Categoria: Cassazione penale
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Responsabilità di un datore di lavoro per omissione di cautele antinfortunistiche e in particolare per aver omesso di installare un impianto idoneo ad evitare il contatto dei lavoratori con le fiamme prodotte dal pantografo come prescritto dalla ASL.
Il giudice, oltre ad affermarne la responsabilità, affermava la presenza di dolo nel comportamento del datore di lavoro che aveva volontariamente esposto i lavoratori a pericolo continuando i lavori nonostante l'obbligo prescritto.
La Corte rigetta il ricorso dell'imputato e afferma che "il dolo nella fattispecie in disamina è correlato alla precisa consapevolezza della esistenza di una situazione di pericolo discendente dal funzionamento di un macchinario privo della cautela imposta e dalla volontà di accettare il rischio di infortunio, facendo funzionare il macchinario senza la cautela stessa.
L'imputaton inoltre, "pur pienamente consapevole dell'obbligo imposto e pur avendo richiesto l'intervento di un tecnico per mettere a norma il pantografo", ha comunque "disposto perchè il macchinario fosse utilizzato per oltre un mese in assenza del richiesto intervento di protezione e, quindi, conoscendo la sua necessità ed accettando il rischio del funzionamento in sua assenza."
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Magistrati:
Dott. GEMELLI Torquato - Presidente -
Dott. GIRONI Emilio Giovan - Consigliere -
Dott. SIOTTO Maria Cristin - Consigliere -
Dott. ZAMPETTI Umberto - Consigliere -
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) A.S., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 20/09/2007 CORTE APPELLO di TORINO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SIOTTO MARIA CRISTINA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CONSOLO Santi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. (Ndr: testo originale non comprensibile), in sost. dell'Avv. SCALEA Giovanni, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.




Fatto

Con sentenza del 20/9/2007 la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza 21/6/2005 del Tribunale di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, ha ritenuto A.S. responsabile del reato di cui all'art. 437 c.p., (omessa installazione di un impianto idoneo ad evitare il contatto dei lavoratori con le fiamme prodotte dal pantografo, e quindi destinato a prevenire infortuni sul lavoro come prescritto con verbale 26/5/2003 della ASL (OMISSIS)) e lo ha conseguentemente condannato, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi quattro di reclusione, con applicazione di entrambi i benefici di legge, confermando per il resto la sentenza impugnata dal P.M..
La Corte, rilevato che i tecnici del servizio PRESAL della ASL (OMISSIS) avevano riscontrato la mancanza di un sistema automatico di spegnimento della fiamma in caso di accesso di persone nella zona di taglio ossiacetilenico del pantografo (installato presso la società FA.VI.NI. s.r.l. di cui l' A. era amministratore unico) e che quest'ultimo non aveva provveduto ai prescritti lavori di messa in sicurezza dell'impianto entro il termine stabilito, pur continuando le lavorazioni per oltre un mese da tale termine, ha ritenuto che la condotta dell' A. fosse stata sorretta da dolo e non da semplice colpa, avendo egli non solo e non tanto omesso di controllare la tempestiva esecuzione dei lavori da parte dell'elettricista incaricato ma consentito il mantenimento in funzione della macchina per tutto il periodo di tempo compreso tra il 29/6/2003 (data di scadenza del termine per i lavori di adeguamento) ed un imprecisato giorno di agosto, così volontariamente esponendo i dipendenti alla situazione di pericolo che gli era nota e che non era stata consapevolmente rimossa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato con atto del 29/10/2007 deducente erronea applicazione di legge nonchè carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.


Diritto

Ritiene il Collegio che il ricorso, non meritando condivisione le censure in esso articolate, debba essere rigettato.
Il ricorrente ha, sotto un primo profilo, denunziato l'erronea riconduzione del fatto alla fattispecie di cui all'art. 437 c.p., questa essendo intesa a prevenire il pericolo di pregiudizi all'integrità fisica di una collettività lavorativa ossia di effetti dannosi capaci di propagarsi ad un numero indeterminato di persone che si trovano nel posto di lavoro, situazione non ravvisabile nella specie atteso che al pantografo in questione erano addetti solo il titolare ed un altro soggetto.
La censura è priva di fondamento.
Questa Corte, nei suoi più recenti pronunziati (cfr. Cass. sentenze n. 12464/2007 e n. 6393/2006), ha rammentato che il bene giuridico protetto dalla previsione di cui all'art. 437 c.p., è la sicurezza sul lavoro di una comunità ristretta o di singoli lavoratori e non già di indistinte collettività, con la conseguenza per la quale la necessaria pluralità dei destinatari della protezione non significa la loro coincidenza con l'intera comunità dei dipendenti neanche in termini di potenzialità diffusiva generale dell'effetto dannoso (in tal caso costituendo, indebitamente, fonti di pericolo soltanto i materiali esplodenti, gli incendi o la fuoruscita di sostanze tossiche).
Si è voluto cioè sanzionare l'omesso apprestamento di quelle cautele idonee a prevenire non solo disastri ma anche infortuni sul lavoro quale effetto di uno, pochi o molti contatti dei lavoratori con la macchina o l'impianto sfornito delle protezioni imposte dalle norme.
A tali principi la Corte di Appello di Torino si è correttamente attenuta, la dove ha applicato la sanzione ad una vicenda nella quale il pantografo privo della prescritta protezione dalle fiammelle era collocato in posizione pericolosa non solo per il singolo addetto nel suo turno ma anche per ciascuno dei dieci dipendenti che, passando vicino ad esso, avesse semplicemente "allungato un braccio".
Il ricorrente difensore, sotto un secondo profilo, ha lamentato che, nella sentenza impugnata, si fosse illogicamente motivato in ordine all'elemento psicologico del reato per la cui sussistenza era necessaria la coscienza e la volontà dell'omissione accompagnate sia dalla rappresentazione dello scopo a cui mirano gli accorgimenti tecnici tralasciati sia del pericolo che la loro mancata adozione comportava: non si era infatti tenuto conto che l'adempimento tardivo delle prescrizioni non era dipeso dalla volontà dell' A. e vi era stata altresì una erronea valutazione probatoria delle dichiarazioni rese dal teste C.P. nonchè di tutti gli altri elementi probatori a favore dell'imputato.
Le censure sono prive di consistenza. Se è vero che il dolo nella fattispecie in disamina è correlato alla precisa consapevolezza della esistenza di una situazione di pericolo discendente dal funzionamento di un macchinario privo della cautela imposta e dalla volontà di accettare il rischio di infortunio, facendo funzionare il macchinario senza la cautela stessa (cfr. da ultimo: Cass. sent. n. 4675/2006), appare chiaro come la Corte di merito abbia rettamente applicato il teste riportato principio di diritto.
La Corte di Appello di Torino ha invero accertato, con logica motivazione fatta segno solo ad inammissibili tentativi di rivalutare i fatti, che l' A., pur pienamente consapevole dell'obbligo imposto e pur avendo richiesto l'intervento di un tecnico per mettere a norma il pantografo, abbia disposto perchè il macchinario fosse utilizzato per oltre un mese in assenza del richiesto intervento di protezione e, quindi, conoscendo la sua necessità ed accettando il rischio del funzionamento in sua assenza.



P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente A.S. al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2008