Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 giugno 2013, n. 15073 - Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali e attitudine al lavoro preesistente






REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente -
Dott. VENUTI Pietro - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. BERRINO Umberto - rel. Consigliere -
Dott. MAROTTA Caterina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso 27525-2007 proposto da:
A.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell'avvocato MAFFEI ROSA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 548/2007 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 02/05/2007 R.G.N. 1408/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/03/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;
udito l'Avvocato OTTOLINI TERESA per delega LA PECCERELLA LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco che ha concluso per il rigetto del ricorso.


Fatto


Con sentenza del 19/4 - 2/5/07 la Corte d'appello di Torino ha accolto l'impugnazione proposta dal'Inail avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale dello stesso capoluogo, che l'aveva condannato a corrispondere ad A.V. un trattamento corrispondente ad un grado di inabilità permanente conseguente ad infortunio sul lavoro nella misura del 10%, e di conseguenza ha rideterminato l'indennizzo nella misura del 6% dopo aver spiegato che il carattere silente della malattia preesistente, dalla quale era risultato essere affetto l'assicurato, non escludeva la proporzionale riduzione dovuta all'applicazione della cosiddetta "formula Gabrielli", posto che ai sensi del T.U. n. 1124 del 1965, art. 79 la inabilità da infortunio doveva essere valutata non con riferimento all'attitudine al lavoro normale, bensì con riguardo a quella ridotta per effetto della preesistente inabilità lavorativa.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso A.V., il quale affida l'impugnazione ad un solo motivo di censura. Resiste con controricorso l'Inail. Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

 

Diritto




Con l'unico motivo di censura, articolato per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 79, oltre che per motivazione incongrua ed erronea, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello avrebbe, a suo giudizio, applicato in modo erroneo la cosiddetta formula Gabrielli prevista dalla citata disposizione normativa, in quanto si era limitata a recepire il responso del consulente d'ufficio il quale aveva semplicemente sottratto dal danno funzionale della limitazione articolare dell'anchilosi, conseguente ad infortunio sul lavoro e stimato nella misura del 10%, la percentuale di invalidità preesistente del 4%. Al contrario, secondo il ricorrente, la suddetta norma non considera il grado di invalidità attuale e preesistente, bensì il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l'infortunio e quello preesistente. Il ricorso è infondato.

Invero, la formula Gabrielli, di cui alla citata disposizione normativa, risulta essere stata correttamente applicata dalla Corte territoriale.

La norma in questione, vale a dire il T.U. n. 1124 del 1965, art. 79 stabilisce che il grado di riduzione permanente dell'attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravato da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da altri infortuni non contemplati dallo stesso titolo del testo unico o liquidati in capitale ai sensi dell'art. 75, deve essere rapportato non all'attitudine al lavoro normale, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità. La norma aggiunge che il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza fra questa e il grado di attitudine residuato dopo l'infortunio.

Orbene, dalla chiara esposizione dei dati riportati nella sentenza impugnata e dal loro confronto con la previsione del calcolo matematico indicato dalla citata norma, è agevole ricavare che nella fattispecie il denominatore, costituito dal grado di attitudine al lavoro preesistente, era dato dal valore 96 (ottenuto sottraendo il preesistente grado di inabilità del 4% dal valore massimo del 100%), mentre il numeratore era corrispondente a 6, cioè alla differenza tra l'attitudine al lavoro preesistente del 96% ed il grado di attitudine del 90% residuato dopo l'infortunio (ottenuto sottraendo l'accertato nuovo grado di invalidità del 6% dal precedente grado di attitudine lavorativa del 96%), per cui il risultato finale della frazione non poteva essere che quello di 6,25.

In pratica, l'errore che commette il ricorrente, nel tentativo di identificare il numeratore della frazione prevista dalla suddetta formula, è quello di pretendere di sottrarre l'intero valore del danno funzionale del 10%, che già inglobava la percentuale del danno anatomico preesistente all'infortunio lavorativo del 4%, dal grado di attitudine lavorativa del 96%, mentre la dizione della citata norma è chiara nel senso di esigere che il diminuendo del numeratore deve essere rappresentato dal grado dell'attitudine al lavoro preesistente che non può, di certo, tener conto del grado di invalidità successivo all'infortunio lavorativo. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione sulle spese ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo successivo all'entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 326.



P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2013