Proposte della Commissione consultiva permanente per una strategia nazionale di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali

Premessa: obiettivi del documento

Il presente documento è stato predisposto, a seguito di ampia discussione (avvenuta nelle riunioni del 12 Settembre, 24 Ottobre, 28 Novembre 2012, 20 febbraio 2013 e 17 aprile 2013), dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni, di seguito d.lgs. n. 81/2008 o “testo unico”, allo scopo di individuare – partendo dal quadro giuridico vigente in materia e dalle iniziative in corso – un novero di attività promozionali della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali da proporre ai fini della identificazione e descrizione nell’anno 2013 e nei successivi di una vera e propria strategia nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro. Le proposte di cui al documento verranno, pertanto, inoltrate – per le necessarie valutazioni – dapprima al comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 81/2008 e, quindi, ai Ministri competenti. Si auspica che all’esito di dette valutazioni, fatte le modifiche ritenute necessarie e/o opportune, sia condiviso da tutti i soggetti e organismi coinvolti un documento che illustri compiutamente, anche nei riguardi delle competenti autorità dell’Unione europea, la strategia nazionale italiana per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Si ritiene che tale strategia possa essere, per il futuro, periodicamente pianificata secondo una procedura che veda come soggetto proponente il citato comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che operi in relazione ad un arco temporale predeterminato (che si ritiene di individuare in un triennio) in modo che in tale intervallo temporale essa agisca in funzione di indirizzo e coordinamento delle iniziative promozionali in tema di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Si rimarca, infine, come sia essenziale la strategia italiana venga progettata e pubblicata in piena coerenza con la strategia europea in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro anche con riferimento al tema della parità tra i generi (avendo riguardo alla necessità – rimarcata dall’Unione europea – di considerare la dimensione di genere in tutte le politiche e iniziative proprie e degli Stati membri).
Pertanto, in tutte le parti che compongono il presente documento si avrà cura di illustrare le attività realizzate, in corso e da pianificare avendo a parametro le previsioni della citata strategia europea.

Indice

1. Il quadro normativo di riferimento e il suo stato di attuazione
2. Le azioni di prevenzione in corso
3. Favorire l’efficacia delle attività di prevenzione
4. Diffondere la cultura della salute e sicurezza sul lavoro
5. Migliorare la vigilanza
6. Promuovere e diffondere i comportamenti sicuri
7. Migliorare la tutela degli esposti ed ex esposti all’amianto
8. Monitorare le attività e pianificare la futura prevenzione: le proposte procedurali della Commissione consultiva


1. Il quadro normativo di riferimento e il suo stato di attuazione

Come più volte sottolineato, anche in sedi internazionali (in ultimo a Ginevra presso l’Organizzazione Internazionale del Lavoro), dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la lotta agli infortuni e alle malattie professionali è impegno prioritario per ogni Paese civile che, quindi, l’Italia è chiamato a perseguire nel modo più convinto e nel pieno rispetto delle strategie comunitarie in materia. L’obiettivo è ridurre il numero e la gravità degli infortuni e delle malattie professionali, eventi drammatici per le famiglie e la società. A tale riguardo occorre evidenziare come la riduzione del numero complessivo degli infortuni in Italia sia del tutto coerente con l’obiettivo (diminuzione del 25% degli infortuni nel complesso nel quinquennio) individuato dalla strategia europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro per il quinquennio 2007-2012, come si evince da quanto esposto, rispetto agli indici infortunistici, all’allegato 1. In senso positivo va anche letto il dato relativo all’incremento delle denunce di sospette malattie professionali, sottostimate per decenni e che da alcuni anni – proprio in conseguenza della accresciuta sensibilità della società al problema e della più incisiva azione di istituzioni e parti sociali – stanno emergendo per la loro reale portata (sul punto, si rinvia al già citato allegato 1).
Per quanto tale dato statistico sia incoraggiante, è necessario che l’Italia persegua un miglioramento dell’efficacia delle azioni di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali in corso, che porti non solo all’ulteriore consolidamento ma anche all’incremento del trend statistico appena segnalato.
Tale impegno va realizzato nell’ambito della vigente legislazione italiana che persegue il raggiungimento e il mantenimento nel tempo di adeguati livelli di tutela e l’erogazione di servizi di prevenzione e cura, la quale si rinviene innanzitutto nella legge n. 833 del 1978. Con essa l’Italia ha scelto di legare le attività relative alla salute e sicurezza – ivi comprese, in linea generale, le competenze ispettive in materia (attribuite alle ASL e, solo in relazione a settori a particolare rischio infortunistico, alle strutture periferiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) – alle prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi e cura garantite nei riguardi di tutti i cittadini.
Tale scelta strategica trova il suo livello di dettaglio e la sua doverosa integrazione, sempre in relazione alla sintetica descrizione del quadro giuridico di riferimento, nella legislazione riformata dal già richiamato “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, la quale indica in modo chiaro e completo quali sono le misure di tutela da adottare in ogni luogo di lavoro.
Con il d.lgs. n. 81/2008 l’Italia ha confermato la sua appartenenza al novero delle Nazioni in possesso di una normativa moderna in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, del tutto coerente con i livelli di tutela individuati dalle Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e, ovviamente, dalle Direttive dell’Unione europea in materia, tutte puntualmente recepite dall’Italia nel corso degli anni.
Con particolare riferimento alla progettazione e realizzazione di iniziative di prevenzione a livello nazionale e nei territori, il sistema istituzionale delineato dal “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro realizza una governance su base tripartita delle attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro che consente alle amministrazioni pubbliche (Regioni e Ministeri, con l’apporto dell’INAIL) di individuare e condividere con le parti sociali indirizzi di attività e vigilanza uniformi su tutto il territorio nazionale attraverso il potenziamento dell’azione di coordinamento delle attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. L’obiettivo è innanzitutto quello di rendere maggiormente efficace l’azione pubblica per il miglioramento dei livelli di tutela dei lavoratori garantendo il supporto pubblico al sostegno della salute e sicurezza sul lavoro e evitando la sovrapposizione e la duplicazione degli interventi dei soggetti istituzionalmente a ciò deputati, nel pieno rispetto delle competenze regionali.
Occorre, a tale scopo, individuare linee di intervento volte in particolare a creare attorno agli attori principali del sistema, i lavoratori e le imprese, una rete di soggetti, pubblici e privati, chiamati a sostenerli nella loro azione “sul campo”, ossia negli ambienti di lavoro, al fine di perseguire insieme l’interesse pubblico, individuale e collettivo ad un lavoro sicuro. In tale contesto, l’azione dei soggetti pubblici istituzionali, ai diversi livelli di intervento, deve essere valutata quindi non più soltanto in funzione meramente sanzionatoria e repressiva, quanto piuttosto quale strumento per la costruzione di conoscenza e di una moderna cultura della prevenzione e della sicurezza, condivisa all’interno degli ambienti di lavoro nel comune interesse dei lavoratori e delle imprese.
Per realizzare tale obiettivo il d.lgs. n. 81/2008 individua apposite sedi di confronto, nazionali e territoriali, tra i soggetti pubblici chiamati ad elaborare le politiche e programmare le azioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Così il “testo unico” ha previsto l’istituzione del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza (articolo 5), sede presso la quale le amministrazioni pubbliche, centrali e regionali, condividono le linee generali delle rispettive politiche di prevenzione e vigilanza. Il comitato in parola costituisce, quindi, la sede che il d.lgs. n. 81/2008 individua perché le Amministrazioni competenti in materia coniughino tra loro e coordino in un contesto unitario le attività dirette a garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza e quelli di vigilanza.
Tale organismo, che ha sede presso il Ministero della salute ed è stato costituito nel 2009, ha prodotto, a partire dal 2012, documenti condivisi tra i componenti del comitato e che, individuando i rispettivi impegni, perseguono una migliore unità di intenti e l’uniformità di indirizzi sul territorio nazionale relativamente alle attività di soggetti pubblici, con particolare riguardo alle attività di vigilanza. Si segnalano, in particolare, i seguenti documenti:

- l’“atto di indirizzo” per le politiche attive in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, approvato in data 20 dicembre 2012 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e che si allega (allegato n. 2);

- le “Indicazioni ai comitati regionali d i coordinamento per la definizione della programmazione per l’anno 2013 delle attività di vigilanza ai fini del loro coordinamento”, che si allega (allegato n. 3), approvato dal comitato in data 24 gennaio 2013, inoltrato ai comitati regionali di coordinamento e altresì inviato dal comitato alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano per la sua approvazione anche in tale sede.

Il successivo articolo 6 delinea compiti e funzioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, composta in maniera tripartita da rappresentanti di Stato, Regioni e parti sociali (per un totale di 40 componenti, di cui 10 in rappresentanza dei Ministeri, 10 delle Regioni, 10 delle associazioni datoriali e 10 dei sindacati). Essa è la sede nella quale i Ministeri e le strutture centrali competenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare l’INAIL, sono chiamate a confrontarsi con i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori su tutti i più importanti temi in materia di salute e sicurezza, nel rispetto degli indirizzi definiti dalla commissione per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive. La commissione, avente sede presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stata costituita con D.M. 3 dicembre 2008 e si riunisce con cadenza regolare (tendenzialmente mensile) e ha già effettuato 40 sedute (ultima in data 17 aprile 2013), nelle quali sono stati discussi temi di grande rilevanza quali, ad esempio, la salute e sicurezza nelle scuole e le malattie professionali, e approvati un numero rilevante di documenti (per una prima individuazione di essi si rinvia all’allegato n. 4). Tutti i documenti approvati dalla Commissione consultiva, per trasparenza e massima fruibilità da parte di tutti gli interessati, sono pubblicati in un’apposita area di libero accesso, all’interno della sezione “sicurezza nel lavoro” del sito ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (www.lavoro.gov.it). La programmazione e realizzazione delle attività di prevenzione su base territoriale – la quale deve tener conto sia delle indicazioni strategiche contenute negli atti di indirizzo nazionali (provenienti, in particolare dagli organismi di cui agli articoli 5 e 6 del d.lgs. n. 81/2008) che dei bisogni emergenti dai singoli territori regionali – è affidata ai comitati regionali di coordinamento, disciplinati dall’articolo 7 del d.lgs. n. 81/2008 e dal d.P.C.M. 21 dicembre 2007, coordinati dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano e nei quali è garantita la partecipazione rappresentativa delle istituzioni, degli enti e degli istituti competenti in materia di salute e sicurezza e quella delle parti sociali. Per una rassegna delle principali attività di riferimento, svolte innanzitutto dalle specifiche strutture per la prevenzione nei luoghi di lavoro, poste nei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, si considerino i report prodotti annualmente dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni (cfr. il rapporto relativo all’anno 2011, allegato n. 5).
Ancora, si sottolinea come esista una sede (la commissione per gli interpelli, prevista dall’articolo 12 del d.lgs. n . 81/2008) nella quale Stato e Regioni si esprimono su questioni di ordine generale relative alla interpretazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, attraverso pareri che indirizzano gli organi di vigilanza su tutto il territorio nazionale. Tale commissione è pienamente operante presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, a partire dal 2012, ha iniziato a produrre le relative risposte, anch’esse pubblicate nella già citata sezione “sicurezza nel lavoro” del sito ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Infine, di strategica importanza metodologica sono i contenuti dell’articolo 8 (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione - SINP) del d.lgs. n. 81/2008 che ha l’obiettivo di “impostare gradualmente un sistema dinamico in grado di rispondere efficacemente alle esigenze di conoscenza e di programmazione, pianificazione e valutazione dell’efficacia delle attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, di tutti i soggetti coinvolti nella tutela della salute dei lavoratori”. Si rinvia all’allegato n. 6 del presente documento per le informazioni relative allo stato di avanzamento del provvedimento di regolamentazione del SINP, sottolineando comunque come già dal 2002 sono utilizzati una parte rilevante degli strumenti per mezzo dei quali opererà il Sistema in oggetto, grazie al progetto sviluppato da INAIL, ISPESL e Regioni denominato “Nuovi Flussi Informativi”che ha fornito buona prova
della loro efficacia in termini di conoscenza e, quindi, prevenzione1.
In relazione al quadro normativo appena sinteticamente descritto, avendo a parametro la corrispondente parte della strategia comunitaria di riferimento, si evidenzia come l’Italia abbia a disposizione un frame work normativo che lega prevenzione e sorveglianza della salute, che prevede il coordinamento delle politiche sanitarie con quelle di sicurezza sul lavoro e individua sedi di confronto e coordinamento tra Stato e Regioni, al fine di individuare le linee delle attività di prevenzione da diffondere a livello territoriale.
Le future azioni al riguardo da pianificare e realizzare – e, quindi, da individuare come obiettivo della strategia nazionale di salute e sicurezza sul lavoro – concernono, dal punto di vista strettamente normativo, il definitivo completamento della adozione dei provvedimenti di attuazione del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro; particolare urgenza rivestono, in particolare, i provvedimenti di attuazione dell’articolo 27 del d.lgs. n. 81/2008 (c.d. “qualificazione delle imprese”) e dell’articolo 52 del “testo unico” (decreto a sostegno della pariteticità e della bilateralità. L’importanza del provvedimento in ultimo citato appare ancora maggiormente chiara ove si consideri che esso è destinato ad operare a sostegno, in particolare, del sistema della pariteticità quale fondamentale strumento messo in campo, ai sensi del d.lgs. n. 81/2008, dalle parti sociali in attuazione degli accordi interconfederali sottoscritti dalle organizzazioni nazionali più rappresentative in ambito sindacale per dare alla politica di prevenzione un valore aggiunto, soprattutto per le Piccole, Medie e Micro Imprese.
Inoltre, va perseguita la semplificazione del quadro regolatorio – alla imprescindibile condizione che essa non comporti alcun abbassamento dei livelli di tutela in ogni luogo di lavoro e nei riguardi di qualunque lavoratore – per mezzo di proposte che vadano necessariamente discusse tra Stato e Regioni (in ragione della competenza “ripartita” tra i medesimi soggetti prevista dalla Costituzione in materia) e con le parti sociali, le quali devono essere poste in grado di discutere in modo completo rispetto a qualunque proposta venga al riguardo avanzata, in ossequio al principio del tripartitismo. Questo processo di semplificazione deve tendere a coniugare la crescita della sicurezza sul lavoro e quella delle imprese dedicando particolare attenzione alle piccole e medie imprese secondo i principi
contenuti nello Small Business Act2.

2. Le azioni di prevenzione in corso

Si ritiene opportuno rimarcare innanzitutto che, nell’ambito della citata Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, si svolgono ininterrottamente le attività di nove gruppi “tecnici” di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle Amministrazioni Pubbliche (comprese le Regioni) e delle parti sociali, per affrontare in tali sedi gli argomenti attribuiti dalla Legge alla Commissione e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro. Tutti i gruppi appena citati si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità (con riunioni, in media, almeno una volta al mese) i compiti loro attribuiti. Grazie alle attività istruttorie compiute in tali consessi sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro3.
In particolare, la Commissione ha svolto molti dei compiti di portata normativa devoluti a tale organismo dal d.lgs. n. 81/2008, determinando l’adozione di provvedimenti di rilevante impatto prevenzionistico i quali si sono aggiunti ad altri di attuazione del “testo unico”. Per la rassegna di tali provvedimenti si rinvia al l’allegato 6 al presente documento.
Dal punto di vista operativo, va rimarcato come sin dal 2005 è stata attuata e realizzata una pianificazione nazionale e regionale delle attività di prevenzione degli infortuni, la quale ha trovato la sua esplicazione nei Piani regionali (previsti già dall’intesa in Conferenza Stato- Regioni, in sede di Piano nazionale della prevenzione, 23 marzo 2005). Attualmente è in fase di realizzazione il quadro delle attività del Piano nazionale di prevenzione 2010-2012, recentemente prorogato a tutto il 2013; in attuazione delle Linee guida emanate dal Ministero della salute, tutte le regioni hanno pianificato (ovviamente con diverso impegno che riflette il diverso stato di efficacia del sistema sanitario regionale su base territoriale) le loro attività, in particolare per realizzare:

• il potenziamento del sistema informativo finalizzato all’individuazione dei bisogni regionali differenziati per genere (conoscere);
• la programmazione e pianificazione di azioni atte ad aumentare i livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro mediante interventi di vigilanza, informazione e assistenza (prevenire).

E’ in questo ambito che nasce (nel quadro, quindi, della pianificazione del Sistema sanitario nazionale da parte da un lato dal Ministero della salute e dall’altro dalle Regioni e Province autonome) la prima pianificazione e programmazione, a carattere nazionale4, di attività di prevenzione rivolte a settori particolarmente a rischio e bisognosi di supporto, l’edilizia e l’agricoltura (Piano nazionale di prevenzione in Edilizia e Piano nazionale di prevenzione in agricoltura e selvicoltura). Tali iniziative sono state trasposte nei singoli Piani regionali di prevenzione. Dunque, può affermarsi che sia ampiamente in atto in Italia una attività di confronto tra soggetti pubblici in ordine alle iniziative di prevenzione e alla produzione di documentazione di indirizzi per imprese, lavoratori e operatori della salute e sicurezza, i cui risultati sono da considerare apprezzabili.
Occorre, pertanto, procedere al potenziamento delle attività in corso favorendo le forme di integrazione tra le iniziative nazionali e quelle regionali e coinvolgendo, altresì, in modo efficace le parti sociali sulla progettazione e diffusione delle iniziative, anche tramite gli organismi paritetici costituiti dalle medesime parti a livello nazionale più rappresentative in ambito sindacale in attuazione di specifici accordi interconfederali.
E’ importante che tale potenziamento riguardi i comitati regionali di coordinamento, chiamati, a livello territoriale, a perseguire la massima coerenza nei singoli territori tra le attività pianificate a livello nazionale e quelle attive o da attivare a livello territoriale, anche attraverso il fattivo coinvolgimento di rappresentanti delle Consigliere di parità relativamente alle politiche locali sulle questioni di genere.
Ove tali forme di integrazione dovessero avere la forma delle proposte legislative (ad esempio, relativamente alla possibilità di creare una struttura unitaria nazionale – nella forma dell’Agenzia – con compiti di coordinamento delle attività pubbliche di prevenzione e vigilanza), si raccomanda che esse possano essere oggetto di discussione anche presso questa Commissione. Va, altresì, garantita l’implementazione dei lavori in corso nell’ambito della Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, anche per mezzo del possibile coinvolgimento di rappresentanti delle Consigliere di parità nei comitati della Commissione consultiva, relative alla elaborazione e diffusione di strumenti di ausilio alle imprese in relazione alla corretta attuazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, quali buone prassi (si consideri, ad esempio, la rilevanza della prima “buona prassi” dedicata agli “ambienti confinati”, quali silos, cisterne e simili, in attuazione del D.P.R. n. 177/2011), linee guida e codici etici. Sul punto, si ritiene che sia opportuno che si proceda ad un monitoraggio della efficacia delle indicazioni metodologiche in materia di stress lavoro- correlato, elaborate dalla Commissione consultiva in data 17 novembre 2010, e al completamento delle indicazioni di Stato e Regioni in materia di formazione, con riferimento alla formazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e degli Addetti al medesimo servizio, al momento regolata da accordi in Conferenza Stato-Regioni che vanno aggiornati e rivisitati, anche in ottica di genere e per ragioni di coerenza con gli ultimi accordi relativi alla formazione di datore di lavoro che svolga i compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, dirigenti, preposti e lavoratori (accordi del 21 dicembre 2011 e del 25 luglio 2012) e con il decreto interministeriale del 6 marzo 2013 identificativo dei criteri di qualificazione del formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Infine, si ritiene di sottolineare la opportunità che si proceda, innanzitutto tramite le attività del “network INAIL NanOSH Italia” già in corso ma anche nel pieno rispetto delle competenze esistenti (si consideri, per tutte, quella dell’autorità nazionale per il REACH presso il Ministero della salute) e delle attività in essere a livello europeo, ad un approfondimento delle tematiche di salute e sicurezza derivanti dall’utilizzo di nano-materiali, il quale possa portare a risultati apprezzabili – che si sostanzino, ad esempio, nella predisposizione di strumenti di ausilio, come linee guida e buone prassi, per gli operatori interessati in materia – in un prossimo futuro.


3. Favorire l’efficacia delle attività di prevenzione

Il d.lgs. n. 81/2008 individua quali driver per realizzare efficaci attività di prevenzione l’informazione, la formazione, l’assistenza e consulenza e la promozione della cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro, anche sulla base di Piani di settore, con azioni svolte in collaborazione tra le istituzioni a livello centrale e territoriale (Ministeri, INAIL, Regioni e servizi di prevenzione delle ASL) e seguendo logiche di confronto partecipativo con le parti sociali. Con la legge n. 122 del 2010 l’INAIL ha “incorporato” ISPESL e IPSEMA e si sono realizzate le condizioni per una più forte integrazione che potrà sviluppare valore aggiunto nelle azioni di sistema che caratterizzano gli interventi in materia; analogamente, altri organismi e organizzazioni portatrici di know-how tecnico-scientifico potranno fornire significativi apporti specialistici per la crescita del sistema prevenzionale del Paese.
Le azioni di riferimento, più nel dettaglio, consistono nella:

- predisposizione e divulgazione di strumenti di supporto alle imprese – con particolare riguardo alle piccole, medie e micro-imprese – quali buone prassi, linee guida, procedure operative, materiale informativo e divulgativo, in formato cartaceo o multimediale. E’ fondamentale che tali strumenti e prodotti, diversificati per target e settori lavorativi, siano liberamente consultabili, soprattutto attraverso l’uso dei siti internet delle diverse amministrazioni e/o di specifiche pagine web attivate per tema;

- progettazione ed erogazione di percorsi formativi e di aggiornamento professionale per le figure previste dal d.lgs. n. 81/2008 e per la professionalizzazione di figure (quali, ad esempio, progettisti e auditor dei sistemi di gestione) a sostegno del miglioramento della gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

- realizzazione sistematica di Campagne di sostegno informativo, sia di carattere generale che per target e per settori che presentino criticità specifiche. Tra le attività di promozione in corso vanno ricordate le campagne nazionali informative dedicate a settori a particolare rischio infortunistico, quali (sin qui) l’edilizia e l’agricoltura e al fenomeno delle malattie professionali. Tali attività sono state progettate in termini di collaborazione ed interazione tra il coordinamento tecnico interregionale per la prevenzione sul lavoro, i Ministeri e l’INAIL, definite congiuntamente e discusse in logiche di coinvolgimento e partecipazione delle parti sociali, al fine di garantire la massima efficacia delle azioni e, in particolare, la diffusione delle informazioni e l’approfondimento delle conoscenze – anche attraverso siti internet specificamente dedicati o i siti internet istituzionali delle Regioni, dei Ministeri e dell’INAIL – nonché la fruibilità di materiali informativi e formativi e la divulgazione di buone prassi e procedure operative;

- attivazione di sistemi informativi che, attraverso la condivisione di informazioni, elaborate per la realizzazione di mappe di rischio, permettano di indirizzare iniziative ed interventi, sia di prevenzione che di vigilanza, e di monitorarne l’efficacia. Tra questi sistemi particolare importanza va ascritta al già citato SINP, in quanto sviluppato in Flussi informativi, alle applicazioni e ai registri relativi alle malattie professionali (RENAM; RENATUNS; Malprof; registro delle malattie professionali o correlate al lavoro) e ai sistemi di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

Area specifica di intervento privilegiato in ambito di promozione della cultura della prevenzione è, poi, quella in favore del sistema scolastico. L’obiettivo, che il “testo unico” (si veda, in particolare, l’articolo 11) indica come strategico per le azioni promozionali pubbliche, è di sensibilizzare – con azioni “mirate” al tipo di scuola e all’età dei giovani – i futuri lavoratori in ordine ai rischi lavorativi, favorendo la diffusione della consapevolezza della rilevanza dei temi della prevenzione anche presso coloro che non siano ancora parte del mercato del lavoro. Per tali finalità, a seguito della stipula di una “Carta d’intenti” tra i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell’istruzione, università e ricerca, negli anni 2010, 2011 e 20125 sono state attivate iniziative (per le quali sono state anche destinate risorse per 5 milioni di euro l’anno) dirette a sensibilizzare gli studenti rispetto ai temi del rischio lavorativo e della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

4. Diffondere la cultura della salute e sicurezza sul lavoro

L’ esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il perfezionamento del quadro giuridico di riferimento e le attività di Stato, Regioni e parti sociali quanto anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni promozionali dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro. In Italia sono, al riguardo, attive o di prossima attivazione programmi sinergici tra soggetti pubblici e privati, per migliorare l’efficacia delle rispettive attività.
Innanzitutto, come previsto dall’articolo 11 del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, a far data dal 2008 sono state finanziate da parte dello Stato italiano una serie di attività promozionali della salute e sicurezza sul lavoro, nel rispetto delle finalità discusse nell’ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e definite con specifici decreti. Così le somme relative all’anno 2008, nel rispetto dell’intesa adottata in Conferenza Stato-Regioni (come previsto dal comma 7 dell’articolo 11 del d.lgs. n. 81/2008), sono state in larga parte (per circa 30 milioni di euro) investite per una campagna straordinaria di comunicazione e, in altra parte (per 20 milioni di euro), per attività formative su base regionale.
Le somme relative agli anni 2009, 2010 e 2011 (di ammontare variabile ma sempre superiore ai 30 milioni di euro) sono state, invece, ripartite a sostegno di diverse iniziative (formazione, ma anche finanziamento alla “messa in sicurezza” di attrezzature di lavoro, adozione di modelli di organizzazione e gestione della salute e sicurezza e finanziamento di attività promozionali, nel senso sopra già illustrato, nelle scuole) volte a innalzare il livello di tutela negli ambienti di lavoro beneficiari degli interventi.
In particolare, 14 milioni di euro sono stati destinati alla attuazione di una “campagna nazionale di formazione”, realizzata sulla base di un accordo tra le parti sociali e per la quale è in corso di elaborazione il relativo bando gestito dall’INAIL.
A queste iniziative a livello nazionale si affiancano le singole attività promozionali, a contenuto economico, di Regioni e altri enti pubblici, anch’esse realizzate tenendo conto degli indirizzi forniti dalle Commissioni ex artt. 5 e 6 del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro.
Tra di esse, ci si limita a segnalare che come già fatto in passato INAIL ha messo a disposizione delle imprese (con particolare riferimento a quelle piccole e medie), con un proprio bando e secondo una procedura di accesso totalmente automatizzata, nel solo anno 2012, oltre 205 milioni di euro, quale contributo ad attività di miglioramento della prevenzione dei rischi da lavoro, tra le quali l’adozione di modelli di organizzazione e gestione o di buone prassi e gli investimenti diretti a innalzare i livelli essenziali di sicurezza delle attrezzature di lavoro. Sono state 4.316 (su un totale di 20.628 domande inoltrate per via telematica tra il 26 e il 28 giugno 2012) i progetti ammessi a finanziamento nell'ambito dell'Operazione incentivi dell'INAIL6.
Si tratta, quindi, di misure che favoriscono – come previsto a livello comunitario – i cambiamenti di comportamento, specie in settori a particolare rischio infortunistico, le quali vanno confermate e consolidate.
Per l’immediato futuro, si segnala la necessità di completare l’utilizzo delle somme già impegnate a livello nazionale in attuazione delle attività promozionali di cui all’articolo 11 del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro, anche avendo riguardo allo svolgimento di attività di formazione – realizzate con la partecipazione delle parti sociali – su base nazionale. Va, in particolare, pianificata una attività di monitoraggio delle risorse già impegnate, sia a livello nazionale che territoriale, al fine di valutare l’efficacia delle azioni con esse finanziate, anche in relazione all’utilizzo delle somme del Fondo Sociale Europeo eventualmente impegnate in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ancora, sempre in relazione al citato articolo 11 del d.lgs. n. 81/2008, si ritiene che sia una conclamata criticità la progressiva limitazione (infine giunta all’azzeramento) delle risorse disponibili, da superare attraverso un nuovo stanziamento di risorse.
Infine, si reputa essenziale segnalare l’opportunità di rinvenire risorse pubbliche da destinare al sostegno di attività aziendali, specie nelle piccole e medie imprese, dirette a migliorare le condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, specie in relazione alla adozione di misure di tipo organizzativo idonee a eliminare o ridurre al minimo i rischi negli ambienti di lavoro.


5. Migliorare la vigilanza

Il “testo unico”, nel rispetto dell’art. 118 della Costituzione e in attuazione del principio di “leale collaborazione” tra Stato e Regioni, ha definito, innanzitutto all’articolo 13, un assetto che puntualmente definisce le modalità attraverso cui i soggetti istituzionali devono concorrere a raggiungere obiettivi di una vigilanza efficace sul rispetto della normativa di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Anche dietro la spinta dei rilievi costantemente segnalati dalla commissione del Senato sulle così dette morti bianche (presidente il Senatore Oreste Tofani), dal 2008, l’attenzione per ottenere questi risultati è stata costante da parte di tutte le istituzioni con programmi di lavoro volti soprattutto al maggior coordinamento degli interventi ispettivi (riservati dall’articolo 13 del “testo unico” alle ASL, con riferimento a tutti i luoghi di lavoro e settori lavorativi alle strutture periferiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali limitatamente a settori ad elevato rischio infortunistico, con particolare riferimento all’edilizia) su tutto il territorio nazionale. Di conseguenza, in questi ultimi anni si è già fortemente ridotto, per quanto non possa dirsi del tutto eliminato, il rischio di sovrapposizioni e duplicazioni tra i soggetti istituzionalmente a ciò deputati. Si ha, peraltro, motivo di ritenere che tale positivo trend verrà ulteriormente rafforzato dalla citata attivazione del SINP, i cui dati saranno essenziali per “ottimizzare” accessi e target individuati dagli organi di vigilanza in base ad una maggiormente approfondita conoscenza della realtà dei singoli territori e comparti.
Già da tempo sono comunque disponibili i dati dei “Flussi informativi” descritti nell’allegato 1, che hanno permesso, sin dal 2007, di formalizzare nell’Accordo Stato Regioni del 17 dicembre 2007 “Patto per la salute nei luoghi di lavoro” i comparti ed i rischi verso i quali intervenire prioritariamente in base ai dati epidemiologici. Ciò è già stato realizzato mediante specifici “Piani Nazionali” per la prevenzione in edilizia ed agricoltura i cui risultati sono descritti nella relazione della attività svolta dalle Regioni (cfr. allegato 5), mentre sono in fase di sviluppo quelli per la prevenzione delle patologie muscolo scheletriche e dei tumori professionali rispetto ai quali si è recentemente giunti alle indicazioni strategiche condivise a livello nazionale.
Il perseguimento di questa strategia di fondo anche per il futuro, trova conferma nel già citato accordo Stato-Regioni contenente l’atto di indirizzo dettato dal Comitato ex art. 5 del d.lgs. n. 81/2008 per l’anno 2012 (allegato n. 2) che definisce importanti impegni comuni da realizzare da parte delle istituzioni con compiti di controllo, che completeranno la concreta applicazione dell’assetto istituzionale previsto dal d.lgs. n. 81/2008. Tra di essi si segnalano:

- la predisposizione della banca dati delle prescrizioni impartite dagli organi di vigilanza (punto 2.3. dell’allegato n. 2);

- la realizzazione del sistema informativo per la rilevazione delle attività di vigilanza e prevenzione della pubblica amministrazione (punto 3.1. dell’allegato n. 2);

- la predisposizione del sistema informativo dei comitati regionali di coordinamento (punto 3.2. dell’allegato 2);

- l’estensione a tutto il territorio nazionale delle “notifiche preliminari on-line” dei nuovi cantieri edili, già sperimentate con successo in diverse regioni italiane come risultato positivo di accordi interistituzionali realizzati a livello territoriale.

Rispetto al metodo di lavoro, in linea con la strategia impostata dal documento di programmazione condivisa in seno al Comitato ex articolo 5 del d.lgs. n. 81/2008 per l’anno 2013, già in precedenza citato, approvato il 7 febbraio 2013 dalla Commissione Salute della Conferenza dei Presidenti e Province autonome, che indica nei Comitati Regionali di Coordinamento (e, quindi, indirettamente, negli Uffici Operativi Regionali e negli Organismi Provinciali che ne sono emanazione ai sensi del d.P.C.M. del 21 dicembre 2007) le sedi “per favorire ,attraverso un migliore coordinamento dell’attività di vigilanza stessa - sia se effettuata individualmente da un singolo soggetto sia se effettuata in maniera collegiale da più soggetti in maniera congiunta - l’ottimizzazione dell’uso delle risorse complessivamente disponibili sul territorio”.
In tale ottica, assume particolare rilievo l’indicazione del documento di agire in modo coordinato in comparti lavorativi con dimensioni organizzative e gestionali di rete ampia, quale si configura quello del trasporto ferroviario.


6. Promuovere e diffondere i comportamenti sicuri

E’ essenziale che le risorse, anche in termini di competenze umane e coinvolgimento delle parti sociali alle relative attività, da impegnare nella promozione della salute e sicurezza non vengano disperse ma siano dirette a affrontare fenomeni di particolare gravità e urgenza sociale. Così è stato fatto tenendo conto del costante aumento (si vedano i dati statistici in apertura) delle denunce di malattie professionali, fenomeno da ritenersi positivo; infatti, è da ritenere che la recente sensibilizzazione di datori di lavoro, lavoratori, medici di famiglia e patronati abbia dato l’innesco a un fenomeno di emersione delle malattie “perdute”, attenuando lo storico fenomeno di sottodenuncia (a causa sia dei lunghi periodi di latenza di alcune patologie che della difficoltà di dimostrarne il nesso causale con l’attività lavorativa). Tale attività di sensibilizzazione, come condiviso da Stato, Regioni, parti sociali e INAIL, deve quindi continuare.
Da un altro punto di vista, occorre favorire la conoscenza da parte delle imprese e dei lavoratori dei comportamenti sicuri – anche avuto riguardo alle differenze di genere – che, tenuti ogni giorno, impediscono che vengano contratte malattie a causa di lavoro agendo sulla leva della prevenzione. Per questa ragione, la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha avuto modo, nel corso dell’ultimo anno, di discutere delle malattie e delle loro cause da parte di aziende, lavoratori e medici. Nasce, in tal modo, la campagna sulle malattie professionali in corso di svolgimento (si vedano, al riguardo, le sezioni specificamente dedicate nell’ambito dei siti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell’INAIL), espressione di una volontà comune di Stato e Regioni di affrontare il tema delle malattie professionali assieme, avendo sempre riguardo alla necessità che migliori ovunque – con il contributo di tutti – innanzitutto la diffusione e la efficacia delle misure che prevengono i rischi sul lavoro.
La promozione e diffusione di comportamenti “virtuosi” va, poi, perseguita attraverso il potenziamento della divulgazione di strumenti quali le già citate linee guida e buone prassi ma anche per mezzo di procedure operative – come detto già largamente valorizzate nell’ambito delle politiche nazionali e delle attività già in corso a livello centrale e territoriale – e per mezzo della promozione di comportamenti ispirati alla Responsabilità sociale delle imprese. In tale contesto, particolare attenzione va riservata a strumenti, tra quelli appena individuati, che permettano di tener conto – come imposto dal “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro – delle differenze di genere nella applicazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro.
Andrà anche effettuata una attenta valutazione – con conseguente monitoraggio – della applicazione delle “procedure standardizzate di valutazione del rischio”, di cui all’articolo 29, comma 5, del “testo unico”, sia per valutarne l’efficacia sia per procedere alla loro implementazione (la quale va effettuata per specifici rischi e per particolari settori, in modo da mettere a disposizione degli operatori strumenti di ausilio moderni e semplici per una corretta predisposizione di documenti di valutazione dei rischi coerenti con la normativa vigente e utili allo scopo di prevenzione che è proprio di tali fondamentali documenti). Si dovrà, quindi, procedere alla approvazione e divulgazione di procedure semplificate (previste, del resto, all’articolo 30 del d.lgs. n. 81/2008) per la predisposizione e attuazione di modelli di gestione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, al fine di favorire la diffusione di tali strumenti anche presso le aziende di limitate dimensioni, quali le medie, piccole e micro-imprese (largamente diffuse in Italia). Al riguardo, occorrerà, come già precedentemente rimarcato, garantire che ogni documento di riferimento riesca a perseguire – unitamente al pieno rispetto dei livelli di tutela – la massima semplicità operativa, a maggior ragione necessaria nell’attuale contesto economico particolarmente difficile.

7. Migliorare la tutela degli esposti ed ex esposti all’amianto

Per quanto, come in tutti i Paesi europei, da vent’anni non sia possibile (se non nei limitati casi contemplati dalle direttive europee e specificati, con indicazione delle relative condizioni, al Titolo IX, Capo III, del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro) l’utilizzo a fini produttivi dell’amianto non c’è bisogno di sottolineare quanto le patologie legate all’utilizzo di tale sostanza costituiscano ancora oggi una grave criticità, di impatto sociale devastante. Pertanto, è precisa volontà del Governo italiano quella di procedere alla discussione, progettazione ed applicazione di un vero e proprio “Piano nazionale amianto”, per affrontare il tema della esposizione a tale sostanza da ogni possibile visuale, quindi avendo a riferimento le attività di ricerca a favore della prevenzione, quelle che riguardano la sanità pubblica, quelle relative al sostegno dei lavoratori che abbiano contratto una malattia legata all’uso di amianto e, infine, quelle legate alle bonifiche delle strutture contenenti amianto o allo smaltimento dei relativi rifiuti.
A tale scopo si è tenuta, nei giorni tra il 21 e il 23 novembre 2012, a Venezia la seconda Conferenza Governativa sull’amianto, che ha visto la partecipazione di Ministeri, Regioni, Università e esperti del settore, al fine di discutere dei problemi legati alla esposizione all’amianto, alle misure di prevenzione e a quelle di monitoraggio dei rischi e delle relative patologie. La Conferenza Governativa si è conclusa con l’elaborazione del citato “Piano nazionale amianto”, da attuarsi a partire dall’anno 2013, che – una volta definitivamente perfezionato – permetterà di affrontare il “problema amianto” in ogni sua possibile implicazione (ricerca, prevenzione, cura, sostegno…). Delle misure del piano nazionale occorrerà, dunque, tener necessariamente conto nella realizzazione delle attività di prevenzione di cui al presente documento.



8. Monitorare le attività e pianificare la futura prevenzione: le proposte procedurali della Commissione consultiva

Per indirizzare in una cornice unitaria e ampiamente condivisa le attività che si svolgono e, soprattutto, che si svolgeranno in Italia in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, si propone che sia il comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive in materia di salute e sicurezza e per la vigilanza di cui all’articolo 5 del “testo unico” a elaborare la prima stesura delle proposte per la strategia nazionale in materia, individuata in relazione a un arco temporale che permetta una corretta pianificazione e realizzazione delle attività identificate come strategiche e il loro monitoraggio in termini di efficacia e che si ritiene potersi identificare nel triennio. Al riguardo, occorrerà garantire l’applicazione di quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, lettere a), b), e f), del d.lgs. n. 81/2008 relativamente alla consultazione delle parti sociali.
Il comitato dovrebbe, quindi, sottoporre alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro di cui all’articolo 6 del d.lgs. n. 81/2008 la relativa proposta, al fine di consentire a tale organismo di operare le necessarie valutazione e avanzare le proposte di modifica o integrazione da parte di Amministrazioni statali, Regioni, organizzazioni datoriali e sindacati, tutte componenti, in misura paritaria, della Commissione stessa. All’esito il comitato di cui all’articolo 5 del “testo unico” potrebbe, infine, approvare il testo della strategia, da proporre al Governo e al Parlamento perché venga condivisa in sede politica e, quindi, venga adottata come strategia nazionale per la salute e sicurezza per il triennio di riferimento, mediante intesa in Conferenza Stato-Regioni. E’ essenziale che la strategia venga redatta in piena coerenza con le scelte operate – in materia di prevenzione di infortuni e malattie sul lavoro – a livello comunitario e che preveda espressamente un attento e articolato controllo delle attività programmate.
Si propone che la procedura qui ipotizzata si applichi a partire dall’anno 2013, in modo che la prima proposta possa promanare dal citato comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive in materia di salute e sicurezza e per la vigilanza in tempo utile perché la procedura qui illustrata si possa concludere entro il termine del medesimo anno.
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1 Si fa riferimento ai flussi informativi INAIL (ex ISPESL)-Regioni, ai dati del sistema di rilevazione dell’attività dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro delle ASL, ai registri dei tumori di origine professionale, al Sistema nazionale di sorveglianza degli infortuni Flussi Informativi Inail (ex Ispesl) – Regioni mortali e gravi e al Sistema di sorveglianza delle malattie professionali Malprof. Al riguardo, si rinvia a quanto nella parte iniziale dell’allegato 1.
2 “Una corsia preferenziale per la piccola impresa”, Comunicazione della Commissione (COM (2008)394 def.), v.: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2008:0394:FIN:IT:PDF
La comunicazione della Commissione è stata “favorevolmente accolta” dal Consiglio dei Ministri UE del 1°e 2 dicembre 2008. La Comunicazione è stata “recepita” nell’ordinamento italiano con la legge 11 novembre 2011, n.180, “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”, v: http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/statuto_imprese/Legge_180_2011.pdf
La Commissione nel 2011 ha poi elaborato una “valutazione” della sua prima comunicazione e formulato suggerimenti e inviti agli Stati membri (COM(2011)78 def., v.: http://ec.europa.eu/enterprise/policies/sme/small-business-act/files/sba_review_en.pdf

3 Si rinvia all’allegato n. 4.
4 A livello regionale per alcune regioni l’attività di pianificazione nel campo della prevenzione dei rischi lavorativi risale a numerosi decenni fa.
5 Sulla base dell’ultimo bando del MIUR sono stati finanziati 48 interventi di promozione della salute e sicurezza nelle scuole, per un importo medio ad intervento di 110.000 euro.
6 I 205 milioni di euro sono stati assegnati rispettando la priorità cronologica di arrivo delle domande fino alla copertura del budget previsto per ogni regione, stabilito tenendo in considerazione non solo la distribuzione territoriale degli addetti, ma anche la gravità degli infortuni registrati. Dagli elenchi regionali (pubblicati sul portale INAIL), l'area geografica alla quale è stato destinato l'importo più consistente (45%) risulta essere il Nord del Paese, mentre la quota destinata al Centro Italia è pari al 25% e quella del Sud e delle Isole è del 30%, in crescita rispetto al bando precedente e ripartita tra il 19% del Sud e l'11% delle Isole. In termini assoluti il numero maggiore di progetti finanziati è concentrato in Lombardia (698 domande ammesse su 3.903 domande inoltrate), seguita da Lazio (509 su 1.405), Campania (343 su 1.336), Sicilia (342 su 836), Veneto (326 su 1.981), Toscana (314 su 1.315), Piemonte (303 su 2.128) ed Emilia Romagna (301 su 1.854). La metà dell'importo complessivo di ogni progetto presentato e risultato idoneo al finanziamento, fino a un massimo di centomila euro, è a carico dell'INAIL. Stando ai dati provvisori, che saranno consolidati dopo la verifica della documentazione inviata dalle imprese, grazie ai 205 milioni messi a disposizione dall'Istituto sarà possibile realizzare interventi per un valore complessivo pari a poco meno di mezzo miliardo di euro (484.097.940). L'importo medio dei fondi INAIL assegnati a ciascun progetto è pari a circa 47mila euro, seimila in più rispetto ai 41mila dell'anno scorso. A beneficiare del contributo sono soprattutto le microimprese fino a 10 dipendenti, che rappresentano la maggioranza assoluta (51%) delle aziende che hanno ottenuto l'accesso al finanziamento, in crescita di sei punti rispetto al 45% rilevato in occasione del bando precedente. Dalla distribuzione percentuale per dimensione aziendale emerge anche che l'89% dei progetti ammessi sono stati presentati da imprese con meno di cinquanta dipendenti e solo nel 5% dei casi la dimensione delle aziende supera le cento unità. Circa la metà dei fondi assegnati è concentrata in sette attività economiche: la fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari e attrezzature), con 24.374.231 euro assegnati a fronte di 432 domande ammesse, la costruzione di edifici (22.995.673 per 486 domande), i lavori di costruzione specializzati (17.413.184 per 406 domande), le industrie alimentari (11.739.387 per 199 domande), la fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (10.781.608 per 177 domande), le coltivazioni agricole e la produzione di prodotti animali, caccia e servizi connessi (10.085.484 per 327 domande), e il commercio all'ingrosso, escluso quello di autoveicoli e motocicli (10.017.935 per 214 domande). Dal punto di vista della "rischiosità" delle aziende i cui progetti sono stati ammessi a finanziamento, dall'analisi delle domande emerge che la fascia di tasso di tariffa per cui è maggiore il numero delle domande accettate (1.007) e l'importo assegnato complessivamente (46.357.764) è quella massima 115-130, che corrisponde appunto alle attività in cui è maggiore il rischio di infortunio.


Documento approvato dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro in data 29 maggio 2013
Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali