, sensibilizzazione e formazione. Ovviamente però un ruolo importante va riconosciuto anche all’evoluzione del mercato del lavoro.
Una considerazione a parte va fatta per gli stranieri per i quali, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2011, circa un decennio, si registra un incremento dell’incidentalità e delle denunce. Gli incidenti segnalati nel 2000 erano pari al 4 per cento degli infortuni indennizzati, nel 2011 questo dato è salito al 12 per cento. I settori nei quali sono prevalentemente impegnati i lavoratori stranieri sono quelli tradizionalmente a maggior rischio, edilizia, attività immobiliari e trasporti; fanno eccezione le attività legate alla ristorazione e alla ricezione turistica.
Infine, mi sembra utile sottolineare la forte crescita degli infortuni in itinere, passati dal 5,8 per cento del 2001 al 14 per cento del 2010.
Qualche accenno al sistema di prevenzione. Il comitato regionale di coordinamento e l’ufficio operativo regionale operano stabilmente. Dal momento della costituzione si sono tenute 16 sedute. Esistono 5 uffici operativi territoriali, uno per ciascuna ASL, ed è stato varato il piano regionale di prevenzione 2010-2012.
Si accavallano una serie di iniziative di formazione e informazione, campagne informative, seminari, impegni informativi e formativi nelle scuola, impegni formativi ed elaborativi con il concorso delle categorie professionali e imprenditoriali.
L’attività ispettiva ha una consistenza rilevante. Cito alcuni dati. La Direzione territoriale del lavoro ha ispezionato 5.700 aziende nel 2011; l’INAIL 561; l’INPS 2.765; i Vigili del fuoco hanno effettuato 281 ispezioni più una serie di sopralluoghi per motivi collaterali; le ASL hanno ispezionato 4.048 aziende. Sono dati che dimostrano l’efficacia della politica di prevenzione.
Occorre spendere qualche parola sul settore portuale, importante per tutta la Liguria. Una quota dei traffici portuali complessivi dell’Italia compresa tra il 35 e il 15 per cento, a seconda delle tipologie di merci, passa per i porti di Genova, Savona e La Spezia. Se consideriamo che il 60 per cento dell’intero import-export nazionale transita via mare, ci rendiamo conto della rilevanza di questo comparto. Il settore portuale è tradizionalmente esposto al rischio infortunistico; lo è nelle sue articolazioni interne: il settore portuale propriamente detto, il settore marittimo, il settore della riparazione delle navi, il settore della costruzione delle navi, il settore dell’approvvigionamento elettrico, il settore dell’edilizia portuale. Sono tutti settori presenti nei nostri tre porti.
L’incidenza dell’infortunistica rimane elevata, basti considerare che in Liguria è doppia rispetto al settore edilizio e quadrupla rispetto a ciascuno degli altri settori. Mi viene da dire, cogliendo una percezione che poi probabilmente potrà essere meglio puntualizzata da parte dell’autorità portuale, che il settore portuale attende ancora l’attuazione delle previsioni di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede una delega in direzione del coordinamento e dell’armonizzazione delle norme recate dallo stesso decreto legislativo n. 81 con i decreti legislativi nn. 271, 272 e 298 del 1999, che regolano la sicurezza sui luoghi di lavoro in maniera diversa nei porti. Mi è sembrato di poter cogliere un auspicio degli addetti ai lavori nel senso che questa delega possa essere esercitata, essendo ormai maturata anche in termini di esperienze una conoscenza del contesto tale da giustificare l’intervento di armonizzazione.
Mi fermo qui, Presidente, perché – ripeto – il mio è un quadro generale d’insieme.

PRESIDENTE
La ringrazio, signor prefetto. È stato un quadro molto interessante ed ampio. C’è qualche dato sul quale sicuramente rifletteremo anche oggi, relativamente ad un aumento degli infortuni mortali. Dai dati dell’INAIL di cui disponiamo, non definitivi, emerge che fino a settembre 2012 gli infortuni mortali sono stati 19, a fronte invece...

BALSAMO
Dei 17 del 2011 e 16 del 2010.

PRESIDENTE
No, nel 2011 sono stati 20 (sono dati INAIL), 18 in occasione di lavoro e due in itinere. Però il dato da attenzionare è che fino a settembre vi sono stati già 19 infortuni mortali. Speriamo che rimangano tali.

BALSAMO
Nel lungo periodo c’è stata un’evoluzione di vario genere: nel 1994 mi pare che addirittura il dato sia sceso a 14, per poi risalire. Ho detto che è un andamento altalenante, però i dati degli ultimi due anni sicuramente destano preoccupazione.

PRESIDENTE
Un altro particolare: l’incremento occupazionale è a livello di decimali, se non sbaglio; lei ce lo ha ricordato.

BALSAMO
Lo 0,9 per cento.

PRESIDENTE
È un dato che va poi raffrontato con l’enorme esposizione di cassa integrazione. Come lei sa bene, i dati riferiti agli occupati ricomprendono anche i cassaintegrati, quindi il discorso non va rapportato alle ore lavorative quanto al numero degli occupati.

BALSAMO
Questo è vero, tant’è che ho parlato di un incremento.

PRESIDENTE
Facendo le dovute tare, emerge dunque un quadro ancora più preoccupante.
La ringrazio per essere intervenuto e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione degli assessori alla salute e al lavoro della Regione Liguria

Intervengono l’assessore alla salute, dottor Claudio Montaldo, accompagnato dai dirigenti responsabili ASL3 «Genovese», dottoressa Rosanna Carcassi, e del servizio salute mentale e dipendenze, dottor Sergio Schiaffino, e l’assessore al lavoro, dottor Giovanni Enrico Vesco, accompagnato dai dirigenti responsabili per la sicurezza sul lavoro della Regione Liguria, dottoressa Giuseppina Vandini e dottor Remo Rimotti.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la vostra presenza.
Come già saprete, l’organizzazione dell’incontro odierno non è scaturita da motivi particolari o specifici che hanno portato la Commissione qui a Genova, ma fa parte di un progetto che la Commissione si è data, a partire dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (il cosiddetto Testo unico), al fine di comprendere meglio, considerati gli aspetti diversi da Regione a Regione, in che modo queste ultime si sono mosse su questo fronte e di conseguenza per sapere direttamente, in un confronto diretto, se vi sono da fare riflessioni ulteriori, se vi sono dei vulnus, se sul territorio avete incontrato problemi particolari, atteso che il maggior onere della gestione di tale organizzazione è proprio della Regione, in base al comitato di coordinamento regionale, per tutte le funzioni che gli sono state delegate e che esplica sul territorio.
Vorremmo sapere cortesemente come stanno le cose, come le vedete voi, cosa pensate di poterci dire su questo tema.

MONTALDO
Sono Claudio Montaldo, assessore alla salute. Con il collega Enrico Vesco, assessore al lavoro, condivido la responsabilità sui temi della sicurezza.
Sono con noi il dottor Schiaffino, responsabile del settore prevenzione del dipartimento regionale salute, e altri dirigenti del dipartimento regionale per i settori salute e lavoro. In particolare, ricordo la dottoressa Carcassi, dirigente della ASL3 «Genovese», che segue le questioni della portualità, un tema che sottoponiamo alla vostra attenzione e che è stato abbastanza difficile affrontare negli anni scorsi.
In termini generali, credo sia utile sottolineare che la Liguria è stata fra le prime Regioni a dare vita al coordinamento regionale, che peraltro ha funzionato abbastanza bene, e abbiamo preparato una relazione sull’attività svolta da quest’ultimo. C’è un’assidua partecipazione sia delle forze sociali datoriali e sindacali, che di tutti gli enti che fanno riferimento a questa tematica.
Abbiamo successivamente costituito il comitato operativo con il quale si è gestito in questi anni un forte coordinamento dell’attività degli enti, che ci ha consentito di migliorare la potenza d’iniziativa evitando di andare tutti nello stesso posto in modo casuale.
Il lavoro vi è stato messo a disposizione; nella relazione vi sono anche i dati sulle attività.
C’è un fortissimo impegno da parte delle ASL, ancorché stiamo soffrendo le note carenze di personale. Stante il blocco delle assunzioni, è del tutto evidente che queste attività hanno bisogno di risorse umane, che stiamo cercando di mettere a disposizione, pur con qualche difficoltà. Però il lavoro delle ASL è stato ed è molto importante.
Un altro punto significativo è la collaborazione fortissima con l’INAIL, che si è sviluppata sia sul terreno dell’informazione, della prevenzione, delle campagne informative, che sul terreno del coordinamento delle azioni sul territorio nei confronti delle imprese. I dati indicano un miglioramento: va sempre detto con un po’ di cautela perché può succedere sempre qualcosa che inverte le tendenze. Il miglioramento è anche conseguenza della crisi economica, della riduzione dell’attività produttiva, ma è segno di una certa presenza nell’attività di prevenzione, di controllo, di vigilanza nei confronti delle imprese.
È stato svolto un lavoro specifico in particolare in due direzioni, l’edilizia – tema notoriamente molto delicato – e la portualità. Per quel che riguarda la portualità, per le condizioni oggettive dell’area ligure, con i tre porti di Genova, Savona e La Spezia, che rappresentano volumi molto importanti di attività, abbiamo potuto in qualche modo diventare un punto di riferimento grazie alle azioni che si sono compiute, concentrando l’attenzione su due aspetti specifici, ossia gli incidenti causati dal movimento mezzi (gli investimenti di operatori da parte di macchine operatrici) e le cadute dall’alto, l’altra causa importante di incidentalità.
Qualche anno fa abbiamo avuto, sia a Genova che a La Spezia, diversi incidenti mortali e devo dire che è stato svolto un lavoro di straordinario coordinamento con la prefettura, che ha consentito anche di attenuare i momenti di grandissima tensione sociale seguenti a questi incidenti mortali.
Però , anche partendo da questo dato e applicando in modo abbastanza serio e rigoroso il decreto legislativo n. 81 per la parte che riguarda queste tematiche, abbiamo potuto richiamare ad un’assunzione di responsabilità gli operatori, sia le imprese che le organizzazioni che gestiscono il lavoro, le compagnie portuali e ovviamente l’autorità portuale.
Questi erano gli elementi fondamentali che volevo richiamare alla vostra attenzione.
Inoltre vorrei sottolineare un aspetto che riguarda appunto il valore dell’attività che il coordinamento regionale ha svolto, perché da lì è partita proprio un’abitudine da parte dei vari soggetti a lavorare insieme. Questo credo rappresenti un’esperienza molto positiva che stiamo cercando di continuare, sviluppare ed implementare, superando quella caratteristica che è propria del nostro Paese di avere tanti soggetti che agiscono sullo stesso tema e che proprio per questo o si coordinano o rischiano di disperdere le energie.
Da questo punto di vista attribuiamo un grande valore al decreto legislativo n. 81. Io non sono in grado di giudicare più di tanto come si stia sviluppando nelle altre Regioni questa attività, però siamo abbastanza convinti che si possa realizzare, perché la nostra esperienza dimostra che ci può essere un lavoro di coordinamento che sopperisce alla frammentazione delle responsabilità. Ovviamente la collaborazione con tutti i soggetti è davvero molto significativa.
Rimanderei il merito al testo consegnato, perché immagino che i tempi a disposizione non siano tali da consentire un’illustrazione di dettaglio.

PRESIDENTE
I tempi purtroppo sono sempre avari.
Desidererei qualche riflessione più specifica. Non so se lei o l’assessore al lavoro avete il dato delle ore lavorate nel 2011 ed il rapporto con gli occupati, cui facciamo sempre riferimento; se non li avete eventualmente potete farceli pervenire. È un aspetto su cui insistiamo, altrimenti non abbiamo un quadro certo.
C’è stato un forte aumento di richiesta di cassa integrazione e voi sapete quanto me che comunque i cassaintegrati risultano occupati a tutti gli effetti. Sarebbe interessante avere questo dato.
Un altro dato che ci viene fornito dall’INAIL riguarda i primi nove mesi del 2012, che hanno registrato un aumento nel numero degli infortuni mortali. Facendo il parallelo con il periodo omologo gennaio-settembre dell’anno precedente, si è registrato un aumento di tre morti.
Avete qualche informazione di rilievo circa problematiche o impostazioni particolari relative alle malattie professionali? Sarebbe interessante avere qualche notizia in merito, dal momento che spesso ci soffermiamo sugli aspetti più eclatanti, ovvero gli infortuni, magari attenzionando in maniera minore le malattie professionali, che il più delle volte si evidenziano nel lungo periodo.
Da quanto tempo avete costituito il comitato di coordinamento regionale? Con quale cadenza vi riunite? Inviate relazioni annuali ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute per poter creare la necessaria interfaccia? Nel merito ci auguriamo che da parte vostra pervenga una risposta positiva considerato che in genere non ne abbiamo ricevute molte nelle realtà che abbiamo visitato.

MONTALDO
Riguardo al dato delle ore lavorate, al momento non lo abbiamo ma ve lo forniremo anche in giornata, magari facendo anche un confronto con la sequenza degli ultimi anni, perché il trend è sicuramente in discesa.
Per quanto riguarda le malattie professionali, stiamo facendo i conti con il mesotelioma, frutto problematico della storia industriale e portuale di questa Regione. Vengono adesso a maturazione le patologie e i casi mortali conseguenti ad una malattia contratta nel corso dei decenni precedenti.

PRESIDENTE
Questo purtroppo è un problema drammatico nazionale. Noi vorremmo anzitutto avere informazioni sulle nuove malattie professionali, un tema di grande attualità soprattutto in alcune Regioni in cui è più forte la richiesta di chiarezza rispetto a malattie professionali non riconosciute. In tal senso c’è un discorso aperto con gli uffici dell’INAIL. Avete dati relativi a casi particolari?

MONTALDO
Non mi pare ci siano dati particolari riguardo a nuove patologie. Purtroppo, abbiamo quel grandissimo problema che, pur non raggiungendo le dimensioni di Casale Monferrato, nella Regione ligure è comunque molto pesante. Tra l’altro, il registro tumori del nostro Istituto scientifico tumori, che funziona bene, ci fornisce una statistica molto inquietante.
Riguardo al comitato di coordinamento, lo abbiamo costituito nell’autunno del 2008, a pochi mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81, mentre l’ufficio operativo è stato costituito poco dopo. L’ufficio operativo si riunisce abbastanza regolarmente; il comitato di coordinamento invece si riunisce più o meno ogni due mesi. Ad ogni modo, abbiamo la relazione sull’attività del comitato con le relative date di riunione.
Si sta lavorando molto a valle delle decisioni che il coordinamento assume; il tema dell’edilizia è presidiato da un gruppo specifico. Complessivamente il comitato di coordinamento ha effettuato 14 riunioni, mentre l’ufficio operativo ne ha fatte 19 dalla sua costituzione. In sede plenaria abbiamo lavorato con un ritmo forse un po’ meno intenso ma lavorano molto i gruppi operativi integrati, di cui diamo conto anche nella relazione che vi abbiamo fornito.

PRESIDENTE
Inviate le relazioni annuali? Glielo chiedo perché questo è uno degli aspetti che abbiamo constatato essere abbastanza inconsueto.

MONTALDO
Abbiamo svolto le relazioni annuali regolarmente, e le abbiamo mandate al Ministero, che peraltro fa la verifica di adempimento dei livelli essenziali di assistenza (LEA); quindi, siamo stati sempre considerati adempienti.

PRESIDENTE
Questa è una bella notizia!

MONTALDO
Se lo ritiene, Presidente, alleghiamo al documento anche le relazioni che abbiamo inviato al Ministero nel corso degli anni.

PRESIDENTE
Certo. Quella che ci date è una buona notizia perché in genere questo non si verifica. Quindi, ogni anno avete inviato la relazione sia al Ministero del lavoro sia a quello alla salute?

MONTALDO
Sì, Presidente, anche perché, come le dicevo, il Ministero della salute fa il monitoraggio per l’adempimento dei LEA e, nonostante siamo stati particolarmente osservati (siamo usciti alla fine del 2009 dalla fase di accompagnamento) siamo stati giudicati sempre adempienti. Abbiamo mandato tutto il materiale in prefettura; spero sia già a vostra disposizione. Eventualmente lo integreremo con tutte le informazioni che ci avete chiesto.

VESCO
Signor Presidente, anche il mio assessorato ha predisposto una nota informativa relativa a tutte le attività poste in essere negli ultimi anni, che vorrei lasciare agli atti della Commissione. Tra l’altro, ricordo che, di concerto con il collega Montaldo, abbiamo presentato anche una legge regionale.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per il lavoro che state facendo, che ci rincuora.
Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Genova, del comandante regionale dell’Arma dei Carabinieri e del direttore regionale dei Vigili del fuoco

Interviene il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Genova, dottor Vito Monetti, il comandante regionale dell’Arma dei Carabinieri, generale di brigata Enzo Fanelli, accompagnato dal capo sezione operazioni informazione, maggiore Calogero Mascellino, e dai responsabili territoriali del Nucleo dei Carabinieri per la tutela del lavoro di Genova, vice brigadiere Andrea Di Giuseppe, di La Spezia, luogotenente Massimo Censini, di Savona, luogotenente Cornelio Cau, di Imperia, maresciallo capo Carmelo Franzò , e il direttore regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Renato Riggio, accompagnato dal funzionario direttivo presso la Direzione regionale, ingegner Mario Delucchi.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Genova, dottor Vito Monetti, del comandante regionale dell’Arma dei Carabinieri, generale di brigata Enzo Fanelli e del direttore regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Renato Raggio, ai quali rivolgo un indirizzo di saluto.
La nostra Commissione è venuta oggi a Genova – avvicendandosi nuovi soggetti debbo ripeterlo come una specie di ritornello – non per fatti particolari, ma perché stiamo svolgendo un’indagine in tutte le Regioni d’Italia per capire le problematiche esistenti attraverso un confronto diretto con le istituzioni e vedere come, a quattro anni e mezzo ormai dall’entrata in vigore, il Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro trova concretezza sul territorio, in modo particolare per il ruolo che hanno le Regioni nel coordinare queste attività. Vorremmo sapere se vi sono problematiche concrete, e quindi poter fare una sintesi in una giornata attraverso varie audizioni che coinvolgono una serie di soggetti istituzionali, tra cui voi, ovviamente. Questo ci permette di tratteggiare un quadro anche del territorio, e soprattutto di avere un faccia a faccia, che riteniamo molto importante per comprendere meglio le situazioni, senza magari lasciarsi ad una gelida corrispondenza, sicuramente significativa molte volte, ma che altrettante volte lascia un po’ il tempo che trova. Quindi, la nostra presenza non è dovuta ad un fatto straordinario ed eccezionale.

MONETTI
Signor Presidente, ringrazio anzitutto la Commissione per questo invito, che considero un onore.
Sono il procuratore generale della Corte d’appello di Genova dalla fine del gennaio scorso.
Gli uffici giudiziari nel distretto di Genova hanno la caratteristica di avere qui in città una procura del tribunale di medio-grandi dimensioni (sono in tutto 29 magistrati) mentre le altre sei procure della Repubblica sono di dimensioni tendenzialmente medio-piccole. Questo è un dato che non aiuta la specializzazione, ma ho verificato che in linea di massima non riduce l’attenzione ai problemi.
Su tutte le questioni che possiamo definire più gravi e importanti, da quando sono arrivato qui ho cercato di dare indicazioni ai miei colleghi, nei confronti dei quali sapete bene che non ho poteri gerarchici; quindi, tutto si basa su uno sforzo comune di comprensione, su una specie di moral suasion. Rispetto ai temi più importanti ho cercato di concentrare l’attenzione dei colleghi, tenendo come punto di riferimento normativo l’articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che stabilisce l’obbligo per i magistrati di trattare prioritariamente certi procedimenti al confronto di altri. Tra i temi per cui è prevista la trattazione prioritaria ci sono quelli relativi ai fatti per cui siamo qui oggi. Sto cercando allo stesso tempo di comprendere da una parte l’entità dei problemi, numericamente parlando; dall’altra però di dare l’idea forte ai miei colleghi che perché si possa assicurare il rispetto di questo principio di priorità è indispensabile darsi regole di organizzazione interna e controllare periodicamente come queste regole vengano rispettate. Questo – vi prego di credermi – non è la cosa più semplice per la mentalità individualista delle persone che fanno il mio mestiere. Finora l’interesse è stato concentrato soprattutto su fenomeni legati ai problemi della criminalità organizzata.
Per venire agli argomenti oggi in discussione, ho chiesto ai procuratori della Repubblica di farmi avere, nei limiti di tempo possibile – la convocazione è arrivata da poco tempo – brevi relazioni, rapporti sintetici sulla situazione esistente, circa il numero dei procedimenti che vengono iscritti come notizie di reato a carico di persone note o persone ignote, perché non ancora identificate all’interno di strutture societarie; di indicarmi i numeri delle cosiddette sopravvenienze.
La materia non è così semplice da identificare perché i criteri statistici non sono così dettagliati da consentire sempre e dovunque l’identificazione dei procedimenti che riguardano i fatti per i quali siamo qui oggi. Mi riferisco in particolare al problema delle malattie professionali.
Esistono al riguardo alcune direttive, emanate dalla procura della Repubblica di Genova quando ancora esistevano le preture, risalenti quindi al 1993, indirizzate a varie entità (uffici pubblici, uffici e comandi di polizia giudiziaria, ma anche strutture dell’amministrazione pubblica locale). Non ho certezze circa il come e il quanto siano state rispettate concretamente nelle prassi dagli uffici interessati, sia della magistratura che delle pubbliche amministrazioni. Esiste anche una nota del procuratore della Repubblica di Sanremo, un collega estremamente attivo, indirizzata agli enti locali, con la quale si sollecita con preoccupazione l’individuazione di uno schema di lavoro per identificare le malattie di origine professionale.
Termino la descrizione del quadro organizzativo, che spero di poter realizzare il prima possibile. Abbiamo acquisito uno schema di collaborazione in materia di infortuni, elaborato dagli uffici giudiziari del Piemonte con le aziende sanitarie locali, e uno schema in materia di malattie professionali adottato dalla procura della Repubblica di Alessandria, nonché un quadro sommario della situazione esistente negli uffici giudiziari. Il procuratore della Repubblica di Genova, insediatosi da pochi mesi, ha debitamente provveduto ad un’individuazione delle esistenze arrivando ad identificare 300 procedimenti riguardanti – spero solo in modo generico – malattie professionali.
La procura della Repubblica di Chiavari mi ha segnalato numerosi casi in cui si sta procedendo tecnicamente per il reato di lesioni colpose relativamente ad alcuni lavoratori esposti all’asbesto nei cantieri navali di Riva Trigoso. Sappiamo che l’insorgenza di queste forme tumorali è particolarmente lenta per cui c’è soltanto da invocare il Padreterno, incrociare le dita e sperare nella buona sorte. Purtroppo si tratta di un fenomeno che può indurre soltanto, nel momento in cui se ne rileva l’esistenza, a meno favorevoli speranze.

PRESIDENTE
Il problema dell’amianto è drammaticamente diffuso. In questi anni, e così sarà probabilmente anche negli anni a venire, ci sono stati dei picchi elevati. Vorremmo tuttavia sapere se esistono sezioni specializzate per quanto riguarda determinate malattie professionali. Sappiamo che l’amianto ha fatto scuola a Torino e ormai si procede per via giudiziaria. Ci è noto, si procede così dappertutto. Indubbiamente la politica non è stata in grado, e non lo è ancora, di dare risposte e fornire dei percorsi per cui il problema resta nelle vostre mani.

MONETTI
Condivido la sua preoccupazione, perché è la politica che deve fornire risposte.

PRESIDENTE
Purtroppo è così, speriamo di cambiare, ma questa al momento è la situazione.
Al momento però ci interessa conoscere la sopravvenienza di nuove malattie professionali in modo che in Italia, tra vent’anni, chi sarà al nostro posto possa affrontare meglio queste problematiche. Nello stesso tempo vorremmo sapere se in relazione agli infortuni sul lavoro ci sono sezioni specializzate, suoi colleghi che si interessano in maniera specifica di questo problema con riferimento alla scena dell’infortunio, così da stabilire un rapporto organico con gli ispettori allo scopo di comprendere meglio come si muove la giustizia in questo ambito.

MONETTI
Ho fatto questa distinzione numerica perché ai nostri fini è essenziale la dimensione degli uffici, signor Presidente. La procura della Repubblica di Genova, fino all’arrivo del nuovo procuratore, aveva inserito questa materia nel gruppo specializzato denominato in gergo «fasce deboli», che include fenomeni eterogenei molti dei quali legati alle violenze endofamiliari. La prima preoccupazione del procuratore di Genova è stata di separare da questa competenza quella riguardante gli infortuni. Per il resto abbiamo uffici con organici ridotti; quello di Chiavari, da me citato per il problema dell’asbesto, è attualmente composto dal procuratore e da due soli sostituti. Questo fornisce un quadro sulla difficoltà di operare. Siamo in una fase in cui gli uffici, di qui a qualche tempo e iniziando da quelli di Chiavari e Sanremo, saranno unificati e da due si ridurranno ad uno. Al momento gli uffici sono composti da 6-8 magistrati per cui non è semplice organizzare la specializzazione.
Uno dei temi in discussione con i miei colleghi è che non posso imporre loro la specializzazione, li devo convincere. Pertanto, sorretto da forte convinzione, ho posto in essere alcuni tentativi finalizzati alla creazione di gruppi o anche individualità, singoli colleghi, cui affidare materie particolarmente importanti così da avere una competenza specializzata.
Questo già esiste a Genova e altrove è in fase di istituzione.

FANELLI
Sono il generale Enzo Fanelli e da questo mese di ottobre ho assunto il comando della Legione Carabinieri Liguria. Ho consegnato agli atti della Commissione un documento in cui sono inseriti i dati che riguardano la nostra attività e quindi eviterò di citarli per risparmiare tempo ma soprattutto per evitarvi la noia dei numeri, che sappiamo tutti non essere così importanti se non per certe conclusioni che cercherò di trarre.
La Legione Carabinieri Liguria ha 4 Nuclei specializzati nel settore dell’Ispettorato del lavoro, i cui responsabili ho portato con me e sono alle mie spalle, sia perché è giusto che apprendano le evoluzioni più recenti nel settore sia perché volevo rappresentare alla Commissione l’impegno e la grande attenzione con cui i nostri marescialli seguono questo settore estremamente specialistico.
Questa struttura specializzata, con una formazione specifica e numericamente limitata, viene però supportata dall’intera organizzazione territoriale. La Legione ha circa 2.500 Carabinieri in organico. Tutte le stazioni sono orientate in modo particolare, grazie anche alla convenzione sottoscritta dai Ministri del lavoro e della difesa, a supportare l’intera attività dei Nuclei Carabinieri ispettorato del lavoro. Quindi, in prima battuta abbiamo i nostri specialisti e successivamente tutti i «sensori» sul territorio che ci permettono di venire a conoscenza in tempi rapidissimi dei fenomeni più significativi. Troverete i numeri di questa attività nella relazione.
Per quanto concerne gli aspetti legislativi, mi preme sottolineare alla Commissione due aspetti essenziali. Il primo riguarda la legge n. 183 del 2010, che ha evidenziato una novità importante estendendo a tutti gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria il potere di diffida nel caso vengano individuate irregolarità nei cantieri. Ciò è importante perché con una formazione specialistica, che stiamo cercando di far arrivare fino al livello oltre il comando di stazione, si riuscirà ad ampliare l’azione di prevenzione essendo la diffida uno strumento fondamentale ai fini della prevenzione.
Il secondo aspetto concerne la limitazione imposta dal Testo unico del 2008 all’attività dei Carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro e degli ispettori del lavoro in generale. Esso, infatti, limita le loro attività ad alcuni specifici ambiti produttivi quali le costruzioni edili, il genio civile, i lavori di costruzione, manutenzione, riparazione e così via, quindi ad un campo estremamente specialistico, lasciando invece alle ASL locali e alle Regioni le competenze più generali riducendo così l’attività di riscontro.
Se questo può essere positivo per quanto concerne la specializzazione e l’evitare sovrapposizioni e duplicati, a mio modesto avviso limita troppo l’attività dei nostri specialisti che hanno invece capacità estremamente più ampie.
Per quanto concerne i dati, al fine di dare un’idea di quanto fatto in questo anno dai nostri marescialli, sottolineo un elemento preoccupante: nel 57,8 per cento delle aziende controllate sono state riscontrate irregolarità. Ciò potrebbe sembrare allarmante, ma il dato va valutato anche in base alla gravità delle irregolarità riscontrate. È vero che esiste questa diffusione, ma è anche vero che potrebbe trattarsi di irregolarità di lieve entità. Soltanto cinque, di tutte le aziende controllate, sono risultate sommerse, l’1,2 per cento, il che ci lascia ben sperare per la situazione generale di legalità del settore cantieri.

PRESIDENTE
Su quante aziende?

FANETTI
Si tratta di cinque aziende su 415, quindi l’1,2 per cento. Numero non elevatissimo. Molto più consolante è l’aspetto relativo al controllo dei lavoratori. Su 1.400 controlli il 71 per cento è risultato regolare e il 19 per cento irregolare, mentre un 10 per cento è risultato essere costituito da lavoratori in nero. Questo è uno spaccato dei primi nove mesi del 2012.
Tra le irregolarità riscontrate ne abbiamo elencate alcune ricorrenti. Purtroppo sono sempre le solite: l’omessa adozione o il mancato utilizzo di precauzioni e protezioni obbligatorie. In moltissimi casi sono proprio queste omissioni a determinare gli incidenti sul lavoro. Altre irregolarità riscontrate sono la carenza di misure tecniche e procedurali, impianti elettrici non conformi, uso improprio di attrezzature e una miriade di ulteriori irregolarità che purtroppo sono poi alla base degli incidenti.
Infine, vorrei richiamare l’attenzione sulla famosa operazione denominata «Mattone sicuro», svolta nel corso degli ultimi anni che ha coinvolto l’Arma territoriale e i Carabinieri preposti alla tutela del lavoro e i cui esiti potrete verificare dai grafici allegati alla documentazione. Anche in questo caso i dati non sono del tutto allarmanti, ma inducono ad una riflessione sull’esigenza di un’azione che, a mio avviso, non deve essere solo repressiva ma incentrata anche sull’aspetto educativo. Mi richiamo quindi all’utilità della diffida che, come sapete, consiste in un invito a regolarizzare certe posizioni per poi riscontrare a distanza di tempo che ciò sia avvenuto. Ciò consente di porre in essere un’azione educativa sull’utilizzo delle varie misure di sicurezza.
Per quanto riguarda i dati generali, abbiamo fatto un’analisi degli ultimi quattro anni, quindi dal 2008 al 2011. Dai dati a nostra disposizione risulta che la situazione è in netto miglioramento. Per quello che riguarda i dati dell’Arma, abbiamo una significativa flessione degli infortuni denunciati e in modo particolare una significativa flessione degli incidenti mortali, che a noi risultano addirittura diminuiti dal 2008 di circa il 50 per cento. Questo sicuramente è un buon risultato, anche se ancora non è sufficiente. Tutto ciò per quanto riguarda i dati di fatto.
Per quanto attiene al futuro, ricco di un’esperienza fatta già in altre aree del territorio nazionale, ho fatto redigere – ed è allegata al documento consegnato – una guida pratica per il controllo nei cantieri. È una guida estremamente utile perché siamo di fronte ad una legislazione abbastanza complessa, non facile, per cui il singolo operatore qualche volta ha difficoltà ad aver presente l’attività materiale che bisogna sviluppare nel controllo di queste realtà. Quindi, avendo redatto una guida estremamente pratica, step by step, su quello che bisogna fare e sulle relazioni che si devono compilare, ritengo che anche a livello stazione, quindi a livello molto periferico, si possa dare uno strumento molto valido per procedere a questi controlli, che – come dicevo prima – secondo me nella fase della prevenzione sono importantissimi.
Sono a disposizione, come i miei collaboratori, per eventuali domande.

PRESIDENTE
La ringrazio, signor generale.
Noi però ci rapportiamo a dati più generali, non soltanto a quelli che voi riuscite a desumere dalla vostra attività specifica. E purtroppo i dati più generali sono di segno, non dico opposto, ma diverso da quelli che lei ci ha fornito: negli ultimi cinque anni, dal 2007 al 2011 (dati INAIL), abbiamo riscontrato una riduzione del 13 per cento degli infortuni, con lo 0,7 in meno di occupati. Però manca un altro dato al quale faccio sempre riferimento, quello delle ore effettivamente lavorate.

FANELLI
Tutto va pesato.

PRESIDENTE
Tutto va considerato, altrimenti – come lei sa – la statistica può ingenerare interpretazioni diverse. Questo fa riferimento a un dato INAIL che riguarda tutti gli aspetti, non solo quelli di competenza dei vostri nuclei presso gli ispettorati del lavoro.
Per quanto concerne invece i casi mortali, la situazione non è molto positiva perché, sempre dal 2007 al 2011, si registra un aumento del 25 per cento di casi mortali (dati INAIL), sempre con un’occupazione a meno 0,7 per cento. La cosa che più ci preoccupa è che i dati non ufficiali ma parziali del 2012 danno un aumento nel numero dei morti. Nei mesi gennaio-settembre 2011 vi sono stati 16 morti, mentre nel corrispondente periodo del 2012 i morti risultano 19, dato che desta preoccupazione.
Credo sia La Spezia, in modo particolare, ad aver determinato questo andamento. Specificamente nel 2012 si sono verificati sette morti a Genova, sette a La Spezia, quattro a Savona e uno a Imperia. Questi dati ci lasciano pensare che bisogna fare ancora molto.
Questa Commissione ha seguito con interesse, fin dall’inizio, la prima intesa che fu fatta con il vostro comando, la prima struttura di gestione a livello nazionale con questa presenza di Carabinieri specializzati presso gli Uffici provinciali del lavoro; quindi gli Ispettorati del lavoro con una migliore organizzazione e con l’Italia divisa in tre parti, fino ad arrivare ad un’unica dirigenza. Abbiamo seguito con grande attenzione la vostra attività e vi ringraziamo del supporto molto significativo che ci state dando. Ancor più , sulla base delle ultime normative alle quali lei faceva riferimento, abbiamo la fortuna, grazie alle vostre stazioni, di poter disporre di una rete capillare su tutto il territorio. Questo è un elemento molto importante, che ci aiuta, però indubbiamente dobbiamo valutare meglio la situazione.
Noi ci stiamo interrogando molto per capire se vi sono dei problemi nella legislazione, se vi è necessità di un’organizzazione diversa, di un coordinamento diverso, anche se dobbiamo dire con grande soddisfazione che, dopo aver sentito i rappresentanti della Regione che sono intervenuti prima di voi, abbiamo avuto notizie positive secondo cui il comitato di coordinamento regionale è ben strutturato e che l’attività svolta è abbastanza condivisa tra tutti i soggetti. Però nonostante tutto non viene data quella spinta necessaria, per cui è nostro interesse approfondire meglio la questione, pur in considerazione degli impegni di tutti, delle attenzioni manifestate dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento.
Alla fine, quando si valuta il dato dall’interno, se si pensa all’indice di occupati (che già sono un po’ di meno), se si pensa alle ore lavorative (che sono sicuramente molte di meno) e si vede che la percentuale di infortuni è diminuita, alla fine quel 13 per cento, togliendo la tara, magari è molto meno. Pertanto bisogna continuare a prestare un’attenzione particolare al problema, perché il problema esiste, non l’abbiamo risolto.
Sono previsti questi compiti particolari delle Regioni per un motivo molto semplice, signor generale, in quanto in tale materia vi è una competenza concorrente tra Stato e Regioni. Quindi tutto ciò che è rimasto, il segmento (che non è poco) delle costruzioni, in capo al Ministero del lavoro, con i funzionari territoriali e nella fattispecie gli ispettori – e quindi i vostri nuclei – deriva da una struttura nazionale.
Insomma, il confronto tra noi su questo grande problema è importante. Sono momenti in cui da parte nostra è possibile ascoltare le vostre indicazioni, ma altrettanto lo è per voi ricevere da noi delle notizie, altrimenti questi incontri non servirebbero). In effetti, le Regioni più virtuose, come la Regione dove ci troviamo oggi, a differenza di quelle che invece hanno tempi più rallentati – la situazione è a macchia di leopardo, senza particolari distinzioni tra Nord e Sud – rappresentano un modello importante di riferimento, per le politiche regionali che adottano su questo tema.
Per esempio, anche l’Arma segue politiche a livello nazionale su questo tema. Lo stesso vale per gli ispettori del lavoro, che sono chiamati ad applicare direttive e priorità provenienti dal Ministero del lavoro che in qualche modo si debbono coniugare invece con le logiche di gestione a livello di singole Regioni, che sono la magna pars in queste attività. Parliamo di politiche sicuramente entro i limiti della propria Regione, addirittura nei collegi regionali, e della possibilità di disporre di leggi regionali ad hoc.
Quindi, è compito della Commissione portare avanti un grande dibattito per cercare di dare risposte opportune perché spesso la sovrapposizione o la pluralità di soggetti comporta indicazioni diverse. I Vigili del fuoco hanno una loro organizzazione, una loro logica, un loro modo di gestire così come gli ispettori dell’INAIL, che seguono procedure stabilita a livello nazionale. Lo stesso dicasi di quelli dell’INPS.
Abbiamo posizioni che non è il caso di esternare in questa sede, ma stiamo costatando che forse una maggiore attenzione della politica e del Parlamento è necessaria su questo tema. Le relazioni annuali che svolgiamo, che dibattiamo e che votiamo parlano ampiamente di questo tema, e dato che ci stiamo avviando alla relazione conclusiva, considerato che la legislatura sta terminando, daremo ancora maggiore espressione a questa esigenza. Quindi anche il confronto sul territorio ci è utile e ci conforta nello svolgimento al meglio della nostra iniziativa.

FANELLI
La mia osservazione non era da intendersi come un rilievo, ma come un volersi mettere a disposizione personalmente.

PRESIDENTE
Era una constatazione, l’ho capito benissimo, però mi è sembrato giusto stabilire anche un dialogo tra noi, perché non si può solamente ascoltare. Giustamente voi vi chiederete cosa fa il Parlamento.
Adesso ci state chiedendo: voi che fate? Come riflettete su questo tema? Che pensate di questo tema? È un’occasione per dirci le cose che pensiamo.

MONETTI
Presidente, mentre lei citava queste cifre pesantissime riguardanti il 2012, ho dato una scorsa ai miei appunti, per cui le volevo chiedere, quando parlava di Genova, se si riferiva anche all’intera Provincia?

PRESIDENTE
Sì.

MONETTI
Purtroppo allora i dati coincidono con i miei, perché io ho calcolato che fra Genova e Chiavari, che si trova in Provincia di Genova, si arriva purtroppo a sette.

PRESIDENTE
Quindi, è anche un’occasione per conoscerci, per avviare un colloquio tra noi, per avere ulteriori vostre indicazioni e mantenere un rapporto aperto.

RIGGIO
Sono Renato Riggio, direttore regionale dei Vigili del fuoco. Anche noi abbiamo preparato una piccola memoria che vi consegneremo.
La sua ultima osservazione ha fatto sì che il mio collega rimarcasse l’aspetto delle direttive ministeriali e che ci chiamano ad un confronto con le realtà locali. Ci è capitato proprio di recente questo scambio di dati con le Regioni, e abbiamo chiesto prima il benestare del Ministero.
I Vigili del fuoco sono organizzati nella Direzione regionale, di cui io sono rappresentante, e nei quattro comandi. Le nostre attività ispettive nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro derivano dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, però la funzione di polizia giudiziaria, come saprete anche delle precedenti audizioni degli altri colleghi, è a competenza limitata solo nel settore della sicurezza antincendio e contro le esplosioni.
Come Direzione regionale, abbiamo il coordinamento dell’attività di vigilanza svolta dai comandi provinciali e la gestione dei nuclei specialistici di assistenza alle aziende, però in tale settore deve ancora essere emanata la normativa prevista dal decreto legislativo n. 81.
Inoltre la Direzione regionale di cui mi occupo da un paio di anni, ai sensi del DPCM 21 dicembre 2007, partecipa attivamente ai lavori del comitato regionale di coordinamento, nonché a quelli dell’ufficio operativo.

PRESIDENTE
Mi può fare una sua riflessione sulle attività sia del comitato regionale di coordinamento, sia dell’ufficio direttivo?

RIGGIO
La prima impressione è positiva. Si è attivato nel 2008.

PRESIDENTE
Questo dato lo abbiamo.

RIGGIO
Noi siamo un po’ diversi rispetto agli altri enti che partecipano.
Ho pregato il collega di accompagnarmi in quanto partecipa a tutti e due gli organismi collegiali, quindi eventualmente può essere molto più esaustivo di me. Il collega evidenziava il fatto che l’approccio che noi abbiamo nei confronti della sicurezza sul lavoro è rivolto verso l’attività, il luogo di lavoro, l’edificio, le predisposizioni, mentre l’attenzione degli altri enti che partecipano a questa attività è più che altro rivolta alla ditta. Tanto per fare un esempio: noi guardiamo ai luoghi di lavoro; loro guardano alla regolarità dei contributi INPS, ragion per cui l’ottica è leggermente diversa, ma comunque questo non ci impedisce di lavorare.

PRESIDENTE
Si decidono strategie?

RIGGIO
Certo, tanto è vero che è stato attivato il gruppo di lavoro, al quale abbiamo partecipato, per le attività lavorative in ambienti confinati (ci sono stati diversi incidenti all’interno di silos, di serbatoi). Quindi, da quanto ne so io, si tratta di un’attività abbastanza fiorente.
Dal 2008 ad oggi l’ufficio operativo si è riunito 16 volte, il comitato di coordinamento 14; quest’anno vi sono state tre riunioni del primo e tre del secondo, e domani è prevista un’ulteriore riunione sia dell’uno sia dell’altro. Quindi, le attività vengono svolte.
L’ingegnere Delucchi qui presente è delegato della Direzione dall’inizio del 2008, prima come supplente e poi come titolare, e devo dire che svolge la sua attività con molto entusiasmo.
Per quanto riguarda le verifiche ispettive, abbiamo il campo delle attività soggette alle disposizioni del Testo unico n. 81 e le attività soggette alla prevenzione incendi. Per fortuna, hanno una zona di sovrapposizione che ci permette di meglio coordinare tali attività.
La prevenzione incendi e la verifica dell’osservanza delle norme scaturiscono o a richiesta, perché il titolare, l’esercente ha bisogno del certificato di prevenzione incendi, o da atti connessi con il decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011, da esposti, dall’attività di estinzione degli incendi in cui ci troviamo a fare sopralluoghi.

PRESIDENTE
A prescindere dalle emergenze, svolgete attività ispettive?

RIGGIO
Sì, a seguito delle pianificazioni ministeriali e dei servizi di vigilanza. Ogni anno il Ministero ci manda direttive, probabilmente concordate con altri Ministeri, che in parte scaturiscono dalle statistiche. Noi infatti facciamo una statistica al livello nazionale sugli incidenti e sugli incendi; quindi, si prendono di mira quelle attività che sembrano particolarmente rilevanti in base alle ultime evenienze. Cito solo le attività ispettive di quest’anno che stiamo avviando: nel settore agricolo, presso gli impianti fotovoltaici, in luoghi dove si impiegano sostanze esplodenti (nel passato, in scuole, ospedali e centri commerciali).
Un’altra attività che ritengo utile segnalare è quella della formazione degli addetti alla sicurezza, in base alle disposizioni del decreto legislativo n. 626 del 1994 e oggi del Testo unico n. 81. Al momento non ho i numeri, ma comunque le persone che vengono formate e abilitate alla sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro sono migliaia.
Se mi permettete qualche osservazione, noi abbiamo anche il settore industrie a rischio d’incidente rilevante, che concerne la sicurezza dell’intera popolazione lavorativa all’interno dell’industria e la popolazione esterna. Saprete che il decreto-legge n. 95 del 2012 chiude tutti gli organismi collegiali, cosicché la competenza legislativa in materia di rischi di incidenti rilevanti ritornerà alle Regioni, così come previsto dal decreto legislativo n. 112.
C’è una tendenza della normativa alla liberalizzazione, chiaramente per favorire lo sviluppo e la crescita. L’esempio è il già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 151, che liberalizza alcune industrie: secondo la tendenza anglosassone, si rilascia all’esercente o al consulente dell’esercente la dichiarazione-certificazione che tutto è regolare rispetto alle norme, mentre nel passato c’era la necessità del controllo per il rilascio del certificato. Quindi, naturalmente se da una parte si agevola lo sviluppo industriale e commerciale, dall’altra si attenua l’attività di controllo dell’autorità pubblica, dei vigili del fuoco.
L’Italia attualmente è uno dei Paesi con il minor numero di incidenti derivanti da incendio in Europa e nel mondo, proprio grazie a questa capillare attività dei Vigili del fuoco, che operano su tutto il territorio nazionale nella prevenzione incendi, che è abbastanza stringente.
Il punto debole – come Parlamento potete forse fare qualcosa in tal senso – è dato dal fatto che abbiamo impegni su molti fronti. Il Ministero, come dicevo, ci chiede campagne di ispezione che a volte non riusciamo ad onorare. Faccio qualche esempio: l’anno scorso, a causa dell’alluvione, per tre mesi abbiamo chiuso ogni tipo di attività perché ci siamo dovuti dedicare all’emergenza. Anche quest’anno il terremoto dell’Emilia ci ha portato via tutti i funzionari; c’era un’alternanza per le verifiche di stabilità. Attualmente c’è una situazione di emergenza, ragion per cui, date le carenze di organico, non sempre riusciamo ad onorare i programmi di lavoro.

PRESIDENTE
Ingegner Delucchi, può descriverci la sua esperienza nel comitato di coordinamento regionale in questi anni?

DELUCCHI
A mio avviso si tratta di un lavoro positivo perché permette di mettere a fattore comune tutte le esperienze di chi opera sul territorio, in particolare per quanto riguarda l’ufficio operativo, che mette in contatto tutti quegli attori che si occupano di vigilanza sulle attività lavorative e consente di scambiare informazioni, di poter programmare anche attività che possono essere fatte in maniera congiunta attraverso gli uffici territoriali previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2007. Noi abbiamo cercato di sensibilizzare il nostro personale che partecipa a questi uffici territoriali a scambi più fitti anche sul territorio con programmi concreti e visite congiunte. È un lavoro in itinere.

PRESIDENTE
È in corso d’opera.

DELUCCHI
Sì, esattamente. Si deve, secondo me – è la mia opinione convinta – sviluppare sul territorio, e penso che sia la soluzione a parecchi problemi, anche perché esistono diversi punti di vista. Come diceva l’ingegner Riggio, le difficoltà iniziali sono state dovute al fatto che mentre noi guardavamo all’attività, al locale, per esempio le ASL parlavano di aziende. Prendiamo l’esempio di una catena di supermercati: per loro sono un’unica azienda; per noi sono 10, 20, 30. Quindi, ci troviamo di fronte a situazioni in cui bisogna fare coincidere i dati anche ai fini delle ispezioni; le azioni che si fanno su un settore devono poter partire da dati che siano confrontabili. Questo è il mio parere, e ne ho parlato nell’ufficio operativo: è importante riuscire a trovare un sistema comune di azione, secondo me, e portarlo soprattutto sul territorio con gli organismi territoriali previsti dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che costituiscono il punto dove si può programmare sul territorio una certa attività.
Ci sono poi altre attività interessanti, come studiare taluni fenomeni. Ho partecipato ad un gruppo di lavoro che studiava lavori in ambienti confinati (in tal senso, la normativa, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 2011, può avere sviluppi interessanti) ma soprattutto ci siamo occupati di informazione, il problema a mio avviso più rilevante. Ho portato sempre le mie esperienze e credo che tutto quanto si fa in relazione all’informazione incide non soltanto sulle aziende, perché alcune sono organizzate e forniscono loro direttamente informazione, ma anche su chi (e non mi riferisco tanto alle attività lavorative che possono essere regolamentate, e lo sono) si trova in ambiti pericolosi in quanto confinati ad altro titolo; cosa che noi riscontriamo molto spesso nell’attività di soccorso pubblico. Quindi, le esperienze di ognuno portano a produrre iniziative; per esempio, per gli ambienti confinati abbiamo fatto una giornata di lavoro con le ASL e con chi va a fare materialmente le ispezioni per dare le informazioni che riguardavano le novità normative, ma anche le cognizioni tecniche necessarie.

PRESIDENTE
È una fase di studio continuo, diciamo.

DELUCCHI
Per forza. Però è necessario che gli organismi territoriali siano incisivi sul territorio, e possono esserlo.

PRESIDENTE
Ingegner Delucchi, fermo restando che ci fa piacere che questa Regione segua con interesse e attenzione questo tipo di attività, le chiedo: le riunioni, gli incontri che fate sono produttivi? Danno qualche risultato? Danno luogo ad elementi di chiarimento? Accelerano processi dinamici o no? Al di là del dato numerico (ci si può riunire anche 100 volte anziché 14 o 16) alla fine si coglie l’utilità, e quindi una conseguente dinamicità? Ormai è da più di quattro anni che è stato costituito il comitato di coordinamento. In estrema sintesi, eviti di parlare in politichese perché già lo facciamo noi; non giri intorno alla questione.

DELUCCHI
Se gli organismi territoriali funzionassero in maniera incisiva sul territorio, sì. Bisogna renderli operativi; funzionano parzialmente: alcuni sì, altri no.

PRESIDENTE
Ha detto tutto.

FOSSON
Ingegner Delucchi, c’è un rapporto tra il comitato di coordinamento regionale e quello centrale, o è da costruire?

PRESIDENTE
Noi ci stiamo molto interessando al funzionamento di quel coordinamento nazionale previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 81. In effetti, basiamo tutto su due pilastri, su cui abbiamo costruito questo provvedimento: il coordinamento provinciale non deve essere finalizzato solo a realizzare incontri con gli altri soggetti per sapere come ciascuno la pensa, ma deve avere effetti dinamici. Allo stesso modo il coordinamento nazionale, presieduto dal Ministro del lavoro e di cui fanno parte in modo paritetico i rappresentanti dei Ministeri e delle Regioni, deve analizzare le varie situazioni e prospettare soluzioni. Devono pertanto essere a conoscenza di elementi e dati per poter operare insieme.
Tuttavia, dato che, apertis verbis, a noi sembra che tutto questo non stia funzionando, stiamo cercando di avanzare delle proposte per agire correttamente in questo senso. Per tornare a quanto diceva il collega Fosson, vorremmo capire se esiste un’interlocuzione tra il vostro coordinamento e quello nazionale.

DELUCCHI
Per quanto concerne i Vigili del fuoco, tale coordinamento è dato dalla pianificazione ministeriale che utilizza le indicazioni sul coordinamento di cui all’articolo 5. Anche a noi quest’anno, per la prima volta, hanno dato come obiettivo, nell’ambito delle attività di vigilanza che svolgiamo autonomamente e qualche volta congiuntamente agli organismi territoriali, la realizzazione degli indirizzi generali di coordinamento dell’articolo 5: edilizia, agricoltura e altre attività che il Ministero ha ritenuto sensibili in tema di rischio.

PRESIDENTE
Voi ricevete indicazioni dal Ministero, da cui dipendete gerarchicamente, e lo stesso vale per il comando generale dei Carabinieri e per le altre strutture. Il discorso dell’articolo 5 appare piuttosto complesso e occorre capire come si colloca in tutto questo. In proposito stiamo svolgendo un’indagine. (Rischiamo infatti di avere indicazioni da parte del Ministero, che non passano attraverso l’articolo 5. In ogni caso, poiché c’è confusione intorno all’articolo 5, è difficile che si determini un conflitto). Stiamo cercando di accendere un faro su tale questione per cercare di chiarire il meccanismo e avanzare una proposta nei prossimi giorni. Il Ministero agisce per conto proprio e poi comunica il suo operato ai sensi del coordinamento di cui all’articolo 5, ma anche gli altri vanno per proprio conto richiamandosi parimenti all’articolo 5. In conclusione il procedimento non è chiaro. Di fatto, l’articolo 5 riguarda i Ministeri per cui in realtà il processo è contrario. Questo è quanto stiamo rilevando. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del direttore regionale dell’INAIL, del vice direttore regionale del lavoro, del presidente dell’autorità portuale e del comandante della capitaneria di porto di Genova

Intervengono il direttore regionale dell’INAIL, dottoressa Alessandra Lanza, accompagnata dal dirigente medico, dottor Claudio Calabresi, il vice direttore regionale del lavoro, dottor Paolo Righi, accompagnato dal direttore della Direzione provinciale del lavoro di Savona, dottor Marco Quadrelli, il presidente dell’autorità portuale di Genova, dottor Luigi Merlo, accompagnato dal dirigente del settore ambiente, dottor Giuseppe Canepa, e il comandante della capitaneria di porto di Genova, ammiraglio ispettore Felicio Angrisano, accompagnato dal capo ufficio studi e assistente ammiraglio, capitano di corvetta Giovanni Calvelli.

PRESIDENTE
La nostra Commissione si trova oggi a Genova per concludere un’indagine che ha visto coinvolte tutte le Regioni d’Italia. Con la Liguria stiamo completando il quadro, trattandosi della penultima Regione che visiteremo. Scopo di questi incontri è avere un quadro più esatto di quanto è accaduto dopo l’introduzione del decreto legislativo n. 81 del 2008, sia per quanto concerne le disposizioni applicate, sia per le molte disposizioni ancora disattese. Si tratta anche di un’occasione di confronto sul piano istituzionale con i soggetti che operano sul territorio al fine di uno scambio di riflessioni sui temi che questa Commissione porta avanti.
Fin dalle prime missioni abbiamo ritenuto valido questo modo di procedere: andare sul territorio, incontrare le varie istituzioni e porre in essere un confronto sereno, libero e franco che ci permettesse di capire meglio come stanno le cose e nel contempo di spiegare ai soggetti che operano sul territorio ciò che stiamo cercando di fare.
Oggi siamo a Genova proprio per questo motivo. Pertanto chi desidera intervenire può farlo liberamente senza che sia necessario seguire alcun ordine.

LANZA
Sono la direttrice dell’INAIL regionale. In merito all’applicazione del decreto legislativo n. 81, ho constatato che nella nostra Regione si è realizzata una notevole attività di rete fra gli enti coinvolti nelle tematiche della prevenzione e della sicurezza. Mi riferisco in particolare alle Regioni, grazie anche all’attivazione del comitato di coordinamento ex articolo 7, che in effetti in Liguria è stato attivato quasi immediatamente dopo l’emanazione del decreto e di cui riscontriamo un funzionamento non solo formale ma fattivo in ordine alle iniziative messe in campo congiuntamente con gli enti (Direzione regionale del lavoro) e le parti sociali, Regioni e ASL.
Da questa intensa attività di raccordo sono scaturite iniziative in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro anche per il nostro Istituto. Per esempio, per quanto concerne il settore dell’edilizia, critico sia a livello nazionale che regionale, in attuazione del piano nazionale di prevenzione dell’edilizia è stata messa in campo una capillare campagna di informazione per la prevenzione dei rischi. Detta campagna ha avuto una diffusione capillare tramite opuscoli, manifesti e iniziative mediatiche. L’aspetto positivo concerne le modalità di attuazione di questa campagna, nel senso che la parte delle risorse economiche e quindi dei contributi messi in campo per l’attuazione dell’iniziativa è stata condivisa e declinata attraverso tavoli di coordinamento tra INAIL, Regione e Direzione del lavoro che, passo per passo, hanno potuto esaminare i passaggi essenziali dell’iniziativa per arrivare in maniera capillare a tutti i lavoratori del settore edile, coinvolgerli e renderli edotti sui principali rischi ed infortuni del settore per gravità, tipologie e frequenza.
Vi sono state poi altre iniziative come quella concernente il sistema di sorveglianza in materia di infortuni mortali tra INAIL e ASL. Tra l’altro il dottor Calabresi è coordinatore nazionale e a livello statistico possiede un quadro completo della situazione sia a livello regionale che nazionale. Personalmente, quindi, mi trovo di fronte ad un quadro positivo che sta funzionando nei termini descritti.

PRESIDENTE
Ci fa piacere. Per quanto riguarda le malattie professionali, al di là di quelle tabellate, con riferimento alle nuove insorgenze avete un quadro di richieste contenuto o ci sono elementi nuovi?

LANZA
Si è riscontrata una diminuzione delle denunce di malattie professionali nel quadriennio 2007-2011. Attualmente sono meno di 900 (circa 850) le malattie professionali denunciate in Liguria. I settori sono sempre peculiari: edilizia, settore delle costruzioni e trasporti. La tipologia prevalente è quella delle malattie professionali asbesto correlate. Comunque, sotto il profilo del numero delle denunce si riscontra un trend positivo. Negli anni precedenti le denunce erano più di 900, in taluni anni quasi 1.000, successivamente si è registrato un decremento.

RIGHI
Mi chiamo Paolo Righi, vicario del direttore regionale, attualmente fuori Genova, che ha delegato a rappresentarlo in questa sede il dottor Quadrelli, direttore della Direzione territoriale del lavoro di Savona e quindi rappresentante di un ufficio operativo sul territorio, e il sottoscritto.
L’attività delle Direzioni del lavoro consiste essenzialmente in compiti di vigilanza in materia di prevenzione di infortuni e sicurezza sul lavoro in determinati settori, principalmente quelli della cantieristica e delle costruzioni, e in altri, più marginali, nei quali vengono utilizzate sostanze radioattive o macchine radiogene. Naturalmente la parte preponderante della nostra attività è costituita dalla vigilanza in materia di regolarità dei rapporti di lavoro con un focus particolare alla lotta contro il lavoro nero.

PRESIDENTE
La direttrice dell’INAIL poco fa ha parlato del funzionamento del comitato di coordinamento regionale. Qual è la vostra opinione al riguardo?

RIGHI
Partecipiamo attivamente a tutte le iniziative di coordinamento, che in materia di sicurezza del lavoro sono in capo alla Regione Liguria. Facciamo parte, con il direttore regionale, del comitato ex articolo 7, di cui sono membro supplente, e dell’ufficio operativo, composto dagli organi di vigilanza. Sono stati da poco costituiti anche gli uffici territoriali che si devono ancora riunire perché la delibera della Giunta è recente.

PRESIDENTE
Si riferisce agli uffici provinciali?

RIGHI
Penso sia più appropriato definirli territoriali in quanto in provincia di Genova sono presenti due ASL e quindi due uffici operativi territoriali. Inoltre, sulla base di quanto accaduto a livello nazionale, la Regione ha istituito una cabina di regia in materia di edilizia di cui facciamo parte. Abbiamo partecipato anche a tutti i progetti di pubblicizzazione della legalità rivolti alla popolazione nel suo insieme, compresi alcuni spot mediatici.

PRESIDENTE
Siete coordinati con gli altri soggetti per le visite ispettive? In sostanza, vorremmo sapere se siete informati delle attività svolte dagli ispettori del Ministero del lavoro e viceversa.

RIGHI
Sì, questo coordinamento avviene, ma attraverso modalità diverse a seconda delle forze di cui dispongono gli uffici e dell’entità dei cantieri. Talvolta ci dividiamo il territorio e se si devono controllare cantieri di grandi dimensioni si procede ad ispezioni congiunte con l’INAIL, sebbene la forza ispettiva dell’INAIL non sia molto consistente. Abbiamo anche una buona collaborazione con l’Arma territoriale dei Carabinieri attraverso i Nuclei Carabinieri dell’Ispettorato del lavoro. Invece, in materia di lavoro irregolare e lavoro sommerso (non so se questo aspetto può interessarvi), il coordinamento è in capo innanzitutto al Ministero, alla Direzione generale dell’attività ispettiva, ma a livello territoriale, per quanto riguarda gli indirizzi di carattere generale, alla Direzione regionale del lavoro, quindi a noi, che riunisce periodicamente la commissione di coordinamento in materia di vigilanza e, a livello provinciale, dopo che a livello regionale sono stabilite le modalità operative più generali, si riuniscono periodicamente i CLES (comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso).

PRESIDENTE
È la vostra attività.

MARAVENTANO
Volevo sapere se le decisioni per effettuare i vari controlli vengono prese da tutti voi in sede di riunione di coordinamento.

RIGHI
In sede di riunione di coordinamento a livello regionale, come ripeto, vengono fissate le linee più generali; poi a livello territoriale il direttore della Direzione territoriale e il direttore dei servizi PSAL decidono in concreto se ad esempio dividersi i territori e i cantieri per tipologia.

PRESIDENTE
Quanto lei dice avviene?

RIGHI
Sì. Volevo appunto rimarcare la differenza...

PRESIDENTE
Noi vogliamo capire bene; avendo più soggetti che operano sullo stesso settore, volevamo capire se la mano destra sa quello che fa la mano sinistra, perché spesso non è così. Ecco perché ci stiamo soffermando su questo aspetto. A me sembra molto sublime questa cosa, cioè che tutto quello che sa uno sa l’altro, però se lei mi dice che è così va bene, perché esistono anche gli angeli. Se è così, va bene.

RIGHI
Anche tenuto conto dei numeri, che non sono molto elevati...

PRESIDENTE
Ma soprattutto per i numeri, che non sono elevati, bisognerebbe sempre lavorare insieme. Se succede, ne siamo felici.

CALABRESI
Non sempre è andata così; da alcuni anni va meglio.

PRESIDENTE
Già è più realistica la cosa. Però l’ottimismo è l’arma per uscire dalla crisi.

MARAVENTANO
Attualmente funziona?

RIGHI
Attualmente funziona grazie anche probabilmente all’istituzione del comitato di coordinamento.

PRESIDENTE
Quanti ispettori tecnici avete?

RIGHI
Si contano sulla punta delle dita.

QUADRELLI
Per quanto riguarda la Direzione territoriale di Savona, abbiamo due ispettori tecnici.

PRESIDENTE
Quanti ve ne sono in generale nella Regione?

RIGHI
Nove.

PRESIDENTE
Invece di ispettori amministrativi quanti ne avete? Cento?

RIGHI
Sicuramente un centinaio, però va fatta una precisazione. Da svariati anni non vengono banditi più concorsi per funzionari amministrativi. In deroga al blocco delle assunzioni, nella nostra amministrazione sono entrati esclusivamente ispettori del lavoro. Dovendo però gestire anche altre branche dei nostri uffici, come l’ufficio gestione risorse umane e finanziarie, l’ufficio legale, l’ufficio vertenze di lavoro, alcuni ispettori, che sono gli unici di carriera ex direttiva che possono svolgere questi compiti e hanno professionalità e un titolo di studio adeguato, devono essere distolti dall’attività ispettiva. La forza sul campo è costituita da 70-80 ispettori in tutta la Regione.

PRESIDENTE
Noi dovremmo favorire la mobilità tra ispettori – e voi, come Direzione regionale, mi auguro che lo facciate o lo farete – per avere più ispettori tecnici, perché la mobilità l’avete. È vero che non si assume (abbiamo fatto lotte furibonde per far assumere gli ultimi 700, finanziaria per finanziaria), però credo che ci dovreste aiutare in questo processo, tenuto conto delle altre esigenze che vi sono e che lei pure richiamava, perché questo rapporto è sperequato, è uno a dieci.
Vi ringrazio per quello che farete.

MERLO
Sono Luigi Merlo, presidente dell’autorità portuale di Genova. Anche noi lasceremo una memoria.
Da questo punto di vista, forse è interessante la specificità. Credo che ci sia stata già un’audizione, per l’associazione Assoporti, con il mio collega Massidda.
Per quanto riguarda l’applicazione sul sistema portuale, il decreto legislativo n. 81 a Genova ha una caratteristica peculiare, perché oltre ad aver sottoscritto il protocollo d’intesa, abbiamo sottoscritto un accordo territoriale aggiuntivo con l’aiuto dell’autorità di competenza dal punto di vista della vigilanza e soprattutto con l’ausilio di ASL e capitaneria di porto, che ha consentito di coinvolgere maggiormente sia le organizzazioni sindacali che quelle datoriali.
Abbiamo agito su due fronti: sull’intensificazione delle procedure di formazione continua dei lavoratori portuali e sul vincolo di autoregolamentazione dei soggetti che gestiscono e che hanno responsabilità diretta nelle operazioni portuali, ossia i terminalisti, per ottenere la certificazione OHSAS 18001 dal punto di vista delle procedure di sicurezza.
Questo percorso di autoregolamentazione aggiuntiva rispetto al quadro normativo sta dando risultati significativi. Non so se la Regione, per conto della ASL, abbia fornito i dati di analisi (altrimenti ve li faremo avere) sull’andamento in questi anni post accordo territoriale, comunque si è determinata una diminuzione significativa degli incidenti gravi e si è attivato un rapporto costruttivo molto particolare, anche dal punto di vista di una safety diffusa in un ambito portuale in cui operano direttamente 11.000 persone e indirettamente altre 37.000, in un luogo di lavoro che si estende su 22 chilometri (per cui è molto ampio) e in cui si lavora tutti i giorni, 24 ore al giorno.
Essendo diversi i soggetti che hanno responsabilità, abbiamo anche introdotto una forma di facilitazione: attraverso i nostri ispettori abbiamo individuato la funzione proprio di facilitatore nel rapporto tra datori di lavoro e lavoratori e sono stati eletti i responsabili di sicurezza di area che si aggiungono ai responsabili di sicurezza di ambito. Laddove ci sono delle situazioni di controversia, insieme alla ASL e con l’ausilio – quando è necessario – della capitaneria, si interviene per garantire la sicurezza di alcune operazioni di carattere portuale.
L’unico ambito sul quale c’è grande discussione anche all’interno della legge di riforma che è stata approvata in Senato, ora in discussione alla Camera, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (è l’occasione che mi consente di lasciare la parola all’ammiraglio Angrisano), concerne quella linea sottile tra attività di lavoro portuale di terra e lavoro portuale marittimo, in particolare il cosiddetto rizzaggio e derizzaggio. Questo è un tema oggi molto complesso, perché le operazioni che si connettono a questo pezzo di ciclo produttivo sono quelle che risultano ancora essere a maggior rischio ed a maggiore pericolosità, perché hanno elementi aggiuntivi di soggetti operatori diversi. È un elemento anche questo molto dibattuto, che non ha trovato una definizione precisa e puntuale dal punto di vista normativo; ne stiamo discutendo anche all’interno della legge di riforma e rappresenta ancora l’anello di criticità. La perfezione sta nell’avere dotazioni organiche corrette sia a bordo che a terra ed avere ugualmente una formazione specifica dal punto di vista delle procedure di sicurezza rispetto alle diverse categorie di personale.

ANGRISANO
Sono Felice Angrisano, comandante del porto di Genova.
È chiaro che le esigenze della nave, le esigenze di questo posto particolare, che è luogo di lavoro e di vita dei marittimi, e soprattutto la specialità del diritto della navigazione sulle altre norme dispositive hanno fatto sì che i decreti a cui faceva rinvio l’articolo 3 del decreto legislativo n. 81 non abbiano ancora visto la luce. L’ultimo termine scadrà il 31 dicembre, per cui questo decreto, che deve coordinare le esigenze del provvedimento con le esigenze di un luogo particolare qual è la nave, dovrebbe poi finalmente trovare attuazione concreta.
Per quale motivo è difficile trovare una soluzione? Perché la nave di per sé è sottoposta ad un regime normativo che non è solamente nazionale ma anche europeo ed internazionale, ed il migliore criterio per poter prevenire incidenti a bordo è quello di realizzare, costruire, pensare le navi come luogo di lavoro già funzionale alla sicurezza del lavoratore. Questo è il primo elemento.
La cura che poi viene posta a carico dei marittimi a bordo della nave fa registrare per il porto di Genova un decremento degli infortuni di circa il 69 per cento riferito al periodo fino al 31 ottobre scorso. Questo dato vuole significare che c’è una sicura maggiore presa di coscienza del problema da parte degli armatori, dei comandanti delle navi, degli stessi lavoratori, anche attraverso un regime di orario di lavoro a bordo che è stato ormai codificato e rispettato.
Come incidenti gravi che hanno portato l’inabilità del lavoratore marittimo superiore a 30 giorni ne abbiamo registrati solamente quattro quest’anno. Tutti gli altri sono di lieve entità, da due fino a venti giorni, poi scatta tutta la forma di assistenza del lavoratore nel periodo di inabilità al lavoro. Il fattore umano è quello che incide maggiormente sull’incidente del lavoratore.
Come capitaneria di porto facciamo parte, a giusto titolo, del comitato di igiene e sicurezza sul lavoro dell’attività portuale. Il lavoro che stiamo facendo insieme agli altri operatori, soggetti attori di questo mondo, è soprattutto quello di stimolare l’attenzione del lavoratore sia a bordo che a terra.
Personalmente, proprio per quelle operazioni di rizzaggio e derizzaggio di cui parlava il presidente Merlo, ho chiesto ai collaboratori che sono in porto un dialogo preventivo per chi va a bordo perché, a parte le norme, non ci possiamo permettere, per mantenere vigile lo stato di attenzione, di abbassare quel gradiente di sicurezza. Quindi vi è proprio uno stimolo ad evitare che l’abitualità del lavoro possa essere un elemento negativo della sicurezza; uno stimolo costante, che credo abbia portato degli ottimi risultati.
I rapporti con la ASL e la società marittima, che sono il completamento degli attori della vigilanza, è ottimo, produttivo e soprattutto questa interfaccia che lega gli addetti dell’attività portuale finora sta rispondendo veramente molto bene. L’augurio è che il nuovo provvedimento, se dovesse vedere la luce, sappia ben contemplare le esigenze del Testo unico n. 81, non tanto nelle finalità, negli scopi della propria impostazione, quanto soprattutto nell’applicazione pratica, che deve tener conto di esigenze talmente particolari che non hanno ancora consentito a questo provvedimento di vedere la luce. Le autorità marittime, quindi, sono pronte a continuare a fare il loro lavoro partendo da una visione generale come la sicurezza della navigazione, che incide, influenza e corrobora la tutela del lavoratore.

PRESIDENTE
Come prima è stato richiamato dal direttore, abbiamo avuto l’esigenza di sentire gli esponenti di Assoporti per cercare di meglio comprendere queste problematiche. Oltre al fatto di stare in attesa che si definiscano i provvedimenti in itinere ai quali lei faceva riferimento, signor ammiraglio, si tratta di capire anche se vi deve essere una capacità attiva nel momento in cui si rilevano procedure anomale o infrazioni. In caso contrario, a nostro avviso, rimane questo grande limite, perché dovete chiamare l’azienda sanitaria, quindi, non c’è una definizione; pur essendo un territorio ben definito, manca questo aspetto, ragion per cui dovremmo lavorarci per garantire una capacità di intervento, anche sanzionatorio, visto che in effetti questo potere vi manca.

ANGRISANO
Forse non sono stato molto chiaro. Noi comunque continuiamo ad applicare in maniera piena il decreto legislativo n. 271 del 1999; questo assolutamente sì. Lo mettiamo a confronto con le altre norme sia nazionali sia internazionali che tutelino la nave, che è composta da due momenti: il vettore in navigazione e il luogo di lavoro, la casa del marittimo. Abbiamo una competenza quale organo di vigilanza e supportiamo, per gli aspetti legati alle operazioni portuali (carico, scarico trasbordo delle merci) l’autorità portuale, la quale, alla data del 31 dicembre 1997, pur avendo avuto la possibilità di ottenere il riconoscimento di polizia amministrativa, non ha ottemperato ai sensi dell’articolo 24 della legge n. 84 del 1994. Noi lo facciamo; siamo tre organi di vigilanza ad operare in questo sistema, secondo il decreto legislativo n. 271; quindi, l’applicazione della norma è totale. Certamente, quel contemperamento di esigenze legato ai decreti legislativi nn. 81 e 271 andrebbe armonizzato per avere un testo che definisca un sistema di gestione per la sicurezza a bordo delle navi e, per quanto riguarda l’autorità portuale, un sistema di gestione della sicurezza delle operazioni portuali.

MERLO
Signor Presidente, c’è un quadro fortemente differenziato nelle diverse realtà portuali italiane. In questa fase stiamo facendo un’analisi di comparazione. Nel nostro caso la situazione si è risolta con un ruolo aggiuntivo che l’autorità portuale si è assunta nel protocollo specifico territoriale all’interno del coordinamento del sistema operativo integrato (SOI), con capitaneria e altri enti, in particolare con le ASL, dove noi svolgiamo i nostri compiti esclusivamente di carattere preventivo, ma c’è un’unità operativa pronta a intervenire immediatamente con un meccanismo consolidato. Quindi, da questo punto di vista sarebbe sufficiente estendere su scala nazionale questa procedura, ovvero regolamentarla perché questo tipo di impostazione qui si sta dimostrando efficace. Credo che il nodo sia questo, non tanto attribuire il potere di vigilanza agli ispettori di autorità portuale perché ciò andrebbe a modificare la funzione stessa, lo status, e anche i meccanismi legati proprio ai modelli organizzativi – tra l’altro con limiti di organici non secondari anche per noi – ma attraverso un ruolo di coordinamento e di collaborazione.

PRESIDENTE
Questa, quindi, è la vostra linea, che del resto è anche quella di Assoporti.
Desidero ringraziarvi per il contributo fornito ai nostri lavori. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono la responsabile sicurezza della segreteria regionale CGIL Liguria, signora Rita Guglielmetti, il segretario confederale delegato della segreteria regionale CISL Liguria, dottor Remigio D’Aquaro, il segretario confederale delegato della segreteria regionale UIL Liguria, dottor Giglio Landucci, il segretario regionale della UGL Liguria, signor Ettore Rivabella.

PRESIDENTE
È ora in programma l’audizione delle organizzazioni sindacali, ai quali rivolgo un indirizzo di saluto.
Vorremmo avere da voi in particolare, che rappresentate le forze sociali, qualche riflessione circa questa importante battaglia contro gli infortuni e le malattie professionali. Vorremmo capire anche come opera quell’organismo fondamentale, che è il comitato di coordinamento regionale, se ritenete ci siano criticità e poi avere con voi un momento di confronto sereno e diretto.
La nostra Commissione sta svolgendo questa indagine in tutte le Regioni d’Italia; non siamo qui a Genova oggi per via di un evento specifico, ma con l’obiettivo di concludere, così come stiamo facendo, questo percorso che ha attraversato tutte le Regioni d’Italia soprattutto per comprendere il modo in cui il cosiddetto Testo unico è stato recepito, sia pure non ancora completo – lo sapete tanto quanto me – quindi avere riflessioni dirette da parte vostra anche per capire cosa sta funzionando, cosa dovrebbe funzionare meglio, e se c’è qualcosa da rivedere e da modificare. I numeri relativi agli infortuni così come ai morti restano ancora alti.

LANDUCCI
Signor Presidente, sono il segretario confederale della UIL Liguria, e desidero in primo luogo ringraziare la Commissione tutta per l’opportunità che ci dà di poter esprimere i nostri pareri sulla situazione degli infortuni e delle malattie professionali.
Faccio un breve excursus per quanto riguarda i dati che senz’altro sono già a vostra conoscenza, e che dimostrano come in questi ultimi anni gli infortuni e le malattie professionali sono calati in Liguria. Tuttavia, dobbiamo tenere anche conto che è calata l’occupazione ma soprattutto, nei dati forniti dall’INAIL, non si tiene conto dei migliaia di lavoratori in cassa integrazione, i quali, non partecipando alla produzione, chiaramente non incorrono in infortunio. Detto questo, faccio due segnalazioni: la prima riguarda gli RLS, che hanno per noi una funzione importantissima all’interno delle aziende, le quali dovrebbero avere comunicato all’INAIL l’elenco di tali rappresentanti. Tale elenco dovrebbe essere messo a disposizione per comprendere meglio la situazione, specialmente all’interno delle piccole aziende, quelle artigianali, per quanto riguarda il rappresentante della sicurezza. Ad oggi non abbiamo dati concreti e per noi è estremamente difficile poter intervenire nel merito proprio perché non sappiamo quali aziende hanno i rappresentanti sindacali della sicurezza e quali no. Non possiamo pertanto agire neanche attraverso il nostro ente bilaterale, che è l’EBLIG, per poter fornire a queste aziende e soprattutto ai lavoratori consistenza sulla sicurezza che è loro dovuta. Sarebbe un dato estremamente importante se potessimo conoscere dall’INAIL la situazione che si è venuta a creare per quanto riguarda gli RLS. Questo coinvolge il discorso della formazione, che non è mai troppa, e soprattutto ci deve portare a quella cultura, da tutti evocata ma difficile da mettere in campo, della sicurezza a partire dalle scuole in avanti.
Sapete che in Liguria c’è il grossissimo problema legato all’amianto, quindi alle malattie professionali, che è un dato purtroppo estremamente ricorrente sia al livello di numero di denunce sia per il continuo aggravamento della situazione.
Sapete che tantissime pensioni dei lavoratori esposti all’amianto sono state bloccate perché è in corso da parte della magistratura la ricerca della verità circa alcune dichiarazioni. Il dato eclatante è che parte di questi lavoratori, in particolare quelli di Ansaldo, le cui pratiche sono al vaglio della magistratura, è deceduta nel corso dell’anno.
Chiediamo a questa Commissione di trovare soluzioni, e di fare presto, nel settore specifico perché sono anni che questo territorio soffre la problematica dell’amianto senza che si trovi una soluzione adeguata. Un numero molto elevato di lavoratori è oggi senza lavoro, non percepisce pensione e alcuni di questi non vedono l’applicazione delle procedure previste dalla legge. Conseguentemente, chiediamo a questa Commissione di dare un contributo al livello nazionale per poter risolvere questo gravissimo problema; ne saremmo estremamente soddisfatti. Vi ringraziamo anticipatamente per quello che farete.
Sempre riguardo alle malattie professionali, purtroppo in Italia c’è una mortalità per tumori che registra circa 175.000 casi all’anno; di questi, circa 8.000 sono dovuti alla mortalità da lavoro. Ciò si deduce da una serie di seminari fatti anche nella nostra Regione in cui si è calcolata l’incidenza degli ambienti di lavoro per quanto riguarda la mortalità da tumore. Di questi 8.000 decessi in Italia ufficialmente ne vengono registrati soltanto un migliaio, e la metà (500 casi) supera l’iter valutativo previsto dall’INAIL per le malattie professionali.
Noi sappiamo che nel nostro Paese – penso sia un dato sempre ufficiale – ci sono oltre quattro milioni di lavoratori esposti a fattori cancerogeni; e dei 95 agenti cancerogeni per l’uomo, 44 sono di origine professionale. C’è senz’altro un grosso divario tra le malattie denunciate perché la quasi totalità viene disattesa, a partire dall’obbligo di segnalazione per legge. Infatti, la denuncia di malattie professionali necessita di certificazione medica perché l’INAIL dia avvio all’istruttoria con espressa volontà del lavoratore.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con decreto ministeriale del 14 gennaio 2008, ha aggiornato l’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia o la segnalazione da parte di qualsiasi medico venuto a conoscenza della malattia. Se le segnalazioni non sono effettuate come dovuto, il registro nazionale, con l’osservatorio delle patologie di origine lavorativa, non è in grado di effettuare quelle previsioni statistiche epidemiologiche necessarie per un preciso quadro della malattia di origine professionale. Per contro, i dati completi servirebbero ad evidenziare nuove malattie, finora sconosciute per l’insufficiente circolazione di informazioni o carenza di conoscenza.
Inoltre, e specificatamente per il mondo del lavoro, un ulteriore strumento per migliorare le azioni finalizzate alla sicurezza negli ambienti di lavoro è, come detto, il registro alimentato dalle segnalazioni.
L’articolo 139 del DPR 1124 del 1965 sancisce l’obbligo di ogni medico, che riconosce l’esistenza di una malattia professionale, di effettuare denuncia anche se il lavoratore che ne è affetto non è soggetto alla tutela dell’INAIL ed anche senza l’espressa volontà del malato.
Alcune carenze portano alla mancata attuazione di quanto previsto dalla legge: la scarsa conoscenza della norma, nonostante l’obbligatorietà; la complessità del flusso di trasmissione al registro e l’assenza di una modulistica uniforme.
Questi problemi sono condivisibili, ma non giustificano l’assenza di segnalazione di patologie di indubbia origine professionale. È il caso di mesoteliomi pleurici, tumori polmonari, tumori vescicali e così via. È opportuna quindi una sensibilizzazione dei medici di base, ospedalieri, delle commissione mediche di invalidità per un maggior contributo che aiuti a studiare metodi di prevenzione per una migliore sicurezza dell’ambiente di lavoro.
Questa è la sintesi della situazione emersa da un convegno svoltosi recentemente in Liguria sulla problematica delle malattie professionali. Quelle che risultano all’INAIL rappresentano in effetti solo la punta di un iceberg. Occorre una maggiore collaborazione dei medici e delle strutture ospedaliere, ma soprattutto delle commissioni sanitarie che, nella nostra Regione, stabiliscono quote di invalidità altissime. L’obiettivo è attuare una maggiore prevenzione attraverso una conoscenza più approfondita delle cause di queste malattie professionali in conformità a quanto previsto dalla legge e dal nostro ruolo di rappresentanti dei lavoratori chiamati a tutelarli con la maggiore prevenzione possibile.
Si tratta di un punto sul quale volevo porre l’accento. Credo siate perfettamente al corrente dei dati dell’infortunistica ligure per cui non ritengo necessario fornirvi ulteriori numeri e percentuali.

GUGLIELMETTI
Sono Rita Guglielmetti ed intervengo a nome della CGIL Liguria. Vorrei aggiungere alcune questioni a quelle già esposte dal collega e che condivido. Ci troviamo di fronte ad un corpus legislativo avanzato e preciso, costruito nel tempo. Come al solito, però , si riscontrano diffuse situazioni di difficoltà applicativa della materia legislativa. In questo senso desidero segnalare alcune questioni concrete presenti sul nostro territorio.
Come sapete la realtà ligure è costituita da moltissime piccole aziende per cui il tessuto industriale non si rifà ad una produzione in grandi siti. Una delle difficoltà che il sindacato ha rilevato, soprattutto nella zona di La Spezia – ho ascoltato i rappresentanti delle varie Province per comprendere meglio gli elementi concreti – è quella di costituire, sopratutto nel campo dell’edilizia, gli RLST che insieme agli RLS sono gli strumenti che permettono al sindacato di diffondere la cultura della sicurezza e allo stesso tempo di tutelare i lavoratori. Queste difficoltà non si verificano perché manca la norma, bensì per una mancanza di volontà delle parti: Confindustria, Associazione degli artigiani e così via. E ciò avviene probabilmente perché questa presenza viene vissuta come un elemento di controllo improprio mentre si tratta di un elemento cardine su cui sviluppare una cultura della sicurezza.
L’altra questione che desidero segnalare, e che emerge in tutti i territori, è la difficoltà a far fronte alla mole di interventi necessari con lo scarso personale delle ASL adibito alla prevenzione e al controllo. Detto personale è stato decurtato sia con i blocchi di organico precedenti sia con l’attuale spending review. È un settore nel quale se non si riesce a far funzionare l’elemento istituzionale di controllo, difficilmente si può ottenere quanto previsto dalla legge.
Su questo aspetto specifico mi è stato segnalato un problema con riferimento particolare agli infortuni mortali o molto gravi. Si avverte l’esigenza di una formazione specifica per quanto riguarda gli interventi in queste situazioni. In Liguria si sono verificati alcuni incidenti gravi e abbiamo rilevato che gli operatori – che non vogliamo criticare con riferimento alla loro professionalità – necessitano di elementi di formazione specifica perché nelle istruttorie relative agli infortuni mortali occorre una tecnica precisa al fine di descrivere fedelmente e senza manometterli gli elementi che possono portare in giudizio. Questo è un aspetto rilevato da molti.
Circa le malattie professionali, segnalo, conformemente a quanto detto dal collega, la questione dell’amianto come problema peculiare della nostra Regione. Abbiamo una percentuale di malattie dovute all’amianto che si aggira attorno al 15 per cento rispetto ai dati nazionali, a fronte di un tessuto produttivo regionale del 2 per cento. Quindi, l’elevata presenza di questo fenomeno è dovuta certamente alla nostra storia produttiva, ma il dato, troppo elevato, richiede un occhio di riguardo verso la nostra Regione.
La legge, nel suo complesso, aveva previsto forme innovative sulle quali in passato i sindacati si sono battuti, come risulta dagli atti delle precedenti Commissioni del Senato riguardanti il dibattito sui porti e l’istituzione delle RLS di sito, intese come intervento di sintesi del rischio lavorativo dovuto alla contemporanea presenza di più aziende in uno stesso appalto. La legge ha recepito questo meccanismo che in Liguria, nel porto, ha funzionato abbastanza. L’attività resta comunque molto rischiosa. Ebbene, questo meccanismo, presente nella legge, deve essere raccomandato in certe situazioni, ad esempio nei cantieri per le grandi opere nei quali si prevede l’integrazione di diverse aziende e quindi la necessità di un approccio preventivo rispetto ai rischi lavorativi.
Con riferimento ai dati INAIL, rilevo che quest’anno finalmente essi evidenziano, come da noi sollecitato, un 25 per cento di casi non rilevati con riferimento agli infortuni e alle malattie professionali. Ciò è dovuto – non lo dico in forma retorica trattandosi di un dato con il quale bisogna fare i conti – alle tipologie del lavoro precario e del lavoro nero. Entrambe esistono e incidono in maniera pesante nei dati INAIL.

PRESIDENTE
Mi scusi, ma non ho compreso bene il passaggio riferito ai dati dell’INAIL.

GUGLIELMETTI
Tutti gli anni segnaliamo la mancanza nei dati INAIL di una serie di infortuni che invece nell’ultima relazione sembra siano stati rilevati. Si tratta di una quota inserita per deduzione statistica con riferimento ai dati dell’INPS e di altri soggetti e quindi frutto del lavoro del comitato di coordinamento regionale che, in un modo o nell’altro, è riuscito positivamente a mettere insieme una serie di dati. L’incrocio di dati INPS, INAIL, Ispettorato del lavoro e così via ha evidenziato una casistica di infortuni e di situazioni a rischio che sfugge alle registrazioni della statistica ufficiale. Ciò è dovuto all’organizzazione del lavoro.
Occorre tener conto, con riferimento alle malattie professionali, della necessità in prospettiva di tenere presenti una serie di rischi dovuti all’uso di materiali moderni e altre sostanze. Non entro nel merito della questione ma, partendo dal ragionamento svolto sull’amianto, cerchiamo di affrontare questi aspetti in termini preventivi guardando alla nuova organizzazione del lavoro, diversa da quella di trent’anni fa e caratterizzata da una serie di rischi che bisogna prepararsi ad affrontare.
Sul comitato di coordinamento esprimo una valutazione positiva per quanto riguarda il fatto che questa Regione è stata tra le prime a istituirlo coinvolgendo le parti sociali. Vorrei che questi incontri non fossero un’attività di routine ma questo, ovviamente, dipende dai membri dei singoli comitati di coordinamento. C’è totale disponibilità del sindacato a lavorare su questo aspetto.
A mio avviso occorrerebbe porre in essere focus di approfondimento piuttosto che limitarsi ad essere meri trasmettitori della legge statale, come avviene attualmente. Come Regione dovremmo cercare di realizzare approfondimenti specifici sulla nostra realtà produttiva, puntando ad essere più incisivi.

MARAVENTANO
In proposito volevo sapere se lei partecipa agli incontri di questi comitati e, in caso affermativo, chiederle come considera lo svolgimento di questi lavori.

GUGLIELMETTI
È un lavoro in cui vengono presentati i progetti e le iniziative della Regione in materia di sicurezza e infortuni sul lavoro, che vengono quindi condivisi con le parti sociali. A mio avviso abbiamo bisogno di andare più in là di una mera presentazione e informazione.
Avremmo bisogno di fare di queste strutture dei luoghi di lavoro condiviso, come abbiamo fatto presente in più di un’occasione.

PRESIDENTE
Se ho capito bene, interpretando quanto da lei detto, questo comitato di coordinamento opera regolarmente, tant’è che la Liguria è stata una delle prime Regioni a istituirlo, ma dovrebbe migliorare le proprie attività dando risultati concreti.
Vorrei darvi ora qualche elemento sul quale riflettere.
In primo luogo, i dati che lei citava, dottoressa, non ci risultano. Quelli dell’INAIL, che avrebbe previsto anche una percentuale per quanto riguarda il nero, non li abbiamo come dati ufficiali.
Per quanto riguarda invece gli infortuni sul lavoro, il trend dal 2007 al 2011 è in diminuzione del 18 per cento circa. Però il dato dell’ISTAT relativo all’occupazione è del –0,7 per cento; inoltre voi sapete bene che ci sono tantissime ore non lavorate. Abbiamo chiesto all’assessorato del lavoro questa mattina se poteva fornirci questo dato per capire esattamente il trend, che sicuramente è in decrescita per gli infortuni, però la tara va quantificata, altrimenti il peso netto non emerge.
Tra l’altro i dati che abbiamo evidenziano che in quest’ultimo anno la cassa integrazione è stata triplicata, quindi significa che risultano lavoratori occupati ma anche lavoratori che non lavorano.
Inoltre bisogna soffermare un po’ l’attenzione sul fatto che i dati dell’INAIL che riguardano le morti sul lavoro, che sono parziali, evidenziano che nei primi nove mesi del 2012, rispetto agli stessi nove mesi del 2011, ci sono stati tre morti in più . I dati del 2011 li avete sicuramente perché sono stati pubblicati quest’estate.
Il dato che emerge è quello delle morti sul lavoro: nel 2011 vi sono stati 20 casi mortali, 23 nel 2010, 25 nel 2009, 32 nel 2008; quindi c’è un decremento chiaro, a parte i 16 del 2007. Invece il dato che fa riferimento al 2012 evidenzia un numero inferiore di infortuni: confrontando i mesi da gennaio a settembre 2011 con gli stessi mesi 2012, se ne riscontrano 552.000 nel 2011, 492.000 nel 2012 in Italia; in Liguria rispettivamente 19.500 e 17.400. Quindi c’è un trend assonante, considerati i circa 2.000 infortuni in meno. Invece per quanto riguarda i casi mortali ne abbiamo 16 nei primi nove mesi del 2011 e 19 nei primi nove mesi del 2012.

RIVABELLA
Volevo far notare che sono relativi alla Provincia di La Spezia.

PRESIDENTE
No, sono relativi a tutte e quattro le Province: sette a La Spezia, sette a Genova, uno a Imperia e quattro a Savona, per un totale di 19.

RIVABELLA
Mi scusi, se vediamo il dato omogeneo relativo al 2011, il forte incremento è relativo alla Provincia di La Spezia. Bisognerebbe valutare che non sia collegato agli eventi che si sono verificati nel marzo 2012 relativi a situazioni particolari della Provincia.

PRESIDENTE
Sono morti sul lavoro, poi non importa come si sono determinati. È un elemento che ci deve fare preoccupare, perché abbiamo una situazione di crisi economica, una situazione che crea problemi.
Un altro tema importantissimo che voi avete posto – e noi ci stiamo scontrando su questo tema – riguarda l’elenco degli RLS e degli RLST. C’è una dualità di responsabilità tra il Ministero e l’INAIL e poi interveniamo noi che vogliamo avere questi dati. C’è il problema dell’Autorità sulla privacy che sta creando delle difficoltà. Quindi, anche noi siamo molto impegnati per poter avere questi dati, perché dove siete presenti come sindacati disponete di questi dati, dove non siete presenti non potete averli, ma al massimo immaginarli, tenuto conto che gli RLS sono definibili rispetto ad un’azienda specifica; il dato territoriale è ancora più complesso da ottenere, tant’è che al riguardo credo di poter dire che siamo ancora al palo.
Ci vuole dunque sicuramente uno sforzo maggiore da parte della politica per risolvere questo problema, perché la situazione non può rimanere così.

D’AQUARO
Sono D’Aquaro della segreteria regionale CISL.
Mi associo, cercando di non ripetermi, a quello che hanno detto i colleghi. Volevo sottolineare un aspetto: nell’attività ispettiva che è stata svolta negli anni scorsi si evidenziano dei dati molto allarmanti di irregolarità di tutti gli enti preposti all’attività ispettiva; si va oltre il 78 per cento. Ciò secondo noi indica di fatto una difficoltà da parte delle aziende a svolgere e a concretizzare la normativa normalmente. Poiché questo succede soprattutto nelle aziende medie e piccole, e il tessuto dell’economia ligure è composto per la maggior parte di aziende medie e piccole, riteniamo che sia necessario un intervento, perché vogliamo che la normativa venga attuata e concretizzata da parte di tutte le unità di lavoro, quindi questo è indispensabile.
Noi sappiamo che la Regione Liguria – come veniva sottolineato prima da voi – da questo punto di vista, a livello istituzionale, sta compiendo un percorso che a mio avviso è virtuoso, perché il comitato lavora bene; sicuramente alcuni temi dovranno essere approfonditi, però sappiamo che il lavoro viene svolto bene, perché c’è un rapporto con le organizzazioni sindacali e quindi tutta una serie di tematiche possono essere affrontate. Quello che chiediamo è un approfondimento di certe tematiche.
Mi voglio soffermare sulle malattie legate all’amianto. I dati di cui hanno parlato prima i miei colleghi sono veri. Ricordo che le malattie legate all’amianto rappresentano in Regione Liguria un terzo delle malattie denunciate. A fronte di quei dati che venivano ricordati secondo cui il tessuto occupazionale è composto da aziende medie e piccole, questo significa che le malattie dell’industrializzazione storica, quella degli anni Sessanta-Settanta, sono molto pesanti nella nostra Regione.
Quindi anche al riguardo è necessario intervenire e non abbassare la guardia, perché non si può sicuramente abbassare la guardia quando il rapporto fra occupazione e malattia (se guardiamo i dati regionali ed il contesto occupazionale) è di uno a cinque, quindi è un rapporto molto alto.
Inoltre occorre riflettere su quello che veniva detto riguardo alla crisi, che anche da noi purtroppo si avverte. Per esempio, dall’inizio della crisi, dal 2008, gli addetti sono diminuiti (sono diminuiti di circa 20.000 unità i lavoratori dipendenti) ma è aumentato il numero delle posizioni assicurative territoriali (PAT), non in misura eguale, ma di 3.000-4.000. Questo comunque è un altro segno che alcuni lavoratori, che non sono più dipendenti, si sono «riciclati» magari come lavoratori autonomi o indipendenti aprendosi tutta una serie di partite INPS ed INAIL.
Questi lavoratori dovranno seguire una procedura riguardo alla normativa, quindi aumenterà il novero delle aziende medie e piccole e il rischio è che questo dato dell’attività ispettiva fra qualche anno possa aumentare. Dobbiamo dire ad onore del vero che se l’attività ispettiva non riesce a decollare è anche per un altro motivo: non voglio difendere gli enti preposti, ma INAIL, INPS e DTL sono sotto organico da tempo, quindi chiaramente è difficile svolgere un’attività ispettiva confacente.
Se si vuole lanciare un grido d’allarme, come voi ci chiedete, questo riguarda gli infortuni sul lavoro, quindi una maggiore attenzione anche ai recenti dati che mostrano un aumento dei casi mortali, che ci devono fare riflettere. Forse alcune aziende cercano di fare un risparmio economico sulla normativa sulla sicurezza? Questo è un interrogativo che ci dovremmo porre, però per dare una risposta a questo interrogativo sicuramente occorrerebbe quello dell’attività ispettiva. È chiaro che le questioni scientifiche hanno bisogno di risposte altrettanto scientifiche, altrimenti non si riesce ad andare incontro a queste problematiche.
Quindi crediamo che, per una migliore concretizzazione della normativa (come viene detto anche nella lettera), occorre un discorso a tutto campo, non limitato all’aspetto puramente tecnico-legislativo della normativa, ma volto a vedere nell’insieme perché questo succede, quindi per esempio la questione degli organici degli enti preposti.

PRESIDENTE
A tale riguardo, sicuramente è vero che c’è un contenimento degli organici degli enti preposti, però è pure vero che, in base alle risorse disponibili, nel momento in cui abbiamo pensato di dare il via libera al decreto legislativo n. 81, abbiamo anche immaginato, in base ad un efficiente coordinamento sul territorio, di poter svolgere un’azione molto più ampia.
Il discorso è che abbiamo una serie di soggetti che comunque si interessano a questo tema; sono molti soggetti. Se questi non vengono organizzati in modo tale da essere valorizzati nella loro totalità, sia pure con una pluralità inevitabile, è chiaro che continueremo sempre a dire che abbiamo un problema di carenza di organico. In Italia in genere gli ispettori tecnici presso l’Ispettorato provinciale del lavoro sono un decimo degli ispettori amministrativi, a volte anche di meno.
Abbiamo ricordato al direttore regionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che è vero che vi è il blocco (tutte cose che sappiamo benissimo), però è pure vero che vi è un’abilità e quindi anche da questo punto di vista vanno un po’ sollecitati. È vero pure che con le nuove normative abbiamo aperto ad una rete molto capillare sul territorio, quella dell’Arma dei Carabinieri, che ormai può operare attraverso le stazioni. Quindi, credo che dovremmo entrare più nella mentalità – probabilmente ancora non ci siamo entrati – che questo personale va gestito nel suo insieme, non per segmenti, perché altrimenti si sviluppa quel tema che lei diceva.
D’altra parte, le Nazioni europee con le quali abbiamo avuto contatti più diretti – parlo della Francia, della Germania e del Regno Unito – non hanno questa pletora di ispettori. C’è tutto un discorso importante, e noi non siamo secondi a loro rispetto ad una buona normativa (anzi, credo che la nostra sia ottima) e ad un’attività di prevenzione; però c’è un’attività di gestione.
Qualora vi sfuggisse in questo momento, voglio ricordarvi che, in tema di prevenzione e quindi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nelle Nazioni che ho citato, compresa la Germania – e se c’è uno Stato federale per antonomasia in Europa è proprio quest’ultima – la competenza è esclusiva dello Stato e non concorrente, come è oggi in Italia, tra Stato e Regioni. Ecco perché ci soffermiamo molto sul comitato di coordinamento. Costituisce infatti l’unico meccanismo, l’unico punto di snodo, che poi può essere efficiente o meno, però c’è; quindi dobbiamo evitare duplicazioni e fare mission che scaturiscano da una discussione: questo bisogna fare. È inutile che si facciano semplicemente riunioni all’interno del comitato di coordinamento, che si parli senza fare. Questo è il punto: cosa fare dopo? L’ASL sa quello che fa l’ispettorato del lavoro? Si incontrano, si confrontano oppure ognuno va per proprio conto, anche se magari in sede di comitato di coordinamento hanno promesso di sentirsi, di vedersi, di parlarsi? La norma si regge moltissimo su questi due assi: i comitati regionali di coordinamento e il comitato nazionale, ex articolo 5 del Testo unico, del coordinamento. Se queste due realtà funzionano allora si può andare avanti; se funzionano poco, come pare di poter dire in generale – e mi assumo la responsabilità di quanto sto dicendo – abbiamo un problema.
In questo quadro noi dobbiamo agire. Come non possiamo immaginare di avere un vigile urbano ad ogni semaforo, così non possiamo immaginare di avere un ispettore in ogni azienda. Il discorso riguarda tutto il tessuto italiano, che è quello delle piccole e piccolissime aziende; è inimmaginabile un discorso di questo tipo.
Signori, essendo voi tutti membri del comitato regionale di coordinamento, vi pregherei di arrivare anche a produzioni operative perché se manca questo aspetto abbiamo intentato tutto per nulla, pur essendo questa una Regione virtuosa perché ha costituito il comitato quattro anni fa, perché si è riunito varie volte (quello tecnico in misura maggiore). Proprio perché siete ben avviati – ne prendiamo atto con soddisfazione – cercate di fare qualche ulteriore passo avanti, come diceva prima la dottoressa nel suo intervento.

RIVABELLA
Sono il segretario regionale della UGL Liguria e vorrei intervenire essenzialmente sull’attività del comitato di coordinamento perché bisogna dare atto che, pure nella perfettibilità di qualsiasi tipo di struttura e organizzazione, perlomeno in Liguria questa sinergia tra i vari attori presenti nel comitato si è attivata.
La Regione ha collaborato ampiamente; l’INAIL è coinvolto a tutti gli effetti e così anche le organizzazioni sindacali, come si evince dalle iniziative correlate proprio con il comitato di coordinamento delle attività di vigilanza. Sono stati individuati per esempio i settori che riteniamo più a rischio per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro; quindi, sono state messe in atto iniziative particolarmente mirate sul settore dell’edilizia, tra l’altro attualmente in itinere. Allo stesso tempo, su quella che era stata motivo della precedente audizione, ovvero l’area portuale, ci si è focalizzati maggiormente sulle esigenze e le peculiarità della normativa che riguarda l’area portuale, e quindi i possibili interventi da attuare. Bisogna dire anche che la collaborazione tra le strutture INAIL, INAIL ex IPSEMA e le organizzazioni sindacali è stata proficua, con il tentativo di coinvolgere, per esempio, studenti e altre realtà esterne per allargare la cultura della sicurezza sul lavoro, che per noi diventa un elemento culturale importantissimo per la preparazione delle generazioni future che potranno essere lavoratori e imprenditori. Questi due aspetti secondo me vanno focalizzati proprio per la virtuosità che ha caratterizzato la Regione Liguria.
Ci sono stati anche interventi finalizzati al settore dell’agricoltura che in effetti, pur con la marginalità di occupati, presentava alcune peculiarità in termini di pericolosità e di incidenza degli infortuni notevolmente interessanti. Detto questo, in effetti il trend degli infortuni in Liguria vede una riduzione che però non può essere non correlata anche all’esigenza di individuare nei dati della cassa integrazione uno dei possibili elementi di tale riduzione. Ritengo pertanto che l’analisi fatta precedentemente sia importante.
Se non abbiamo una visione chiara di quanti siano in realtà i lavoratori che svolgono attività in questo periodo, il dato degli infortuni in sé, per quanto il trend si confermi in discesa, non può essere valutato positivamente a prescindere.
Un altro concetto da ribadire è che il numero degli infortuni in Liguria, e in modo particolare per quanto riguarda gli infortuni di rilevanza grave o gravissima, essendo una Regione molto piccola, in termini statistici va analizzato sempre con molta attenzione, perché in effetti se vediamo anche l’excursus dei dati rispetto al dato italiano, si hanno picchi in salita e in discesa che sono annualmente molto forti, perché parlando di poche unità, al massimo di una decina o due decine, il dato salta subito all’occhio.

PRESIDENTE
Pur sempre tre morti in più ci sono stati.

RIVABELLA
Quello senz’altro. Non possiamo trovare giustificazioni né in positivo né in negativo. Voglio dire che quand’anche fortunatamente avessimo tre morti in meno non è quello che dobbiamo attenzionare, ma la realtà obiettiva dell’attività lavorativa in Liguria. Quando abbiamo percentuali così alte da parte dei servizi di ispettorato relativamente a inosservanze, o ancora peggio a situazioni di lavoro nero o lavoro in condizioni non coerenti con le normative vigenti, è un dato grave a prescindere dal dato statistico, che come tale è freddo e può avere una qualche rilevanza, ma poi dobbiamo scendere nel particolare.
Collegandoci all’aspetto relativo alle malattie professionali, quindi al discorso dell’amianto, vorrei rilevare che il numero dei morti per malattie professionali in Liguria, proprio purtroppo per una situazione che probabilmente discende dall’industrializzazione che ha caratterizzato il sito ligure negli anni passati, è tra i più alti su tutto il territorio nazionale. Quindi, anche gli interventi per ovviare a determinate situazioni che hanno rallentato i riconoscimenti devono essere urgenti, perché questa cartina che certo avete anche voi a disposizione indica che le aree della Liguria e della zona del tarantino sono molto simili per quanto riguarda l’incidenza di morti per malattie professionali.

PRESIDENTE
Ciò che diciamo a noi stessi è di attuare definitivamente questo benedetto Testo unico, perché vi sono parti mancanti molto significative. Ci permettiamo invece di dire a voi, quali rappresentanti dei lavoratori, ma anche alle forze sociali, che sentiremo subito dopo, di fare il più possibile sinergia, di collaborare quanto più possibile perché la questione relativa agli infortuni e ai morti sul lavoro ci sta sfuggendo.
È vero che se pensiamo a 15 anni fa abbiamo avuto una riduzione clamorosa e netta, però adesso ci stiamo attestando, sia pure al di sotto dei 1.000 morti l’anno, su un numero di oltre 700.000 infortuni, che sono un dato importante, significativo sia per le persone che hanno la disgrazia di essere gli attori di questi infortuni, sia per i costi sociali enormi che tutto ciò produce; è un danno sul danno. Ecco perché noi puntiamo molto su questo coordinamento perché riteniamo che la chiave è lì.
Quando l’abbiamo ideato, nei dibattiti che ci sono stati per definire il decreto legislativo n. 81, come saprete, abbiamo dato i pareri in Commissione a Camere sciolte, nel mese di aprile 2008, e una settimana dopo l’abbiamo votato proprio perché tutti abbiamo sentito l’esigenza, al di là della formazione politica o dei Gruppi di appartenenza, che non bisognava far venire meno lo sforzo che il ministro Damiano si era impegnato a portare avanti e che stava arrivando in porto; nella precedente legislatura purtroppo non era arrivato a compimento.
Puntiamo molto su questo testo, perché l’assetto costituzionale che vede coinvolti i soggetti Stato e Regioni deve far vivere queste due realtà, altrimenti il problema diventa complesso.
Continueremo a batterci per gli RLS, gli RLST. Si tratta di un problema vero che attiene alla formazione, all’esigenza di incontrarli fisicamente, di sapere chi sono e dove operano. Avvertiamo questo problema in maniera consistente e da questo punto di vista continueremo a fare del nostro meglio.
Vi ringrazio per il contributo fornito ai nostri lavori e, qualora abbiate materiale da inviarci, ve ne saremo grati. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del console della Compagnia unica lavoratori merci varie e del vice presidente della Compagnia portuale Pietro Chiesa

Intervengono il console della Compagnia unica lavoratori merci varie (CULMV), dottor Antonio Benvenuti, e il vice presidente della Compagnia portuale Pietro Chiesa, dottor Ivan Besagni.

PRESIDENTE
È ora in programma l’audizione del console della Compagnia unica lavoratori merci varie e del vice presidente della Compagnia portuale Pietro Chiesa, ai quali do il benvenuto.
Abbiamo già audito l’autorità portuale sul tema relativo alla sicurezza sul lavoro, e vorremmo una riflessione anche da parte vostra.

BENVENUTI
Ringrazio anzitutto la Commissione. Sono il console della Compagnia unica lavoratori merci varie (CULMV), impresa fornitrice di lavoro temporaneo, secondo quanto previsto dall’articolo 17 della legge di riforma portuale n. 84 del 1994. A seguito di procedura di gara pubblica del 2009, rappresento la Compagnia unica.
Riprendendo quanto diceva lei, Presidente, dal punto di vista della sicurezza ci sono parecchi miglioramenti – lo dicono le statistiche – rispetto agli incidenti degli anni precedenti. Abbiamo insistito molto sulla formazione, più che altro indotta dal fatto che dobbiamo essere chiamati a lavorare nei 13 terminal operativi genovesi, ragion per cui il nostro organico di soci lavoratori deve essere specializzato e quindi in grado, a chiamata, di operare su tutte le attività del porto di Genova: dai traghetti ai contenitori, alle merci varie. Ovviamente occorre una formazione completa che comporta l’insegnamento e l’acquisizione delle procedure di lavoro previste per tutte le attività del porto. Quindi non è un’attività specifica ma si estende a tutto il lavoro portuale: più ampio il processo di formazione, maggiore la sicurezza.

PRESIDENTE
Qual è il numero complessivo dei lavoratori?

BENVENUTI
Siamo 985 soci più 82 soci speciali a tempo determinato, quindi più di 1.000 operativi. Negli anni scorsi, come probabilmente in altri settori, si sono verificati problemi pratici legati alle interferenze che si determinano nell’attività portuale con riferimento ad alcune anomalie nell’applicazione pratica della legge n. 84 del 1994. Ciò è avvenuto un po’ meno negli ultimi anni e con maggior frequenza in quelli precedenti.
Le interferenze derivano dal fatto che si lavora a contatto con terminal operator privati (quindi dipendenti diretti del soggetto che ha in concessione lo spazio operativo, l’area di banchina) compresi gli stessi marinai che operano a bordo.

PRESIDENTE
C’è questo problema di limite.

BENVENUTI
Naturalmente quando si lavora con altri e si mettono insieme più organizzazioni e più operatori – che a volte non parlano nemmeno la stessa lingua, perché in alcuni casi nelle navi portacontainer o nei traghetti si hanno contatti con personale straniero – si possono avere delle difficoltà. Queste ultime sono state in parte affrontate attraverso un maggior coordinamento, attribuendo a noi un ruolo più preciso e limitando, almeno sul porto di Genova, l’attività di altri soggetti, non i dipendenti dei terminal ma il personale di bordo.
Resta ancora aperta la questione dell’autoproduzione, che riconduce le varie problematiche alla necessità di una revisione della legge n. 84 del 1994, con riferimento alle questioni che comportano richieste di autoproduzione. In realtà, molte volte occorre fare intervenire i soggetti preposti per bloccare certe situazioni o delimitare dei comportamenti. È quanto di fatto sta avvenendo in un contesto molto variegato tipico dell’attività portuale. Faccio un esempio concreto. Imbarchi di yacht di notevoli dimensioni su una nave possono avvenire attraverso una ditta di service che segue l’attività, che tuttavia è di pertinenza di chi è stato chiamato a svolgere quel lavoro. Il problema è che alla fine non si capisce chi realmente debba fare quel lavoro: chi è stato chiamato o il personale di service, magari adatto a trasferire queste navi in banchina ma che poi si ferma perché ritiene che qualcun altro debba intervenire? Queste problematiche si verificano spesso e negli ultimi anni, quando accadono, abbiamo fatto ricorso al Sistema operativo integrato (SOI), la struttura di coordinamento della sicurezza di cui fanno parte l’autorità portuale, la capitaneria di porto, l’ASL e i sindacati, che ha propri rappresentanti e un ufficio sul territorio che garantisce una presenza 24 ore su 24; una struttura che, se funziona bene, è utile per dirimere le situazioni complesse ed evitare successivamente problemi di sicurezza. Si tratta di uno strumento nato a seguito di alcuni gravi incidenti verificatisi a Genova e che da questo punto di vista ha una sua «agibilità», dal momento che se tutti i soggetti sono presenti è utile fare ricorso ad esso non solo per regolarizzare l’operatività ma anche per prevenire incidenti e risolvere situazioni che si presentano sistematicamente. È uno strumento che funziona abbastanza, anche se potrebbe funzionare meglio ed essere normato per avere una maggiore funzionalità, nel senso di garantire un monte ore più elevato ai soggetti preposti affinché siano ancora più presenti (e non solo su chiamata telefonica) così da realizzare una maggiore prevenzione. Sono aspetti che si stanno discutendo.
Da questo punto di vista ognuno ha la sua struttura di sicurezza: il terminalista ha il suo responsabile della sicurezza, il delegato ha il proprio, noi altrettanto con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Operando ex articolo 17 della legge n. 84 del 1994, come modificato dalla legge n. 186 del 2000, non dobbiamo acquisire i documenti di valutazione dei rischi di ogni singolo terminal ma dobbiamo confrontarci con i documenti di valutazione dei rischi dell’azienda terminalista, il cosiddetto utilizzatore, cercando, come fornitori, di concordare le procedure. Pertanto, le nostre procedure devono tener conto del piano di sicurezza del terminal presso cui andiamo a lavorare. Mi riferisco ai rischi specifici e non a quelli generici propri dell’attività portuale per i quali occorre formare il personale con procedure determinate. Quando però un terminalista decide di utilizzare un determinato piano, un documento di valutazione dei rischi dettagliato, occorre che lo comunichi perché noi siamo fornitori e non somministratori interinali. Formiamo anche squadre organizzate, ma non siamo neanche una struttura appaltata, tant’è che l’articolo 17 non parla di appalto. Questo però comporta che noi dobbiamo entrare in casa di qualcuno che ci indica il tipo di lavoro da svolgere e ci obbliga a seguire il suo piano di sicurezza. Sono molteplici realtà nell’ambito delle quali occorre integrare le proprie procedure con le esigenze decise dai terminalisti.
È un meccanismo che negli ultimi 5-6 anni ha iniziato a funzionare meglio. Certamente il problema della pericolosità del lavoro in porto è oggettivo. Il lavoro portuale di bordo è ovviamente pericoloso. Su un traghetto, ma anche su navi portarinfuse o portacontainer, i rischi preponderanti sono a bordo. A terra resta il problema dei mezzi meccanici pesanti che circolano nei piazzali per cui è difficile che si verifichi il piccolo incidente, ma il lavoro a bordo presenta diverse incognite determinate anche dall’ambiente, da situazioni meteorologiche (clima, vento). A bordo si lavora in tutte le condizioni. Con il vento molto forte si fermano le gru, ma con un vento medio-forte si lavora lo stesso e così nel caso di pioggia o di neve. Se i traghetti sono operativi lo stesso devono esserlo le navi container. È un contesto difficile, con più soggetti, in cui si devono valutare le incognite (ghiaccio o altri pericoli), ma riconosco che rispetto a qualche anno fa alcuni passi avanti sono stati fatti. Sono sparite poi le merci varie e il numero maggiore di attività si svolge sui traghetti e sui portacontainer.
C’è tuttavia un problema di mercato, di tempi di lavoro per cui bisogna correlare le questioni della sicurezza con quelle della produttività e con la necessità di un traghetto di partire ad un orario definito. C’è sempre il problema di trovare gli equilibri giusti e non è facile; tuttavia, se i soggetti sono definiti, hanno un ruolo preciso e la legge è chiara, le cose possono migliorare. Certo, stiamo ancora aspettando l’applicazione del decreto legislativo n. 272 del 1999, che non è ancora pronto. Se dovessimo tornare indietro rispetto a quella normativa, l’attività portuale risulterebbe legiferata solo dal Testo unico e si aprirebbe una serie di notevoli problemi. A quel punto sarebbe necessario interpretare le varie disposizioni in materia e si potrebbe verificare un blocco del lavoro perché magari, in base all’interpretazione della norma, una squadra ritiene di doversi fermare, mentre l’utilizzatore non lo ritiene giusto reputando si possa lavorare; Tutto questo potrebbe portare ad un contenzioso economico e all’inattività.
A mio avviso, se il decreto legislativo n. 272 venisse applicato in maniera corretta potrebbe aiutare a migliorare la situazione completando il pezzo mancante.

BESAGNI
Sono Ivan Besagni, vice presidente della Compagnia portuale Pietro Chiesa, esercente a Genova le operazioni portuali di cui all’articolo 16. Il collega ha illustrato benissimo la situazione e quindi non vorrei ripetermi. L’unica differenza è che noi trattiamo le rinfuse al TRG con lavoro in appalto ex articolo 16 della legge n. 84/94 per un singolo terminal, e con contratto in appalto ENEL.
Sentiamo molto le problematiche della sicurezza, che per noi si compone di molteplici variabili. Trattando infatti diversi materiali abbiamo bisogno di formare le persone su più situazioni e su più navi. Mentre in una nave portacontainer si prendono e si levano unità, che possono essere contenitori da 20 a 40 piedi, con riferimento alle rinfuse arrivano navi che, come dice la parola in sé, contengono di tutto. Non si tratta poi di navi altamente tecnologiche e, dal momento che trasportano materiali più o meno pregiati, la flotta di navi che si presta alle rinfuse è piuttosto obsoleta e pertanto occorre formare molto bene gli operatori.
Anche per noi la maggior parte dei problemi riguarda l’interfaccia di bordo rispetto a cui spesso è difficile comunicare. La difficoltà è proprio quella. Occorre formare bene le persone e noi lo facciamo ma, per i motivi che ho appena elencato, abbiamo bisogno di mezzi di protezione personale ad hoc. Ognuno deve avere il suo equipaggiamento perché non possiamo scambiarci mascherine o indumenti. Come compagnia seguiamo la questione e formiamo le persone.
Poiché il resto è stato detto dal console, che mi ha preceduto, termino qui per evitare di sovrappormi.

PRESIDENTE
Questa Commissione nei giorni scorsi ha audito a Roma l’Assoporti che ci ha fornito un quadro generale della situazione. Ciò ci ha consentito di seguire con facilità quanto da voi esposto.
Premeremo senz’altro per completare questa normativa, come da voi evidenziato e come richiesto da più parti. Vi ringraziamo per la collaborazione e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigiane

Intervengono il responsabile area sicurezza sul lavoro di Confindustria Genova, avvocato Andrea Delucchi, il direttore generale di Assiterminal, dottor Luigi Robba, il responsabile della delegazione di Genova di Confitarma, dottor Claudio Barbieri, il presidente di Spediporto, dottoressa Roberta Oliaro, il segretario generale di Assagenti, dottor Massimo Moscatelli, il segretario regionale di Confartigianato Liguria, dottor Luca Costi, il coordinatore sicurezza di Ascom, avvocato Roberto Fusco, accompagnato dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione, dottor Alberto Bertola, il presidente ANCE Liguria, dottor Maurizio Senzioni, accompagnato dal direttore, avvocato Michele Parodi, il presidente di CNA Liguria, dottor Marco Merli, accompagnato dal responsabile del settore trasporto, dottor Gino Angelo Lattanzi, il presidente di CIA Liguria, signor Ivano Moscamora, il coordinatore regionale centri assistenza agricola Coldiretti, dottor Fabio Rotta, accompagnato dal responsabile sicurezza, dottor Enrico Drovandi, il direttore della Confesercenti di Genova, dottor Andrea Dameri, il vice presidente di Legacoop Liguria, signor Alessandro Frega, il presidente della Confcooperative Liguria, dottor Stefano Marastoni, il presidente dell’Associazione cooperative Liguria, dottor Pietro Civello.

PRESIDENTE
Innanzi tutto vi ringraziamo per la presenza. La Commissione è oggi a Genova per un’indagine che sta svolgendo in tutte le Regioni italiane con riferimento al tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta di un’indagine finalizzata a comprendere gli effetti sul territorio del cosiddetto Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro. Del resto sono passati ormai 4 anni dalla sua approvazione e questa Commissione sta cercando di comprendere se vi siano delle problematicità e quali siano, nonché gli effetti positivi della normativa. In particolare vorremmo capire il funzionamento di ciò che è delegato al territorio, specialmente alla Regione, con riferimento al comitato di coordinamento regionale del quale alcuni di voi fanno senz’altro parte; credo siano almeno quattro le associazioni dei datori di lavoro che fanno parte del comitato di coordinamento.
Detto comitato è per noi molto importante. In effetti esso mette insieme, al di là delle forze sociali, tutti i soggetti che istituzionalmente si interessano di questo tema al fine di utilizzare al meglio le risorse, individuare strategie idonee e quindi creare, per la pluralità degli operatori, un percorso unico in materia di sicurezza, finalizzato a fare in modo che le varie risorse impiegate, sia pure limitate in ciascun settore, appaiano nell’insieme non così esigue.
Dobbiamo capire esattamente come si esplica, su questa materia, la competenza «duale» di Stato e Regioni e se il coordinamento regionale, espresso dal comitato, riesca davvero a rappresentare una sintesi sul territorio operando da collegamento con il coordinamento nazionale. Tali organismi – al di là delle numerosissime norme presenti nel Testo unico – rappresentano i due pilastri di questo assetto organizzativo e strutturale e costituiscono l’impianto all’interno del quale ci dobbiamo muovere.
La nostra indagine sta per giungere alla conclusione, essendo la Liguria la penultima delle Regioni italiane dove dovevamo recarci, e vorremmo da voi alcune riflessioni – ovviamente chi desidera intervenire – ed indicazioni o comunque vorremmo sapere cosa ne pensate. In modo particolare gradirei sapere, soprattutto da parte di chi fa parte del comitato di coordinamento regionale, come si sta procedendo e come considerate l’organismo.

DELUCCHI
Sono Andrea Delucchi in rappresentanza di Confindustria Liguria. Mi occupo prevalentemente di aspetti legati all’applicazione della normativa in materia di sicurezza. Faccio parte del comitato regionale di coordinamento, e lo ritengo sicuramente uno strumento utile di confronto con gli enti che sul territorio si occupano di questi aspetti e con le parti sociali che sono presenti all’interno del tavolo.
Più in generale, volevo approfittare di questo incontro per ribadire un concetto che, anche a livello nazionale, è stato espresso da Confindustria proprio sul tema della competenza concorrente tra Stato e Regioni. L’auspicio sarebbe quello che di ritornare in futuro ad una competenza esclusiva dello Stato su questa materia, in considerazione della pluralità di provvedimenti che abbiamo visto nascere in questi anni. La terminologia «Testo unico», che anche lei ha citato in precedenza, forse è già desueta, considerato che contavo circa una ventina di provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 81 del 2008, oltretutto emanati da soggetti diversi, quindi non più solo – come eravamo abituati una volta – dal Ministero competente, tendenzialmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma anche dalla Conferenza Stato-Regioni e dalla Commissione consultiva permanente. Noto che le aziende cominciano ad essere un po’ in difficoltà perché in effetti non riescono più a stare dietro a tutti questi provvedimenti.
Quindi è chiaro che il percorso non sarà breve, occorrerà riformare la Costituzione, come ben sappiamo, però l’auspicio è che si possa effettivamente riportare tale materia alla competenza esclusiva dello Stato, anche per i risvolti penali. La certezza del diritto è alla base della normativa penale.
Nell’immediato riterrei utile che quanto meno i provvedimenti più cogenti emanati in questi anni, cito fra tutti, ad esempio, il provvedimento della Commissione consultiva permanente sulle metodologie da adottare per la valutazione del rischio stress e lavoro correlato, pubblicato addirittura in Gazzetta Ufficiale sotto la veste di circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, così come i recenti provvedimenti della Conferenza Stato-Regioni sulla formazione, venissero in qualche modo ricondotti all’interno del decreto legislativo n. 81 del 2008, in modo tale da consentire alle aziende di avere un quadro più preciso delle normative attualmente emanate in materia.
Questi erano sostanzialmente i concetti che volevo esprimere in questa occasione: un’esigenza forte che stiamo avvertendo da parte delle imprese ad avere una maggiore certezza del diritto ed un riferimento legislativo e normativo un po’ più univoco, piuttosto che una miriade di soggetti che hanno competenze in questa materia.

COSTI
Sono Luca Costi, segretario regionale di Confartigianato Liguria. Innanzitutto vi ringrazio per l’invito, in un momento che consideriamo delicato, su una tematica sicuramente rilevante per le imprese che rappresentiamo.
Al termine del mio intervento consegnerò una nota, naturalmente schematica e sintetica, con alcune indicazioni rispetto agli effetti del Testo unico sulla sicurezza, così come alcuni dati sulla situazione infortunistica nell’artigianato in Liguria, che non ripeto per guadagnare tempo.
Con riferimento alla realtà ligure segnalo che non sono componente del comitato regionale di coordinamento, ma ne fanno parte due rappresentanti dell’artigianato; tuttavia posso dire che questo comitato sta svolgendo un positivo ruolo di indirizzo generale e anche di programmazione e ricerca di coordinamento per quanto riguarda gli interventi. Ritengo tuttavia che si potrebbe fare un passo avanti in particolare sulla strada della realizzazione di atti concreti.
Deve essere portata avanti cioè una filosofia tesa a superare il concetto di «repressione» a favore della «prevenzione», inserendo piani di «autocontrollo», ossia la possibilità per le imprese di seguire un percorso che consenta (con la piena condivisione da parte di tutti i soggetti; nel nostro caso associazioni imprenditoriali, ma anche istituzioni e organismi di controllo) in modo semplice e snello di seguire le normative vigenti. Questo è il primo elemento che intendevo sottolineare e che stiamo cercando di realizzare con gli assessori competenti della Regione Liguria e con l’ufficio semplificazione, appositamente creato.
Vorrei affrontare un altro tema centrale: è sicuramente importante il coordinamento e la chiarezza delle norme, ma altrettanto importante è il coordinamento dei controlli, che ancora non sono coordinati. Le imprese si trovano, anche a distanza di breve tempo, a ricevere visite ispettive di diversi soggetti deputati al controllo. Quindi chiediamo che ci possa essere un maggiore coordinamento per quanto riguarda gli organi di controllo a favore di una migliore attività per le imprese.
Mi limito a questi due argomenti che consideriamo fondamentali per le micro e piccole imprese.

ROBBA
Sono Luigi Robba e rappresento Assiterminal, l’associazione nazionale dei terminalisti portuali.
Anche noi non facciamo parte del comitato regionale. Rappresentiamo, come Assiterminal, gli operatori che per questa materia sono disciplinati da una norma speciale, il decreto legislativo n. 272 del 1999, oltre che ovviamente da normative e regole di carattere internazionale e comunitario, perché siamo intimamente legati al mondo dello shipping, un mondo di per sé regolato da norme internazionali.
Credo sia noto a tutti come la specificità del lavoro nei porti abbia richiesto, anche per questo profilo di materie, una legislazione particolare tuttora vigente, anche se a seguito di proroghe, ossia il decreto n. 272, si prevedono adempimenti e anche norme tecniche in capo ai vari soggetti, a partire dai datori di lavoro.
Quello che ci permettiamo di auspicare in questa occasione è che il Parlamento possa completare velocemente il percorso di approvazione del progetto di legge n. 5368, attualmente all’esame delle Commissioni competenti della Camera dei deputati, che riguarda la delega al Governo per il riordino della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nel settore portuale, marittimo, delle navi da pesca e ferroviario.
Nel contempo credo sia opportuno accennare al fatto che, anche sotto il profilo del dialogo tra le parti sociali, le parti sociali che sono deputate a stipulare i contratti collettivi per questo settore hanno fatto proprio un contenuto specifico del decreto legislativo n. 81 e con un protocollo che ormai ha già qualche anno, e che è già stato applicato in molte delle realtà portuali, hanno cercato di valorizzare, attraverso la forma contrattuale, sia il ruolo di RLS aziendale, sia l’istituzione della nuova figura di RLS di sito, con determinate prerogative e compiti. Ciò è stato sperimentato sul campo e, per lo meno agli addetti ai lavori, ha consentito, assieme ad un percorso che contestualmente hanno fatto le pubbliche autorità deputate ad operare i controlli nel nostro ambito (mi riferisco alle autorità portuali e, laddove non presenti, alle autorità marittime e alle ASL, ma anche agli altri soggetti pubblici che hanno determinate competenze nell’ambito portuale in termini di sicurezza latu sensu), di creare delle sinergie in termini di controlli che hanno prodotto, come risultato positivo, un sensibile calo dell’andamento infortunistico nel nostro settore. Speriamo che si possa proseguire in tal senso.

PRESIDENTE
Conosciamo bene questa tematica anche perché, come facevo riferimento prima, abbiamo audito due settimane fa l’Assoporti e quindi questo è emerso in modo chiaro. Cercheremo da parte nostra di sollecitare la questione quanto più possibile.

FREGA
Sono Alessandro Frega ed intervengo a nome di Legacoop, un’associazione che comprende tre organizzazioni cooperative.
Interverrò brevemente in quanto i colleghi di Confindustria e Confartigianato hanno già illustrato molte delle tematiche che volevamo affrontare, in particolare rispetto al coordinamento, che ci pare fondamentale.
Per brevità aggiungo solo due elementi che mi paiono importanti. In primo luogo, vi è la necessità di rafforzare gli strumenti e le risorse a disposizione dei servizi di prevenzione territoriale delle ASL, perché questo diventa fondamentale. Mi pare che sul territorio ligure ci sia un’azione abbastanza positiva delle ASL, però la necessità di dare più strumenti e risorse, anche nella logica del coordinamento di cui parlavamo prima, ci sembra vada sottolineata e aggiunta a quello che dicevano i colleghi.
In secondo luogo, bisognerebbe dare attuazione all’articolo 52 del Testo unico, che prevede un fondo di sostegno alla piccola e media impresa, complessivamente al sistema della pariteticità. Credo che il tema della pariteticità in questo settore sia centrale e che sia fondamentale affrontarlo insieme.
Devo dire che le parti sociali, nonostante fortissimi richiami in questo senso dell’Unione europea, non sono coinvolte ad un livello soddisfacente.
Noi non siamo nel comitato di coordinamento regionale. Al riguardo mi permetto di dire che forse sarebbe il caso di ricevere ogni tanto delle informazioni, come organizzazioni non presenti nei vari comitati, per capire come si sta evolvendo la situazione. Lo dico ai colleghi senza alcuna polemica.

PRESIDENTE
Non siamo noi gli interlocutori, purtroppo.

FREGA
Lo dicevo nel senso che probabilmente una struttura di questo tipo, che va benissimo, rischia a volte di tenere lontane alcune parti, quindi è importante fare anche tra di noi, associazioni di categoria, un ragionamento in questo senso. Quindi, l’attuazione dell’articolo 52 ci sembra importante perché aiuta tantissimo in questa logica.
Non aggiungo altro perché condividiamo quanto già espresso dai colleghi di Confindustria e Confartigianato.

SENZIONI
Signor Presidente, sono il presidente dell’ANCE Liguria e la ringrazio di questo invito perché ci permette di entrare nel merito di un tema che a livello nazionale e dal nostro punto di vista come ANCE Liguria, attraverso le nostre rappresentanze territoriali, stiamo portando avanti da anni, con un grande sforzo di risorse proprie del settore. Mi ricollego a quanto diceva il rappresentante della Lega ligure cooperative, ovvero che è importante un aiuto, anche economico, per tutte le azioni che svolgiamo. Tenga presente, Presidente, che nel nostro settore c’è una grossa collaborazione tra gli enti paritetici, le classi edili, il comitato paritetico territoriale antinfortunistico (CPTA) e le scuole edili. Viene fatto un grande sforzo, in collaborazione con tutte le rappresentanze sindacali e imprenditoriali, per continuare a fare formazione: dalla prima formazione all’ingresso, alla formazione di percorso durante gli anni lavorativi. Tuttavia, vista anche la grave crisi che sta attraversando il settore, diventa sempre più difficile riuscire a portare avanti questo discorso. Ad ogni modo, dai dati si evince – lasceremo anche noi una breve nota riepilogativa – che in questi anni il nostro comparto ha registrato una sensibile riduzione degli infortuni sul lavoro, proprio grazie ad un’azione capillare di formazione sin dal momento del primo ingresso nel lavoro, che abbiamo portato avanti con gli altri enti in tutti questi anni. C’è da parte nostra una grande collaborazione anche con la Regione per l’organizzazione di corsi di formazione per i quali, in base alle disponibilità finanziarie, la Regione ci concede aiuti con finalizzazioni ben precise. Peraltro, essendo rappresentanti di Confindustria, siamo membri del comitato di coordinamento regionale; teniamo i contatti, fortunatamente molto stretti, quindi abbiamo abbastanza il polso della situazione. Ad ogni modo, pur in questo momento di grave difficoltà finanziaria per tutto il Paese, riteniamo sia fondamentale continuare a reperire risorse per poter andare avanti in questa azione, che mi pare abbia portato a grossi risultati in questi ultimi anni.

MERLI
Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare preliminarmente la Commissione tutta per questo invito. Vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che quando si parla di questi temi si tocca giocoforza una delle piaghe, non solo ma soprattutto italiane, ovvero il sommerso.
Nel 2011 la Commissione parlamentare di inchiesta sulle morti bianche ha rilevato 8.564 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, che vengono emessi se il numero di lavoratori in nero supera il 20 per cento del totale. Tali provvedimenti hanno riguardato principalmente il settore dei pubblici esercizi (36 per cento), il settore dell’edilizia (28 per cento) e il settore del commercio (14 per cento). Altro problema importante riguarda il comparto edilizia – nella relazione si parla del problema di andare a verificare le violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro per quanto riguarda gli appalti privati – dove assistiamo ad una vera e propria condizione di lavoro grigio, con un numero di partite IVA e di lavoratori autonomi che si moltiplica di giorno in giorno, dando vita a forme di organizzazione di lavoro completamente irregolari. Da ciò deriva spesso non solo una concorrenza sleale ma anche forme di illegalità varia.
Noi come associazione dell’artigianato da tempo richiediamo una regolamentazione del settore, e non tanto l’istituzione della patente a punti quanto una misura che risolva questo problema che sta diventando veramente molto consistente.
Un altro campo che presenta talune criticità importanti, sempre all’interno del problema della sicurezza, concerne le macchine operatrici e agricole; anche questo è un tema che le nostre associazioni hanno più volte richiamato per la mancata emanazione di un decreto da parte del Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero delle politiche agricole, relativamente all’introduzione del nuovo codice della strada e alla revisione delle macchine agricole. Al riguardo, secondo l’INAIL sono circa 800.000 le macchine agricole, operanti in Italia, non più a norma con le direttive tecniche CE in materia di sicurezza che hanno provocato, nel solo triennio 2009-2011, 421 morti, di cui sei in Liguria, non tralasciando le macchine operatrici impiegate nei cantieri edili, nel movimento a terra, nei porti marittimi, nei retroporti, la cui quantificazione non è cosa facile, anche per quanto riguarda gli osservatori pubblici.
Da questo punto di vista, l’accordo Stato-Regioni del 22 febbraio, che entrerà in vigore 12 mesi dopo la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, cerca di porre rimedio a questo settore, ma ad oggi si attende ancora l’emanazione del decreto. Vorrei aggiungere ancora due elementi.
In Liguria, come penso in tutt’Italia, in parte abbiamo una diminuzione dei problemi collegati alla sicurezza sul lavoro, dovuta, ahimè, al calo dell’occupazione e soprattutto al numero ormai spaventoso di lavoratori in cassa integrazione. Da questo punto di vista forse, al livello regionale, bisognerebbe creare una regia tra le Commissioni regionali per l’emersione del lavoro non regolare, che comunque esistono, quindi tra politiche attive del lavoro (assessorato al lavoro, assessorato alla formazione) e enti bilaterali, che potrebbe aiutarci in questo momento per aumentare la sensibilità e l’informazione per quanto riguarda le norme sulla sicurezza.
Si pensi ad esempio alla formazione che viene fatta anche sulle persone in cassa integrazione, che è obbligatoria ormai per poter accedere ai fondi europei. Questo raccordo forse potrebbe essere un valido supporto e sicuramente si può espletare soltanto al livello regionale.

PRESIDENTE
Su questo tema noi ci siamo impegnati; abbiamo un colloquio aperto con il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti, anche se mi sembra che sull’argomento si faccia finta di non capire. Lo voglio dire senza remore. Noi ritorneremo all’attacco, sempre più pressanti, per non dover prendere atto che ci siamo sbagliati nel verificare che si continua a far finta di non capire. È una cosa veramente odiosa, al di là dell’obbligatorietà di intervenire dal punto di vista normativo, ed incomprensibile che non si facciano revisioni delle macchine agricole e che non ci siano regole al riguardo.
Quello delle macchine agricole, e delle macchine più in generale, è un mondo che registra tanti morti: è un dramma. Consideriamo ad esempio i trattori: l’ISPESL, prima ancora che venisse accorpato all’INAIL, ha fatto una serie di progetti, secondo cui, con poche migliaia di euro, si riuscivano a rendere più sicuri anche trattori di vecchia generazione. In questo caso scatta la regola del de minimis, per cui se le aziende agricole prendono quei fondi per potere mettere in sicurezza il parco macchine, ciò viene considerato nel computo per cui alla fine non dispongono di contributi per altre iniziative legate all’attività prettamente produttiva. Da questo punto di vista, da due anni ormai abbiamo un confronto serrato a livello europeo, per chiarire che se ci sono finanziamenti per la sicurezza ciò non altera il mercato del lavoro, anzi sicuramente non lo altera, ma stiamo incontrando forti difficoltà al riguardo.
Non c’è una patente, è un mondo che va organizzato. Noi possiamo comprendere che la misura è impopolare – ci rendiamo conto anche di questo – ma chi governa non può assumere provvedimenti che presuppone siano popolari; ciò porterebbe altrimenti ad un percorso quasi impossibile da seguire perché ogni segmento (non dico ogni persona) ha esigenze diverse rispetto a ciò che gli sta più a cuore nella scelta di quelle misure che si ritengono più importanti e preminenti. Questa la riteniamo importante e preminente e continueremo a batterci su questo fronte.

LATTANZI
Signor Presidente, anzitutto la ringrazio per le puntuali lettere che mi ha trasmesso.
Sono il dottor Lattanzi, responsabile del settore trasporto di CNA Liguria e responsabile nazionale del settore macchine agricole e operatrici (CNA-FITA). Faccio soltanto un breve inciso rivolgendomi agli amici di Assiterminal e Assoporti in quanto il problema delle macchine operatrici riguarda anche la portualità, tenendo conto che l’accordo della Conferenza Stato-Regioni del 22 febbraio 2012 concerne l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori. Ciò che effettivamente si presenta farraginoso è che se da un lato sottoporremo quei conducenti ad una specifica formazione, quindi anche a spese delle aziende, dal punto di vista della sicurezza nessuno si pone il problema se quella macchina sulla quale salirà l’operatore sarà efficiente e sicura. Si tratta di un aspetto veramente contraddittorio.
Credo che la cultura della sicurezza debba ancora fare tanti passi avanti. Basti pensare alla risposta che mi è stata data dal sottosegretario Improta: queste non sono priorità. Eppure i morti ci sono; non so proprio quali sono le vere priorità.
Signor Presidente, la ringrazio per l’attenzione che ci ha sempre dimostrato.

PRESIDENTE
Continueremo, cercando di fare atterrare anche qualcuno che sta a mezza altezza e che non si rende conto di quale è la situazione.

MOSCAMORA
Buongiorno a tutti, sono il presidente della Confederazione italiana agricoltori.
Mi pare che negli interventi di chi mi ha preceduto si è tratteggiato un quadro molto preciso. Voglio fare una prima riflessione rispetto al tema specifico al centro di questa audizione.
Il fatto che molti di noi si siano riferiti soprattutto ai continui problemi di applicazione della norma e non al funzionamento specifico del comitato regionale di coordinamento forse testimonia che su questo segmento particolare, cioè sul ruolo, sulla funzione e sulla possibilità di operare del comitato c’è da fare ancora qualcosa. Credo che gli strumenti servono quando hanno capacità reale di intervento e non soltanto di presa d’atto di alcune situazioni. Detto questo, vorrei semplicemente segnalare due elementi. Oltre a quanto veniva già detto, in particolare sul tema delle macchine agricole e degli adempimenti che da questo conseguono, credo non si possa fare una buona politica di prevenzione sulla normativa se non si unisce a questa una grande opera di semplificazione per le aziende. Senza un percorso di questo tipo non riusciremo ad andare avanti; credo sia l’elemento sul quale insistere maggiormente: formazione degli operatori da una parte e semplificazione della normativa dall’altra, perché, a fronte di una normativa semplice, ci sono capacità di controllo altrettanto efficaci; di fronte ad una normativa complessa ci sono spesso oneri aggiuntivi e scarsi risultati.
Voglio citare soltanto un esempio. In materia di prevenzione incendi, la normativa vigente stabilisce che avere in casa 1.000 litri di olio extra vergine di oliva prodotti equivale ad avere un oleificio. Se questo è l’approccio, faticheremo a fare concreti passi in avanti laddove il rischio si determina davvero ed è necessario intervenire.
Una battuta finale sulle macchine agricole. Il Presidente ha espresso in maniera chiara il tema dell’intervento pubblico con il principio del de minimis. Credo che in un momento in cui si stanno riscrivendo i programmi per il periodo 2014-2020, con riferimento al nuovo piano di sviluppo rurale e al nuovo Regolamento comunitario, si possa intervenire nell’ambito del dibattito in corso per fare in modo che il tema della sicurezza abbia un trattamento, all’interno di questo sistema di interventi, tale da poter superare i problemi riscontrati.

PRESIDENTE
La Commissione si sta muovendo in questo senso, cercando di far capire ai nostri interlocutori europei, quindi alla Commissione europea (dal momento che molta della nostra sovranità è stata ceduta), che i contributi in favore della sicurezza non possono essere confusi con una forma di concorrenza sleale. Non è un problema legato al piano ma è una questione di principio, perché se non passa il principio qualunque sia il piano di intervento adottato il problema resta. Il de minimis è stato abbassato, ma se si prendono dei contributi per svolgere delle attività agricole in proprio e si stabilisce un tetto, che credo non superi i 7.500 euro, esso va considerato distintamente.

MOSCAMORA
È pari a 7.500 euro.

PRESIDENTE
Occorre vincere questa battaglia, perché spesso anche le questioni per le quali non dovrebbe essere necessario lottare si presentano difficili. In teoria dovrebbe essere semplice comprendere che una migliore sicurezza non crea danno alla concorrenza da un punto di vista di mercato, tutelando semplicemente il lavoratore che opera con un determinato macchinario.
Continueremo a lavorare in questa direzione anche attraverso videoconferenze con Bruxelles. Ho evitato di andare personalmente a Bruxelles e ci siamo sentiti in una videoconferenza nella quale abbiamo sviscerato il problema, ma alla fine ci hanno inviato una nota identica alle precedenti.

BARBIERI
Sono Claudio Barbieri, responsabile della delegazione di Genova di Confitarma. Come lei sa, il nostro è un settore particolare. Viviamo praticamente sul mare e a livello nazionale e internazionale siamo sottoposti a una normativa e a convenzioni molto attente nei confronti della sicurezza. Chi mi ha preceduto ha parlato dell’Assiterminal e del decreto legislativo n. 272. Il nostro settore è disciplinato invece dal decreto legislativo n. 271 del 1999, una normativa valida, e da convenzioni internazionali quali la STCW sugli standard di addestramento, la convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS) ed il codice internazionale per la gestione della sicurezza delle operazioni delle navi e per la prevenzione dell’inquinamento (ISM code).
Abbiamo quindi moltissime leggi nazionali, ma soprattutto internazionali, che mostrano un’attenzione particolare alla sicurezza dei marittimi. Non ultimo occorre considerare le visite tecno-sanitarie, obbligatorie per legge due volte l’anno. Si tratta di ispezioni che effettuiamo insieme alle capitanerie dei vari porti a bordo delle navi per controllare se le condizioni dei marittimi a bordo rispettano le normative sulla sicurezza e non soltanto.
Il nostro è un settore particolare che si differenzia senz’altro da quello terrestre. Certamente il decreto-legge n. 57 del 2012 ha evitato l’applicazione al settore marittimo di un impianto normativo terrestre legato al decreto legislativo n. 81 del 2008. Siamo quindi in attesa di un’applicazione concreta di questo decreto legislativo per il nostro settore, che ci auguriamo possa arrivare quanto prima.
Un ultimo accenno vorrei dedicarlo alla Maritime labour convention, la convenzione sul lavoro marittimo del 2006. Nell’agosto 2012 tale convenzione è stata ratificata nel numero minimo di 30 Stati necessario affinché possa entrare in vigore alla fine dei 12 mesi successivi. Attendiamo che anche l’Italia provveda quanto prima alla sua ratifica. Nel frattempo auspichiamo che le nostre navi all’estero siano adeguatamente certificate dalla nostra amministrazione. Ciò è importante per evitare ispezioni eccessive nei confronti delle nostre navi in quanto prive di certificazione.

BERTOLA
Sono Alberto Bertola, di Confcommercio, e faccio parte del comitato di coordinamento della Regione Liguria. Tale comitato, a mio parere, svolge una funzione ottimale di programmazione e coordinamento, tenendo conto delle normative vigenti. Essendo un rappresentante nel settore del commercio spesso individuiamo adempimenti che non sono direttamente collegabili alla nostra attività all’interno dei lavori del comitato.
Recentemente, il 24 ottobre di quest’anno, è stato presentato a La Spezia un rapporto dell’INAIL sugli infortuni nella Regione Liguria da cui sono emersi due dati estremamente importanti. Il primo è una diminuzione generale degli infortuni nella Regione e il secondo è la bassissima incidenza di infortuni verificatisi nel settore del commercio. Quest’ultimo rappresenta una miriade di microaziende, piccolissime, che hanno oggettivamente un bassissimo rischio rispetto ad altri settori rappresentati. Ciò nonostante gli adempimenti obbligatori, documentali, formativi e quant’altro sono esattamente identici a quelli degli altri settori. Contestualmente, il 25 ottobre, è stato approvato un accordo Stato-Regioni che ha espresso un parere favorevole sulle procedure standardizzate per effettuare la valutazione dei rischi.
Questo documento è estremamente importante, per non dire fondamentale, per le imprese del commercio trovandoci alla scadenza (31 dicembre di quest’anno) delle autocertificazioni, quindi delle procedure semplificate che verranno sostituite da quelle standardizzate. Queste ultime sono estremamente importanti per le piccolissime imprese. Abbiamo però pochissimo tempo per supportare tutte le aziende, visto che il provvedimento non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale e avremo solo 30-40 giorni per adeguare tutte le aziende.
Le procedure, al loro interno, presentano variabili notevoli, soprattutto con riferimento ai cicli produttivi e alla definizione della valutazione dei rischi che richiedono supporti specifici. Sarebbe pertanto auspicabile, nell’ambito dell’ottima collaborazione con la Regione, in questa fase di attualità delle problematiche inerenti al settore del commercio, trovare una modalità collaborativa e di supporto al fine di concedere alle aziende del commercio una documentazione più appropriata.
Contestualmente, poiché ci risulta essere all’esame del Parlamento un disegno di legge che terrà conto di ulteriori procedure semplificate per le piccole e medie imprese, sarebbe necessario riuscire ad avere all’interno della Commissione maggiore chiarezza su detti adempimenti.

PRESIDENTE
Non sono nostre competenze. Esistono Commissioni ad hoc che si occupano di questo. Lei ha fatto riferimento a leggi di carattere generale che stanno transitando in Parlamento, come quella sulle semplificazioni. La nostra Commissione non ha poteri legati ad una competenza specifica. È una Commissione speciale. Sono le Commissioni permanenti di Camera e Senato (lavoro e attività produttive) che si occupano di queste tematiche.
Compito della nostra Commissione è valutare attentamente se nei disegni di legge presentati vi sono norme concernenti la nostra competenza ovvero la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. A tale fine monitoriamo la situazione, convochiamo i Ministri coinvolti nella presentazione del provvedimento e insieme a loro cerchiamo di collaborare in vista del nostro obbiettivo.
Per quanto riguarda le semplificazioni, che dovevano essere approvate attraverso un decreto-legge, non sono state più attuate in tale forma perché noi abbiamo evidenziato delle criticità. Tra queste il fatto che si dava per scontato che fossero già stati attuati gli atti amministrativi secondari del decreto-legislativo n. 81. Pertanto, dopo una serie di note tra i Ministeri si è intrapreso un percorso per la presentazione di un disegno di legge che ci vedrà impegnati quando arriverà in Senato.
Abbiamo quindi funzioni e compiti diversi, ma non per questo non possiamo intervenire.

DAMERI
Sono Andrea Dameri, direttore della Confesercenti di Genova, in rappresentanza del livello regionale. In realtà lei ha già risposto ad una questione che per la mia associazione è fondamentale, nel senso che non possiamo prescindere dal tema dell’autocertificazione, soprattutto per le complicazioni intervenute nel frattempo.
Come lei giustamente ricordava, il decreto per la semplificazione prevede un ulteriore elemento per cercare di aiutare le imprese, anche se al momento c’è solo una grande confusione. Il rischio è di arrivare al 31 dicembre 2012 con una situazione difficilmente gestibile. Al riguardo, come associazione nazionale abbiamo chiesto una proroga per ottenere i famosi due mesi previsti per l’adeguamento nel momento in cui le procedure standardizzate venissero pubblicate.

PRESIDENTE
Vi chiedo la cortesia di inviare alla nostra Commissione una copia di tale richiesta in quanto ci potrebbe essere utile nell’interlocuzione con i soggetti interessati.

DAMERI
Certamente. Quanto al funzionamento del comitato di coordinamento, di cui facciamo parte come associazione, riconosciamo la sua tempestività di intervento, che va lodata, con riferimento alle richieste evase con sollecitudine. Tuttavia la grande parte della sua attività è dedicata all’alto rischio mentre per le piccole imprese del commercio e del terziario in generale c’è poca attività. Su questo chiederei un’implementazione dell’impegno.
Segnalo infine due elementi relativamente alle nostre procedure. Il primo è la circostanza che sulle procedure telematiche INAIL per l’apertura di nuove posizioni di imprese o su variazioni, da alcuni mesi c’è l’obbligo dell’invio telematico, ma purtroppo i tempi di attesa sono estremamente lunghi per il caricamento delle varie posizioni e creano notevoli problemi per il buon fine della procedura. Da questo punto di vista sarebbe pertanto necessario un intervento al fine di migliorare le procedure.
L’altro elemento attiene al fatto che alcune aziende sono arrivate da noi con attestati di corsi che in realtà vengono tenuti con contenuti riferiti ancora alla precedente tornata normativa, quindi senza l’applicazione degli ultimi contenuti previsti, e questa cosa viene fatta da enti che fondamentalmente non fanno riferimento ad associazioni di categoria e che quindi creano un doppio danno in termini di costi e di non adeguatezza ai requisiti normativi per le aziende.
Infine, com’è già stato sottolineato, anche per noi è molto importante il tema degli organismi paritetici e quello che è stato fatto anche attraverso gli enti bilaterali. Noi, per esempio, forniamo il responsabile per la sicurezza dei lavoratori territoriali a circa 300 aziende. Ovviamente crediamo che questo tipo di ragionamento, cioè di andare nell’ottica della prevenzione rispetto alla repressione, nell’ottica della concertazione, doveva essere in qualche maniera valorizzato attraverso l’attuazione – come è già stato ricordato – dell’articolo 52 del Testo unico, ma anche con altre forme e possibilità che ci possono essere da questo punto di vista.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda il rapporto con l’INAIL, e quindi queste procedure, il comitato di coordinamento è anche un’occasione per incontrare queste persone, per cui voi avete l’occasione di parlare con il direttore regionale dell’INAIL. Noi l’abbiamo immaginato, quando l’abbiamo codificato, anche come luogo di incontro e quindi di soluzione e di esemplificazione di tanti problemi, che comunque riguardano – così come lei diceva prima – una quotidianità, perché se ci sono problemi da questo punto di vista o li si affrontano o non li affrontano. Quindi adoperatelo questo coordinamento.

ROTTA
Sono Fabio Rotta, responsabile economico di Coldiretti Liguria.
Come già rimarcato dal collega della Confederazione italiana agricoltori, il settore agricolo sicuramente necessita di una forte semplificazione per quanto riguarda gli adempimenti amministrativi e burocratici. L’agricoltura ligure, al pari di quella italiana, ha subìto negli ultimi dieci anni un aumento dei costi dei fattori di produzione di circa il 300-400 per cento, a fronte di prezzi all’origine che sono rimasti invariati.
Tanto per fare un esempio, la produzione di latte in Liguria viene a costare circa 39-40 centesimi al litro, quando alle imprese agricole sono riconosciuti soltanto 35 centesimi. Quindi vi sono già imprese che operano in svantaggio economico e la stessa cosa avviene ad esempio nel settore floricolo.
Un’applicazione di norme cogenti troppo strette rispetto a quelle di altri Paesi comunitari rischierebbe di mettere fuori gioco l’economia agricola in qualsiasi senso, per cui è necessario approfondire gli aspetti relativi alla semplificazione. Tra questi aspetti sarebbe importante valutare quelli relativi all’applicazione dei lavoratori stagionali, per esempio, in modo da semplificare al massimo le disposizioni per questi tipi di soggetti.

LATTANZI
Volevo precisare che, quando parliamo di edilizia, per la CNA e per le altre associazioni dell’artigianato e della piccola e media impresa è importante arrivare ad una legge di settore per regolamentarne l’accesso.
Mi ricordo che a metà dei anni Ottanta avevamo spinto per avere una legge che riguardava l’impiantistica dicendo che era una legge che non faceva male a nessuno, in confronto agli 8.000 incidenti mortali che avvenivano in quel periodo tra le mura domestiche; oggi, di fronte a quanto accade, agli infortuni gravi e mortali di lavoratori autonomi che si sono soltanto iscritti alla camera di commercio senza alcun requisito, una legge adeguata di settore deve essere data.
Domani in comitato regionale di coordinamento avrò l’onore di illustrare la lettera che lei mi ha trasmesso riguardante le macchine operatrici e le macchine agricole.

PRESIDENTE
Nel ringraziarvi per il vostro contributo, vi ricordo che la Commissione è disponibile a recepire qualsiasi elemento di conoscenza riteniate possa essere utile ad una migliore comprensione delle questioni trattate. Dichiaro concluse le audizioni odierne.


Fonte: Senato della Repubblica