Categoria: Giurisprudenza civile di merito
Visite: 15578

Tribunale di Brescia, Sez. 1, 24 giugno 2013, n. 2359 - Esplosione di una bomba all'interno del reparto fusioni e infortuni mortali


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI BRESCIA
SEZIONE PRIMA CIVILE

nella persona del giudice unico d.ssa Carla D'Ambrosio

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 7675/2005 del ruolo generale degli affari contenziosi civili
tra

CGIL CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO - DI BRESCIA , in persona del legale rappresentante;
FIOM - FEDERAZIONE IMPIEGATI ED OPERAI METALLURGICI - DI BRESCIA , in persona del legale rappresentante, con gli Avv.ti Prof. Carlo Smuraglia, Fausto Cadeo e Umberto De Luca
-parte attrice -

contro

Ma. FRANCO, Sa. PIETRO PAOLO, SEI SpA in persona del Consigliere Delegato e legale rappresentante, con l'avv. Giulio Ponzanelli, l'avv. Angelo Bonetta e l'avv. dom. Rinaldo Frati
-parte convenuta -

con la chiamata in causa di

I.M.Z. SpA, in persona del legale rappresentante, con gli Avv.ti Giovanni Orlandi e Daniele Broccardo;

SOCIETÀ' IL DUOMO ASSISCURAZIONI E RIASSICURAZIONI SPA in .persona del legale rappresentante, con gli Avv.ti Antonio Aversa e Gianfranco Conti;
ASSICURAZIONI GENERALI SPA in persona del legale rappresentante, contumace,
- terzi chiamati-

Oggetto: risarcimento danni.

 

Fatto


Con atto di citazione ritualmente notificato, gli attori esponevano: che in data 22 agosto 1996 verso le ore 16.30 presso lo stabilimento SEI Spa di Ghedi (Bs), del quale l'ing. Franco Ma. era il responsabile del servizio qualità e il Dr. Pietro Sa. il direttore tecnico, si verificava l'esplosione di una bomba che devastava l'intero reparto di fusione e caricamento e causava la morte dei lavoratori Franco Se., Dario Ca. e Giuseppe Bi., ivi intenti alle operazioni di pulizia dell'ordigno; che, questo era rappresentato da un corpo bomba da aereo, ove il tubo d'innesco costituiva un elemento essenziale e che per tali motivi ne era stata prescritta la costruzione con "acciaio AISI 1020 trafilato a freddo od equivalente"; che la SEI Spa, ne aveva acquistato uno con caratteristiche diverse dalla società Fa. srl di Brescia senza eseguire alcun controllo di resistenza e compatibilità; che, la SEI aveva fornito tutti i componenti per il relativo assemblaggio alla IMZ spa che, a sua volta, aveva effettuato una errata mandrinatura del tubo per il contenimento di esplosivo che provocava l'apertura dello stesso per un tratto, determinando la fuoriuscita dell'esplosivo liquido Tritonal; che, il giorno dell'incidente, Franco Se., tecnico ed esperto del settore, pur avendo denunciato i vizi del corpo bomba al servizio qualità (che a seguito della segnalazione emetteva un rapporto di non conformità) procedeva personalmente alle operazioni di pulizia del tubo di innesco, eliminando il Tritonal dal tubo stesso (che presentava un difettoso riempimento a causa di una fessura determinata da errata mandrinatura) mediante l'inserimento al suo interno di una verga di ottone che veniva, dopo l'uso, percossa anche con colpi di martello per poter essere estratta; che tale manovra provocava uno sfregamento del Tritonal e la conseguente deflagrazione; che, si accertava che all'interno della SEI si era costituito un regime di procedure lavorative completamente differente da quello formale; che a seguito del fatto veniva instaurato procedimento penale e successivo dibattimento che si concludeva con la sentenza di condanna n. 2377/2000, confermata in appello, con la quale si accertava la penale responsabilità dei dipendenti SEI Spa, Ma. Franco e Sa. Pietro Paolo, nonché del legale rappresentante della I.M.Z. Spa, I. Giuliano; che la sentenza penale accertava che i problemi di sicurezza del reparto erano noti anche a parte della dirigenza; che dalla colpa del Ma. e del Sa. derivava la responsabilità della SEI, della quale essi erano dirigenti, ex art. 2049 cc, per il danno arrecato dal fatto illecito dei suoi dipendenti, ed anche ex art. 2087 cc. per aver omesso le cautele imposte dalle norme di sicurezza; che, per tali motivi le attrici erano intervenute nel processo penale per il risarcimento del danno patrimoniale e morale, precisando che il disastro occorso aveva trovato la sua causa nella trascuratezza del sistema produttivo, nella indifferenza degli organi sociali ai rischi che gli erano connessi, nella occasionalità dei rimedi promossi per far fronte agli errori e nell'inosservanza degli obblighi di formazione ed informazione dei collaboratori dipendenti; che la richiesta di risarcimento riguardava il danno diretto, patito in proprio dalle organizzazioni sindacali, tutelabile ai sensi degli artt. 185 c.p. e 2043 cc. e lesivo della loro personalità riconosciuta dall'Ordinamento agli artt. 36 e 39 Cost.; che tale danno aveva natura sia patrimoniale, per le attività di formazione ed informazione svolte in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, sia non patrimoniale, in considerazione del gravissimo danno all'immagine ex art. 2059 cc. delle organizzazioni sindacali; che la sentenza penale aveva disposto condanna generica degli imputati al risarcimento del danno da liquidarsi in sede civile. Chiedevano, pertanto, la condanna in via solidale di Franco Ma., Pietro Paolo Sa. e SEI spa in persona del legale rappresentante, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti nella misura complessiva di € 700.000,00 o in quella diversa ritenuta di giustizia con interessi legali dall'evento al saldo.
Si costituivano in giudizio la SEI ed i sigg.ri Franco Ma. e Pietro Paolo Sa. spa, contestando ogni addebito.
La SEI eccepiva la propria estraneità all'evento dannoso per avere la sentenza penale escluso la colpa della stessa; escludeva il danno ingiusto per assenza nel nesso eziologico tra l'evento lesivo ed il pregiudizio lamentato nonché per insussistenza del danno non patrimoniale lamentato dalle attrici ex art. 2059 cc. e 185 c.p.; deduceva l'insussistenza del danno morale in capo alla persona giuridica, l'esclusione in capo alla stessa convenuta di una responsabilità diretta (per difetto di diligenza), sopravvivendo unicamente una responsabilità ex art. 2049 per le sole condotte di Sa. e Ma. e non per altre condotte colpose di Se. e IMZ; di conseguenza, chiamava in causa quest'ultima per sentirne accertare l'integrale responsabilità per aver subfornito la componente difettosa all'origine dell'evento del 1996, con condanna al risarcimento del danno quanto meno in via di manleva; in subordine, chiedeva che venisse accertata la responsabilità parziaria di tutti i convenuti, con determinazione da parte del Giudice delle rispettive quote di responsabilità tra i soggetti responsabili; chiamava, altresì, in garanzia la compagnia di Assicurazioni Generali Spa in persona del legale rappresentante, affinchè manlevasse l'assicurata SEI.
I convenuti concludevano chiedendo il rigetto di ogni pretesa degli attori in via principale, la declaratoria di esclusiva responsabilità della I.M.Z. e conseguente manleva, l'accertamento delle quote di responsabilità dei soggetti eventualmente ritenuti responsabili e, in ogni caso, contenersi le pretese attoree nelle quote di responsabilità dipendenti dalle sole condotte dei convenuti Sa. e Ma.; affermarsi l'obbligo della compagnia Assicurazioni Generali SpA a tenere indenne la SEI Spa di qualsivoglia importo risarcitorio posto a suo carico.
Si costituiva la terza chiamata I.M.Z SpA la quale rilevava che era stato raggiunto, in data 27 febbraio 2004, accordo transattivo tra la stessa e gli attori per il quale questi ultimi avrebbero rinunciato a far valere ogni pretesa risarcitoria nei suoi stessi confronti; che, per tale motivo le richieste risarcitone erano destituite di ogni fondamento, improponibili ed improcedibili; che vi era il difetto di legittimazione attiva dei chiamanti Sa. e Ma., per mancanza di qualsivoglia rapporto contrattuale; che, in ogni caso la richiesta di risarcimento da parte della SEI in riferimento ad una ipotetica responsabilità contrattuale, si rivelava improcedibile ed improponibile per intervenuta prescrizione del relativo diritto; che, SEI era a conoscenza dei problemi relativi al tubicino d'innesco, senza aver mai riferito ad essa le problematiche e senza aver mai fermato la relativa produzione; che, ai sensi dell'art. 1667 cc. essa stessa avrebbe dovuto contestare i vizi del prodotto entro 60 gg dalla scoperta degli stessi. Chiamava in causa il proprio Istituto assicuratore Duomo Assicurazioni SpA al fine di essere manlevata integralmente per l'ipotesi di soccombenza. Chiedeva in via preliminare autorizzarsi la chiamata in causa del predetto Istituto assicuratore, dichiararsi che tra IMZ Spa e gli attori era intervenuto accordo transattivo, dichiararsi il difetto di legittimazione attiva in capo ai convenuti SEI SpA, Sa. Pietro Paolo e Ma. Franco e per l'effetto dichiarare inammissibili, improcedibili e/o improponibili le domande medesime; nel merito, rigettarsi le domande proposte dai convenuti SEI SpA, Sa. e Ma. per infondatezza fattuale e giuridiche delle stesse e, per intervenuta prescrizione e/o decadenza dei relativi asseriti diritti con richieste istruttorie.
Con comparsa di costituzione si costituiva la Duomo Assicurazioni e Riassicurazioni SpA, rilevando l'avvenuta transazione tra la propria assicurata, terza chiamata I.M.Z. SpA e gli attori, e di conseguenza chiedeva dichiararsi, in via pregiudiziale, preliminare e nel merito, la carenza di legittimazione attiva in capo ai convenuti, la inammissibilità, improcedibilità ed improponibilità delle loro domande per infondatezza e per intervenuta prescrizione dei diritti da questi asseritamente vantati. In caso di accoglimento delle domande formulate dai convenuti, manlevare la propria assicurata da ogni conseguenza pregiudizievole.
La terza chiamata Assicurazioni Generali, ancorché regolarmente citata, non si costituiva.
La causa veniva istruita con l'assunzione dei testi ammessi e all'esito trattenuta in decisione.

Diritto


La domanda va accolta nei termini che seguono.
Il 22 agosto 1996 in seguito allo scoppio di una bomba all'interno dello stabilimento SEI SpA di Ghedi - Brescia, perdevano la vita i tre operai, Se. Franco, Bi. Giuseppe e Cartina Dario, intenti alle operazioni di pulitura dell'ordigno, risultato difettoso a causa di una errata mandrinatura (operazione finalizzata ad allargare il diametro di un tubo) del tubo per il contenimento di esplosivo, che aveva determinato la fuoriuscita di una parte del liquido (tritonal) dal corpo bomba.
Dagli atti di causa e, precisamente, dai verbali del processo penale e dalla sentenza penale di condanna, è risultato che vigeva, all'interno della SEI SpA, la prassi di porre rimedio a tale inconveniente apponendo tappi di gomma alla bocca dei tubi, tappi che, dopo la solidificazione del liquido esplosivo, venivano rimossi per poi dar luogo alla pulitura dei tubi da eventuali tracce di Tritonal ancora ivi presenti; tale pulizia avveniva con l'utilizzo di solvente (acetone) o talvolta (come nel caso in questione) mediante verghe che venivano fatte scorrere nei tubi per disostruirli e poi rimosse anche mediante l'utilizzo di strumenti, quali pinze e martelli che inevitabilmente praticavano significative frizioni dell'esplosivo (vedi dichiarazioni dei testi G., L. e D. in merito al rimedio normalmente utilizzato per pulire il tubicino di innesto).
Sul punto inequivoca è pure la testimonianza resa in questo giudizio da B. Paolo, secondo il quale i lavoratori della SEI SpA "non ritenevano che il lavoro che andavano ad effettuare sull'esplosivo e più precisamente la pulizia delle bombe che poi ha dato causa al sinistro, fosse un lavoro pericoloso..operazioni che avevano già eseguito altre volte". Dello stesso tenore è la testimonianza resa da Cristina G..
In seguito al disastro, il Tribunale di Brescia, chiamato a giudicare le responsabilità penali delle aziende coinvolte nel ciclo produttivo delle bombe e dei loro dirigenti e dei responsabili alla sicurezza, ha riconosciuto la responsabilità penale di Giuliano I.- rappresentante della I.M.Z. SpA e responsabile della produzione della partita di componenti risultati difettosi - di Pietro Paolo Sa., dipendente SEI e titolare della licenza di pubblica sicurezza per la produzione di esplosivi e direttore tecnico, e Franco Ma., responsabile della qualità, per non avere questi ultimi intercettato il difetto nelle fasi di lavorazione svolte in SEI SpA e per aver fatto affidamento sul corretto operato della IMZ.
Si sono costituiti parte civile nel medesimo processo penale le odierne attrici reclamando il risarcimento "del danno diretto patito in proprio, lesivo della personalità" ed all'esito il Tribunale, affermando il diritto delle predette associazioni sindacali in linea di principio, rimandava al Giudice Civile la quantificazione del danno.
Le attrici domandano in questa sede la quantificazione del loro danno e la condanna sia dei dipendenti Ma. e Sa., sia della società SEI, quest'ultima per violazione delle regole di sicurezza ex art. 2087 cc. e comunque ex art. 2049 cc.
Sussiste la legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali attrici, le quali lamentano di aver subito la lesione di un diritto proprio, tutelabile ai sensi degli artt. 185 c.p. e 2043 cc, quale conseguenza della condotta dei dipendenti Ma. e Sa..
Va premesso che tra i compiti delle organizzazioni sindacali rientrano quelli relativi alla tutela delle condizioni di lavoro con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro che, pur rilevando sul piano individuale (dal punto di vista della titolarità) trova altresì idonea tutela attraverso gli strumenti della autonomia collettiva.
E' noto che il danneggiato dal reato ai sensi degli articoli 185 e 74 cpp non si identifica necessariamente con il soggetto passivo del reato, ma con chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo del reato, tale essendo quel danno immediato e diretto ad una posizione soggettiva che sia posta in stretto collegamento con gli interessi tutelati dalla norma penale incriminatrice.
Del resto, la nozione "danno ingiusto", originariamente ricondotta unicamente alla lesione di un diritto soggettivo, si è andata, via via, ampliando fino a ricomprendere la risarcibilità di situazioni giuridiche soggettive qualificate come interessi particolari non strettamente riconducibili al diritto soggettivo, purché rilevanti per l'ordinamento. Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato l'interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela dall'ordinamento.
L'ampliamento della categoria del danno non patrimoniale, ha comportato, poi, un ampliamento del diritto al risarcimento del danno in favore degli enti collettivi, ora pienamente riconosciuto dalla giurisprudenza non solo nei casi di "non ragionevole durata del procedimento" di cui alla cd. legge Pinto, ma anche con affermazioni di ampio respiro, come nel caso deciso da Cass. n. 12929 del 4.6.2007, secondo cui: "Poiché anche nei confronti della persona giuridica ed in genere dell'ente collettivo è configuratile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell'ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra l'immagine della persona giuridica o dell'ente, allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile, oltre al danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, il danno non patrimoniale costituito - come danno cd. conseguenza - dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell'ente nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire delle persone fìsiche che ricoprano le distinte funzioni degli organi della persona giuridica o dell'ente e, quindi, nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l'ente di norma interagisca. Il suddetto danno non patrimoniale va liquidato alla persona giuridica o all'ente in via equitativa, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto".
E ancora si è detto che "Gli enti e le associazioni sono legittimati all'azione risarcitoria, anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, ove dal reato abbiano ricevuto un danno a un interesse proprio, sempreché l'interesse leso coincida con un diritto reale o comunque con un diritto soggettivo del sodalizio, e quindi anche se offeso sia l'interesse perseguito in riferimento a una situazione storicamente circostanziata, da esso sodalizio preso a cuore e assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell'ente. Ciò sia a causa dell'immedesimazione fra l'ente stesso e l'interesse perseguito, sia a causa dell'incorporazione fra i soci ed il sodalizio medesimo, sicché questo, per l'affectio societatis verso l'interesse prescelto e per il pregiudizio a questo arrecato, patisce un 'offesa e perciò anche un danno non patrimoniale dal reato''(Cass. 59 dell'1.6.1989). Nella specifica ipotesi di tutela degli interessi di cui le associazioni sindacali sono portatrici, la sentenza in esame ha inoltre affermato che il riconoscimento di un diritto soggettivo in capo al soggetto che degli stessi è portatore, deriva non necessariamente dalla cd. norma di protezione, ma può discendere dalla diretta assunzione di esso da parte dell'ente che ne ha fatto oggetto della propria attività, diventando lo scopo specifico dell'associazione.
Lo stesso riconoscimento alla CGIL ed alla FIOM - CGIL odierne attrici, della legittimazione a costituirsi parte civile da parte del Tribunale Penale è stato motivato ritenendo tali organizzazioni fortemente radicate nel territorio e la loro attività dispiegata nella tutela della sicurezza del lavoro nelle industrie del territorio Bresciano. Da ciò deriva l'identificazione del loro interesse con quello leso dai reati posti in essere, e la qualificazione della loro posizione in termini di diritto soggettivo che le legittima a chiedere il risarcimento dei danni in seguito alla commissione del reato.
Del resto, è ormai pacifico in giurisprudenza il riconoscimento a favore delle organizzazioni sindacali di cui all'art. 19 dello "Statuto del Lavoratori", della qualità di soggetto legittimato a far valere in giudizio, anche mediante la costituzione di parte civile, quei diritti di controllo e prevenzione direttamente protetti dall'art. 9 dello stesso Statuto (Cass. Pen. 31416/2006; 10048/93). E tale norma tutela i lavoratori attraverso gli strumenti dell'autonomia collettiva e dell'azione sindacale, consentendo alle associazioni di categoria la costituzione di proprie rappresentanze con il compito di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca al fine della migliore tutela della salute e dell'integrità fisica. A tale finalità, peraltro, risponde la normativa del D.Lgs. n. 626 del 1994 che, prevedendo la presenza di un rappresentante sindacale dei lavoratori per la sicurezza in tutte le aziende con funzioni di consultazioni, accesso e garanzie di libertà nell'esercizio dei suoi compiti, ha senz'altro determinato un più efficace coinvolgimento dei lavoratori alla vita aziendale. Il T.U. n. 81/2008 ha poi definitivamente confermato il sistema delle rappresentanze dei lavoratori a livello aziendale, territoriale, di comparto e di sito produttivo.
Sulla scorta delle suesposte considerazioni va affermata la legittimazione attiva delle organizzazioni sindacali attrici quali soggetti rappresentativi di interessi diffusi, fatti valere "iure proprio", senza che costituisca ostacolo all'esercizio dei diritti, la mancata iscrizione dei lavoratori, resisi responsabili del fatto illecito, a detti sindacati.
Nel merito, ritiene il Tribunale che debba essere affermata la responsabilità civile dei convenuti SEI SpA, Ma. e Sa., in relazione ai danni subiti dai sindacati attori.
E' indubbia la responsabilità dei convenuti Sa. e Ma., giusta quanto statuito dal giudice penale con efficacia di giudicato, in punto di sussistenza del fatto illecito.
Va, pure, affermata la responsabilità indiretta della SEI ex art. 2049 cc, per il fatto commesso dai suoi dipendenti.
Va premesso che la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione ha stabilito che non è necessaria la prova del nesso di causalità, ma è sufficiente che l'attività concretamente prestata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l'evento dannoso. E', cioè, sufficiente che sussista un rapporto di occasionalità necessaria tra l'esercizio delle mansioni e il fatto dannoso. Ciò, anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell'ambito dell'incarico affidatogli ed in modo tale da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro.
La giustificazione della responsabilità indiretta viene spiegata con la teoria del rischio di impresa: le condotte illecite produttive di danno causate dal preposto sono fonte di responsabilità indiretta solo nella misura in cui costituiscono la realizzazione di un rischio che l'impresa abbia introdotto nella società. Il requisito dell'occasionalità necessaria e il contenuto delle mansioni tracciano, quindi, il perimetro applicativo della responsabilità indiretta di cui all'art. 2049 cc.
Peraltro, come confermato da diverse pronunce giurisprudenziali, l'ambito di responsabilità tracciato dall'art. 2049 cc. si estende anche a fatti dolosi penalmente rilevanti, purché non sia superato il limite posto dalla non assoluta estraneità della condotta rispetto alle mansioni svolte.
Così individuati i limiti della fattispecie invocata dall'attore, osserva il Tribunale che nel caso in esame è pacifico il rapporto di dipendenza tra i convenuti Sa. e Ma. e la SEI Spa ed è, pure, pacifico che il fatto si verificò nello svolgimento del rapporto di lavoro.
Tanto basta per affermare la dedotta responsabilità.
Nondimeno, ritiene il Tribunale che esista nel caso in esame anche la responsabilità diretta in capo alla SEI Spa, ex art. 2087 cc.
Sul punto, vanno richiamate le considerazioni espresse nella sentenza penale in merito alla descrizione delle violazioni poste in essere dai dipendenti SEI. Si è trattato in particolare della violazione delle norme di cautela inerenti l'adozione e l'utilizzo di accorgimenti empirici e non sicuri nelle operazioni di pulizia; nel mancato isolamento dei reparti ove si effettuava la manutenzione e la messa a punto degli ordigni; nel mancato diretto controllo sull'osservanza delle norme di protezione e cautela; nel permettere che i singoli operai effettuassero operazioni considerate pericolose per se stessi e per gli altri.
E' emersa, altresì, una serie di omissioni e violazioni a carico del datore di lavoro nel rispettare i protocolli di sicurezza: le bombe difettate erano 8; i difetti erano ben noti ai dirigenti SEI che, per la loro eliminazione avevano disposto che stazionassero in sovrannumero nel reparto oltre il tempo normalmente consentito, poiché restituire i prodotti difettati alla fornitrice IMZ avrebbe provocato un sicuro ritardo nella consegna dell'intera partita di bombe al cliente; pertanto, era stata dalla stessa società consentita e tollerata l'anomala pulitura degli ordigni, pur di privilegiare la rapidità di produzione rispetto alla sicurezza dei lavoratori.
L'inosservanza di tali cautele nell'ambiente di lavoro costituisce condotta autonoma e specifica della società, idonea a cagionare un autonomo e diretto danno ai sindacati per la perdita di credibilità all'azione dagli stessi svolta.
In merito al nesso causale va osservato che vi è una stretta interdipendenza tra le omissioni di controllo della società datrice di lavoro e l'evento dannoso che ha colpito direttamente la funzione di tutela, controllo, prevenzione assegnata ai sindacati attori.
E'indubbio, infatti, che le violazioni delle norme di sicurezza sopra richiamate abbiano determinato ripercussioni sull'immagine e sulla reputazione dei sindacati, inducendo i lavoratori ad avere un atteggiamento di sostanziale sfiducia nelle loro associazioni di categoria e nella idoneità dell'azione delle stesse ad incidere efficacemente in materia di sicurezza aziendale.
Significativa è sul punto la dichiarazione resa dal teste Maurizio Z. il quale ha affermato: " Nella pratica il problema della sicurezza nel mondo del lavoro era uno degli interessi principali del sindacato e, anche nell'ambito della SEI SpA, si erano concretamente fatte riunioni proprio per mettere in pratica le misure e norme per la messa in sicurezza dell'impianto. I problemi della sicurezza erano quelli più difficili da trattare con l'azienda in quanto presupponevano grossi investimenti da parte di quest'ultima...Il sindacato per effetto di quell'evento subì un danno incalcolabile in quanto rese praticamente inutili tutte le attività svolte sul posto di lavoro e particolarmente presso le aziende di maggior rischio come la SEI. Si creò altresì una grossa sfiducia da parte degli associati circa l'efficacia della nostra azione e per un certo periodo di tempo ci furono problemi anche relativamente alle nuove iscrizioni".
Conforme a tale deposizione è la dichiarazione del teste B. che ha riferito che "in conseguenza agli accadimenti anche successivi al sinistro cominciò a serpeggiare una certa sfiducia nei confronti dei delegati e del sindacato. In realtà, veniva mossa l'accusa di una certa burocratizzazione e di non essere interessati in concreto anche a settori che sulla carta erano ritenuti sicuri.
Sulla scorta delle suesposte considerazioni sussistono tutti i presupposti della fattispecie di responsabilità invocata dagli attori di tal che tutti convenuti devono essere condannati in solido al risarcimento del danno subito dalle organizzazioni sindacali attrici.
In merito alla quantificazione del danno, va certamente riconosciuto ai sindacati il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla lesione al prestigio, all'identità, alla reputazione ed alla capacità rappresentativa che la condotta dei convenuti ha prodotto.
E' innegabile che un evento della gravità di quello in esame, che ha portato alla morte di tre lavoratori, per violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, abbia inciso in modo rilevante sull'immagine e sulla stessa identità dei sindacati attori, tenuto conto della loro funzione di controllo e di propulsione. L'incidente verificatosi ha indotto nei lavoratori un effetto di sostanziale sfiducia nelle associazioni di categoria e nella loro idoneità ad incidere con efficacia pratica in materia di sicurezza. I testi escussi hanno confermato come a seguito dell'infausto evento il sindacati abbiano subito una perdita della loro credibilità ed un calo delle iscrizioni (si legge nella deposizione del teste B. che "in conseguenza di tulio questo, vi furono delle rinunce alle tessere da parte dei lavoratori già iscritti alla FIOM).
Ciò posto, il danno non patrimoniale viene liquidato, necessariamente in via equitativa, tenendosi conto della molteplicità degli interessi ed attività connessi al tema della sicurezza sul lavoro (dalla formazione alla comunicazione al controllo del rispetto delle norme preventive), delle attività di istruzione ed informazione concretamente svolte dai sindacati a tale scopo (come attestate dai docc. da 18 a 42 allegati alla citazione e specificamente descritte dal teste Lu. in sede penale), del calo degli iscritti al sindacato, registrato nel periodo immediatamente successivo all'evento dannoso (come riferito dal teste B.) nonché della gravità dell'evento dannoso prodottosi e delle sue conseguenze, e, infine, della risonanza mediatica del fatto, nella misura che si reputa congrua di € 60.000, in valori attuali e comprensiva di interessi.
Tenuto conto della sostanziale identità dei sindacati attori (posto che l'uno è un'articolazione settoriale dell'altro) soggetti che hanno, peraltro, sottoscritto una transazione unitaria, contenente una unica liquidazione del danno, e tenuto conto della coincidenza degli interessi lesi, detta somma viene liquidata in via onnicomprensiva per entrambi.
Non può per contro essere ristorato il danno patrimoniale che le attrici pretendono di derivare dai costi sostenuti per il compimento delle attività istituzionali con finalità di prevenzione ed informazione, trattandosi di attività tipiche delle organizzazioni sindacali. Invero, per detti costi non è ravvisabile il nesso causale con la condotta illecita dei convenuti, posto che le attività ad essi corrispondenti (riunioni, assemblee, riflessioni, proposte, volantini, congressi e relative pubblicazioni...) costituiscono il proprium dell'azione del sindacato, quanto a formazione, comunicazione e controllo in tema di sicurezza sul lavoro. E' perciò ragionevole ritenere che tali attività sarebbero comunque state poste in essere dalle organizzazioni sindacali attrici anche indipendentemente dall'illecito compiuto.
Va accolta la domanda della convenuta SEI Spa di determinazione delle rispettive responsabilità
Ritiene il Tribunale che, in considerazione delle rispettive violazioni alle norme preventive poste in essere da tutti i tre convenuti, della gravità paritaria di dette violazioni e della pari idoneità causale alla determinazione di danno, debba essere determinata la colpa di ciascun concorrente nella pari misura di 1/3.
I convenuti Ma. e Sa. devono perciò essere condannati a tenere indenne la SEI, in ragione delle rispettive quote di responsabilità, di quanto essa è tenuta a pagare agli attori a titolo di risarcimento del danno.
In merito alla domanda svolta da tutti i convenuti SEI, Ma. e Sa. nei confronti di IMZ si osserva quanto segue.
Va premesso che la responsabilità della IMZ è certa, siccome sancita dalla sentenza penale di condanna di I. Giuliano, legale rappresentante della società. E' infatti emerso con chiarezza che le bombe fornite dalla IMZ alla Sei presentassero difetti (fessurazioni con conseguente ingresso di esplosivo all'interno durante il caricamento) dovuti alla cattiva esecuzione delle operazioni di mandrinatura.
Non può tuttavia essere accolta la domanda di garanzia per i vizi della cosa venduta, svolta dalla SEI, poiché, la responsabilità ex empio, è soggetta alle restrizioni temporali di decadenza e prescrizione stabilite dall'art. 1495 cc. in relazione alle quali che la convenuta chiamante non ha dimostrato, la tempestività dell'azione.
Va pure rigettata la domanda di regresso del coobbligato, e di contestuale accertamento delle rispettive responsabilità interne va rilevato che i convenuti chiamanti non hanno partecipato alla transazione sottoscritta dagli attori con IMZ.
La domanda così proposta non può essere accolta, atteso che con la sottoscrizione dell'atto di transazione del 27.2.2004 fra le organizzazioni sindacali attrici e la IMZ, avente ad oggetto la sola quota di responsabilità del concorrente nell'illecito Giuliani I. (legale rappresentante della IMZ), è venuto meno il vincolo di solidarietà fra i coobbligati e l'intero debito si riduce dell'importo corrispondente alla quota transatta (in tal senso la recente Cass. 947/2012).
La domanda di regresso va dunque rigettata con conseguente assorbimento della domanda di garanzia proposta da IMZ nei confronti della propria assicurazione.
I convenuti devono perciò essere condannati in solido al risarcimento del danno in favore delle attrici, come sopra liquidato, previa decurtazione dell'importo (€ 5.000) a suo tempo ricevuto dalle attrici in virtù della transazione sopra richiamata, maggiorato degli interessi legali (pari ad oggi ad € 6.089,11) e dunque al pagamento della somma di € 53.910, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Va infine rigettata la domanda di manleva proposta da SEI nei confronti della propria compagnia assicuratrice, Assicurazione Generali, non risultando prodotto in giudizio il contratto di assicurazione costituente il titolo della domanda.
In merito al regolamento delle spese, che si liquidano in dispositivo, non vi sono ostacoli all'applicazione della regola della soccombenza nel rapporto fra attrici e convenuti, con condanna solidale di questi ultimi all'integrale rifusione.
Nei rapporti fra convenuta SEI chiamante e terza chiamata IMZ come pure nel rapporto fra IMZ e Duomo Assicurazioni, ritiene il Tribunale che, in considerazione della originaria solidarietà dell'obbligazione di risarcimento, sussistano gravi ed eccezionali ragioni per dichiarare l'integrale compensazione.
Nel rapporto fra convenuta SEI e la terza chiamata Generali Assicurazioni non si provvede sulle spese attesa la contumacia della terza chiamata.

P.Q.M.


Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così giudica:
accertata la responsabilità solidale di Sa. Pietro Paolo, Ma. Franco, SEI spa ed IMZ spa per le causali di cui in motivazione, in merito all'evento verificatosi il giorno 22.8.1996 e liquidato il danno subito dalle organizzazioni sindacali attrici in conseguenza di detto evento nella misura onnicomprensiva di € 60.000, dato atto dell'intervenuta transazione fra le attrici e la IMZ in data 27.2.2004, detratto l'importo oggetto della transazione, maggiorato degli interessi legali, dall'ammontare complessivo del danno, condanna i convenuti in solido fra loro al pagamento in favore delle attrici della somma di € 53.910, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo;
dichiara che la misura della responsabilità di ciascuno dei convenuti concorrenti è pari ad 1/3;
rigetta le domande di garanzia e di regresso proposte dalla convenuta SEI nei confronti di IMZ, dichiarando assorbita la domanda di garanzia proposta da IMZ nei confronti di Duomo Assicurazioni spa;
rigetta la domanda di garanzia proposta dalla convenuta SEI spa nei confronti di Generali Assicurazioni Spa;
condanna i convenuti in solido a rifondere alle attrici le spese di lite che liquida in complessivi € 13.100 di cui € 1.100 per spese, il resto per compenso, oltre IVA e CPA di legge;
dichiara interamente compensate le spese di lite nei rapporti fra SEI spa, IMZ spa e Duomo Assicurazioni spa;
Brescia, 18 giugno 2013.